martedì 14 agosto 2012

LA DIFFICILE CURIOSITA’ DI CURIOSITY


Lunedì 8 agosto è atterrata su Marte la sonda Curiosity, evento importante passato tra la notizia di una prossima quanto improbabile emigrazione di massa sul pianeta rosso e l’immagine misteriosa di una nube apparsa sulle prime immagini inviate a Terra.
Parlare di Marte in modo non emotivo è difficile, e forse è proprio questa emotività al confine  con la fantascienza  il vero motore della ricerca.
Certo lo scopo principale della missione è quello di capire se siamo l’unica vita esistente nell’Universo, e più in particolare nel sistema solare, ma  sono portato a pensare che l’attività pratica di Curiosity abbia molto meno a che vedere con  la domanda principale “C’è vita altrove?” di quanto si possa logicamente ritenere.

A questo tipo di domanda (se c’è vita nel sistema solare oltre la nostra) si potrebbe, curiosamente, dare una risposta anche standosene qui, più  tranquillamente sulla Terra.
Paul Davies, nel suo ultimo libro “Uno Strano Silenzio”, propone (e non è il primo) che esistano altre forme di vita, che magari non prevedono la presenza di acqua come precondizione, e che neanche siamo in grado di concepire in base alle nostre attuali conoscenze.
Questa vita “diversa” potrebbe non solo esistere nell’Universo ma anche essere stata trasportata sulla Terra e proprio qui potrebbe essere ricercata, se si capisse cosa esattamente cercare.
Sulla Terra potrebbe essere arrivata una Vita 2 accanto a quella che ben conosciamo e ci appartiene.

Questa premessa per accennare come il concetto di vita possa essere più complesso della semplificazione scientifica che ha finora sorretto il SETI, piuttosto che altre ricerche … sul terreno.
In altre parole ritengo che la ricerca di vita su Marte, è solo una delle spinte ideologiche di questa così importante missione.
Nella scelta del tipo di missione e del luogo di “ammartaggio” convergono anche altre problematiche più “terra terra”, quali ad esempio la sopravvivenza della esplorazione spaziale stessa, della Nasa come organizzazione, etc.
Ora è evidente che una volta accettati, in qualche modo, due concetti abbastanza antitetici di vita, gli scienziati  debbano scegliere delle direttive di ricerca che non sono solo “scientifiche”.
Le due possibilità accettabili in linea di ipotesi (in assenza di alcuna prova) sono quindi:
1)      che ci siano altre forme di vita simile alla nostra
2)      che ci possano essere forme di vita  diverse dalla nostra basate su altri presupposti.

 L’opzione 1, non per forza la più vera, resta comunque quella di più facile verifica visto che abbiamo almeno il nostro esempio davanti agli occhi (anche se potrebbe essere l’unico esempio).

La ricerca strumentale di vita extraterrestre deve di certo aver fatto delle scelte complicate circa il luogo, vedi il pianeta o il satellite, dove cercare tali forme di vita, ma questa scelta razionale non ha potuto prescindere dal contesto sociale e politico del momento.

Curiosity sembra dirci chiaramente che la scelta che è stata fatta sia quella di occuparsi del pianeta Marte come candidato più probabile alla presenza di vita. Ma è la scelta scientifica più razionale?

La meravigliosa impresa della sonda Curiosity sembra, se vista con l’occhio di uno storico del futuro, impegnata all’esplorazione tout-court del pianeta piuttosto che a determinazioni maggiormente filosofiche circa la vita, cosa sia e dove cercarla con più probabilità.

Vero è che qualche meteorite marziano, e alcuni sospetti di presenza di acqua  sul suolo marziano, che hanno attirato l’attenzione degli studiosi in precedenza, possono essere considerati importanti indizi da confermare con dati e prove.
Insistere su Marte ha quindi un senso.

Ma potrebbe trattarsi solo di una sensata opzione B, di second best.
La missione di Curiosity sembra cercare la vita proprio dove anche  la gente comune più o meno se l’aspetta: non più i canali “artificiali” di Marte dell’inizio del secolo scorso, nemmeno i marziani della metà del 900, semmai qualcosa di più semplice magari appartenuto ad un passato lontano.
 Un microbo fossile marziano sarebbe già un enorme risultato…

Però se cerchiamo una forma di vita come la nostra sul nostro piccolo sistema solare, forse non è Marte il luogo con maggiori possibilità  di successo (a meno che  Marte  sia stato un buon candidato in passato e si stia cercando “vita morta”).

Alcuni scienziati, hanno suggerito diversi altri luoghi del nostro sistema solare più simili a certe condizioni di vita estreme presenti sulla Terra. Un posto che sembra molto propizio è un satellite di Saturno della dimensione di poco meno di 500 km di diametro: Encelado.

Qui si ritroverebbero parecchie delle condizioni che permettono la vita di certi estremofili che sulla Terra se la cavano inaspettatamente bene a condizioni fino a poco fa considerate impossibili per la vita..

La sonda Cassini alcuni anni fa aveva evidenziato, su Encelado, la presenza di geysers (sotto forma di giganteschi getti di vapore e acqua), di una sottile atmosfera e di un oceano sotterraneo allo stato liquido, nonché una serie di elementi biochimici molto importanti per la vita come la conosciamo.

Ma c’è un problema  per l’invio di una sonda su Encelado: la sonda impiegherebbe una ventina di anni per giungere a destinazione, ed è probabile che ciò superi di parecchio la tempistica attesa per un  risultato scientifico di una tecnoscienza in periodo di restrizioni e di tagli al budget.
Urge l’ottenimento di risultati a breve termine.

Marte fa ancora sognare, e se è anche vero che un sogno non ha molto di razionale, un sogno può sempre essere alla base di un risultato tecnico-scientifico importante.

In attesa di cambi rivoluzionari sui paradigmi della vita nell’Universo la scienza normale progredisce, a dispetto della crisi economica e delle spending review dei politici.

A patto che gli scienziati con le loro pratiche riescano a convincere politici ed elettori…

NOTE