domenica 18 dicembre 2011

FIDANI A PROPOSITO DELLE LUCI DA TERREMOTO (EQL) E IL TERREMOTO DE L'AQUILA DEL 2009

Nel blog precedente, avevo dato informazione dell’ultimo lavoro del fisico Cristiano Fidani che, seppur non direttamente legato all’argomento principale de “Il Laboratorio delle Anomalie” che tratta in particolare di Fenomeni Luminosi in Atmosfera, fa comunque parte integrante del percorso intrapreso dagli studi dei precursori sismici.

Storicamente gli studiosi di precursori sismici sono stati spesso confrontati a testimonianze di fenomeni luminosi, prima durante e dopo i terremoti.

Ora Renzo Cabassi, responsabile del CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen), mette a disposizione sul sito ufficiale del comitato un link all'articolo di Fidani di grande interesse: “Statistical and spectral properties of the L’Aquila EQL in 2009.

Questo articolo, che data la sua accettazione da parte della rivista nel gennaio 2011, è tratto dal “Bollettino di Geofisica Teorica ed Applicata”, ed è già disponibile sul sito web della rivista.

Fidani durante il tragico terremoto del 2009 a l’Aquila, aveva svolto un enorme lavoro di raccolta di testimonianze della popolazione abruzzese colpita dall’evento sismico; ne è risultata una grande mole di testimonianze EQL (Earth Quake Lights), più comunemente dette “luci da terremoto”.

Fidani attraverso i dati raccolti evidenzia che le EQL sembrano in qualche modo associate alle caratteristiche geologiche del terreno.

In questo articolo Fidani prende in considerazione in particolare il terremoto del 6 Aprile 2009, che era stato il più elevato tra le scosse sismiche iniziate diversi mesi prima, nella regione Abruzzo.

Pochi giorni dopo questo evento, l’11 aprile 2009, aveva iniziato la raccolta delle testimonianze, visitando i 179 campi allestiti dalla Protezione Civile, a 50 km da L’Aquila, e senza escludere le testimonianze raccolte in altri luoghi di incontro come scuole, ospedali, bar, etc.

Il formulario utilizzato per le inchieste prendeva spunto da precedenti studi quali: Galli, 1910; Terada, 1931; Matteucig, 1985; Persinger and Derr 1990; Soter, 1999; St-Laurent, 2000; Stothers, 2004.

Questi questionari raccolti rappresentano un totale di 1200 interviste. Se da una parte molti testimoni non hanno osservato nulla di anomalo, dall’altra sono state raccolte anche testimonianze di persone che hanno avuto avvistamenti multipli.

Si è trattato di 1057 avvistamenti di anomalie di vario tipo, tra le quali 241 possibili EQL.

Di alcuni avvistamenti esistono anche testimonianze fotografiche.

Tra queste anomalie luminose almeno 99 erano avvenute prima dello shock principale ed altri forti eventi della sequenza sismica.

Quelle quantitativamente più frequenti all’interno della classificazione delle EQL erano state le luci globulari, le luci diffuse e le nubi luminescenti.

I flashes erano stati caratteristici del momento in cui si verificarono gli eventi sismici, mentre le scariche elettriche e le fiamme avevano caratterizzato le osservazioni successive alle scosse.

Le scariche elettriche erano state osservate prevalentemente a nord-ovest de L’Aquila e ai bordi della valle Aterno, il che corrisponde al movimento del terremoto.

Le fiamme invece erano state osservate a sud-est della città, nella zona geologica che corrisponde al massimo della deformazione verticale negativa.

Nella seconda sezione del presente articolo Fidani ha raccolto ulteriori testimonianze che sono sopraggiunte grazie ai sistemi web (Facebook, Blog, etc.). Alcuni residenti avevano letto i primi dati e hanno deciso di riferire le loro esperienze; Fidani ne riassume otto casi, che si vanno ad aggiungere alla mole dei casi precedentemente raccolti.

In questo suo report, in particolare, sono considerati i colori delle EQL, a partire dalla loro tipologia, posizione e tempo.

Il rosso è stato il colore dominante soprattutto per le luci più diffuse. Ma vi sono molti altri aspetti interessanti circa i colori delle diverse anomalie luminose che qui non elenchiamo per necessità di sintesi.

Quanto ai tipi di EQL, Fidani fa riferimento alla classificazione di Ignazio Galli, un sacerdote e studioso a cavallo tra fine ottocento e secolo scorso, che per primo tentò di raccogliere questo tipo di testimonianze in modo organico, per trarne delle considerazioni scientifiche.

Fidani inoltre propone un metodo digitale per correggere le proprietà statistiche della distribuzione delle EQL testimoniate.

Nella situazione data, ogni abitante è un potenziale testimone di EQL e quindi propone di correggere i suoi dati testimoniali a seconda che si tratti di testimonianze nella città de L’Aquila o in zone esterne meno abitate.

E’ stata conseguentemente calcolata dallo studioso una RDF (Radial Distribution Fonction) ed una Distribuzione Temporale dei fenomeni.

Questo metodo proposto permette un’analisi dei dati che sia meno legata alla distribuzione della popolazione, e che può quindi favorire future analisi statistiche.

Con l’avvicinarsi delle principali scosse del terremoto è stata osservato un incremento degli avvistamenti di EQL che segue una legge di potenza, con un esponente che caratterizza i sistemi critici.

Il modello energetico proposto ha prodotto delle buone correlazioni con le distribuzioni, ma Fidani ci tiene a concludere che le sue analisi sono basate su testimonianze che, per quando raccolte con precisione, sono soggette ad una minor accuratezza rispetto ai rilevamenti strumentali.

Per questo motivo insiste su un sistema di osservazione strumentale, che è maggiormente desiderabile per studi più approfonditi sulle EQL.
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Puntando alla URL:
http://www.itacomm.net/ph/CIPH/EQL.html
E' possibile linkare e scaricare l'articolo di Cristiano FIDANI

[Fonte: Renzo Cabassi, CIPH]


lunedì 12 dicembre 2011

8 dicembre 2011. FIDANI ANCORA SUL TERREMOTO DELL’AQUILA. ANALISI DI ATTIVITA’ ELETTRICA, SOSPETTO PRECURSORE SISMICO

E’ con piacere che questo blog da informazione circa un recente articolo del fisico Cristiano Fidani, esperto di precursori sismici.

L’articolo non è direttamente rivolto alle luci sismiche, ma è difficile non darne conto visto che Fidani ha trattato dei più diversi aspetti precursorii del terremoto dell’Aquila, con una attenzione che sta tra la ricerca scientifica e l’impegno sociale.

L’articolo “The Central Italy Electromagnetic Network and the 2009 L'Aquila Earthquake: Observed Electric Activity” è stato pubblicato sulla nota rivista Geosciences l’8 dicembre 2011.

Da almeno tre anni esiste una rete di monitoraggio sul territorio del centro Italia, che registra continuamente le componenti elettriche del campo elettromagnetico nel range compreso tra pochi Hz e dieci kHz.

L’articolo di Fidani tratta di alcuni componenti elettriche durante il terremoto del 2009 a L’Aquila, che sono aumentate di intensità nei momenti di più forte attività sismica.

Queste tracce anomale hanno rivelato dei campi elettrici orientati orizzontalmente tra i 20 Hz ed i 400 Hz, che sono rimasti presenti da fino a due ore.


Fidani, Cristiano. 2011. "The Central Italy Electromagnetic Network and the 2009 L'Aquila Earthquake: Observed Electric Activity." Geosciences 1, no. 1: 3-25;
disponibile in "http://www.mdpi.com/journal/geosciences"


[Fonte: Renzo Cabassi, CIPH]

giovedì 24 novembre 2011

SPRITE EXTRATERRESTRI: UNA POSSIBILITA’

Uno studio recente dimostra che fenomeni Sprite (della famiglia dei Transient Luminous Events nell’alta atmosfera) possono aver luogo anche su Giove, Saturno e Venere. Questa possibilità può rivelarsi importante anche per gli eso-biologi; i fulmini infatti posso innescare mutamenti chimici tali da generare molecole organiche

Alcuni ricercatori dellUniversità di Tel Aviv hanno dimostrato in laboratorio che le scariche elettriche degli Sprite non sono possibili solo sulla Terra.

In particolari recipienti hanno ricreato le stesse condizioni presenti nelle atmosfere di Giove, Saturno e Venere, ed utilizzando un circuito elettrico che genera impulsi a basso voltaggio, il gruppo di ricercatori diretto da Daria Dubrovin, è riuscito a produrre scariche del tutto simili agli Sprite osservati nella nostra ionosfera.

Su questi pianeti esistono fulminazioni e quindi ora non resta che cercare questi fenomeni effimeri di grandi dimensioni anche su Saturno, attorno al quale orbita la sonda Cassini, che potrebbe ricevere istruzioni per cercare di individuarli. Oppure su Giove, dove i fulmini hanno un’intensità maggiore a mille volte rispetto a quelli terrestri.

I risultati della ricerca del gruppo di Dubrovin sono stati presentati a ottobre durante il convegno European Planetary Science Congress (in: "http://meetings.copernicus.org/epsc-dps2011/"), tenutosi a Nantes in Francia (vedi articolo: “Detectability of sprites above lightning storms on the giant planets”, in “http://meetingorganizer.copernicus.org/EPSC-DPS2011/EPSC-DPS2011-572-1.pdf”).

[Info: Raffaele Antonio Tavani, e Renzo Cabassi; Fonte: Lazzaretto Elena, “Sprite in bottiglia”, sul sito INAF, "http://www.media.inaf.it/”]

lunedì 14 novembre 2011

I PRIMI RILEVAMENTI DELLA NUOVA STAZIONE CAMPANA

Giuseppe Ascione, ci informa a inizio novembre, che grazie alla disponibilità della Protezione Civile di San Nicola La Strada (CE) è finalmente a regime la postazione di rilevamento ottico dei Fenomeni Luminosi in Atmosfera, ed è attiva 24 ore.
Durante il periodo di prova sono state catturate diverse meteore dello sciame delle Draconidi prima e ora continua la cattura per le Orionidi e le prossime Leonidi.
Prossimamente saranno pubblicate le immagini sul Blog dedicato al progetto Sky-Sentinel Osservatorio Fenomeni Luminosi in Atmosfera, alla URL : http://osservatoriofla.blogspot.com/.
Infine, sono stati ripresi Sprites in concomitanza di un temporale la sera del 06 novembre 2011 alle 22:30 circa.
Si tratta di un primo importante successo che rinforza la presenza di rilevamenti TLE nel sud dell'Italia.

[Info Giovanni Ascione]



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giovedì 28 luglio 2011

ANCHE HILARY EVANS CI LASCIA

Ieri 27 luglio 2011 è venuto a mancare a ottant'anni lo studioso inglese di anomalistica Hilary Evans. Ricordiamo la sua originalità di approccio alla tematica delle visioni di entità ed i suoi due libri più conosciuti “Gods, Spirits, Cosmic Guardians” e “Visions, Apparations, Alien Visitors", pubblicati anche in italiano.

Di Evans ricordiamo i seguenti saggi:

Evans, Hilary. Intrusions: Society and the Paranormal. London and Boston: Routledge & Kegan Paul, 1982.

The Evidence for UFOs. Wellingborough, Northampton, England: Aquarian Press, 1983.

Visions, Apparitions, Alien Visitors. Wellingborough, Northampton, England: Aquarian Press, 1984.

Gods, Spirits, Cosmic Guardians. Wellingborough, Northampton: Aquarian Press, 1987.

Alternate States of Consciousness: Unself, Other-self, and Superself. Wellingborough, Northampton: Aquarian Press, 1989.

Frontiers of Reality, Aquarian Press, 1989

Evans, Hilary, and John Spencer, eds. Phenomena: Forty Years of Flying Saucers. New York: Avon Books, 1989.

Evans, Hilary, and Dennis Stacy, eds. UFO 1947-1997: Fifty Years of Flying Saucers. London: John Brown, 1997.

Evans, Hilary, and Robert Bartholomew, eds. Outbreak! The Encyclopedia of Extraordinary Social Behaviour. San Antonio, Texas: Anomalist Books, 2009.

Studioso prolifico e molto documentato Hilary è semplicisticamente catalogato tra i difensori della "Ipotesi Psico-sociologica" degli UFO, ma in realtà il suo pensiero era molto articolato e non sembrava disponibile a soluzioni facili dei problemi coinvolti da certe visioni senza apparente spiegazione.

Impossibile non mettere insieme nel cordoglio la dipartita di pochi giorni fa dello studioso Corliss a quella di Evans. Entrambi condividevano la necessità di raccogliere indizi e documentarli, prima ancora di offrire soluzioni facili, come troppo spesso capita.

Negli anni '80 Evans è stato uno dei primi a mostrare interesse per le EarthLights e per altri Fenomeni Luminosi in Atmosfera messi in relazione con le osservazioni di UFO.
Nel luglio 1982 pubblicò sulla rivista di ufologia "The Probe Report" un lungo articolo in cui proponeva una nuova categoria per una serie di fenomeni che riteneva accomunati da diverse caratteristiche: BOL, ossia "Balls of Light", che possiamo tradurre in "Sfere di Luce".

[info: http://www.ufo.se/blogg/14245; http://www.cryptomundo.com/cryptozoo-news/evans-obit/; Stilo Giuseppe, http://www.itacomm.net/EL/stiloel.htm ]

mercoledì 13 luglio 2011

WILLIAM R. CORLISS NON C'E' PIU'

In queste pagine abbiamo spesso parlato del lavoro intenso di William Corliss circa la raccolta delle anomalie trascritte dalla letteratura scientifica.
Il divulgatore scientifico William Corliss, all'età di 84 anni, è venuto a mancare l'8 luglio 11 dopo una lunga vita dedicata con grande impegno a questa inestimabile ricerca delle testimonianze degli scienziati, ai confini delle conoscenze ortodosse.
Corliss si era ispirato al lavoro del ricercatore dell'insolito Charles Fort, ma a differenza di quest'ultimo aveva evitato di esprimere proprie ipotesi o voli pindarici, lasciando che fossero i testi scientifici a parlare e a mostrarci i confini instabili della conoscenza e talvolta a rendere evidente il torturato percorso per l'entrata di una anomalia tra i nuovi fenomeni della scienza.
Ci lascia in eredità una immensa collezione di libri e cataloghi tra i più svariati argomenti:
Propulsion Systems for Spaceflight (1960)
Radioisotopic Power Generation (with D.G. Harvey; 1964)
Space Probes and Planetary Exploration (1965)
Scientific Satellites (1967)
Mysteries of the Universe (1967)
Teleoperator Controls (with E.G. Johnsen; 1968)
Mysteries Beneath the Sea (1970)
Human Factors Applications in Teleoperator Design and Operation (with Johnsen; 1971)
History of NASA Sounding Rockets (1971)
Man and Atom (with Glenn T. Seaborg; 1971)
History of the Goddard Networks (1972)
The Interplanetary Pioneers (1972)
Strange Phenomena: A Sourcebook of Unusual Natural Phenomena (1974)
Strange Artifacts: A Sourcebook on Ancient Man(1974)
The Unexplained (1976)
Strange Life (1976)
Strange Minds (1976)
Strange Universe (1977)
Handbook of Unusual Natural Phenomena (1977)
Strange Planet (1978)
Ancient Man: A Handbook of Puzzling Artifacts (1978)
Mysterious Universe: A Handbook of Astronomical Anomalies(1979)
Unknown Earth: A Handbook of Geological Enigmas (1980)
Wind Tunnels of NASA (1981)
Incredible Life: A Handbook of Biological Mysteries (1981)
The Unfathomed Mind: A Handbook of Unusual Mental Phenomena (1982)
Lightning, Auroras, Nocturnal Lights, and Related Luminous Phenomena (1982)
Tornados, Dark Days, Anomalous Precipitation, and Related Weather Phenomena (1983)
Earthquakes, Tides, Unidentified Sounds, and Related Phenomena (1983)
Rare Halos, Mirages, Anomalous Rainbows, and Related Electromagnetic Phenomena (1984)
The Moon and the Planets (1985)
The Sun and Solar System Debris (1986)
Stars, Galaxies, Cosmos (1987)
Carolina Bays, Mima Mounds, Submarine Canyons (1988)
Anomalies in Geology: Physical, Chemical, Biological (1989)
Neglected Geological Anomalies (1990)
Inner Earth: A Search for Anomalies (1991)
Biological Anomalies: Humans I (1992)
Biological Anomalies: Humans II (1993)
Biological Anomalies: Humans III (1994)
Science Frontiers: Some Anomalies and Curiosities of Nature (1994)
Biological Anomalies: Mammals I (1995)
Biological Anomalies: Mammals II (1996)
Biological Anomalies: Birds (1998)
Ancient Infrastructure: Remarkable Roads, Mines, Walls, Mounds, Stone Circles: A Catalog of Archeological Anomalies(1999)
Ancient Structures: Remarkable Pyramids, Forts, Towers, Stone Chambers, Cities, Complexes: A Catalog of Archeological Anomalies (2001)
Remarkable Luminous Phenomena in Nature: A Catalog of Geophysical Anomalies (2001)
Scientific Anomalies and other Provocative Phenomena(2003)
Archeological Anomalies: Small Artifacts (2003)
Archeological Anomalies: Graphic Artifacts I (2005)

Viene a mancare uno studioso, certo, ma anche un compagno di viaggio nel mondo dell'anomalistica, un amico mai conosciuto.

[Info: Chris Aubeck; fonte: Loren Coleman, http://www.cryptomundo.com/cryptozoo-news/corliss-obit/]

lunedì 27 giugno 2011

DISATTIVATA LA STAZIONE SOSO DI IDICE

Dopo quasi 17.000 ore di attività di monitoraggio ottico, la stazione Smart Optical Sensors Observatory collocata a Idice di San Lazzaro di Savena (BO) è stata definitivamente disattivata per essere ricollocata in altra zona...

http://ciph-soso.blogspot.com/2011/06/soso-idice.html


[Renzo Cabassi, CIPH]

martedì 17 maggio 2011

16 maggio 2011.NOMINA AL GEIPAN FRANCESE: XAVIER PASSOT

Xavier Passot, ingeniere informatico specializzato in analisi delle immagini satellitari al CNES (Centre National d'Etudes Spatiales), è stato nominato responsabile del GEIPAN francese (Gruppo di Studi e di Informazione sui Fenomeni Aereospaziali Non-identificati) a partire dal 1 luglio 2011. Dal 2 di maggio è in funzione a tempo parziale e rimpiazza Yvan Blanc, che resta nel gruppo GEIPAN a part-time.
Passot nel tempo libero è astrofilo, e coordina, come presidente dal 1994, la sezione di astronomia dell'Association Sportive et Culturelle du CNES.

[ Fonte: http://www.cnes-geipan.fr/geipan/actualites/16052011-Nomination-au-GEIPAN-Xavier-PASSOT.html]

domenica 1 maggio 2011

7-21 Maggio 2011. RIMINI. IO NON TREMO. LIBERI DI CONOSCERE E CONVIVERE CON IL TERREMOTO

Dal 7 al 21 Maggio 2011 si svolgeranno a Rimini diversi incontri divulgativi rivolti a tecnici, scuole e alla popolazione, con l'ntento di far conoscere i terremoti, le loro dinamiche, e infine per indicare le possibilità della prevenzione sismica come risorsa per difendersi dai terremoti.
Di questa lodevole iniziativa, "Io Non Tremo", avevamo già dato notizia, ma ci preme qui sottolineare uno in particolare tra gli appuntamenti di questo ampio programma.

Il 19 maggio 2011 si troveranno affiancati due studiosi a parlare di precursori sismici: Helmut Tributsch e Cristiano Fidani.
Tributsch è stato uno dei primi ricercatori, già negli anni 70, a riprendere questo discorso troppo spesso accantonato dalla scienza, mentre il giovane fisico Cristiano Fidani fa parte di quelle nuove leve di scienziati che hanno raccolto il difficile testimone dello ricerca sui precursori.

In quella giornata si parlerà tra l'altro di precursori sismici luminosi: "Le luci sismiche. Una costante nella storia dei grandi terremoti".

[Fonte: http://www.ionontremo.it/wp-content/uploads/19_maggio_Tributsch_Fidani.pdf]

sabato 30 aprile 2011

“SCIENZA E SOCIETA’”

[Recensione Nico Conti]

Quando nel 2002 uscì il saggio di Massimiano Bucchi, “Scienza e società”, per le edizioni de “Il Mulino”, devo ammettere che lo trascurai.

Invece, la nuova edizione riveduta e aggiornata grazie a “Raffaello Cortina Editore” non può essere trascurata da questo mio blog che si occupa di un certo tipo di anomalie scientifiche e parascientifiche.

“Il Laboratorio delle Anomalie” è infatti attento allo studio delle modalità di scientificazione affrontate in questi ultimi decenni dalla sociologia.

Capire come una anomalia diventa fenomeno e fatto scientifico, ci aiuta a capire perché, al contrario, alcune anomalie non riescono ad attrarre l’attenzione delle collettività scientifiche.

Nel saggio di Bucchi troviamo prima di tutto un ordine storico circa lo studio sviluppato dai sociologi della scienza: come e perché la sociologia ha dovuto dedicarsi alla scienza.

In altre pagine di questo blog avevo approfondito alcune riflessioni sul concetto di anomalia come testa di ponte a ciò che la scienza considera il proprio ambito di sviluppo cognitivo e, al tempo stesso, come elemento per il posizionamento dei paletti dei propri confini.

L’anomalia è quell’evidenza incongruente delle analisi e dei risultati che per diverse ragioni lo scienziato non vuole o non riesce a integrare nel proprio spazio circoscritto di studio e, in termini più generali, l’anomalia è quell’oggetto che non riesce ad essere socializzato all’interno di un determinato collettivo scientifico.

Quindi, approfondire i modi di produzione della scienza dovrebbe essere il punto di partenza per chi si occupa di tematiche di confine, di fenomeni nuovi, “rari” o addirittura di “eventi nascosti” da identificare e/o da definire (o da ridefinire), con particolare riferimento agli oggetti di confine trattati da una “parascienza” come l’ufologia (una brutta definizione che Lagrange ci propone di modificare in pulpscience).

Ci sembra che gli ufologi e quelli scettico-razionalisti in particolare, siano restati troppo legati ad una visione irrealistica della scienza, e all’acquisizione un po’ affrettata di concetti come il falsificazionismo di Popper, senza però ulteriori approfondimenti sul mondo reale degli scienziati.

Dopo lo sviluppo dello scetticismo sugli Ufo negli anni 80, gli ufologi si sono dedicati ben poco alla comprensione della scienza, e per loro la sociologia è diventata una spiegazione del fenomeno Ufo, piuttosto che una metodologia di analisi sul come si producono conoscenza e fatti scientifici.

Più interessante sarebbe stato capire le ragioni per cui la scienza, almeno in apparenza, sembra escludere un fenomeno Ufo dal suo mondo.

Lo stesso Lagrange ha prima indicato poi approfondito questo uso errato della “sociologia” come ipotesi esplicativa degli Ufo e perciò come un ostacolo a nuovi sviluppi della disciplina ufologica da parascientifica a scientifica. L’ufologia si è così ghettizzata, asocializzata, anche e proprio in ragione di certe idee astratte riguardo all’attività della scienza, in attesa che la scienza, quella da loro immaginata, si occupasse, non si sa per quale motivo, del loro ingombrante dossier di testimonianze. Un’attesa religiosa del Messia-scienza.

Dall’altra parte l’ufologia credente, non aveva più avuto bisogno alcuno della scienza, convincendosi tra l’altro che essa fosse segretamente in complotto con i poteri politici, per nasconderci una inconfessabile evidenza extraterrestre, che avrebbe reso insensata ogni ricerca scientifica.

Siamo quindi di fronte ad due idee circa una scienza comunque mitizzata, ed irrealistica, che vanno in direzioni apparentemente diverse, simili però nel risultato finale: l’allontanamento dalla scienza.

Il saggio di Bucchi ci può quindi essere molto utile per due ragioni: avvicinarci al dibattito decennale tra sociologi sviluppato sul modo di produrre fatti scientifici e darci della scienza una idea più legata ai suoi riti piuttosto che ai suoi miti, proprio grazie all’analisi di questo dibattito avvenuto tra sociologi delle scienze.

Bucchi sviluppa il suo discorso facendo attenzione a non cadere nel facile stereotipo accusatorio che vuole la sociologia come relativista, costruttivista e antiscientista, mostrando piuttosto un vivace dibattito interno e le forti divisioni che sussistono proprio su queste argomentazioni estreme.

In effetti ben pochi sono i sostenitori del fatto che “la natura non esiste” e che “tutto è costruito dalla società”.

Entrando nel santuario della scienza, Bucchi ci spiega come certe mitologie sulle cause dello sviluppo assai rapido della scienza, durante l’ultimo secolo, non corrispondano al vero, in base ad un’analisi quantitativa dei fatti.

Bucchi fa notare come l’idea molto diffusa che l’ultimo conflitto mondiale abbia avuto un ruolo molto importante nello sviluppo dell’attività scientifica, sia già stata ampiamente ridimensionata dal sociologo Price nel 1963.

Il tasso di crescita in realtà era rimasto sostanzialmente identico agli anni precedenti alla guerra, ed in quelli immediatamente successivi.

Se una qualche conseguenza era correlata al conflitto mondiale era piuttosto quella di una leggera attenuazione della curva di crescita della ricerca scientifica.

Il tasso di crescita della scienza era piuttosto dovuto alla istituzionalizzazione della scienza e alla professionalizzazione del ruolo dello scienziato, insieme a altri macro-fenomeni quali l’industrializzazione ed lo sviluppo del capitalismo.

Bucchi ci spiega che è proprio nel dopoguerra che si sviluppa la sociologia, e che solo a partire dal 1978 la sociologia americana dedica una sezione specifica alla sociologia della scienza.

In ogni modo già il lavoro di Merton, durante gli anni 50, aveva segnalato la scarsa consapevolezza del ruolo sociale della scienza, anche in un paese come gli Stati Uniti.

Fu in quel periodo che si cominciò a considerare la scienza una occupazione come le altre.

Il limite di Merton fu però quello di presentare la scienza più per come doveva essere che per come era “realmente”.

Negli anni 70 Barnes, Dolby e altri cominciarono ad utilizzare dei “case studies” per mostrare lo scostamento tra la concezione di Merton e l’effettivo comportamento degli scienziati.

Cominciò così ad emergere il ruolo sociale svolto dagli scienziati più famosi per attirare l’attenzione dell’intero collettivo scientifico su scoperte particolarmente innovative, che altrimenti avrebbero faticato ad essere accettate.

Molto più tardi, nel 1997, si giunge alle constatazioni di Hess, sul ruolo svolto da una minoranza di ricercatori molto produttivi che era di fatto responsabile della gran parte delle pubblicazioni scientifiche.

Non potevano evidentemente mancare nelle pagine di Bucchi il riferimento alle analisi di Kuhn su scienza e rivoluzioni scientifiche, e la sua teoria che come sappiamo prevede i concetti di paradigma, scienza normale e rivoluzione.

Ricordiamo che per Kuhn la scienza non avanza attraverso un processo lineare di approssimazioni successive, ma è caratterizzata da veri e propri salti di paradigma, tant’è che il passaggio tra paradigmi corrisponde spesso ad un ricambio generazionale tra gli scienziati in attività, con la conseguenza che: “Quelle che nel mondo dello scienziato prima della rivoluzione erano anatre, appaiono dopo come conigli” (Khun 1932).

Kuhn in altre parole centra il suo ragionamento sul concetto di anomalia e sulla spiegazione dei fenomeni attraverso paradigmi, spiegazioni che possono modificarsi nel tempo o anche essere concorrenti tra loro nello stesso periodo.

Si domandava Barnes a tale proposito nel 1982: “…perché quella che per una persona è la soluzione efficace di un problema per altri è una anomalia?”. Questa situazione è valida anche nel mondo scientifico.

Bucchi ci ricorda Fleck, medico polacco di origine ebrea, nel 1935, aveva già anticipato molte delle idee di Kuhn nel suo saggio “ Genesi e sviluppo di un fatto scientifico”.

Già allora stabiliva che ciascun fatto scientifico acquista significato nell’ambito di un determinato “stile di pensiero”, dove “stile di pensiero” è un concetto usato in modo assai simile a quello di “paradigma”.

Fleck affermava che: “Il conoscere è l’attività dell’uomo sottoposta al massimo condizionamento sociale e la conoscenza è la struttura sociale per eccellenza”.

Quindi Bucchi impegna diverse pagine nell’approfondimento del “programma forte” di Bloor , sviluppato nel 1976, dove si afferma che la conoscenza scientifica dovrebbe essere: causale, imparziale, simmetrica e riflessiva.

Bloor iniziò la sua analisi mettendo in evidenza che una parte sempre più trascurabile della conoscenza scientifica proviene direttamente dai sensi. La percezione degli scienziati è sempre più mediata da complessi strumenti tecnici, e da elaborati apparati di intermediazione (pubblicazioni, apparecchiature sperimentali, mass media). Questo gli faceva concludere che non è l’esperienza o l’osservazione bruta che sta al centro dell’attività scientifica, ma l’esperienza socializzata “ripetibile, pubblica, impersonale”.

Più tardi, nel 1985, gli studi di Shapin e Shaffer sulla controversia tra Hobbes e Boyle, mostreranno in modo più chiaro che l’adozione dello “stile empirico” da parte degli scienziati del 600 altro non è che il risultato di un processo storico-sociale.

Tant’è che già Bloor affermava che anche una disciplina come la matematica non è esente da questo tipo di processo sociale, dove di conseguenza l’anomalia può convivere con la regola matematica. Un determinato teorema posto di fronte alla sopravvenienza di una anomalia può essere mantenuto con alcune restrizioni o, comunque, ritenuto valido solo a certe condizioni.

Da queste considerazioni alle conclusioni del 1979 di Latoor e Woolgar il passo è breve anche se non privo di un acceso dibattito tra sociologi.

Latour e Woolgar, come per il “programma forte, si concentrano sull’analisi di un caso, ma contemporaneo: entrano nel laboratorio.

Qui operano una osservazione di tipo etnografico sulla tribù degli scienziati.

Ne esce un saggio, “Laboratory Life”, che diviene ben presto un classico della sociologia.

“Laboratory Life” è frutto dell’analisi dei taccuini di laboratorio,dei protocolli sperimentali,delle bozze, dei resoconti, delle stesure provvisorie dei papers e infine delle conversazioni nell’ambito di un gruppo di ricerca californiano.

Si trattava tra l’altro di una attività significativa per molti versi, che avrebbe portato alla scoperta di una nuova sostanza (TRF) e al premio Nobel per lo scienziato Guillemin che dirigeva questo programma di ricerca.

Latour e Woolgar dimostrano che, anche nella ricerca di laboratorio, così come in ogni altra attività sociale, tutto è negoziabile e questa attività può essere descritta come un continuo attraversamento di “confini” tra considerazioni “scientifiche” e “non-scientifiche”.

Più tardi nel 1995 Knorr Ketina sottolineerà come un elemento importante nella definizione di un fatto scientifico è appunto rappresentato dalla “dimensione retorica”: strategie discorsive, tecniche di rappresentazione degli oggetti di studio, forme di presentazione dei dati.

Si tratta di quelle che Latour e Woolgar avevano identificato come “modalità” e “iscrizioni letterarie”.

Infatti per i due sociologi anche uno strumento scientifico non è altro che un “inscription device”: un apparecchio in grado di produrre una rappresentazione visiva.

Di conseguenza, anche il paper conclusivo per una rivista scientifica è lontano dall’essere un rapporto fedele della attività di ricerca, ed è in effetti un sottile esercizio retorico che “dimentica molto di ciò che è avvenuto in laboratorio”, e ne attua una ricostruzione selettiva.

Nel 1993, partendo da questa linea di studio, Collins ha definito un suo “manifesto programmatico” noto come “programma empirico del relativismo” che presenta tre obiettivi: 1) dimostrare che esiste una “flessibilità interpretativa” dei risultati sperimentali, in ragione della quale esiste la possibilità di più interpretazioni; 2) svolgere l’analisi dei meccanismi che portano alla chiusura di questa flessibilità, e al modo in cui giunge a conclusione una controversia scientifica; 3) collegare questi meccanismi di chiusura, alla più vasta struttura sociale.

Il consenso attorno ad una certa spiegazione scientifica, piuttosto che un'altra, può infatti essere dovuto a fattori di natura sociale: la notorietà di uno scienziato, la capacità di un certo gruppo di ricerca di imporre la propria visione (core set), o una determinata strumentazione.

Da qui l’affermazione forte di Collins: “Non è la regolarità del mondo che si impone ai nostri sensi, ma la regolarità delle nostre credenze istituzionalizzate che si impone al mondo”.

Accanto a questo modello “agonistico” di scienza descritto da Collins, si può porre, come fa Bucchi, il modello descritto alla fine degli anni 80 da Latour , Callon e altri dell’actor network theory.

Per questi studiosi la scienza ha due facce come un Giano bifronte: da un lato la scienza “bell’e fatta”, dall’altro quella “in costruzione”, la ricerca.

Se l’epistemologo analizza la prima, il sociologo tenta di approcciare la seconda.

Un enunciato o un risultato scientifico procedono verso uno stato di “fatto” (o all’opposto di artefatto) attraverso una complessa rete di attori, in un processo collettivo.

Risultato scientifico e oggetto tecnologico risultano essere delle “scatole nere”, ed il meccanismo è talmente complesso che ne può studiare solo l’output (e l’input).

Si parlerà perciò di tecnoscienza, piuttosto che di scienza tout-court, fino a mettere in discussione la possibilità di distinguere scienza e tecnologia.

Un secondo aspetto è la evidenziazione di attori umani e non-umani, i quali si comportano come alleati che concorrono al processo di trasformazione del risultato in una “scatola nera”.

L’esempio di Pasteur e della scoperta dei vaccini, che Latour propone è paradigmatico dell’actor network theory.

Queste considerazioni mettono in evidenza che siamo in presenza di “ibridi” che mescolano natura e cultura.

Ora è bene precisare che la sintesi del saggio di Bucchi può dare l’illusione di un percorso abbastanza lineare circa i progressi della sociologia della scienza, ma queste “conclusioni” sono invece frutto di un dibattito, talvolta anche aspro, che può essere ben esemplificato dall’articolo di Bloor dal titolo emblematico “Anti-Latour” (1999) e la risposta di Latour “For Bloor and Beyond – a reply to David Bloor’s “Anti-Latour””.

Nei suoi saggi Bucchi fa sempre notare come per lungo tempo la scienza sia stata vista come una “gallina dalle uova d’oro”, ovvero l’immagine della scienza come motore esclusivo dell’innovazione tecnologica.

Di conseguenza l’innovazione tecnologica non sarebbe altro che l’applicazione automatica delle scoperte scientifiche.

Questa visione, afferma Bucchi, ha avuto un ruolo storico rilevante nel determinare l’importanza del sostegno pubblico alla ricerca di base, specialmente nel dopoguerra.

Ma già a partire dagli anni 70 questo ruolo centrale della ricerca scientifica nello sviluppo tecnologico ed economico è stato messo largamente in discussione.

Bucchi mette in risalto che uno dei caratteri della scienza contemporanea è la crescente intersezione con le attività di sviluppo tecnologico, con scienziati coinvolti in campi applicativi e ingegneri attivi nel campo della ricerca.

Grazie a questa intersezione, sempre più profonda, non è più solo la scienza a stimolare la tecnologia, ma anche la tecnologia a influenzare la scienza, individuando settori ed argomenti meritevoli di ricerca scientifica, fornendo specifiche apparecchiature strumentali e infine ispirando esperimenti o osservazioni.

Questa intersezione poi non è esente da influenze di gruppi di attori sociali; in altre parole secondo Bucchi si può concludere che una tecnologia si rafforza quante più persone la utilizzano.

Attenzione però a tentare di utilizzare la società per spiegare la scienza: questo equivarrebbe ad accettare e rinforzare questa separazione, che è essa stessa un ibrido tra natura e cultura.

Era questo a ben vedere uno dei difetti del programma forte di Bloor, che non aveva portato sino in fondo il principio di simmetria che predicava.

Afferma Bucchi: “Non si può essere costruttivisti con la natura e realisti con la società, utilizzandola come una sponda per le proprie analisi della pratica scientifica”.

Bucchi ritiene che alla proliferazione di case studies e alla sempre maggiore specializzazione della sociologia non si sia affiancata una pari crescita degli aspetti teorici.

A tale scopo si rifà ad una teorizzazione abbastanza complessa di Barnes, che risale al 1983, e che a suo dire potrebbe offrire possibilità nuove negli studi di sociologia delle scienze.

Barnes individua due categorie di termini che sono il punto di partenza secondo cui definiamo il mondo che ci circonda: “termini-N” e “termini-S”.

I primi sono frutto di un processo attraverso il quale le proprietà empiriche dell’oggetto vengono confrontate con un modello (pattern-matching): rispetto a ciò che è stato detto sugli alberi si potrà ad esempio definire una certa entità come “albero”.

Nel caso opposto, i “termini-S”, non ci si basa sulle proprietà intrinseche dell’oggetto, ma sul modo con cui altre persone lo definiscono.

Contrariamente a quanto si potrebbe supporre i “termini-S” hanno un ruolo anche nell’attività scientifica: è il caso di un chimico che utilizza una bottiglia di acido cloridrico sulla base del fatto che presenta l’etichetta “acido cloridrico”, oppure quando un certo atteggiamento su un esperimento è determinato dall’”affidabilità” dello studioso, o del laboratorio presso cui opera.

Allo stesso modo ciò che conferisce a una rappresentazione lo status di modello, per esempio il modello dell’atomo come sistema solare in miniatura o quello dell’elettrone come un polo magnetico, consiste nel fatto che scienziati la utilizzano e la considerino tale.

Più gli scienziati utilizzano tali metafore, più queste diverranno forti e “date per scontate”.

Nel 1995 Bloor afferma che: “Qualcosa è un modello solo se un numero sufficiente di persone lo tratta come tale”.

Di conseguenza utilizzare un modello maggiormente diffuso o una metafora largamente condivisa, significa poter contare su una più vasta possibilità di “materiali”, “rifornimenti” e “scambi” con altri utilizzatori.

Quindi le definizioni ed i teoremi sono ampiamente negoziabili tra gli studiosi.

Nella prospettiva proposta da Bloor la dimensione sociale appare come un presupposto della conoscenza scientifica stessa.

Stati come la “dimostrazione”, il “controesempio”, che vengono ad esempio assegnati ad una serie di calcoli o ad un risultato sperimentale, come nel “modello” o nell’”esperimento” contengono elementi di tipo S.

In altre parole tutti i predicati contengono elementi di tipo S, ossia funzionano in virtù del fatto che sono istituzioni sociali.

In realtà Barnes e Bloor non tentano di espandere la componente sociale, come nel caso di Collins e dei sostenitori del “relativismo”, ma al contrario di eliminarla del tutto. La componente sociale è elemento essenziale ma ridotto al minimo.

Autori come Fleck avevano già messo in rilievo aspetti quali il fatto che il ricercatore appartiene a più collettivi di pensiero allo stesso tempo: quello del proprio settore specifico di indagine , quello della religione a cui appartiene, quello della parte politica a cui appartiene, oltre al collettivo più generale della società (e della cultura) in cui vive.

Fleck prima e Kuhn successivamente affermeranno che è proprio nello scambio e nell’intersezione di questi stili di pensiero che avvengono i più significativi mutamenti della conoscenza scientifica.

Un altro aspetto rilevante è il controllo così come viene messo in atto dai ricercatori di oggi.

Le complesse dimostrazioni matematiche o sperimentali, ad esempio riguardo le particelle della fisica, richiedono mesi di calcolo e strumentazioni disponibili solo in pochissimi e costosissimi centri di ricerca, con la conseguenza che gran parte della comunità scientifica si trova a delegare il controllo ad un numero estremamente ristretto di colleghi, rafforzando così, invece che ridurle, le influenze sociali.

Infine si deve porre una particolare attenzione alla comunicazione attraverso cui i “non addetti ai lavori” entrano in contatto con la scienza.

La comunicazione scientifica ha infatti una lunga tradizione, almeno a partire dal 700, conseguenza del crescente interesse del pubblico verso le scoperte.

Ma le pratiche della comunicazione scientifica si sono modificate nel tempo a partire da almeno due cambiamenti: la professionalizzazione dell’attività dello scienziato (aumento della rilevanza sociale, istituzionalizzazione, crescente specializzazione) e lo sviluppo dei mass-media.

Per troppo tempo siamo stati in presenza di una concezione “diffusionista” della scienza: i fatti scientifici (attraverso la metafora della traduzione linguistica) avrebbero avuto solo bisogno di essere portati dal contesto specialistico a quello divulgativo.

Questa concezione prevede una distanza tra scienziati (estranei al processo di comunicazione) e divulgazione ed una concezione lineare, pedagogica e paternalistica della comunicazione ad un pubblico tutto sommato passivo.

A partire dagli anni 90 questa rappresentazione stereotipa dell’“alfabetizzazione scientifica” è stata fortemente discussa: l’articolazione tra “sapere esperto” e “sapere non esperto” risulta ben più complessa.

Infatti i ricercatori sono sempre più coinvolti nel processo di divulgazione. Al posto di una distinzione netta tra la scienza e la sua divulgazione è stato suggerito un modello di “continuità”.

Già Fleck aveva messo in evidenza come una progressiva solidificazione del sapere, attraverso ad esempio la “scienza dei manuali”, esercitasse successivamente una influenza sugli stessi specialisti.

Infatti Bucchi fa notare come questo modello di continuità della comunicazione “ad imbuto” dia una immagine realistica solo nelle situazioni di routine.

Ma la comunicazione scientifica è anche altro, ed ha una funzione di collegamento per entrare in contatto con un ampio numero di colleghi e non solo col grande pubblico. A tale fine presenta una certa utilità soprattutto quando si tratta di attraversare più settori disciplinari per entrare in contatto con altri colleghi altrimenti non raggiungibili.

E’ stato ad esempio il caso degli scienziati che sostenevano la relazione tra CFC e l’assottigliamento dello strato di ozono, altrimenti noto come “buco nell’ozono”.

La divulgazione del “buco dell’ozono” ha fatto si che più velocemente diversi scienziati avvertissero l’urgenza del problema e si reagisse in tempi più brevi.

Spesso gli scienziati praticano questa deviazione della comunicazione, cioè la comunicazione pubblica come parte del processo di produzione di un fatto scientifico, camuffandola da divulgazione.

Secondo Bucchi è perciò necessario “uscire dalla metafora del trasferimento” per “indagare le interazioni multiple” tra discorso specialistico e discorso popolare.

Alcuni “oggetti liminali” ( i boundary objects introdotti da Star e Griesemer nel 1989) come “gene”, “DNA”, “Big Bang”, “AIDS”, trovandosi all’intersezione tra livelo specialistico e popolare, svolgono un ruolo chiave sul piano discorsivo.

In altre parole Bucchi afferma: “La creazione e la gestione di oggetti liminali è un processo chiave nello sviluppo e nel mantenimento di coerenza tra i mondi sociali che si intersecano”.

Alcuni autori oggi parlano di “co-produzione della conoscenza”, per descrivere la partecipazione dei non esperti, mentre Callon nel 1999 si spinge ad affermare che le persone comuni hanno saperi e competenze che integrano e completano quelli degli scienziati e degli specialisti.

Non è più questione dell’educazione di un pubblico scientificamente analfabeta, ma della sua partecipazione alla conoscenza.

Una delle conseguenze più eclatanti dei nuovi modi di produrre conoscenza e del comunicarla, consiste nel fatto che l’esposizione ai media delle questioni legate alla tecnoscienza, non avviene più dopo la stabilizzazione di un determinato dibattito scientifico, ma avviene nelle fasi di maggiore incertezza e controversia tra gli stessi specialisti (si pensi ad esempio al dibattito sulla “fusione fredda”).

E, sono proprio le conseguenze che Bucchi tratta nella parte finale del suo saggio delineando che si sta andando verso un nuovo modo di fare scienza, o meglio tecnoscienza, poiché se eravamo abituati in passato ad una scienza che invadeva lo spazio della società, ora sempre più spesso assistiamo alla situazione inversa: la scienza di oggi è sempre più oggetto di negoziazione con il pubblico.


Bucchi Massimiano, “Scienza e società. Introduzione alla sociologia della scienza” (Nuova edizione riveduta e aggiornata), Raffaello Cortina Editore, 2010.

lunedì 4 aprile 2011

18 febbraio 2011. ANALISI DEL FILMATO DI UN PRESUNTO FULMINE GLOBULARE OSSERVATO IL 20 GIUGNO 2010

Due ricercatori del Centro Ricerca Enel di Pisa, Stefano Sello e Enrico Paganini, hanno svolto l'analisi su un fenomeno osservato e filmato da Paolo Viviani.

Ci risulta che sarà al più presto pubblicato un articolo approfondito sull'analisi fotometrica:

Sello Stefano, Paganini Enrico, e Viviani Paolo, "Ball lightning observation: an objective video-camera analysis report", sottoposto il 21 febbraio 2011

Per il momento vi rimandiamo ad una sintesi "Report fulmine globulare" alla URL:
http://fulmineglobulare.xoom.it/index.php?option=com_content&view=article&id=51&Itemid=53&lang=it

Vi si tratta l'osservazione di un presunto fulmine globulare avvenuta il 20 giugno 2010, in località Pruno , provincia di Lucca, nel comune di Stazzema.
Paolo Viviani durante una giornata estiva nuvolosa e con pioggia, durante un trekking lungo una montagna a circa 470 metri, vicino a Pruno, riprende un presunto fulmine globulare.
Le condizioni del tempo sono pessime, con pioggie che si interrompono di tanto in tanto.
Non c'è vento e la temperatura è tra i 15° ed i 18°.
Nel primo pomeriggio il testimone sta attraversando un ponte sul fiume Deglio quando decide di fermarsi, e di riprendere il fiume a circa 20 metri, usando lo zoom della video-camera.
Il filmato è di pochi secondi, sei, quando ha l'impressione di osservare sullo schermo monocromatico "qualcosa di inspiegabilmente strano".
In quel filmato occasionale ha catturato una piccola sfera di luce arancio, più bianca nel nucleo, dal movimento irregolare e della dimensione di pochi centimetri, non più di 3,6 mm.
Nel periodo di registrazione di 6 secondi l'oggetto rimane presente nel video per tre secondi, mantenendo costante taglia e luminosità per poi sparire dal campo inquadrato, con una forte accelerazione. In quel momento il cielo era coperto ma non stava piovendo.

Come sappiamo esistono pochissimi documenti filmografici che hanno catturato occasionalmente dei presunti fulmini globulari, ma affiancati da una ampia messe di testimonianze storiche che danno conto fino ai giorni nostri di un fenomeno estremamente bizzarro e dai comportamenti complessi, comportamenti tali da mettere in gioco numerosi problemi fisico-energetici e chimici, non risolti dai varii modelli e dai tentativi di replica in laboratorio.
Questo ha fatto anche pensare che sotto la voce di "fulmini globulari" si fosse in presenza di una serie di fenomeni simili solo sotto un aspetto puramente formale.
Tali autori, quindi, prima di intraprendere la loro analisi fotometrica del filmato svolgono un'ampia, seppur non esaustiva sintesi, sugli studi del fenomeno ricordando molti dei punti di vista degli scienziati ed i modelli che ne sono scaturiti.
Il grosso del dibattito sui fulmini globulari sta nella considerazione se l'energia interna del fenomeno, costituito da gas, sia sufficiente a tenere insieme il fulmine globulare, o se siano necessarie altre condizioni esterne.
Si accenna anche al fatto che al momento, in mancanza di dati ben costruiti sul fenomeno, l'affidabilità della testimonianza sia un punto importante, per poter svolgere qualche ragionamento di tipo scientifico.
I bizzarri racconti di fulmini globulari trattano di fenomeni luminosi che talvolta attraversano piccole fessure o che passano da un lato all'altro del vetro di una finestra e, infine, che mantengo una forma ed una dimensione per un lungo arco di tempo.

L'analisi fotometrica RGB, porta ad alcune conclusioni provvisorie.
Si esclude che possa trattarsi di una luce laser puntata sull'acqua ed il fenomeno risulta non trasparente, con una emissione costante durante l'intervallo di tempo osservato.
Il profilo delle curve RGB sembrerebbe in accordo con il modello dei fulmini globulari di Turner.

[immagine tratta da: Science Photo Library, ("Ball lightning kills Richmann", 1753)]

5 aprile 2011. ASSEMBLEA GENERALE EGU (EUROPEAN GEOSCIENCES UNION)

Si è aperta domenica 3 aprile a Vienna l'Assemblea generale dell'European Geosciences Union, l'associazione europea cui può aderire chi si occupa professionalmente di scienze geologiche, planetarie e spaziali. I lavori termineranno questo venerdì.
E' interessante notare come un grande numero di interventi sia dedicato agli argomenti di interesse del nostro CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen, che ne dà notizia sul suo blog.
Tra le presentazioni orali sui Fenomeni Luminosi in Atmosfera, con particolare riferimento alla famiglia dei TLE (Transient Luminous Events), risulta un intervento di Torsten Neubert, Olivier Chanrion e dell'EuroSprite Team sul potenziale elettrico del gigantic jet ripreso dall'astrofilo Ferruccio Zanotti (IMTN) nel dicembre 2009, sul territorio italiano.

Saranno presentati un gruppo di posters sul fenomeno di Hessdalen, frutto delle ricerche italo-franco-norvegesi del 2010: "The Hessdalen phenomenon" di Erling Strand, "Optical spectroscopy and radar analysis of transient luminous phenomena in the low atmosphere over Hessdalen valley NORWAY" di Bjørn Gitle Hauge e, infine, "Infrasound and wideband electric field measurements during Hessdalen Science camp 2010" di Thomas Farges, Elisabeth Blanc e Bjørn Gitle Hauge.
Infine al convegno EGU si affacciano anche le tematiche ufologiche, con la terminologia di Fenomeni Aereospaziali Non-identificati (UAP).
Lo studioso Philippe Ailleris presenta due posters relativi al suo progetto "The Unidentified Aerospace Phenomena (UAP) Observations Reporting Scheme" che ha avuto inizio nel 2009: "Observed a mysterious aerial event that you can't explain? The UAP Observations Reporting Scheme as a tool for demystifying UFOs and stimulating interest in science" nella sessione sull'insegnamento della scienza "Science in tomorrow’s classroom", la giornata del 5, e "Towards a better understanding of unusual atmospheric events: the Unidentified Aerospace Phenomena (UAP) Observations Reporting Scheme nella sessione Aurora, Airglow and Transient Luminous Events in Planetary Atmospheres" la giornata del 7 aprile.

[Info: Roberto Labanti (CIPH); per ulteriori informazioni vedi URL: http://ciph-soso.blogspot.com/2011/04/egu-2011-vienna.html]

lunedì 28 marzo 2011

25 marzo 2011. CONFERENZA SU PRECURSORI SISMICI, CASTEL SAN PIETRO TERME (BO)


Martedì 22 marzo 2011 a Castel San Pietro Terme (Bologna), nella Sala Cassero, il geologo Valentino Straser ha tenuto una conferenza dal titolo: "I PRECURSORI SISMICI: UNA NUOVA FRONTIERA DELLA SCIENZA".
Straser ha sviluppato uno studio approfondito sui Fenomeni Luminosi in Atmosfera nella Val di Taro (Parma), zona di faglia, che ha attirato l'attenzione,non solo di studiosi internazionali di precursori sismici ma anche quella mediatica.
E' solo il caso di ricordare che il 93% del territorio della regione Emilia-Romagna è a rischio sismico, e ciò significa che le tecniche che si stanno sviluppando sui precursori sismici, sono di grande importanza, non solo generale, ma proprio nello specifico della nostra area.
Durante la conferenza di Straser, Stelio Montebugnoli, responsabile dei Radiotelescopi di Medicina (BO) ha tenuto una piccola presentazione sul lavoro di rilevamento dello spostamento delle placche tettoniche, sviluppato con la parabola di Medicina e quella del radiotelescopio di Noto, in Sicilia. Siamo sul territorio italiano ma su due diverse placche tettoniche.
Alla conferenza hanno presenziato tra il pubblico il comitato bolognese CIPH, nella persone di Renzo Cabassi e Massimo Silvestri (Project Hessdalen e Progetto SOSO), ed il gruppo 45°GRU con Jerry Ercolini e Nicola Tosi (che sta svolgendo un interessante lavoro di osservazione strumentale nel Polesine).
La conferenza, che mi dicono sia stata molto interessante, è stata quindi anche l'occasione incidentale per gli studiosi italiani, per fare il punto sulle metodiche e con un impegno ad un incontro futuro più articolato, al fine di perfezionare le reciproche esperienze in campo strumentale.

[Info: Renzo Cabassi, Massimo Silvestri e Maurizio Morini (CIPH); Jerry Ercolini (45°GRU); e, l'associazione Salto Quantico, http://www.saltoquantico.altervista.org/, che ha organizzato questo ciclo di conferenze]

domenica 20 marzo 2011

21 marzo 2011. CONFERENZA SUI MISTERIOSI FENOMENI DI LUCE IN POLESINE

[Una ricerca tecnico-strumentale]

Lunedì 21 marzo 2011, alle ore 21,00 si terrà la conferenza "MISTERIOSI FENOMENI DI LUCE IN POLESINE" organizzata dall'associazione 45°GRU, presso la Biblioteca Comunale di Costa di Rovigo (RO).
Verranno descritti dal relatore Jerry Ercolini i fenomeni luminosi anomali che da anni sono riportati in alcune aree del Polesine.
Ercolini illustrerà la metodologia di indagine, la strumentazione usata, e infine il rapporto esistente tra segnalazioni dei testimoni e supposto fenomeno reale.

La conferenza si svolgerà in collaborazione con il comune di Costa di Rovigo, grazie a Sistema Bibliotecario Provinciale, Biblioteca Comunale "Manfred B. Buchaster".

Entrata libera

Per informazioni: jerry@45gru.it

martedì 15 marzo 2011

25 ottobre 2010- TUNGUSKA VERSO LA SOLUZIONE?

Il 30 Giugno del 1908 accade qualcosa destinato a far discutere varie generazioni in tutto il mondo: una esplosione di energia pari a 1000 bombe di Hiroshima abbatte 80 milioni di alberi in una remota regione della Siberia Centrale, nei pressi del Fiume /Podkamennaya Tunguska/ (Tunguska Pietrosa), a seguito di un fenomeno luminoso visibile e registrato in più parti del mondo.
Questo fenomeno luminoso era stato osservato durante la sua entrata in atmosfera, da un ampio numero di testimoni, che ne avevano dato indicazioni molto precise.
Diverse missioni si erano recate sul luogo dell'evento.
In questi ultimi anni, a partire da una missione del 2007, un gruppo di ricerca bolognese dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha presentato un nuovo scenario, per spiegare la catastrofe, in seguito l'individuazione di un cratere da impatto a livello del lago Cheko.
All'inizo del secolo scorso alcuni scienziati sovietici azzardarono pure l'ipotesi esotica che si fosse trattato dell'impatto di una astronave extraterrestre.
Qualche mese, il 25 ottobre 2010, fa il giornale la Pravda on-line ha dato la notizia che il mistero dell'impatto della Tunguska sarebbe stato risolto, e si sarebbe trattato di un meteorite.
Nello scorso 2010, una spedizione sul posto guidata daVladimir Alexeev con Troitsk Innovation and Nuclear Research Institute (TRINITY) ha indagato il terreno con un radar capace di penetrare fino a 100 metri di profondità.
Questa indagine avrebbe portato a dimostrare l'impatto di un meteorite nel punto ipotizzato dagli scienziati italiani, a partire dalla configurazione geofisica del lago.
Sarebbero stati scoperti sul fondo i frammenti dell'impatto cosmico.

Per ulteriori dettagli, in attesa di conferme, si legga l'articolo del giornalista, della Pravda Anton Yevseev:

http://english.pravda.ru/science/mysteries/25-10-2010/115495-tunguska_meteorite-0/


[Immagine tratta da fumetto dei Fantastici 4, dove si fa riferimento al Tunguska event, vedi: http://sacomics.blogspot.com/2010_01_01_archive.html]

lunedì 28 febbraio 2011

NUOVI SVILUPPI DEL PROGETTO SOSO DEL CIPH

Il responsabile tecnico del Progetto SOSO, Massimo Silvestri, ci informa sui nuovi sviluppi nel campo rilevamento VLF, in abbinamento all'ottico:

http://www.ciph-soso.net/SOSO/VIDEO%26RADIO.html

Dopo tre anni di funzionamento ininterrotto di SOSO (Smart Optical Sensors Observatory), sistema di video sorveglianza e registrazione di Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera (bolidi, meteore, TLE (Transient Luminous Events) si è giunti ad un ulteriore traguardo del progetto con l'affiancamento di tre ricevitori per segnali VLF (0-22 Khz); uno per la componente elettrica e due ricevitori per la parte magnetica con antenne loop disposte ortogonalmente...

[Info al sito CIPH: http://www.ciph-soso.net/SOSO/VIDEO%26RADIO.html]

giovedì 17 febbraio 2011

ARGOMENTI AI CONFINI DELLE SCIENZE: PULP-SCIENCES

L'antropologo Pierre Lagrange apre il suo blog "Pulp Sciences. Carnet de recherche visuel" sui blogs di "Culture Visuelle" (Media Social d'Enseignement et de Recherche) con il problema definitorio delle cosiddette "parascienze", un brutto termine che congloba argomenti quali: ufologia, parapsicologia, astrologia, etc.
Egli suggerisce l'utilizzo di un nuovo termine meno evocativo di "pulp-sciences".
Il dibattito è aperto:
http://culturevisuelle.org/pulpsciences/archives/1

[Fonte: sito "Culture Visuelle"]

mercoledì 16 febbraio 2011

7-21 Maggio 2011. RIMINI: CONOSCERE E CONVIVERE CON IL TERREMOTO

L'ordine degli ingegneri di Rimini ha organizzato tra il 7 e il 21 Maggio 2011 una serie di incontri divulgativi rivolti a tecnici, scuole e popolazione al fine di far conoscere i terremoti, e di indicare come la prevenzione sismica può aiutarci a difenderci.
Tra gli altri relazioneranno in questa occasione studiosi come il chimico Helmut Tributsch, famoso per il suo "I profeti del terremoto", pubblicato da Armenia negli anni 70, e il fisico Cristiano Fidani studiosi di precursori sismici.
Sarà affrontato anche il tema delle luci sismiche, fenomeni luminosi in concomitanza con i terremoti.

Programma:
http://www.ionontremo.it/wp-content/uploads/calendario-manifestazione.png

CRISTIANO FIDANI A PROPOSITO DELLE IPOTESI DI RAFFAELE BENDANTI CIRCA I TERREMOTI

Raffaele Bendanti è stato uno studioso autodidatta romagnolo che a cavallo del fascismo ebbe un rilievo mediatico internazionale grazie ad alcune ardite teorie sulla previsione dei terremoti.

Il fisico Cristiano Fidani ha condotto una serie di ricerche scientifiche e documentative all’interno di un progetto del Comune di Faenza (RA) che può oggi avvicinarci alle idee di Bendandi con una prospettiva storica, facendo affidamento sugli sviluppi della scienza di questi ultimi decenni.

Bendanti impegnò la sua esistenza, con entusiasmo solitario, a “segnali” precursori legati all’astronomia, suo interesse primario fin dalla adolescenza, con particolare riferimento alla meccanica celeste.

In questo secondo articolo Cristiano Fidani analizza senza pregiudizi e con taglio storico il lavoro di Bendanti:

Fidani Cristiano, "Alcune conferme alle previsioni dei terremoti di Raffaele Bendanti", sito CIPH, in http://www.itacomm.net/EQL/2011_Fidani.pdf, 2011.

[Info Renzo Cabassi, CIPH]

martedì 15 febbraio 2011

GIUSEPPE STILO A PROPOSITO DEI BRONTIDI DI VITTORIO VENETO

Qualcuno potrebbe criticare il Comitato Italiano per il Project Hessdalen (CIPH) per la facilità di assimilazione di fenomeni tra loro apparentemente eterogenei.
Certo ci si può legittimamente porre la domanda di che cosa abbiano a che vedere i brontidi con i Fenomeni Luminosi Transitori dell'Atmosfera, del tipo Hessdalen-like.
Brontidi.
Come ci ricorda lo studioso Giuseppe Stilo nell'ultima news del sito CIPH-SOSO: "Questo è il nome con il quale il CIPH individua una vasta gamma di fenomeni acustici, a volte di carattere esplosivo, a volte simili a rombi prolungati o a prolungati toni di frequenza bassa, altre a ronzii o a curiose vibrazioni la cui collocazione varia, secondo le descrizioni, nel sottosuolo o nell’atmosfera".
Abbastanza di frequente questi fenomeni sonori, che hanno una larga tradizione di narrazioni folkloriche, sono stati testimoniati in concomitanza con la presenza di "luci".
Esiste quindi la possibilità che vi sia una qualche relazione tra brontidi e fenomeni luminosi.
Tale aspetto non può essere trascurato, come ipotesi di lavoro, da quegli scienziati che si dedicano ai precursori sismici e alla previsione dei terremoti.
Accanto al folklore esiste infatti tutta una serie di narrative scientifiche, che trattano di strani rumori in concomitanza coi terremoti o stress sismico.

Peraltro non sarà sfuggito ad alcuni appassionati del fenomeno di Hessdalen che tra le prime osservazioni Ufo all'inizio degli anni 80, che avvevano innescato il moltiplicarsi delle testimonianze di "luci", erano stati riportati nella valle anche una serie di strani rumori, descritti in vario modo.
Alcuni erano rumori sordi provenienti dalle viscere della terra simili al passaggio di un treno in galleria, altri sembravano provenire dalle montagne circostanti (vedi ad esempio: Devereux Paul, "Earth Lights Revelation", Blandford, 1989 e 1990).

In questa news Giuseppe Stilo tratta dei suoni misteriosi riportati in questo periodo a Vittorio Veneto (TV) con la precisione che gli è solita ed abbondanza di informazioni.


[Stilo Giuseppe [news di], "Vittorio Veneto (TV): il ritorno dei brontidi?", alla URL: http://ciph-soso.blogspot.com/2011/01/vittorio-veneto-tv-il-ritorno-dei.html]