domenica 30 settembre 2007

PROCEEDINGS DELL'INTERNATIONAL PROJECT HESSDALEN WORKSHOP

Sono disponibili i Proceedings dell' International Project Hessdalen Workshop, tenutosi al Visitor Center del Radiotelescopio di Medicina, Bologna, sotto la direzione di Stelio Montebugnoli.
Questo convegno ha stabilito lo "stato dell'arte" nella ricerca scientifica sulle luci di Hessdalen ed i fenomeni luminosi transitori simili, in atmosfera, in particolare sotto il profilo strumentale, ma senza tralasciare l'aspetto storico, sociologico, e testimoniale di questi fenomeni.


AA. VV., "Proceedings, IPHW, 17 june 2006", Comitato Italiano per il Project Hessdalen, Medicina, Lo Scarabeo Ed. Bologna, settembre 2007.


ISBN 978-88-8478-11-6.


L'edizione è stata sponsorizzata dalla società di elettronica bolognese Studioemme, è in inglese (a parte un articolo del sociologo Pierre Lagrange), e consta di 192 pagine.


Il contributo spese per il libro è di 25 euro (+ sped.).

CONTENTS
INTRODUCTION [RENZO CABASSI ed.] p.1
ERLING P. STRAND, THE FUTURE OF PROJECTHESSDALEN, THE ACTUAL SITUATION AND WHAT TO DO IN THE NEXT FUTURE p.4
BJØRN GITLE HAUGE, HERA: HESSDALEN RESEARCH ASSOCIATION p.12
STELIO MONTEBUGNOLI, JADER MONARI & FRANCO FIOCCHI, GIAN LUCA ANDREOLI, CONCLUSIONS FROM THE ITALIAN HESSDALEN RESEARCH PROJECT AND A SHORT REVIEW OF NEW INSTRUMENTATION FOR FUTURE MISSIONS p.17
CRISTIANO FIDANI, ON ELECTROMAGNETICPRECURSORS OF EATHQUAKE MODELS ANDINSTRUMENTS p.21
FLAVIO GORI, HIGH ELECTRIFICATION IN THE HESSDALEN VALLEY LOWER ATMOSPHERE p.59
CARLA CIROLLI, PROJECT AND REALIZATION OF ARADIOMETER PROTOTYPE FOR ULFO RECEIVER p.65
ANDREA GHEDI, THE LOCK IN MODULATION IN ULTRA LOW FREQUENCY APPLICATION p.68
GIORGIO ABRAINI, GATHERING SIGHTINGS AND EVENTS DATA ON HESSDALEN PHENOMENA p.79
PIERRE LAGRANGE, COMMENT METTRE FIN AU DÉBAT SUR L'EXISTENCE DES OVNIS: QUELQUES PROPOSITIONS CONCRÈTES p.82
ANDREA ZUCCHINI CONSIDERATIONS ON THE ORIGINS OF THE ANOMALOUS ELECTROMAGNETICPHENOMENA IN ENVIROMENT p.96
FELICE C. LABBROZZI, HESSDALEN PHENOMENA: ONCE AGAIN p.97
ANDREA MANCINI, TARGET RADAR IN THEADRIATIC SEA p.100
MATTEO LEONE, STRATEGIES FOR THE COLLECTION OF EVIDENCE ON UNIDENTIFIED AERIAL PHENOMENA p.102
MARSHA HANCOCK ADAMS, CHARACTERISTICS OF THE AUGUST 7, 2002 RECURRING HESSDALEN LIGHT DETERMINED BY VIDEO AND TRIANGULATION p.107
GIUSEPPE STILO, UNIDENTIFIED AERIAL PHENOMENA (UAP) AND LUMINOUS PHENOMENA IN THE ATMOSPHERE (LPA): SOME IDEAS FOR THE NEXT FUTURE p.134
MASSIMO SILVESTRI, EARTHQUAKES AND ANIMALS: FROM FOLK LEGENDS TO SCIENCE, BY MOTOJI IKEYA p.138
FERRUCCIO ZANOTTI, MASSIMILIANO DI GIUSEPPE AND ROMANO SERRA, MINI FLASH-LIGHTSDURING HESSDALEN MISSION p.142
ADRIANO NARDI AND MICHELE CAPUTO, VLF SIGNALS EMITTED FROM ROCKS UNDER DIFFERENT EXPERIMENTAL CONDITIONS WITH PARTICULAR REFERENCE TO SEISMIC PRECURSORS p.144
FRIEDEMANN T. FREUND, JOHN S. DERR, FRANCE ST-LAURENT, AKIHIRO TAKEUCHI AND BOBBY W.S. LAU, ON THE ROLE OF P-HOLE CHARGE CARRIERS IN THE GENERATION OF PRE EARTHQUAKE SIGNALS p.156
[NICO CONTI ed.], FROM FOLKLORE TO THE SCIENCE OF HESSDALEN-LIKE PHENOMENA p.165
APPENDIX
DAVID FRYBERGER, A MODEL FOR BALL LIGHTNING p.171
B.M. SMIRNOV, LONG-LIVED LIGHT PHENOMENA IN THE ATMOSPHERE p.172
YOU-SUO ZOU SOME PHYSICAL CONSIDERATIONS FOR UNUSUAL ATMOSPHERIC LIGHTS OBSERVED IN NORWAY p.177
V.L. BYCHKOV, S.E. BOBKOV E S.A. STADNIK, ON ONE TYPE OF LUMINOUS OBJECTS OFHESSDALEN p.182
PEDER SKOGAAS, A DREAM CAME THROUGH p.189

lunedì 2 luglio 2007

SESSANT'ANNI DOPO: COSA FARE DELL'UFOLOGIA [articolo]

"Man is a rational animal who always loses his temper when he is called upon to act in accordance with the dictates of reason" (Oscar Wilde)
Quando scettici e credenti definiscono solo la loro esistenza
Il mio interesse per gli Ufo data ormai da diverse decine di anni, alcuni degli ultimi passati all'interno dell'associazione ufologica CISU, e questo fino all'inizio del 2007.
Come per molti degli appassionati alla tematica degli Ufo, il mio interesse era nato negli anni 60 e più precisamente nel 1968, ovvero gli anni dell'adolescenza quando la fascinazione per il mistero, e le svariate terrae incognitae, sembrano essere più intensamente frequentate che nella maturità, dove si tendono invece a stabilire delle certezze o a cristallizzare quelle che sembrano essere tali. Era un periodo della vita in cui porsi le domande, e sollecitare il mistero, sembrava più importante che darsi delle risposte e risolvere l'enigma (ed in parte è il problema dell'ufologia che tende a perpetuarsi nel sic stantibus res). Questa curiosità intensa, si basava sull'attrazione del mistero e su letture dalle fondamenta poco solide come "Il mattino dei Maghi" di Louis Pauwels e Jacques Bergier, o "Non è terrestre" di Peter Kolosimo. Vi sarebbero stati indizi di un sapere passato che con un po' di attenzione da parte del lettore si sarebbero disvelati da soli, poichè, finalmente, potevano essere compresi dai nostri occhi moderni e tecnologici. Le civiltà del passato erano tali poichè eravamo stati visitati da Dei extraterrestri, e probabilmente lo eravamo ancora oggi, poichè continuavano a visitarci elusivamente. Teoria legittima, anche se ardita, ma che così affrontata finiva per cambiare la storia non attraverso un metodo ma sostituendola con un'altra religione di tipica estrazione teosofica. A condire il tutto era una scarsa propensione alla verifica delle fonti storiche del mistero ed una tendenza ad una facile combinazione tra elementi di un'epoca con elementi di un'altra (ad esempio le piramidi di Egitto e quelle dell'antico Messico), oppure ad una contemplazione di tipo estetico di certi reperti (la pietra tombale del principe Pacal, letta come razzo interplanetario, quando esiste la decifrazione di quella lingua e la storia di quel principe).
E' legittimo porsi problemi sugli enigmi storici, ma se si vuole modificare la Storia si deve partire dall'accettazione del metodo storico, e ciò è valido anche per la storia degli Ufo. La saga degli Ufo, partita nel lontano giugno 1947, si stava consolidando in quegli anni 60 in un'attesa (da parte di un'ampia platea) dell'imminente "sbarco degli Ufo". Erano stati visti "dischi volanti" in ogni parte del mondo e quindi non restava, dopo i primi 20 anni dallo storico avvistamento sul monte Rainer, che attendere il loro arrivo e con esso la prova che non eravamo soli nell'universo.
Ma quello sbarco è chiaro che non ci fu, almeno con le evidenze che ci si sarebbe ingenuamente aspettati e, alcuni anni dopo, gli ufologi che avevano "studiato" il problema avevano finito per dividersi tra credenti e scettici. Da una parte c'era chi riteneva che gli extraterrestri fossero giunti per davvero e che ve ne fossero comunque le prove evidenti (una foto, una traccia o un racconto attendibile); gli altri, i delusi, cominciarono a convincersi che non si fosse di fronte ad altro che errori di percezione ed allucinazioni da parte di testimoni occasionali, spesso con poca conoscenza del cielo, e facilmente influenzabili.
Era la crisi interna all'ufologia dell'inizio degli anni 80, e si trattava di uno shock culturale poiché per la prima volta erano degli ufologi stessi a considerare la possibilità che gli Ufo non fossero affatto navi spaziali venute da altri pianeti. Sul fronte credente si assistette in tutta contrapposizione ad una escalation che doveva servire a giustificazione del fatto che la realtà fosse diversa da come sembrava: cover-up governativi, dissezioni improbabili di cadaveri alieni, aree 51, debunking, rapimenti Ufo, etc. La verità ci veniva nascosta dalle autorità e dagli alieni stessi.
Allo stesso tempo per gli "scettici" tutti i possibili errori di percezione, sembravano coprire l'ampio spettro delle testimonianze, e laddove la stranezza era elevata, si poteva sempre ricorrere all'allucinazione (d'altra parte se era riuscita a spiegare i fantasmi nell'800 perchè non poteva dare atto di queste nuove presenze del soprannaturale?).
Entrambi i fronti dell'ufologia ci spiegavano che ciò che vediamo non è ciò che ci sembra di vedere. Evidentemente una tale regola se applicata alla vita di tutti i giorni ci renderebbe impossibile convivere con la realtà che ci circonda, vivremmo insomma in un mondo schizofrenico, un specie di incubo permanente, senza possibilità di conoscenza.
Gli ufologi si avvitavano così attorno alle loro credenze alternative, senza alcun bisogno di doverle spiegare attraverso una produzione di fatti e senza insomma dover costruirci intorno alcun lavoro concreto.
Ed era poi interessante notare, negli ultimi anni, come entrambe le ufologie avessero visto gli studi sul fronte dei Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera come semplici riduzioni del fenomeno Ufo: o gli Ufo erano alieni o semplicemente non potevano essere. Entrambi i fronti non accettavano l'idea che per comprendere i fenomeni Ufo si dovesse passare anche attraverso fenomeni naturali sconosciuti.
Mi riferisco anche all'insuccesso presso gli ufologi delle prime pionieristiche tesi di Michel Persinger che affermava la possibilità di dare una spiegazione "sismica" ai variegati fenomeni luminosi Ufo.
M. Persinger fu attaccato con una veemenza pari ed inversamente proporzionale solo all'inattività sperimentale e alla non ripetizione dei suoi esperimenti. Criticare il metodo dello studioso americano, era più che legittimo, ma quanto sarebbe stato più interessante fare altri esperimenti che lo "smentissero" nelle sue affermazioni! Gli scettici persero un'altra occasione per confermare la realtà delle allucinazioni come fatti complessi (e non solo come etichette razionaliste), e quindi di farci capire come si formano "in natura" le "discovolantizzazioni di uno stimolo"; infine rinunciarono a svolgere le problematiche sollevate da una serie di domande interessanti sul funzionamento della mente.
Ancora oggi, non parlate mai con un ufologo scettico di possibili "fenomeni naturali sconosciuti" come spiegazione di una parte delle testimonianze Ufo! L'ufologo di turno vi collocherà automaticamente al di fuori dell'ufologia.
Agli "strumentalisti" viene criticata la complessità dell'operazione che vorrebbero mettere in atto e il rischio che essi diventino a loro volta testimoni di Ufo. Gli "strumentalisti", cioè coloro che vogliono produrre fatti scientifici attorno al fenomeno, tramite strumenti tecnici, sarebbero al tempo stesso orientati a dimenticare il testimone.
Tutto ciò, oltre a non essere vero, avviene semmai all'esatto contrario, come cercherò di spiegare.
E' difficile comprendere le motivazioni profonde dell'ufologia scettica, soprattutto quando essa si colloca e vanta una sua equidistanza tra credenti e scienziati (pur mantenendo un rapporto intenso e continuativo coi primi , ed una pressoché totale mancanza di frequentazione dei secondi). Forse la ragione è proprio nel semplice fatto che abbiamo accennato prima, ossia che più che di ufologia scettica dovremmo parlare di ufologia delusa nelle sue iniziali aspettative verso gli Ufo: o gli Ufo sono degli ex-dischi-volanti o semplicemente non possono essere altro...
Ricordo come uno studioso di Fulmini Globulari, Albino Carbognani, sia stato rigettato e criticato proprio dalla parte dell'ufologia che invece avrebbe dovuto maggiormente fare da sponda al suo scetticismo, al fatto cioè che egli credesse che la maggior parte Ufo altro non fossero che fulmini globulari. Se si trattasse solo di un singolo esempio di incomprensione, si potrebbe pensare a semplici incompatibilità di carattere, ma quando l'atteggiamento è complessivo dobbiamo fare riferimento ad un contesto e ad un precisa cultura degli Ufo, per poi constatare che quella cultura ha prodotto ben poco di condiviso, e soprattutto che ha smesso di produrre, sostanzialmente a partire dagli anni 80. In realtà se andiamo a indagare in profondità l'atteggiamento dello scetticismo ufologico circa la supposizione di "nuovi fenomeni naturali", molti degli interpreti della cosiddetta "teoria psicosociologica" sono convinti che fulmini globulari, luci sismiche et similia altro non siano che invenzioni della mente proprio come qualsiasi altro tipo di Ufo. Né più, né meno. Se l'atteggiamento scettico si spinge, come fa, in questa direzione in cui "la realtà non è ciò che sembra essere" evidentemente il modo stesso di produrre una disciplina ufologica sarà caratterizzato da questa impossibilità fondante.
Congedo da chi e da cosa?
Se all'inizio del 2000, quasi in concomitanza con la fondazione del Comitato Italiano per il Project Hessdalen (CIPH) ero stato impressionato dall'articolo "Reprendre a Zero" di Pierre Lagrange, devo dire che l'ultimo articolo di Giuseppe Stilo “Congedo dall’ufologia?” mi ha particolarmente colpito non tanto per i particolari contenuti innovativi (e ve ne sono) quanto per le conseguenze che ha rappresentato nell'ambito associativo CISU. Alla discussione accesa erano seguite le parole, forse troppo dure, di G. Stilo nei riguardi dell'ufologia, parole che si erano rivelate “eversive”, nel senso più politico del termine. Ufologi di vecchia data come Renzo Cabassi, che avevano da tempo optato per una maggiore vicinanza (partecipata) all'attività scientifica, avevano scatenato all'interno della associazione (e dell'ufologia) assai meno scossoni che l'intervento tutto sommato breve di G. Stilo, al convegno annuale CISU. La novità, e la conseguente reazione (per certi aspetti sproporzionata negli effetti), credo fosse dovuta al fatto che G. Stilo rappresentava in tale ambito lo "storico degli Ufo" ovvero colui che con la sua costruzione storica ricollocava le testimonianze in un fluire materialistico degli avvenimenti, dove tutto sommato ex-post la ragione trionfava sulla visione ingenua del mondo di chi era disponibile a credere troppo facilmente: il testimone, gli altri ufologi, la società, etc.
Lo storico degli Ufo ci aveva spiegato attraverso i suoi libri cronologici cosa in realtà era successo. Ora invece ci diceva che scrivere questa storia degli Ufo non era neanche la cosa più importante, anche se era ciò che aveva fatto prevalentemente come ufologo. Il suo testo, ed alcune sue severe affermazioni circa l'inutilità di collezionare pupazzetti alieni, avevano sollevato il problema dell'ingenuità di approccio degli ufologi e in particolare di quegli ufologi che facevano più appello alla ragione. Non eravamo più solo di fronte all'ingenuità altrui, dei testimoni o degli ufologi credenti, ma anche a quella di chi si appellava alla scientificità e alla logica (metodo di inchiesta, catalogazione, riduzionismo, popperismo, etc.). Si sottolineava così, con affermazioni forti, che l’ufologia in sessant’anni anni non era riuscita ad essere qualcosa di assimilabile ad una scienza (o ad una pre-scienza), ma soprattutto era (a livello associazionistico) un fenomeno sociologico che aveva coinvolto gli ufologi proprio come i testimoni Ufo.
Di fatto, lo storico Stilo contestava pesantemente la separazione entro savant et sauvage, ufologo e testimone (divisione messa in atto dai primi) e riposizionava dall'interno tutta la problematica sollevata dalle testimonianze Ufo.
Non si era tra l'altro creata a suo parere (che condivido), all'interno dell'ufologia, una scienza così coerente e tale da poter ridurre le testimonianze Ufo ad errori della mente. Almeno questo è ciò che in sintesi ho tratto dal suo articolo/intervento (e che poi mi ha portato a trarne le conseguenze dimissionando dal CISU). Purtroppo, un dibattito apparentemente necessario (ed ordinato), era nei fatti impossibile da mettere in atto in ambito associativo.
Personalmente, sono giunto alla conclusione che è nell'associazionismo ufologico stesso che sta il primo problema del fare ufologia. Il gruppismo di diverse tendenze ha ben presto trasformato la propria interpretazione del fenomeno in dogma, o in una cultura estremamente irrigida, dove l'associazionismo tende ad autoalimentarsi come una setta, e poco importa se ciò avviene per credere fideisticamente in divinità aliene o se invece per credere in una Scienza che ben poco ha a che vedere con la quotidiana pratica scientifica messa in atto da scienziati e da tecnologi.
Forse dobbiamo finalmente renderci conto che le associazioni ufologiche non sono il mezzo migliore per produrre fatti sugli Ufo (fermo restando il rammarico di veder dissolversi associazioni fattive come la Sobeps belga, solo per ricorrere all'ultimo degli esempi). Senza voler forzatamente abolire l'associazionismo ufologico (non è questo lo scopo), forse si deve cercare di affiancare ai suoi evidenti limiti, una rete più complessa di rapporti, che riesca a mettersi in relazione con la realtà esterna agli ufologi, con altri studiosi, con il mondo della scienza, con la società...
La costruzione dei fatti che riguardano gli Ufo, e l'eventuale scoperta di nuovi fenomeni, può avvenire solo nell'ambito di una costruzione democratica, che è l'esatto contrario delle associazioni ufologiche tali quali si organizzano oggi.
Chi ha fatto fuori il testimone?
Ma veniamo un attimo al lavoro che resta tutto da fare attorno ai fenomeni Ufo. Nel 2000 ho scelto di supportare quel tipo di ricerca che è stata denominata "ufologia strumentale" e di cui si è fatto carico in Italia Renzo Cabassi ed alcuni amici. L'idea iniziale coincideva più o meno con la volontà di supportare il progetto di Erling Strand (Project Hessdalen) nel momento in cui questo ricercatore norvegese attraverso il suo Ostfold College iniziava una concreta collaborazione basata sugli strumenti radio (VLF, ULF, radar, etc.) con il CNR-Radiotelescopio di Medicina ed in particolare il gruppo di Stelio Montebugnoli.
Il concetto fondante e semplice del nascente comitato CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen), consisteva nella volontà di essere di supporto al fare: strumenti, misurazioni, esperimenti. C'è chi sul fronte dell'ufologia ha considerato le iniziative del comitato CIPH come un "certo strumentalismo estremista e velleitario che con un colpo di mano vorrebbe far fuori i testimoni Ufo" e c'è anche chi ha considerato questo lavoro come uno dei più complicati complotti messi in atto per negare gli Ufo in quanto dischi volanti. Non mi pare che vi sia una sostanziale differenza tra questi due modi di pensare. Io vorrei affermare da un lato i limiti di una definizione come "ufologia strumentale", e dall'altro l'assurdità di certe affermazioni solo apparentemente contrapposte tra loro, ma di fatto unite nel desiderio di sminuire un progetto che vuole essere basato sul fare o sull'aiutare chi fa, e non sulla semplice contemplazione. Innanzi tutto dovremmo riporci, in modo diverso, la domanda circa cosa consista l'ufologia, cosa sia in definitiva e quale sia la sua utilità.
E' una scienza, una pre-scienza, una “disciplina”, un dato di fatto o cos'altro? Quanto è importante determinarlo? E, se esiste un’ufologia razionale, quale deve essere il suo rapporto con la scienza? Ciò pone al contempo il problema della necessità o meno che essa esista e se magari possa essere in grado di produrre qualcosa di utile ed interessante. Nell'ultimo mio intervento sulla rivista UFO-RIU così precisavo in proposito al modo di concepire un'ufologia in modo differente: "Domande che ci poniamo senza mai verificare come sia davvero la scienza che si fa nei laboratori, come la si produce, molto più attratti (come siamo noi ufologi) dal “mito” della scientificità piuttosto che dai rituali della scienza".
G. Stilo cercava di risolvere uno dei tanti problemi di approccio dell'ufologia sostituendo l'usurato acronimo "U.F.O." con un più scientificheggiante "U.A.P", Unidentified Aerial Phenomena. L'operazione non è molto dissimile dall'utilizzo che abbiamo fatto per il caso di Hessdalen del termine FLA: Fenomeni Luminosi in Atmosfera. Chi in qualche modo frequenta l'attività del nostro CIPH sa che FLA è un termine abbondantemente usato in tutte le salse per denominare... quelle "luci". Qualcuno ha considerato che l'abbandono da parte nostra del termine Ufo consistesse, di fatto, anche ad un abbandono dell'ufologia o ad un interessarsi ad altro; credo che in ciò stia un grosso equivoco, in gran parte voluto. FLA piuttosto che UFO è solo una scelta terminologica di comodo, che prende atto di un certo sviluppo più che centenario su alcuni argomenti come fulmini globulari e/o luci sismiche (anch'essi intesi come fatti nuovi da dimostrare). L'uso del termine FLA non ha nulla di epistemologico o filosofico, è semplicemente un termine pratico. E' una etichetta che ha il vantaggio, pur restando nel nominalismo di un fenomeno sconosciuto (o più fenomeni che non conosciamo ma continuiamo ad etichettare), di essere meno evocativo e più facilmente spendibile. Il termine consente un relazionarsi più facile con il mondo della scienza; il colloquio con un eventuale fisico, per es. esperto di supposti fenomeni naturali del tipo ball-ligtning (quindi non-ancora-identificati), è reso maggiormente libero da preconcetti. Vorrei però evitare l'accusa che l'uso di FLA sia fatto per non doversi vergognare del termine UFO.
Nominalismo dei termini, e nominalismo dei supposti fenomeni, da come risultato che Ufo è una etichetta più adatta all'uso che ne fa il testimone, che vi ricorre per indicare ciò che ha visto (che non comprende) e che per lui potrebbe essere ascrivibile ai "dischi volanti".
Ufo è quindi un termine più adatto per il trattamento della sociologia, è un termine che appartiene ad un certo tipo di narrativa (militare, popolare, giornalistica, etc.), ma che per la sua pressoché totale indeterminatezza fa fatica ad essere utilizzato dallo scienziato. E' infatti un termine nato in un determinato contesto sociale (l'aeronautica militare americana) che oggi sta in diretta relazione con ciò che la gente afferma di vedere e che spesso pretende di comprendere come di provenienza extraterrestre.
All'interno della categorizzazione di Ufo, che agli inizi aveva questa connotazione militare di non-identificato, e possibile fonte di minaccia per la sicurezza nazionale, si sono andate aggiungendo anche altre supposte anomalie che hanno ben poco a che vedere con ciò che tradizionalmente consideriamo una testimonianza Ufo, vedi ad esempio i cerchi nel grano. Questi ed altri non-sense sono stati collegati senza consistenti motivi, se non quelli del contesto neo-magico, al mondo degli Ufo. E ciò è avvenuto tradendo e mostrando in filigrana una certa omogenicità culturale di tutti gli ufologi; invece di approcciare scientificamente l'Ufo che poteva oggetto di studio concreto, si è preferito collezzionare ogni oggetto che fosse anche vagamente correlato al termine Ufo dal narratore di turno: il tutto in attesa che la scienza se ne interessasse e risolvesse la questione (magari sottovalutando poi l'apporto dello scienziato di turno che approcciava il tema).
Affrontare i FLA consiste allora nell'ignorare le testimonianze Ufo? Serve a fare piazza pulita degli errori percettivi e delle allucinazioni? Oppure vorrebbe dire ignorare l'ipotesi che vuole gli Ufo come visitatori extraterrestri? A mio parere tutti questi dubbi che alcuni ufologi a volte sollevano nei confronti del nostro approccio partono da domande sbagliate circa ciò che ha generato la problematica degli Ufo: proprio le testimonianze. Siamo ingabbiati in una serie di domande (ed affermazioni) mal poste proprio come fu ai tempi dei primi testimoni dei meteoriti, o dei fuochi fatui. La gente durante un amplissimo arco di tempo ha affermato di vedere diverse cose nel cielo e di non capire cosa fossero realmente, meteore e prodigi nel senso antico del termine, pietre che cadevano, fuochi come anime dei morti, e infine oggi i "dischi volanti".
Le uniche possibilità degli scienziati di fronte a queste testimonianze non potevano (e non possono) essere suddivise tra il non credere ai testimoni o il credere loro (anche se sono state per lungo tempo le uniche soluzioni veramente adottate). Gli scienziati dovevano dare una risposta al problema sollevato indagando e costruendo una realtà fattuale attorno a queste testimonianze che potevano riguardare fenomeni nuovi. Il problema è sempre stato il "che fare delle testimonianze" e non il credere o non credere al testimone, dalle "meteore" di allora ai "non-identificati" di oggi.
Studiare FLA non vuol dire escludere le allucinazioni o le visite da altri pianeti, e sarebbe alquanto sciocco operare esclusioni su tali argomenti visto che anche questi sono problemi a cui non è ancora stata data una risposta. Studiare FLA vuol dire determinare un progetto, porsi delle domande circa quel progetto e costruire degli strumenti in grado di offrire una serie di risposte sotto forma di tracciati , immagini o spettrogrammi; niente di più niente di meno.
Non possiamo trascurare la testimonianza, né i problemi sollevati dal contesto culturale, mentre siamo per molti versi obbligati a costruire i nostri Ufo a partire dallo studio dei fenomeni luminosi in atmosfera, cioè come fatti concreti testimoniati: eventi FLA nel momento in cui alla testimonianza vengono correlati dati strumentali. Ecco perchè ad esempio nel 2002 fu inviato M. Leone come responsabile scientifico ad Hessdalen per cercare di concentrarsi (nuovamente) sulla raccolta articolata delle testimonianze, dalle quali si riteneva potesse venire qualche indicazione utile anche per la strumentazione da sviluppare. La testimonianza non può darci la risposta al problema, ma può suggerirci delle vie di indagine, degli indizi da accertare. Se questo avviene, in questo specifico caso possiamo dire di essere davanti ad un "caso perfetto", ad un vero non-identificato.
In conclusione non può esistere una "ufologia strumentale" che possa basarsi solo sugli strumenti escludendo dal modo di costruzione dei dati i testimoni, le loro percezioni, o quant'altro a partire dai semplici osservatori "ad occhio nudo". Quel lavoro immenso sul testimoniale delle luci di Hessdalen sviluppato da M. Leone, durante quella missione, che purtroppo non è stato pubblicato in esteso, da proprio un'idea concreta di come sia una sciocchezza insistere sul fatto che l'ufologia "strumentale" escluda a priori il testimone, come è stato detto da alcuni. Semmai è proprio vero il contrario. Chi ha considerato il testimone Ufo con una certa supponenza è semmai l'ufologo scettico, che ha visto in lui solo un osservatore impreciso ed allucinato.
E' vero che il para-razionalismo è una cultura che ha seminato errori di sottovalutazione anche nella scienza, negando l'esistenza a certe "meteore e prodigi" ed affermando già in quei tempi che i testimoni vedevano male ed erano indotti in errore così costretti dalle loro credenze e che, quelle cose che dichiaravano di vedere, semplicemente non esistevano anzi era impossibile che esistessero. Ma la soluzione, come spesso ci ha spiegato P. Lagrange con l'esempio di Biot e dei meteoriti, non consiste nel dare semplicemente ragione ai testimoni (o ancor più semplicemente dar loro torto), ma nel cercare di costruire i propri dati, senza trascurare nulla, proprio a partire da ciò che ci descrivono i testimoni. Gli Ufo sono già nella scienza Forse gli ufologi dovrebbero sgombrare la loro strada da una serie di cristallizzazioni mentali che fanno della materia l’argomento tra i più discussi ed i meno studiati del pianeta. Innanzi tutto bisognerebbe chiudere una volta per tutte il vecchio dibattito (magari anche interessante fino a qualche tempo fa) circa il fatto se l’ufologia sia o no una pre-scienza. Con questa eternizzazione del dibattito e le continue sottolineature epistemologiche si condanna l’ufologia ad un’esistenza in sospensione, come per certi malati terminali tenuti in vita in modo artificiale tramite particolari apparati che garantiscono la sopravvivenza del corpo negandone al tempo stesso un’esistenza dignitosa. E’ quasi banale dover ricordare che spesso le scoperte scientifiche nella fase precedente si sono mosse in modo quasi inconsapevole a cavallo di quel labile confine che sta tra pre-scienza e scienza, tra irrazionale e razionale. Il ricercatore non si preoccupa affatto di questi aspetti, non è mai intento a capire l'epistemologia del suo essere scienziato. Non si può quindi declassare il progresso scientifico, un attimo prima che avvenga, e ridurlo ad un concatenamento di pre-conoscenze e pre-scienze (semmai, cosa del tutto legittima, si può relativizzarlo). Solo se si è convinti dell'incapacità effettiva dell'ufologia di produrre fatti, si potrà continuare ad insistere sul fatto che tale disciplina sia pre-scienza. La scienza esiste laddove si può portare a termine un modo condiviso di produzione di oggetti scientifici, ma anche dove ci si pongono dubbi sui prodotti che ne risultano (vedi ad esempio il dibattito fra Matteo Leone e Massimo Teodorani in seguito alla missione ad Hessdalen 2002), e laddove i tentativi di risposta e le eventuali nuove risposte procedono in modo coerente con le conoscenze accumulate in precedenza, permettendoci di evolvere seppur lentamente, in molti casi. Anche la scoperta scientifica più rivoluzionaria, pur sconvolgendo i paradigmi precedenti, si va ad integrare al cumulo di conoscenze prodotte prima: cambia il sistema di riferimento, si dice, e le nuove teorie sono verità soltanto rispetto ad un sistema di riferimento specifico. A sua volta una scoperta rivoluzionaria potrà essere superata dalle scoperte scientifiche successive e ridotta a poca cosa se non storicizzata. Il problema è che nell'ufologia tradizionale, dopo sessant'anni, non vi è accumulo di conoscenza ma ingorgo di conoscenze. L’ufologia degli ufologi non prende neanche in considerazione il dover produrre qualcosa, e non considera il fatto di dover avere obblighi specifici in una costruzione di una certa coerenza e condivisibilità. E' abbastanza emblematico il fatto del continuo accumulo di casistica, e della raccolta di qualche inchiesta, e infine della concomitante assenza di momenti di discussione analitica di ogni caso raccolto e più o meno inchiestato. Quando giustifichiamo il non-agire con il fatto che gli ufologi sono dei volontari, dimentichiamo il modo con cui lavorano certi volontari in altri settori: pensiamo solo un attimo a chi fa volontariato nell’assistenza ai malati, e se è possibile che possa agire con lo stesso metodo degli ufologi.
Sul “che cosa ha prodotto l’ufologia” non è il caso comunque di infierire, mentre invece sul fatto che vi siano argomenti scientifici (forse produttivi di nuove conoscenze) che la riguardano, credo che non dovrebbero esserci molti dubbi. Io penso che l’ufologia sia già ampiamente parte della scienza, anche se la scienza non ha granché bisogno di noi ufologi per porsi certe domande. Alcune questioni scientifiche muovono da decenni a partire da basi tematiche e problematiche prettamente ufologiche, forse non nella loro piena consapevolezza ma comunque, lo sottolineo ancora, senza avere troppo bisogno degli ufologi. La scienza si pone già da tempo domande che dovremmo conoscere bene; in modo più specifico, alcuni scienziati se ne occupano sviluppando ipotesi di tipo “ufologico” ma con il difetto di non ritenere utile investirci troppo tempo e risorse (o non lo hanno ritenuto utile i politici che sovvenzionano la ricerca), e comunque ciò è avvenuto ignorando bellamente le discussioni che tanto stanno a cuore agli interpreti dell'ufologia (cosa che, in mancanza di cambiamenti, colloca di fatto noi ufologi, per nostra scelta, al di fuori della scienza).
I temi “ufologici” che la scienza affronta sono soprattutto due:
1) alcuni fenomeni sconosciuti naturali in atmosfera (studio dei fulmini globulari, dei precursori sismici, di certi effetti psico-fisici dovuti ad emissioni energetiche, etc.);
2) l’esistenza, da qualche parte dell'universo, di intelligenze extraterrestri.
E' appunto la trattazione di questi due argomenti che mi porta ad affermare che l’ufologia come scienza esiste già da tempo ed esiste da molto prima degli Ufo del 1947 ed ancor prima del loro primo ufologo, ossia di Kenneth Arnold (che infatti ha rivestito la duplice figura di primo testimone e primo ufologo). Le aree di studio 1 e 2, che possono essere le più produttive di scienza, sono anche quelle più rimosse in maniera più o meno conscia dall'ufologia detta razionale. Vi è poi la più generale pretesa che la scienza adotti il nostro linguaggio, e che per studiare gli Ufo debba venire verso gli ufologi, piuttosto che il contrario, che gli ufologi inizino ad adottare quel linguaggio.
Alla ricerca della prova straordinaria
Alcuni filosofi delle scienze come Paul K. Feyerabend ("Contro il Metodo") ci hanno convinto che non esiste davvero un metodo scientifico così razionale come pretenderebbero gli epistemologi delle scienze, però ciò non ci può esimere dal cercare di andare avanti secondo un certo ordine mentale, un programma di lavoro che ci liberi da schemi dimostratisi sterili di conseguenze, un modo di agire tecnoscientifico in sintonia con al nostra società occidentale. Di schematismi filosofeggianti invece è ridondante l'ufologia. Se la scienza è una costruzione sociale complessa come affermato da Bruno Latour nella sua "Vie en laboratoire", di certo essa rimane una costruzione utile ed interessante. Essa infatti è assai lontana, nel suo funzionamento, dall'idea che se ne sono fatta gli ufologi che a volte brandiscono l'arma del popperismo come una clava, dipingendoci una scienza astratta e perfetta che non esiste nei laboratori. Abbandonare certe affermazioni roboanti, come quella fatta dallo scienziato Carl Sagan (una volta smessi gli abiti da ufologo nel secondo periodo della sua vita) ossia il celebre aforisma secondo il quale "affermazioni straordinarie necessitano di prove straordinarie", potrebbe essere più fruttuoso che insistervi. Forse sarebbe più utile che conservare certi schemi mentali un po' troppo astratti per farne dei dogmi pesanti come pietre. Mi sembra più vero che "affermazioni straordinarie necessitano di semplici prove" e, tra l’altro, l’ufologia non fa affermazioni particolarmente straordinarie. Vorrei sottolineare invece quanto sia importante procedere secondo quelle che l'ufologo Renzo Cabassi spesso richiama all'attenzione come approssimazioni successive, appellandosi a questo continuo e necessario lavoro in progress, in attesa di una rivoluzione di paradigma sulle "luci" che potrebbe anche non arrivare in tempi rapidi. Ecco allora che assumono una loro rilevanza, poiché vanno proprio in questa direzione, i rari progetti sulla casistica come ad esempio quello sviluppato in ambito CISU da Giorgio Abraini e Sebastiano Ridolfi e certi approfondimenti sull’attività di inchiesta di Matteo Leone (vedi n. 32 di UFO – Rivista di Informazione Ufologica). L'analisi di quel poco che la casistica ci offre, i tentativi di previsione statistica di "ondate", oppure il tentativo di mettere in moto i progetti di studio (anche se purtroppo individuali) non dovrebbero essere abbandonati con la troppa facilità che è stata adottata in passato. Di certo gli ufologi non possono rimanere fermi sulle loro epistemologie astratte in attesa che un qualcosa si produca da solo. Serve invece quel tipo di lavoro di sedimentazione che funziona appunto attraverso approssimazioni successive e produzione di fatti concreti, passo dopo passo.
Concetti belli quanto inutili
Vi sono concetti belli ma che non ci hanno fatto procedere di un solo passo nella comprensione dei fenomeni Ufo. Eccone due esempi:
A) il ricorso al cosiddetto “rasoio di Ockham”. Ci ricorda ancora una volta Pierre Lagrange che, citando i meteoriti, prima di Jean Baptiste Biot l’ipotesi più semplice era quella della superstizione popolare (quella delle “pietre di fulmine” e di tutto un folklore ad esse collegato) o che nel migliore dei casi lo era, in una fase intermedia, quella delle pietre cadute dai vulcani lunari, ipotesi emessa dagli scienziati una volta che tentarono di accettare l'esistenza del fenomeno ma che si dimostrò oltre che semplice anche semplicemente falsa. L’ipotesi più economica, oltre che servire ben poco nella scienza attuale, non può essere di alcuna utilità neanche nel nostro caso (e forse aveva un senso concreto solo ai tempi del filosofo Ockham). E' infatti indispensabile contestualizzare Ockham nell'ambito della sua epoca. Oggi tale ricorso non sarebbe per la scienza la via più logica (perchè semplice) ma solo la via più semplicistica per disegnare la realtà oggettiva che a vedere le ultime teorie è sempre più in via di complessificazione. In altre parole il progresso rende complessi i nostri concetti scientifici ed il nostro modo di concepire ed integrare la realtà;
B) l’idea della cosiddetta "indiscernibilità UFO-IFO" è un'altro di quei concetti sterili di conseguenze scientifiche. Questo concetto sembra rappresentare qualcosa all'apparenza produttivo, ma esso in realtà non fa avanzare di un solo millimetro la scienza degli Ufo. Si affermerebbe, come conseguenza di un tale principio, che siccome Ufo e Ifo hanno caratteristiche uguali, non avrebbe senso pensare che gli Ufo residuali nascondano un fenomeno o più fenomeni sconosciuti nuovi.
Anche il vecchio termine meteore del passato era di fatto utilizzato in un qualche modo come un “indicatore di indiscernibilità” nel periodo che precedette gli scritti di Francis Bacon, ma ciò non impedì che dietro quel termine onnicomprensivo ci fossero dei fenomeni degni di studio ed anche nuovi rispetto a quanto sino a quel momento si sapeva. Un diverso approccio alle meteore tolse ad esse la gran parte degli aspetti prodigiosi. Dietro al termine meteore vi erano una massa di fenomeni aerei più o meno conosciuti (o meglio più o meno sconosciuti all'epoca), ma non risulta che l'atteggiamento conseguente sia stato la totale negazione di una legittimità all'esistenza di quei fenomeni, in base ad un qualche principio di indiscenibilità. Semmai lo sforzo della scienza per quanto lento e talvolta affannoso è sempre stato nella direzione contraria. Dichiarare l'indiscernibilità Ufo-Ifo significa semplicemente tagliare corto con le domande poste dai testimoni Ufo, magari tacciandoli di cattiva capacità di osservazione proprio come avevano fatto gli scienziati scettici prima di J. B. Biot con i bolidi.
La "socio-ufologia" come inutile autopsia del testimone
Nel suo articolo Giuseppe Stilo ha criticato certe “posizioni derivanti da un abuso che in ufologia è stato fatto delle scienze sociali”, di fatto riprendendo un tema caro anche al sociologo Pierre Lagrange, che ne aveva già trattato nel suo "Reprende à zero", e che poi il nostro studioso francese ha riattualizzato nel suo intervento all'International Project Hessdalen Workshop, dello scorso giugno 2006: "Comment mettre fin au débat sur l'existemce des ovnis: quelques propositions concrètes". Nello studio degli Ufo la sociologia è un metodo e non può essere un’ipotesi di parte come alcuni pretenderebbero. Ora troppa sociologia di tipo ufologico porta come risultato una tale riduzione a ben poca cosa della problematica sollevata dalle testimonianze Ufo che finisce per fare entrare in contraddizione le stesse pretese di scientificità dell'ufologia razionale. Perchè gli scienziati dovrebbero occuparsi di Ufo, come l'ufologia intera domanda da più di mezzo secolo (sentendosi bellamente ignorata) se è l'ufologia razionale stessa a ridurre così facilmente il tutto ad un fatto di ordine sociale orientato da paure della Guerra Fredda, letteratura fantascientifica, psicopatologie, "discovolantizzazioni" dello stimolo, truffe, e poco più? Diceva qualche tempo fa il sociologo francese Bruno Latour, con parole di sicuro più appropriate delle mie, che la realtà che ci presentano gli scienziati è molto più interessante di quella offerta dai para-scienziati, in questo caso gli ufologi [vedi relazione del convegno tradotta sul mio sito, NdA]. E, forse questo suo giudizio estremamente critico dovrebbe farci pensare in primo luogo a come modificare il nostro modo di proporre la problematica degli Ufo all'esterno.
Accettare il gioco di un credente opposto ad uno scettico, oppure lunghe discussioni contrapposte su cadaveri alieni dissezionati che sono evidenti prodotti di fiction, ed infine ritrovare la logica argomentando su Roswell, Area 51, et similia, non fa alcun bene alla pretesa "serietà" dell'ufologia razionale. In un certo qual modo gli ufologi scettici allontanano anche loro gli scienziati dagli Ufo, non diversamente dagli ufologi credenti. L'autopsia dell'alieno alla Santilli non risulta poi tanto diversa da quella del testimone Ufo, messa in atto dallo scetticismo con risultati devastanti.
Forse per prima cosa dovremmo cominciare a smettere di domandarci se il testimone ha bevuto, se ha letto fantascienza o se sapeva già di Ufo, ed in secondo luogo porsi di fronte solo a problemi veri, separandoli da quel folklore pieno di incostrazioni nel quale siamo tutti immersi, vittime e carnefici allo stesso modo.
La revisione del metodo di inchiesta
Se noi tralasciamo per un momento il fatto increscioso che ormai si sviluppano sul terreno davvero pochissime inchieste sulle testimonianze Ufo, un'analisi di revisione dovrebbe essere fatta circa le pretese del cosiddetto "metodo di indagine". In Italia il protocollo di indagine sostenuto ideologicamente da entrambe le ufologie (CISU e CUN) è quello redatto da Edoardo Russo già diversi anni fa.
Siccome ogni metodo ha sempre delle specifiche conseguenze, questa sintonia nel modus operandi è sospetta laddove si insiste soprattutto sulle supposte differenze di approccio delle due ufologie. Si potrebbe discutere della rigidità di un tale metodo, che è rimasto sostanzialmente uguale a se stesso nel tempo, oppure del fatto che nella pratica gli inquirenti di turno non sono in grado di applicarlo o che più semplicemente non lo applicano. Non è neanche questo che vorrei analizzare.
A me pare che un metodo di indagine sugli Ufo voglia venire a capo di tre diversi aspetti:
1) quello psicologico legato al testimone (rimemorizzazione, affidabilità, sincerità, personalità, etc.);
2) quello sociologico, ossia il contesto culturale che influenzerebbe il testimone (ha letto fantascienza, conosce già di Ufo, etc);
3) e infine quello fisico, ossia quei dati che possono aiutare la ricostruzione e l'analisi di elementi fisici, chimici, etc.
Purtroppo questi sono tre aspetti metodologici per molti versi incompatibili tra di loro. Se, sempre per restare all'esempio di Biot, lo scienziato francese avesse voluto studiare i bolidi a partire dalla testimonianza e da una indagine di tipo psicologico, è ovvio ritenere che non sarebbe mai giunto a costruire i suoi fatti scientifici a spiegazione di ciò che la gente affermava di vedere. Il famoso tetraedro di riferimento del vecchio ente governativo francese di studio dei PANs (fenomeni aerei non-identificati), l'ex Gepan, non si è mai rivelato tetragono alla prova dei fatti.
Forse l'unico modo per inchiestare un supposto fenomeno Ufo è quello di fare la scelta di approcciarlo come fenomeno fisico, "trascurando" gli altri aspetti. In realtà sembra di poter dire che chi è davvero influenzato dal contesto sociale è l'ufologo ancor più del testimone, e molti aspetti del metodo ufologico lo dimostrerebbero in concreto. L'ufologo vorrebbe un testimone Ufo vergine di qualsiasi influenza culturale (non deve aver guardato o letto fantascienza, oppure non deve essere già a conoscenza della tematica) ed inoltre spesso si pretende di stabilire l'attendibilità del testimone, secondo il suo grado di cultura, la sua professione, il suo status, etc. Il che denota, oltre che ad una ovvia influenza sociale del contesto sull'inquirente Ufo, anche un certo classismo da parte sua. Anche l'importanza data al "grado di stranezza" del caso, dove un caso assumerebbe più importanza con l'aumentare del suo indice di stranezza, sottolinea ancora una volta che è proprio l'ufologo ad essere influenzato da quel contesto che egli evoca criticamente (credenze, aspettative, interpretazioni a priori) prima ancora che il testimone. Chiedere al testimone di essere avulso da influenze sociali, per ritenere il suo caso più affidabile, è un controsenso.
La raccolta casistica ed il pot-pourri ufologico
Già da tempo gli Ufologi di parte razionalista sottolineano che la vecchia catalogazione Ufo sviluppata da Allen Hynek è viziata dal pregiudizio di una spiegazione extraterrestre a senso unico sottostante quelle categorie; spesso hanno dato un maggiore gradimento alla classificazione hynekiana nella versione rivisitata da Jacques Vallée che considerava con più rilevanza i fatti fisici su testimoni e ambiente. Ciò è avvenuto non senza sottolineare che anche la classificazione di Vallée aveva limiti simili ereditati da quella di Hynek. Eppure nonostante queste ammissioni non solo non è stata adottata una nuova forma di classificazione casistica ma si è continuato imperterriti a raccogliere e classificare i casi Ufo esattamente allo stesso modo.
Faceva notare Giorgio Abraini in un'ultima discussione tra di noi che la vicinanza del fenomeno al testimone non è una caratteristica intrinseca al fenomeno Ufo stesso, né a qualsiasi altro fenomeno. Eppure ciò non impedisce che si continui a raccogliere la casistica separando i casi negli Incontri Ravvicinati di vario Tipo.
Il problema è che un approccio fondamentalmente estetico/contemplativo al fenomeno non aiuta una sua catalogazione. Le catalogazioni vere, quelle scientifiche, vengono fatte invece per motivi di utilità, non nella speranza che il fenomeno di turno si sveli da solo, senza dover produrre dati o senza dover tentare di isolare il supposto fenomeno dal "rumore di fondo".
Al convegno CISU del 23 giugno 2007, a Saint Vincent, durante una presentazione sugli avvistamenti Ufo/UAP fatti da astronomi ed astrofili, lo studioso Giuseppe Stilo, ha sviluppato ed esteso una forma di catalogazione che a mio parere supera le precedenti catalogazioni-Ufo, e si dovrebbe cercare di adottare. Questa catalogazione prescinde da ogni ipotesi in gioco (fatta salva l'ipotesi di essere di fronte a fenomeni non conosciuti e reali) e suddivide gli avvistamenti in 4 categorie (Classificazione “Herb modificata”):
Classe 0 - corpi puntiformi con moto uniforme
Classe 1 - corpi estesi con moto uniforme
Classe 2 - corpi puntiformi con moto variabile
Classe 3 - corpi estesi con moto variabile
Classe 4 - osservazioni ravvicinate
Per tutte le classi esistono pure le specificazioni “D” ed “N” indicanti osservazioni fatte in ore di luce o di buio locale. G. Stilo indica altre due caratteristiche importanti per la racconta di questi eventi:
A) Interazioni ambientali - fenomeni associati a supposti effetti elettromagnetici, a tracce al suolo o sulla vegetazione, a rinvenimenti di residui o di sostanze, o ad effetti fisiologici o psichici sui testimoni, etc.
B) Rilevazioni strumentali - fenomeni osservati, registrati o misurati con telescopi, cannocchiali e binocoli, teodoliti, radar, macchine fotografiche, apparati per riprese filmate, strumenti per misurazioni di qualsiasi tipo, etc.
L'asse si sposta così dal testimone verso il fenomeno, e ci si pone quindi verso i fenomeni Ufo nello stesso modo con cui la scienza si pone verso altri fenomeni oggetti di studio.
Che fare degli extraterrestri
L'ufologia strumentale è accusata di occuparsi di fenomeni naturali sconosciuti e non di Ufo. L'affermazione stranamente è trasversale alle due ufologie e proviene sia dal fronte scettico che da quello credente, oserei dire in eguale misura (e talvolta con eguale tasso di intolleranza).
Durante l'attività del CIPH (2000-2007), in supporto alla ricerca del Project Hessdalen, questo aspetto è stato sottolineato in modo sempre più esacerbato col passare degli anni, fino a che i suoi promotori sono stati accusati di tutto e del suo contrario. Per una qualche epistemologia incomprensibile messa in atto dall'ufologia chi si occupa di supposti fenomeni naturali sconosciuti, come le luci di Hessdalen, non si occupa di Ufo. E, quando a sottolineare questo punto sono gli amici scettici è d'obbligo ragionarci sopra con maggiore attenzione che nel caso in cui la critica viene da chi ti considera un "nemico". Questo comunque è uno degli aspetti del dibattito ufologico (se dibattito c'è mai stato) che più mi riesce incomprensibile. Risulterebbe ad una analisi più attenta che molti ufologi scettici non solo siano scettici sull'esistenza degli Ufo, ma anche su quella dei fulmini globulari e delle luci sismiche e tante altre cose ancora.
Questa può essere la spiegazione di un tale atteggiamento: negare il confine, negare l'anomalia è il loro modo si risolvere il loro rapporto con la realtà. Ma se tutte queste cose che si vedono come "luci" fossero solo errori percettivi non si capirebbe bene perchè chi si occupa di Luci di Hessdalen (o di altre luci ricorrenti) non si occupi anche di Ufo. Quasi sempre dal 1947 in poi queste "luci" si sono intersecate con gli avvestimenti Ufo, e a partire dal 1980/1981 fu la volta degli avvistamenti sulla valle di Hessdalen. Il problema nasce quando l'ufologia strumentale ha appunto la pretesa di porre degli strumenti davanti ad un fenomeno che sarebbe solo "psico-sociologico" che... nella meno riduttiva delle ipotesi può spiegarsi come fenomeno naturale. Mentre cerco di entrare in questo tipo di logica prodotta dallo scetticismo ammetto la mia difficoltà, e mi pare di essere all'interno di un corto-circuito logico. Ma forse non colgo tutte le sofisticate sottigliezze di cui il sofisticato riduzionismo filosofico degli Ufo è capace.
Si deve ancora una volta ricordare che tutta la storia del piccolo villaggio norvegese di Hessdalen è iniziata proprio con un'ondata Ufo tra le più tipiche? Ma andiamo ancora oltre nel tentativo di comprensione delle diverse ufologie, poiché la domanda a cui vorrei rispondere è "che farcene degli extraterrestri?". Se l'ufologia strumentale non si occupa che di fenomeni naturali, per la parte degli ufologi credenti è ovvio che si tratta giocoforza di una ufologia che esclude gli extraterrestri dagli Ufo, e che magari usa le "luci terrestri" per occultare le "luci extraterrestri".
In effetti il progetto del CIPH in circa sette anni è stato anche accusato, da diverse parti ufologiche, di essere un'attività di cover-up e di debunking del vero fenomeno Ufo. L'innesco polemico di queste accuse credo sia nato soprattutto in conseguenza di un dibattito tra l'astrofisico M. Teodorani ed il nostro comitato, avvenuta non proprio nel rispetto delle regole attuate nei dibattiti di tipo scientifico. La discussione era iniziata sulla congruenza dei dati della missione 2001 ad Hessdalen, mentre M. Teodorani aveva considerato che di fatto si trattasse di una censura alle sue opinioni e a ciò che aveva osservato in quanto testimone. Siccome una delle osservazioni di M. Teodorani come testimone (insieme ad altri ricercatori) riguardava in particolare un oggetto triangolare di grandi dimensioni apparenti e dotato di luci, fu facile per gli ufologi credenti affermare che noi stavamo nascondendo la "Verità" sugli extraterrestri, poiché era in qualche modo ovvio che si trattasse (o si potesse trattare) di una sorta di nave spaziale che sorvolava quella valle norvegese. Ma, è bene ricordarlo, mai alcun articolo dell'astrofisico cesenate è stato censurato, ed i suoi testi fanno tuttora bella mostra di loro sul sito istituzionale del nostro comitato.
In realtà, l'unica cosa che chiedevamo era di trattare di dati (e di dati correlabili) e di tenere da parte le testimonianze non supportate da dati, o certe "prove" estemporanee dovute a foto occasionali e non alla ricerca strumentale specifica messa in atto sul terreno.
Non è certo possibile escludere le ipotesi di visite extraterrestri al nostro pianeta, non era ciò che volevamo, ciò che invece avevamo domandato era più semplicemente di disporre di una serie di dati che potesse consentire anche a quella testimonianza, per quanto occasionale, di rientrare negli eventi di Hessdalen. Questo elemento qualitativo a nostro parere mancava totalmente. Il progetto che sta alla base della ricerca strumentale dei fenomeni Hessdalen-like è un progetto che appunto si basa su dati, spettri, rilevamenti radio, radar, etc, in altre parole misurazioni.
Questo lavoro non esclude che vi siano altri progetti tipo SETI o SETV orientati alla ricerca di dati a conferma di una civiltà tecnologica extraterrestre che sia giunta fino a noi; difficile è capire perchè tali ricerche avrebbero una maggior logica ad essere attuate ad Hessdalen (le spiegazioni di M. Teodorani, per questa inclusione, svolte anche sul suo ultimo libro "Il Teletrasporto" sembrano alquanto tirate per i capelli). E' legittimo inoltre pensare che il "paradosso di Fermi" possa avere una soluzione positiva, nel senso di riuscire a capire perché non li vediamo (gli extraterrestri) qui ed ora; possiamo supporre che sia per il semplice fatto che non sappiamo ancora quali strumenti utilizzare per avere una tale evidenza. Allo stato dell'arte e allo stato delle cose tra i due progetti non vi sono punti di incontro, mentre è evidente che si tratta di quelle due tematiche (in tutto e per tutto ufologiche) a cui la scienza, o per meglio dire qualche scienziato, si dedica già da molto tempo.
In considerazione del fatto che l'una parte degli ufologi asserisce che ci occupiamo solo di fenomeni naturali, mentre l'altra vuole considerare illecito non occuparsi di extraterrestri ad Hessdalen, sembra piuttosto che la nostra colpa principale risieda nel fatto di voler fare qualcosa invece che aspettare che il problema degli Ufo si risolva da sé, o più semplicisticamente sia dato già per risolto.
Attuare qualche esclusione: non è tutto Ufo ciò che luccica
Dobbiamo riconoscere, se si vuole procedere con qualche serietà allo studio del fenomeno Ufo, l’esigenza di procedere per esclusioni. E' fondamentale per attuare una diversa ufologia operare delle scelte, se non vogliamo correre, un’altra volta ancora, rischi come ad esempio quelli di discutere per anni su cose tipo il footage di Santilli (l'autopsia dell'alieno) per poi scoprire una decina d’anni dopo, dalle stesse parole dell’interessato, che quel filmato era “vero” solo in parte etc. etc... Spero che la nostra unica soddisfazione di ufologi non sia quella di poter dire al mondo qualche anno dopo che avevamo da subito capito l’inganno di turno. Essere selettivi è quindi già un primo modo per costruire una scienza degli Ufo; per fare questo dobbiamo andare contro a quella cultura fortiana che è nel nostro DNA: certo collezzionismo.
Abbandonare alcuni “pezzi dell’incredibile coacervo” che autoalimenta la saga degli Ufo, non è quindi facile nemmeno per chi ritiene di operare in un ambito scientifico. E’ inutile che tutti ci si occupi ad esempio di crop circles: basta una esperta come Margherita Campaniolo per dirci che la scienza è già in grado di spiegarci le supposte anomalie dei cerchi nel grano, e la loro scarsa relazione con gli Ufo.
Ecco quindi che nell'analizzare ciò che dobbiamo trattenere e ciò che dobbiamo respingere, dovremmo affrontare anche il tema di quali inchieste Ufo affrontare e di quali invece accontentarci di una semplice segnalazione tramite questionario. Si è parlato (ed anche G. Stilo lo ha fatto) di dare una priorità alla "casistica solida", ma questa determinazione a priori di cosa sia da considerare un caso solido, dovrebbe essere stabilita attraverso una discussione ed una griglia uguale per tutti. Troppo spesso ho constatato che il modo di ognuno di considerare un caso, per decidere che disponga di elementi più interessati di altri, è stabilito su base decisamente soggettiva, e che poco ha a che vedere con alcuni elementi già sottolineati a suo tempo da ricercatori storici come J. Vallée (che su certe evidenze aveva basato la sua classificazione Ufo) o J. Mc Donald (che già aveva pensato ad una qualche ufologia strumentale), solo per fare due esempi.
Basta analizzare l'interessante lavoro sulla casistica svolto mensilmente da G. Abraini e S. Ridolfi e notare che i casi su cui si sollecita una indagine approfondita spesso non sono quelli che tu personalmente ti aspetteresti. Eppure non si può negare che vi siano casi più pregnanti e teoricamente in grado di fornire una mole più ampia di dati rispetto ad altri. L'identificazione di una casistica solida avrebbe anche un altro scopo importante, ovvero la determinazione di un dossier che contenga elementi interessanti da proporre all'attenzione degli scienziati che volessero dedicarsi ai fenomeni Ufo. Si dice che gli Ufo sono un problema importante per la scienza, si accusa la scienza di non occuparsene a sufficienza, e poi sono i primi gli ufologi a condurre pochissime inchieste, a condurle in modo incompleto, a concentrasi sui casi più evocativi che altro, o addirittura a non condurre inchieste affatto. Affermano gli ufologi, in questo caso i para-razionalisti, che esiste solo un mito Ufo, ma nello stesso tempo sono loro stessi a produrre semplice accumulo di folklore fatto di aneddotica poco e malamente approfondita. Sembra quasi che l'unica necessità sia raccogliere quantitativamente e non qualitativamente. Operare questo tipo di scelta almeno per l'ufologia razionale significherebbe mettere in atto anche una scelta di interlocutori e scardinare quella situazione di equidistanza tra credenti e scienziati. Non tutti possono essere considerati quali interlocutori attendibili allo stesso modo nella costruzione di una scienza degli Ufo. Questa che apparentemente potrebbe sembrare la scelta più facile in realtà è quella che più risentendo del contesto sociologico si rivela essere una tra le più complicate da mettere in atto.
Altro che testimone Ufo influenzato dal contesto sociale! Sono gli ufologi i primi a non sfuggire agli ingranaggi della società.
Infine, ancora una serie di altre scelte, apparentemente altrettanto semplici, sono da attuare.
La necessità di un dibattito educato
Vi è una incapacità pressoché totale di discutere civilmente tra ufologi. Questa difficoltà non è certo solo degli ufologi, ma sicuramente l'argomento Ufo esacerba gli animi come ben pochi altri, con le conseguenze che conosciamo. Che la discussione sugli Ufo non dovrebbe essere affrontata in modo “maleducato” mi fu fatto notare per la prima volta da P. Lagrange, e non si trattava di una lezione di galateo o di bon-ton, ma di una questione di metodo scientifico. P. Lagrange evidenziava che la scienza cominciò ad essere una cosa seria quando nella seconda metà del XVII sec. Robert Boyle trovò un modo educato per far discutere gli scienziati (si veda a tale proposito: Shapin, Steven & Schaffer, Simon, "Il Leviatano e la pompa ad aria: Hobbes, Boyle e la cultura dell'esperimento", La Nuova Italia, Firenze, 1994). R. Boyle introdusse una serie di cambiamenti densi di conseguenze in campo scientifico, ed in primo luogo quello del ruolo dello strumento nel contesto del laboratorio. Dopodiché inventò la nozione di colleghi, cioè di coloro che si fanno garanti della qualità dell’esperienza di laboratorio, ed infine creò lo stile scientifico, ossia quel modo impersonale di presentare i risultati delle loro esperienze (mettendo fine alle infinite querelles tra “sette” filosofiche).
Queste regole di educazione hanno portato alla novità più importante di tutte: l’invenzione del fatto scientifico. In conclusione, al di là della portata storica dell’esempio, gli ufologi dovrebbero fare un passo indietro per quanto concerne il loro modo di condurre il discorso in ufologia, ed al tempo stesso dovrebbero smettere di ritenere che ogni critica sia un’aggressione o che vi siano concetti/metodi sui quali non si può agire perché “è così perché è sempre stato così”. Un dibattito educato dovrebbe essere sviluppato solo ai fini ultimi di una costruzione comune. Se non vi è questa chiara finalità comune, allora la discussione risulta completamente inutile e può essere abbandonata da subito senza rimpianti. Dovremmo cercare di convincerci che se si riuscisse a porre ai margini le dispute personali e si riuscisse a sostituirle anche con pochi contenuti, di cui anche i nostri discorsi sono inframmezzati, già da questo risulterebbe un cambiamento sostanziale in campo ufologico. Questa è probabilmente la scelta più difficile e bisognerà porsi la domanda sul perchè un ambiente, quello ufologico, in cui tutti sono appassionati dallo stesso argomento (e pochissimi vivono del lavoro sugli Ufo), sia anche così litigioso e così bisognoso di un "enemy mine".
Tutto ciò dovrebbe spingerci verso un’ufologia differente, ed io spero che ben presto ci renderemo conto di quanto essa possa assomigliare alla scienza di sempre, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Ma, per poterci congedare in bellezza dall’ufologia tradizionale dobbiamo abbandonare quella filosofia settaria e litigiosa che ricorda tanto il modo di discutere di prima della nascita della scienza moderna.
Però c'è di più e tratta di democrazia.
L'associazionismo ufologico come chiusura verso il mondo
Ascoltando le diverse interpretazioni degli Ufo messe in atto dal gruppismo delle associazioni private spontaneamente nate attorno alle testimonianze Ufo, ci si renderà subito conto come esse siano orientate alla difesa di un pensiero unico che si traduce nella propria teoria preferita sugli Ufo.Difficilmente si troverà nel mondo scientifico un tale assolutismo di pensiero e una tale chiusura verso le argomentazioni altrui. In questa coerenza quasi assoluta dei due fronti "l'un contro l'altro armati" esiste la contraddizione di partenza a cui abbiamo già accennato: tutti gli ufologi (a parte rarissime eccezioni) nascono a partire da una cultura che prevedeva un'unica spiegazione: l'extraterrestrialità degli Ufo.
Fin tanto che l'ufologia si è mossa lungo la strada dell'ETH, fino agli anni 80, essa in qualche modo è riuscita a produrre anche contributi estremamente interessanti di diversi studiosi quali i rimpianti A. Hynek, J. Mc Donald, etc...
L'enemy mine era istituzionale ed al di fuori dell'ufologia: lo Stato, gli scienziati scettici, i militari, i servizi segreti e quant'altro. La battaglia per il disvelamento degli Ufo era una battaglia democratica che in sintesi si riassumeva nel diritto della gente di sapere. Quando alla fine degli anni 70 si cominciò a consolidare la nuova ufologia, gli ufologi improvvisamente capirono che il nemico era anche al loro interno ed era rappresentato dagli ufologi scettici altrimenti detti psicosociologi.
A parte la rara eccezione inglese dove ufologi scettici hanno abbastanza bene convissuto con ufologi credenti, nel resto del mondo si sono create associazioni separate e dedite alla negazione dell'altro, e al controbattere in ogni modo l'opinione diversa dalla propria e ancor di più la persona portatrice di una opinione non condivisa sugli Ufo. A complicare le cose, come spesso capita nelle faccende umane, non sempre la divisione è stata solo ideologica e/o teorica ma spesso è scaturita da fattori di incompatibilità caratteriali tra persone, dato il forte individualismo (e la misoginia) che permea l'ambiente ufologico.
Le associazioni che si sono via via formate, nei casi principali attraverso divisioni (spesso a partire da ambizioni poco nobili come l'impossessarsi dell'archivio Ufo altrui, o ritagliarsi una posizione di miglior visibilità) si sono poi sviluppate al solo fine di potersi perpetuarsi "così come erano". Per far ciò hanno avuto bisogno non solo di un pensiero unico, ma anche di strutture organizzative nei fatti non-democratiche. Questi ingredienti di partenza comportano che ogni associazione non solo è ermetica rispetto ai contributi delle associazioni avversarie, ma si ritrova ad essere ermeticamente chiusa anche nei confronti di tutto ciò che sta all'esterno: scienziati, organismi scientifici, ed altri studiosi in qualche modo dediti alla ricerca in ambiti di pertinenza ufologica sono rigettati proprio perchè strutture incompatibili con il pensiero unico. Si è assistito negli anni al lento smantellamento dei gruppi ufologici che hanno resistito solo nella misura in cui un lider-maximo riusciva a fare da coagulo, oppure che si sono consumati piano piano dovendo rinunciare ad ogni elemento di contraddittorio democratico (di analisi dei fatti) che potesse mettere in discussione le ragioni teoriche fondanti. Il "si è sempre fatto così perchè cambiare?" è diventato l'unico collante delle associazioni ufologiche, come se il perpetuare certi rituali avesse portato a qualcosa di concreto.
Sullo sfondo inevitabilmente rimangono irrisolte le domande poste dai testimoni Ufo. L'associazionismo ufologico nel suo concreto è il contrario del lavoro di gruppo, e la mancanza di un tale lavoro organizzato è uno dei suoi principali difetti.
Capire come procede la scienza
Se gli ufologi credenti nutrono una fiducia incondizionata sul testimone e sulla prova (anche una singola foto può essere da loro trattata come un dato scientifico inconfutabile), sull'altro fronte gli ufologi scettici hanno una fiducia sconfinata nella capacità che un giorno "la rivoluzione scientifica" ci risolverà tutte le domande poste dall'accumulo di migliaia di testimonianze Ufo nei loro archivi. A ben vedere, se gli scettici fossero davvero convinti che si tratta solo di errori percettivi ed allucinazioni, ci si dovrebbe aspettare una serie si reazioni che non scaturiscono mai: lanciare studi sulla psicologia della percezione e gli stati modificati di coscienza, proporre esperimenti, o più semplicemente gettare l'intero dossier alle ortiche. In realtà nulla di tutto questo avviene, anzi si assiste ad una attesa quasi messianica della soluzione del problema Ufo. Succederà qualcosa che un giorno risolverà il problema; quello che l'ufologo può fare è solo raccogliere testimonianze. Questo atteggiamento a nostro parere mostra la totale distanza dalla scienza, dagli scienziati, e talvolta dalla realtà che sta al di fuori dell'ufologia. Il quotidiano lavorio degli scienziati si muove invece lungo il corso delle approssimazioni successive, un lavorio che all'apparenza ha più a che vedere con la burocrazia del laboratorio che non con il mito dello scienziato come lo vorremmo.
La rivoluzione di un paradigma scientifico irrompe di tanto in tanto nel mondo della scienza, ma non come una generazione spontanea e solitaria, dove sarebbe solo sufficiente aspettare l'arrivo del genio di turno, H.Newton o A. Einstein che fosse, per cambiare il mondo. L'idea rivoluzionaria non ha bisogno solo di genii ma anche di un contesto che favorisca l'accettazione di nuove idee in quell'ambito specifico. Perchè l'idea innovativa che cambia i paradigmi precedenti non sia in anticipo sui tempi si deve essere formato intorno ad essa ed al suo autore tutto un contesto sociale tale da favorirla e da preferirla ad altre creazioni o percorsi della mente concorrenti. Pare che il primo iniziale ingrediente per il successo delle teorie di A. Einstein sia consistito nell'apporto matematico della moglie Mileva Maric. Non ultimo le teorie sulla relatività approfittavano di una mentalità già in essere nella fiction a sfondo scientifico, come ad esempio quella dei viaggi nel tempo alla Wells. E' facile ritenere che il contesto favorevole al cambio di paradigma sia frutto di quel flusso di continuità e lento progresso delle approssimazioni successive, che non sono altro che contrattazioni messe in atto dagli scienziati per costruire i fatti scientifici nella nostra società. In altre parole, secondo il noto aforisma del matematico, astronomo e filosofo francese Henri Poincaré: “La scienza si fa con i fatti come una casa si fa con i mattoni, ma l’accumulazione dei fatti non è scienza più di quanto un mucchio di mattoni non sia una casa”.
Come possono gli ufologi contribuire in qualche modo a queste contrattazioni per far sì che si possa assistere ad una costruzione scientifica dei fenomeni Ufo? A quanto è dato vedere essi hanno da troppo tempo rinunciato a incidere sulla realtà, sulla società, e sull'attività degli scienziati.
I supposti fallimenti dell'ufologia strumentale
Quanto ai supposti cattivi risultati della ricerca strumentale sugli Ufo, credo si tratti di un’erronea percezione del lento avanzare delle cose. Costruire un esperimento o una macchina che non dà che di rado i risultati sperati significa già comunque avanzare in una certa direzione scientifica. Quanti fallimenti necessitano ancora per ottenere un successo scientifico sugli Ufo? A mio parere la storia degli Ufo di oggi, la loro storia come fatti scientifici assomiglia molto a certi precedenti come i fuochi fatui, i fulmini globulari, le luci sismiche, etc. che ci mostrano come piccoli passi sono stati fatti in questo ambito ma solo misurabili in termini di secoli. Se così non fosse, allora ragioneremmo come certi politici che non comprendono l’utilità di una ricerca come il progetto SETI (e questo detto da chi ha guardato questo progetto come viziato da troppo antropocentrismo). Questi politici, in considerazione del fatto che finora non sono stati trovati messaggi di civiltà extraterrestri vorrebbero ridurne i finanziamenti (faccio l’esempio pensando agli Stati Uniti e non all’Italia dove di finanziamenti non ce ne sono per niente!). In realtà si può essere convinti che la logica del progetto SETI non sia tra le più oggettive. Operare tale ricerca sulle onde radio, puntate in direzione in una piccola fetta d'universo, sembra peccare di una visione che vuole noi al centro dell'universo e noi come unica possibilità vivente a partire dall'acqua. Però, come al solito, sarebbe sbagliato buttare via quell'acqua sporca con il bambino. Neanche il risultato improbabile ed un metodo discutibile, possono mettere in discussione la necessità di un progetto come il SETI. Il progetto SETI pur nei suoi limiti circa la reale possibilità di trovare davvero civiltà tecnologiche dello spazio, allo stato delle cose, ha obiettivi e sotto obiettiviestremamente interessanti. Si tratta quindi di studiare nuovi strumenti e nuove vie di approccio, fermo restando che un tale progetto può sempre ed in ogni momento avere ricadute in altri campi con investimenti, tutto sommato, non elevati. I supposti fallimenti del SETI non devono fare abbandonare l'idea di implementare un tale progetto, poiché alla base di questo progetto vi è comunque una domanda scientifica seria. Se esistono progetti alternativi ad una tale ricerca si perseguiranno.
Lo stesso approccio è valido anche per gli Ufo. Di certo i fatti prodotti sono pochi, ma ve ne sono. Come ha proposto Pierre Lagrange in qualità di consulente del CNES francese per il nuovo organismo pubblico Geipan, si tratta di mettere in atto alcuni passaggi concreti, come ad esempio l'utilizzo del sistema Ufo@Home dell'informatico Jerome Beau. Si tratta in altre parole, di migliorare la raccolta delle testimonianze Ufo (per renderle eventi-Ufo), di creare una rete di osservatori specializzati del cielo (un po' come si è fatto con il Project Hessdalen nel caso delle offervazioni/registrazioni del gruppo di astrofili Columbia di Ferrara), creare una rete di punti di osservazione strumentale (ottico, radio, etc.)...
In tal senso non si devono trascurare i suggerimenti della Commissione del fisico Peter Sturrock, che suggeriva degli incontri periodici tra i ricercatori al fine di stabilire uno "stato dell'arte", per poter poi avanzare nella ricerca. In questo modo si è mosso ad esempio il nostro comitato CIPH, con il suo Workshop sul "fenomeno di Hessdalen" (giugno 2006), di cui saranno presto pubblicati i proceedings (settembre 2007), è uno step concreto in direzione di una ricerca sempre più organizzata.
Come anche faceva notare lo studioso G. Stilo nell'articolo citato, vi sono realtà internazionali che non vanno trascurate: il Journal of Scientific Exploration americano, il NARCAP di Richard F. Haines, il grande lavoro di raccolta di fonti di William R. Corliss, etc.
Questo fa supporre l'esigenza di dover rafforzare la rete di comunicazione tra questi ricercatori. In altre parole esiste uno stato dell'arte della ricerca strumentale sugli Ufo che dobbiamo seguire ed aiutare nel suo lento formarsi per procedere alla “messa a punto” nei diversi modi con cui possiamo contribuire. Esiste un progetto ed esistono degli obiettivi per finalizzare questo progetto che si traducono in un tentativo di fare, condividere, costruire, e non semplicisticamente di "scoprire" cosa sono gli Ufo, o aspettare che si "scoprano" da soli.
Note
Questo articolo è nato dalle discussioni con Pierre Lagrange, Gregory Gutierez, Jerome Beau, riguardo "une ufologie differente", e dal dibattito attorno all'articolo di Giuseppe Stilo "Congedo dall'Ufologia?", nonché dallo scambio continuo con Renzo Cabassi.
12 luglio 2007