lunedì 16 giugno 2003

VISIBILE E INVISIBILE NELLA SCIENZA [articolo di Bruno Latour]

Esiste nella scienza la stessa "querelle delle immagini" presente nella teologia.

Articolo tratto dalla rivista "La recherche" n°. 295 , 02/11/97, di Bruno Latour (sociologo Ecole de Mines, Paris)

Spesso si oppone la ricerca religiosa dell'invisibile a quella scientifica del visibile. Come si può constatare leggendo qualsiasi articolo tecnico di questa rivista, le cose, in realtà, devono essere un po' più complicate. In effetti non si vedono mai direttamente dei virus o delle galassie, ma sempre indirettamente (1).
Una sola immagine della galassia non è mai sufficiente a modificare le convinzioni dell'astronomo. Ne sono necessarie diverse, corrispondenti a delle lunghezze d'onda, a dei codici, a diversi trattamenti delle immagini. Il fenomeno risiede molto meno nell'immagine in se stessa e molto di più nella sovrapposizione di una moltitudine di immagini distinte. Cosa vede l'astronomo di conseguenza? Su una sola immagine proprio niente. Ciò che vede è ciò che resta stabile da una traccia all'altra, ciò che egli suppone costante attraverso le trasformazioni dei grafici, delle tavole, delle fotografie, dei resoconti, dei calcoli. Quello che vede resta dunque letteralmente invisibile. La galassia non è come la perla di una collana, ma piuttosto il filo invisibile che tiene insieme tutte le perle (2).
Un divertente contro-esempio di questa teoria ci è offerto dall'ossessione degli "ufologi" per la traccia definitiva, per la perla rara, che deve provare indiscutibilmente, secondo loro, la presenza di dischi volanti o mostri extraterrestri. Essi trovano sempre il modo di impressionare la pellicola fotografica con macchie, bande, aloni e ombre inspiegabili. Superficialmente, le tracce che ottengono a malapena possono assomigliare, in effetti, a quelle sulle quali la scienza detta ufficiale fonda le sue convinzioni (3).
Ma gli ufologi caricano una traccia isolata di tutto il peso dell' evidenza. Sta lì tutta la differenza. Mai gli astronomi farebbero lo stesso. Una traccia isolata non è per loro una referenza. Comincia ad esserlo allorquando un fenomeno può essere definito come una costante mantenuta attraverso una serie infinita di deformazioni. Laddove l'ufologo crede di trovare l'uccello raro, la prova miracolosa, il nascosto divenuto visibile, l'astronomo un po' più finemente, insegue una forma molto particolare d'invisibile: ciò che gli permette di dare senso ad una gruppo di evidenze. Il primo, l'ufologo, crede di dover vedere; il secondo, l'astronomo, sa che non vedrà.
Gli ufologi sono sempre indignati nei confronti della "scienza ufficiale" che non riconosce i loro "dati" ed immaginano che si "complotti contro di loro" per "dissimulare le prove (4)". La verità è meno esotica. Gli ufologi dimenticano che gli scienziati hanno un rapporto molto più sottile con l'invisibile di quello che lasciano credere i loro manuali ed i loro rapporti. Certo talvolta capita ad un ricercatore, allorquando si rivolge al grande pubblico, di prelevare una delle proprie tracce, di metterla in valore, di mostrarla e di dire "Ecco qui una galassia !", come se in effetti questa immagine isolata fosse proprio il fenomeno che si voleva trovare. Ma questa facilità di linguaggio non serve che alla pedagogia.
Quando si tratta di dover convincere i suoi pari, non si può dare una perla al posto della collana. E' tutta una serie di trasformazioni che i colleghi vogliono verificare una ad una. Da ciò la confusione di registri: quando infine porta una traccia visibile di ciò di cui parla, crede di provare alla maniera di una vera scienza, mentre non fa che imitare il pedagogo che isola una traccia per farne il rappresentante unico di tutto ciò che essa rappresenta... Nel momento stesso che brandisce l'evidenza, è là che l'ufologo è meno scientifico.
Se questa teoria è esatta, si obietterà, perché allora aver associato la scienza col visibile e l'immediatezza invece di insistere sulla sua ricerca così particolare dell'invisibile e della mediazione ? La prima ragione è legata probabilmente alla storia dell'arte. In effetti, da dove ci perviene questa idea curiosa secondo la quale ci sarebbe da un lato un modello e dall'altro una sola immagine di questo modello? Da una forma molto particolare di pittura, molto probabilmente dalla pittura olandese. E' in quel momento in effetti che si è formata una certa idea della descrizione, dove possiamo trovare la fonte di numerose metafore sulla "corrispondenza" tra la "rappresentazione" del quadro e la "realtà" (5). Peraltro, tra una serie di perle ed il filo che le trattiene, il rapporto non è tuttavia lo stesso che tra il quadro ed il suo modello. La metafora della pittura accentua l'importanza della corrispondenza in senso stretto tra il modello e la sua copia, e rende invisibile quella forma così particolare di visualizzazione e di modellizzazione propria delle scienze esatte. Le scienze non copiano il mondo.
Ma è probabilmente dalla querelle antireligiosa, così importante per la formazione delle scienze, che previene questa difficoltà nel rappresentare il lavoro dell'immagine sapiente. In un libro illuminante sulla teologia bizantina, Marie-José Mondzain ci ricorda che la parola "economia" definisce sia un modo di governare, una forma d'interpretazione delle immagini religiose e, infine, una teoria molto sofisticata di rapporto tra visibile e invisibile (6).
Ci manca, non ne dubitiamo, una economia delle immagini scientifiche che sia di una sottigliezza tanto bizantina! Gli iconoclasti, in effetti, esistono nella scienza come nella religione. Vogliono privarsi del soccorso della mediazione materiale dell'immagine e passare direttamente, spiritualmente, miracolosamente verso il modello indicibile che solo deve ispirarli. Mentre, gli iconofili, nella scienza come nella religione, insistono su tutt'altra via che li obbliga a prendere molto seriamente il semplice fatto che non si possano vedere direttamente le cose di cui si parla. Invece di opporre invano l'invisibile al visibile, sarebbe meglio se si raccogliessero le forze di queste due grandi pratiche dell'immagine che furono la religione cristiana e le scienze. L'opposizione classica tra razionale e irrazionale parrebbe molto meno pertinente che quella tra iconoclasti e iconofili. Ma come fare per essere al contempo iconofili nella scienza e nella religione?

Note

1) D'altronde si tratta di una proprietà generale delle immagini da cui traiamo raramente le conseguenze per le scienze, vedi Regis Debray, Cours de mediologie generale, Gallimard, Paris, 1991.
2) Vedi il numero 22 della ex rivista Culture Technique diretta da Jocelyn de Noblet (1991) ed il numero speciale di Science et Avenir n°104, dicembre 1995, sull' imaginerie scientifica. Vedi infine il classico e sempre assai completo lavoro di Jan Hacking, "Concevoir et experimenter. Themes introductifs a la philosophie des sciences experimentales", Christian Bourgois, Paris, 1989 [traduzione italiana dall'originale statunitense: "Conoscere e sperimentare", Laterza, Roma, 1987, NdT].
3) Vedi il numero coordinato da Pierre Lagrange ed in particolare il suo articolo "Les extraterrestres revent-ils de preuves scientifiques?", Ethnologie francaise, vol. XXIII. n° 3, 428, 1993.
4) Vedi il curioso libro che lo stesso Pierre Lagrange ha consacrato a "La rumeur de Roswell", la Decouverte, Paris, 1966. Solamente un complotto di proporzioni mirabolanti possono spiegare come prove così probanti possano essere state dissimulate agli occhi del pubblico. Evidentemente non rimane che provare il complotto! Ma ecco che le evidenze nuovamente divengono incredibilmente tenui, comportando una interminabile inchiesta del sociologo sulle cause dell'invisibilità del complotto...
5) Svetlana Alpers, "L'art de depeindre. La painture hollandaise au XVIIe siecle", Gallimard, Paris, 1990 [traduzione italiana dall'originale statunitense: Arte del descrivere. Scienza e pittura nel Seicento olandese, Boringhieri, Torino, 1984/1999 NdT]. 6) Marie-José Mondzain, "Image, icone, economie. Les sources byzanthines de l'imaginaire contemporain", Le Seuil, Paris, 1996.
Traduzione N. Conti, e collaborazione R. Labanti. Pubblicato su internet la prima volta il 16 giugno 2003

venerdì 7 marzo 2003

NON ERA UN UFO DEL PASSATO [articolo breve di Nico Conti]

Nei cosidetti libri di "archeologia spaziale" si fa spesso riferimento a tecnologie che sarebbero state presenti nel passato come "fuoriposto" rispetto alla loro epoca (Out Of Place Artifacts secondo la dizione fortiana). Questa presunzione fa ritenere a questi autori che "antichi astronauti" extraterrestri avrebbero visitato la Terra fin dai tempi più remoti, lasciando presso di noi parte delle loro conoscenza tecnologica. Uno di questi autori, W. Raymonde Drake, molto in voga negli anni settanta riportava la notizia che, in Francia nei pressi di Les Mans, in un quadro di una Madonna del 1460 (circa) compariva il Bambino che teneva tra le mani una specie di elicottero ante-litteram. L'autore avanzava l’ipotesi che si trattasse di un UFO (non nel senso di oggetto volante non identificato ma chiaramente di natura aliena).
I primi autori a farne probabilmente menzione sono proprio i francesi sulla rivista Planete, nel numero di maggio-giugno del 1964, con un articolo dal titolo evocativo "La Madonna dell' elicottero".
In seguito la notiziola viene quindi ripresa da Drake, che così riporta l'informazione: "Esiste a Les Mans un pannello medioevale risalente al 1460, raffigurante un Gesù Bambino che tiene tra le mani una specie di elicottero manovrato da una corda"(1).
Secondo Drake, che non va per il sottile, questo elicottero ispirò Leonardo da Vinci ed è "uno dei più notevoli anacronismi" della storia. L'autore ci ricorda inoltre una vetrata istoriata che reca dipinta un altro elicottero, ed un Cristo, risalente al 1525. Il vetro, di origine normanna, sarebbe presso il Victoria and Albert Museum di Londra (1 p.234-235).
Essendo. per motivi di famiglia, spesso spinto nella città di Les Mans dove questa opera pittorica doveva stare, mi ero ripromesso da diverso tempo di ritrovarla e compiere un soppraluogo per constatare direttamente tale...”elicottero”. Purtroppo nessuno degli amici sul posto sapeva darmi indicazioni su tale opera e quando poi chiedevo di una pittura del '400 che mostrava un elicottero... potete immaginare le facce!
Finalmente ho trovato un articolo su una rivista dipartimentale “Le Maine-Decouvertes” del dicembre 1997 redatto da Roger LECOQ (2 p. 35) che parla della “Vergine e infante con S. Benoit”, dipinta da uno sconosciuto per la chiesa del Priore di Saint-Ippolyte di Vivoin, dipendente dell’Abbazia benedettina di Marmoutier. L'autore ignoto è conosciuto fra gli storici d'arte francesi semplicemente come il "Maitre de Vivoin" (il "Maestro di Vivoin") (3).
Fin dal 1955 con la pubblicazione del libro “Les giravions” di J.F. Navard l’oggetto stretto tra le mani del bambino era stato preso per un elicottero. Qualcuno, più astutamente, vi aveva visto una rappresentazione del “velivolo” di Leonardo da Vinci, contemporaneo dell’opera.
Per l'autore francese, l'oggetto rappresentato "existait certainement dans le Maine ou la Picardie vers 1460, devait etre populaire en ces provinces depuis le début du siècle au moins. Quel qu'il en soit, le principe de la sustentation par voilure tournante recevait des applications dans le provinces de France une génération au moins (vingt-six ans) avant que Léonard de Vinci le réinventat".
Navard anche nella continuazione del libro sembra in effetti sottindendere la possibilità che l'"elicottero" di Leonardo potesse davvero sollevarsi in volo con una persona a bordo così come Leonardo l'aveva disegnato. Forse questa ambiguità è stata la fonte di ispirazione di Drake ed altri, nel creare attorno a questa immagine un'idea di straordinario tecnologico.
Secondo Navard, il primo a collegare l'oggetto nel dipinto ad un elicottero fu René Dorand. Questi, nato nel 1898 e deceduto nel 1981, era stato, negli anni '30 del XX secolo, direttore tecnico del Syndicat d'Etudes du Gyroplane che aveva sviluppato l'aeromobile denominato Gyroplane nel Laboratoire Breguet-Dorand (il prototipo fu distrutto nel corso di un bombardamento nel 1943) (4 pp. 16-18).
L’elicottero è invece un banale giocattolo dal nome “moulinet” o mulinello in italiano. Le pale dell’oggetto altro non sono che pale di un piccolo mulino fatte in modo che tirando una cordicella, possano mettersi in rapido movimento, così girando e provocando un rumore!
Il gioco ha appunto il nome di “moulinet”, nome che viene usato per la prima volta nel 1390, ovvero riproduzione-giocattolo di un piccolo mulino a vento. L’articolo di Lecoq dettaglia altre pitture successive nelle quali compare detto giocattolo, e presenta la foto del quadro e la riproduzione di tale oggetto (2).

Note bibliografiche
1) W.Raymond Drake, "Gli dei dello Spazio; Gli extraterrestri e la storia dell'uomo dal remoto passato a un lontano futuro", Pocket saggi, Longanesi & C.,1978.
2) Roger Lecoq, riv. “Le Maine-Decouvertes”, dicembre 1997.
3) La scheda catalografica del dipinto suddetto presente nel database "Joconde" è la seguente: "MAITRE DE VIVOIN" (dit) Ecole France; Loire. Domaine peinture. Type d'objet triptyque ; élément d'ensemble; volet (gauche). LA VIERGE A L'ENFANT AVEC SAINT BENOIT. Représentation figures bibliques (Vierge à l'Enfant); Vierge (assis, trône); Enfant Jésus (en pied, jouet); saint Benoît de Nursie (en pied, de trois-quarts, crosse, abbé, Bénédictin). Datation 3e quart 15e siècle. Date 1460 vers. Matériaux / Technique détrempé; chêne. Dimensions 116.8 H ; 111.9 L ; 114.8 H1 ; 109.9 L1. Inscription inscription concernant la représentation (d'origine). Genèse Vivoin (établissement conventuel, décor de meuble, ensemble incomplet) provient du prieuré Saint-Hippolyte de Vivoin; appartenait à un triptyque (ensemble incomplet) appelé retable de Vivoin; no inv autres éléments: LM 10.2 à LM 10.4. Lieu conservation Le Mans ; musée de Tessé. Statut juridique: Propriété de la commune; Don; Le Mans; Musée de Tesse. Acquisition en 1848. N° inventaire LM 10.1. Commentaire panneau dédoublé 1958 ; restauration de la couche picturale 1958. Ancienne appartenance Tournesac. Bibliographie CAT. 1932 NO 1 BIS Copyright notice © Direction des Musées de France, 1986.
4) Jean-François Navard, "Les giravions: histoire, fonctionnement, avenir des hélicoptères, combinés et convertibles", Ed. Amiot-Dumont, Parigi, 1955.

Ringraziamenti: a Roberto Labanti, per la continua ricerca di fonti di documentazione più diretta.
Per maggiori informazioni circa Arte e Ufo, e la critica all'iconologia ufologica, si deve fare riferimento al sito di Diego Cuoghi: http://www.sprezzatura.it/Arte/Arte_UFO.htm


[Ultimo aggiornamento 7 Marzo 2003]