lunedì 27 ottobre 2008

CAPRA SALTANS

Testo tratto dall'unica opera scientifica superstite di Seneca, le "Questioni Naturali"
"Ora, per venire all'opera che mi sono proposto, ascolta la mia opinione sui fuochi che l'aria spinge trasversalmente. Che essi siano scagliati da una grande forza è dimostrato dal fatto che seguono una traiettoria obliqua e che la loro velocità è travolgente: è evidente che essi non avanzano per moto proprio, ma sono scagliati. Gli aspetti di questi fuochi sono molti e svariati. Aristotele chiama capra una delle loro varietà [Aristoteles quoddam genus horum capram uocat]: se tu mi domandassi perché, risponderei che prima devi dirmi per quale ragione altri siano chiamati capretti; se, invece, come è molto più conveniente, ci saremo messi d'accordo perché nessuno dei due interroghi l'altro su questioni alle quali sa che non è in grado di rispondere, sarà più utile indagare sul fenomeno stesso che non meravigliarsi perché Aristotele ha assegnato il nome di capra a un globo di fuoco [quid ita Aristoteles globum ignis appellauerit capram]. Tale, infatti, fu la forma di quel fuoco che apparve, grande come la luna, quando Paolo conduceva la guerra contro Perseo. Anche noi abbiamo visto più di una volta una fiamma a forma di enorme palla, che tuttavia si è dissolta durante la sua stessa corsa. Abbiamo visto un simile prodigio alla morte del divo Augusto, l'abbiamo visto al tempo in cui fu condannato Seiano; e neppure la morte di Germanico fu priva di tale preannuncio.Tu mi dirai: «Sei, dunque, talmente in preda all'errore da credere che gli dèi inviino dei segni che preannuncino la morte e da pensare che sulla terra ci sia qualcosa di così importante che l'universo debba essere informato della sua morte?». Affronterò tale questione in un altro momento: vedremo allora se ci sia un ordine prestabilito a regolare tutte le cose e se ogni cosa sia così strettamente intrecciata all'altra che ciò che precede sia o causa o presagio degli eventi che seguono; vedremo se gli dèi si prendano cura degli uomini, se la concatenazione stessa dei fatti annunci con determinati segni ciò che avverrà. Per il momento, penso che i fuochi di questo tipo si generino dall'aria compressa con violenza, quando una massa d'aria inclinatasi da un lato non ha ceduto a questo movimento, ma ha lottato contro se stessa: da questo conflitto hanno origine le travi, i globi, le fiaccole e le meteore ardenti [ex hac uexatione nascuntur trabes et globi et faces et ardores]. Ma quando la collisione è stata meno violenta e si è verificato, per così dire, solo uno sfregamento, si originano luci più deboli, e le stelle, volando, traggono dietro a sé una chioma. Allora fuochi molto sottili disegnano e prolungano nel cielo una tenue scia. Perciò, non c'è notte priva di spettacoli di questo genere, poiché non c'è bisogno di grandi movimenti d'aria per produrli. Insomma, per essere breve, questi fenomeni hanno la medesima causa dei fulmini, che però agisce qui con forza minore: come le nubi, se si urtano leggermente, provocheranno dei lampi, ma se il colpo è più violento, dei fulmini, così quanto minore sarà la forza e quanto minore la compressione prodotta, tanto più deboli saranno i fulmini emessi. Aristotele spiega il fenomeno in questo modo: «Il globo terrestre emette corpuscoli numerosi e diversi, alcuni umidi, altri secchi, alcuni caldi, altri atti a prender fuoco». E non c'è da meravigliarsi se le emanazioni della terra sono di ogni genere e diverse, poiché anche in cielo non è tutto di un solo colore, ma il rosso di Sirio è più acceso, quello di Marte più debole, mentre è assente in Giove, il cui splendore arriva alla luce pura. È, dunque, necessario che nella grande quantità di corpuscoli che la terra emette e manda nelle regioni sovrastanti, alcuni giungano fino alle nubi a costituire nutrimento dei fuochi, che possono accendersi non solo in seguito a collisione, ma anche sotto l'azione dei raggi del sole. Infatti, anche presso di noi residui vari sparsi di zolfo prendono fuoco a distanza. Dunque, è verosimile che tale materia ammassata all'interno delle nubi si infiammi facilmente e dia origine a fuochi più o meno grandi a seconda della sua forza maggiore o minore. Sarebbe, infatti, completamente insensato pensare che le stelle cadano o attraversino rapidamente il cielo o che qualcosa sia loro sottratto e portato via: infatti, se ciò avvenisse, sarebbero già venute a mancare, poiché non c'è notte in cui non ne passino molte e sembrino essere trascinate in direzioni opposte. Eppure, ciascuna si trova poi al solito posto, e la grandezza di ciascuna rimane immutata: ne consegue, dunque, che questi fenomeni si verificano più in basso e che si esauriscono rapidamente, perché sono privi di una base e di una sede stabile..."
[Foto Nico Conti. L'immagine della "capra" si trova sopra in camino di Casa Melina (1545 circa), oggi agriturismo, chambres d'hote, di Stefania Casalini e Bernard Luettmer;

Nessun commento: