giovedì 24 luglio 2014

Parigi, 8 e 9 luglio 14. COSA HO IMPARATO AL CAIPAN 14

Due giorni intensi e interessanti, per fare lo stato dell'arte
l'8 e il 9 luglio 2014, presso il CNES di Parigi, si è tenuto il primo workshop organizzato dal Geipan francese, l'unico ente governativo mondiale ad occuparsi di testimonianze Ufo: il Caipan-14 .
Si è trattato di un convegno a porte chiuse, con più di cento partecipanti da tutto il mondo e una trentina di relatori.
La prima giornata era dedicata alle "metodologie di inchiesta sul terreno" e alla "elaborazione di standard descrittivi dei casi di osservazione".
La seconda era divisa tra "osservazione sistematica del cielo" e "aspetti psicologici delle testimonianze".
A queste due intense giornate che il famoso ufologo Jacques Vallée ha definito "un sogno che si realizza", ho avuto l'onore di partecipare a nome del comitato CIPH con una presentazione intitolata "Le implicazioni della ricerca strumentale del non-identificato" dove ho parlato della nostra esperienza dal 2000 fino al Progetto SOSO, e della filosofia seguita nella ricerca sui Fenomeni Luminosi in Atmosfera.

Ma non è su questo nostro intervento che voglio soffermarmi (magari prima o poi lo tradurrò in italiano e sarà l'occasione).

Lo strumentale come modalità ragionevole di vivere i dubbi in campo ufologico
Vorrei piuttosto raccontare in breve l'impressione forte durante questa due-giorni di aver imparato cose interessanti, e la sensazione che potrebbero avere ricadute positive nel nostro lavoro nell'ambito dei fenomeni Luminosi in Atmosfera.
Credo che in questa fase dell'ufologia sia soprattutto importante affermare che credenza e scetticismo possono convivere, invece che restare nel dibattito sterile di questi anni.
E, forse il Caipan14 indica anche una via anche in tal senso.
Quanto alla strada che il nostro comitato ha scelto, lo strumentale, non deve sembrare come un semplice percorso razionale dopodiché tutto diventa più chiaro e scientifico; lo strumentale a nostro parere è la sola via che ci permette di fare qualcosa nell'ambito della ricerca Ufo, senza dover restare alla semplice accettazione (o negazione) della testimonianza.
Intanto, al di là delle scelte personali, degli orientamenti, delle idee da mettere in pratica, che fare del testimone? Forse c'è un punto di incontro tra l'interesse focalizzato sulla sola testimonianza e quello investito sulla ricerca strumentale.
Sembra di poter dire, dopo questo Caipan14 che anche la testimonianza è sempre più costruita con strumenti, poiché l'ambito tecnologico è sempre più intersecato a quello semplicemente umano e percettivo.
Spero nelle prossime righe di riuscire a precisare questa impressione che la testimonianza Ufo non è più solo e semplicemente un racconto orale, di fronte al quale fermarsi inermi.

Che testimone è il pilota
Ogni volta che mi è capitato di ascoltare Richard F. Haines mi ha sempre sorpreso la sua calma e precisione nell'esporre le sue complesse indagini sui piloti (vedi:  http://narcap.org/Technical_Reports.html ).
Haines ritiene che il pilota, data la sua esperienza specifica e la sua capacità di riconoscere altri oggetti e velivoli in cielo (ivi compresi in certi casi i droni militari), sia un testimone ottimale, decisamente superiore in esperienza alla media dei testimoni occasionali Ufo.
Alla base del suo ragionamento c'è un certo ottimismo sulle capacità del testimone-pilota di riconoscere qualsiasi cosa nel cielo, ma è abbastanza assodato che le loro testimonianze, così difficili da raccogliere per il timore degli stessi di essere ridicolizzati o allontanati dal proprio lavoro, sembrano disporre di qualcosa in più a livello di certi dettagli.
C'è questa situazione di spazio limitato di visibilità del pilota al di fuori della sua cabina che sembra quasi delimitare come in un quadro ciò che sta osservando, in aggiunta alla sua capacità tecnica di collocare l'oggetto nel cielo e descriverne forma e comportamento, e fare di questo tipo di avvistamenti una posizione privilegiata.
Le ricostruzioni in 3d se non addirittura quelle messe in atto con il simulatore di volo, presenti nel lavoro pluriennale di Haines, danno l'impressione di poter estrarre una mole superiore di dati rispetto alle indagini ufologiche più ordinarie.

La fragilità della testimonianza è un dato di fatto insormontabile?
Come accennavo l'impressione è che la raccolta dalla testimonianza si stia trasformando e passando da una analisi di tipo semplicemente psicologico e “sociologico” a qualcosa di più complesso in cui è difficile separare il testimone dalla tecnoscienza che sempre più lo circonda in forma di “oggetti-sensori” che possono interagire con lui (penso ad esempio all'iPhone e a certe applicazioni che possono stabilire la rotta e il tipo di aereo semplicemente puntandolo).
Questa sensazione è stata rafforzata dalle argomentazioni svolte da un inquirente del Geipan, Gilles Munsch (ve ne sono una ventina di addestrati che collaborano con l'ente francese).
Munsch parla di tre modelli di indagine Ufo che vedono interagire in diverso modo inquirenti-testimoni-esperti. Il modello tradizionale dove inquirente ed esperto sono figure abbastanza separate tra loro, mentre nel modello attuale, moderno, le due figure sono strettamente fuse e in sinergia.
Munsch profila anche un imminente modello “futurista” dove dei “sensori” sempre più tecnologici e a basso costo interagiscono con il testimone.
Mi pare che nelel sue parole sia presente la fine di una discrasia che voleva l'attenzione verso il testimone come “vera ufologia” opposta alla “ufologia strumentale” che sembrava invece trascurare il testimone.

Le analisi fotografiche: grandi passi in avanti
Credo si debba porre un certo rilievo ad interventi che hanno sottolineato come l'era digitale permetta commenti tecnici e risultati anche su materiale fotografico datato, sul quale non si era riusciti a stabilire una conclusione in modo irrefutabile.
E' l'esempio del gruppo tecnico-informatico IPACO diretto da Francois Louange, da tempo esperto del Geipan.
Riuscire a trovare la traccia di un filo di sospensione in una vecchia foto di “disco volante” senza neanche avere a disposizione la pellicola originale, sembra un'impresa “ a prima vista” impossibile, così come stabilire se i punti rossi di una foto possono con forte probabilità essere considerati lanterne cinesi, oppure se delle luci di una fotografia del cielo sono riflessi di luci nel paesaggio all'interno delle lenti...
La sofisticazione di questo tipo di analisi digitali, ci fa considerare che, se prima una foto occasionale di Ufo non ha mai potuto assurgere a status di prova scientifica, ora siamo in presenza di un dato, certo isolato, ma che ha la possibilità di parlarci in modo scientifico.

Quello che ho capito della catalogazione della casistica
Un problema permanente dell'ufologia sembra essere la raccolta e la catalogazione delle testimonianze. Come raccogliere?
Qui mi pare che il Geipan agisca nel senso responsabile di rendere disponibile nel modo più semplice possibile tutta la casistica (francese).
Più in generale siamo comunque lontani da un modo di condivisione standard dei dati da parte di tutta la collettività ufologica.
La domanda successiva comunque è : fare cosa di questi dati?
Jean-Pierre Rospars ha presentato una serie di dati statistici (su una casistica un po' datata) che sembrano confermare alcune “leggi” dei grandi numeri del passato degli studi sugli Ufo: maggiore casistica nei luoghi scarsamente popolati e nelle ore notturne, etc. in apparente contro-logica con quelle che sarebbero le aspettative. Anche se non credo che questo tipo di statistiche ci possano portare molto lontano, è preferibile che con questa mole di dati testimoniali si provi a fare qualcosa, piuttosto che lasciarli dormire in un cassetto/schedario.
Mi sembra poi che vi siano due tendenze diverse sulla casistica: la tendenza degli ufologi e quella di scienziati e tecnologi.
Gli ufologi mettono in campo analisi costi-benefici per dimostrare come sia utile trattenere tutto all'interno della loro catalogazione onnicomprensiva (Edoardo Russo, Cisu), mentre i tecno-scienziati hanno tendenza a separare rumore-segnale (Strand, Project Hessdalen, Massimo Teodorani, astrofisico, etc.).
Mi domando se non sia possibile trovare soluzioni tecnico-informatiche per tenere insieme queste due esigenze apparentemente contrapposte, come sembra di capire dalla relazione di Jean-Marc Wattecamps (Cobeps) e da un intervento di Jerome Beau, durante il dibattito.
A latere di questo discorso mi sembrerebbe importante non trascurare l'indagine sul testimone anche in quei luoghi dove vengono collocati degli strumenti.

Un ampio spazio del workshop dedicato all'osservazione strumentale
Sinceramente non mi aspettavo che un così ampio spazio venisse dedicato alla pressoché ignorata branca minoritaria dell'ufologia: gli strumentalisti (come sono stati definiti talvolta).
Questo mostra una sensibilità controtendenza del Geipan, anche rispetto alla sua attività storica che lo ha sempre visto impegnato sulla sola testimonianza.
Benché la missione del Geipan di Passot non sia e non possa essere quella di mettere in campo strumentazione e ricerca sul terreno, è evidente che questo ente stia facendo di tutto per facilitare il colloquio tra scienziati e studiosi interessati all'argomento.
Interessante in tal senso il progetto FRIPON per l'installazione futura di cento telecamere sul territorio francese.
Quanto alla relazione sul Fulmine Globulare fatta da Raymond Piccoli e da un suo collaboratore Philippe Ollier, entrambi del Le laboratoire de la Foudre”, ne sono rimasto decisamente impressionato.
Sembra di poter dire che finalmente, dopo centinaia di anni, il fulmine globulare è un “identificato” con prove fotografiche scientifiche, vale a dire con un lavoro di ricerca continuativo.
Ora è evidente che non sappiamo ancora molto del fulmine globulare (o dei tre tipi di fulmini globulari secondo la classificazione delle testimonianze messa in atto da Le laboratoire de la Foudre”) e quindi un fenomeno identificato ma incompreso.
Il fatto è che, come ci ha illustrato Piccoli, questa “incomprensione” riguarda anche aspetti per così dire “banali” del più noto fulmine ordinario.
E' evidente che tutte queste riflessioni, hanno una incidenza anche su eventuali fenomeni non-identificati che restano sotto l'etichetta generale di Ufo o, se preferite, di PAN.
La ricerca trentennale del Project Hessdalen ci dice che al di là della scarsità di dati raccolti c'è ancora molto da fare per tentare di grattare la superficie della non-identificabilità delle cosiddette Luci di Hessdalen e di altre Earthlights.
Le relazioni di Strand e di Teodorani, pongono più domande che risposte, più dubbi che soluzioni, e non credo che sia una critica affermare che siamo ancora in una fase pionieristica della ricerca strumentale nelle cosiddette zone di ricorrenza.
Quanto ai progetti di monitoraggio del cielo in essere e in particolare all'esposizione di Philippe Ailleris, mi riserverei di ritornare su questi punti importanti con più attenzione in futuro.

Meno psicologia e più fenomenologia
La parte conclusiva delle due giornate si è chiusa sugli aspetti psicologici del testimone, e devo dire che pur riconoscendo importanza a questo punto sono sempre meno appassionato agli errori percettivi e delle possibili allucinazioni... fantascientifizzate del testimone.
L'esposizione di Thomas Rabeyron, non mi sembra aver portato particolari novità sull'argomento, mentre sono sempre più d'accordo con Pierre Lagrange sul fatto che non si debba considerare il testimone Ufo come una persona diversa dalle altre solo perché posto di fronte a qualcosa che non comprende.
Quindi l'obiettivo è mettere in atto meno psicologia e più strumenti nuovi con i quali far interagire il testimone, come ad esempio il sistema informatico Ufo@home ideato da Jerome Beau, che è un sistema che funziona come un identikit al fine di meglio descrivere l'Ufo/Pan senza bisogno di ricorso alle parole, ma scegliendo tra una serie di immagini in un contesto ricostruito della zona dell'avvistamento.
Durante il dibattito Jacques Py, che aveva trattato nella prima giornata dei metodi di inchiesta per la raccolta delle testimonianze, a mostrato seri dubbi su un sistema che in quanto identikit non si è dimostrato molto performante nei casi di polizia investigativa.
Io credo che finalizzare progetti quali l'Ufo@home di Beau, e soprattutto testarli sul terreno, potrebbe darci qualche informazione in un senso o nell'altro, e comunque sarebbe un passo in avanti sullo studio della percezione dei testimoni Ufo.
Quanto alla relazione di Jean Michel Abrassart sull'influenza della cultura nelle osservazioni di Ufo, devo dire che raramente ho ascoltato cose più banali, che mi hanno fatto rimpiangere le riflessioni passate di Bertrand Meheust sull'argomento.
Dubito sempre quando in una relazione dove presenti una ipotesi non viene espresso nessun dubbio o problema da risolvere, anzi è proprio in quel caso che ho la prova certa di essere di fronte ad un tipo di credenza cieca (che si vuole razionale).
Come dicevo nelle prime righe di questa breve sintesi , forse è l'ora di ritrovare un modo per tenere insieme credenza e scetticismo in questa difficile ricerca.

La conclusione del convegno
Infine dovremo riflettere con più calma anche sui temi evocati dalla sintesi conclusiva svolta da Jacques Vallée (il suo intervento è da rileggere e studiare con grande attenzione), da B. Meheust (che in sintesi ci spinge a fare delle scelte nuove, come avvenuto in altri campi di confine), dal responsabile etico del CNES, Jacques Arnould (che ha parlato di responsabilità pubblica , ma anche di noi privati sul tema Ufo) e infine da Ron Westrum (che ha spiegato le caratteristiche sociali degli “eventi nascosti”).
Presto saranno pubblici i Proceedings di questo Caipan14, e mi auguro che possano essere utili alle future ricerche sui fenomeni non-identificati.
A suivre.