martedì 9 gennaio 2001

L'INTRIGATO RAPPORTO TRA FANTASCIENZA E DISCHI VOLANTI [articolo]

PREMESSA

Fin dall'iniziale interesse per i primi avvistamenti dei cosiddetti dischi volanti, vi fu chi, tra gli studiosi della neonata ufologia, sottolineò la simultaneità tra avvistamenti Ufo e l'inizio dell'esplorazione spaziale, chiedendosi se si fosse trattato di una simultaneità assoluta o relativa (1).
Pur dalla sua posizione ETH [extraterrestrialista], Michel Carrouges, ad esempio, affermerà che a partire dal 1947 è avvenuta una curiosa trasposizione delle immagini delle divinità protettrici da quelle della mitologia e della religione, a quelle dei nuovi protettori interstellari.
Carrouges già allora ci indicava un mito del salvatore che possiamo riscontrare, a suo parere, sia nella storia del contattista Adamsky, che in una grande quantità di romanzi di fantascienza .
Ovviamente a quell'epoca, cioè all'inizio degli anni 60, Carrouges ritenne che questi salvatori fossero venuti a visitarci, presumibilmente da Marte, preoccupati dal tipo di sviluppo tecnologico che l'Umanità stava iniziando pericolosamente a percorrere, con particolare riferimento alla prima esplosione atomica del 1945 (1 pp. 262 e 263).
Ma il seme del parallelo tra ufologia e fantascienza era ormai stato gettato.
Più tardi, poco più di 30 anni fa, Bertrand Meheust in uno dei suoi primi scritti ufologici a rilievo sociologico aveva sottolineato certe similitudini tra la letteratura di fantascienza e le tematiche dei dischi volanti (2).
Questa discussione circa l'influenza ispiratrice dei racconti di fiction sulle testimonianze ed esperienze Ufo si è poi via via sviluppata ed ha trovato un terreno fertile tra alcuni autori francesi proprio in questi ultimi anni.
Qualche anno fa Michel Meurger, nel suo "Alien Abduction", ha tracciato uno dei più rigorosi lavori di archeologia dei dischi volanti.
Questo libro ha riaperto un intenso dibattito, seppur limitato ai pochi esperti di tematiche antropologiche che si interessano di Ufo, trovando sottili differenziazioni nell'approccio dei problemi che i dischi e gli alieni della fantascienza pongono allo studioso.
In effetti Meurger ha portato un ampio numero di nuove informazioni storico-letterarie che però non ha sciolto l'intricata matassa, ma ha attivato un proficuo approfondimento circa l'influenza della fantascienza sul fenomeno (3).
Purtroppo pochi in Italia sono venuti a conoscenza di questa discussione, vuoi perché, come mi diceva Pierre Lagrange in una nostra corrispondenza elettronica, certe cose interessano solo "quattro gatti", e vuoi anche perché negli ultimi anni molta ufologia italiana si è completamente dicotomizzata tra il "credere" ed il "non credere" agli Ufo, privandosi di molti approfondimenti estremamente interessanti che una analisi meno superficiale ed emotiva poteva attivare.
Lo scopo di queste pagine è di dare una sintesi più precisa del debat francais, nella speranza che qualcuno possa provare a meglio approfondire questo aspetto particolare dell'oggetto del nostro studio; certamente vi sono alcune caratteristiche della casistica più estrema, quale quella degli IR3 [incontri ravvicinati del 3° tipo], che restano difficilmente riconducibili alla fenomenologia di una non meglio identificata soucoupisation d'un stimulus (discovolantizzazione di uno stimolo) che colpirebbe l'ignaro testimone Ufo.
Può essere utile sottolineare, prima di iniziare l'approfondimento del tema in oggetto, che non dobbiamo pensare che la letteratura di fantascienza influenzi (tra l'altro in modo così allucinatorio) solo i testimoni Ufo.
La fantascienza, in quanto metafora per eccellenza dei nostri tempi, influenza tutti noi in modo indiversificato: comuni cittadini e scienziati.
Ora molti sapranno che la tematica del teletrasporto alla Star Trek, per esempio, ha radici ben più lontane della nota serie di telefilm oramai cult, e si deve a Charles Fort, per primo, nel 1931, l'uso del termine teleportation in senso moderno.
Ricordiamoci che Star Trek voleva essere soprattutto e comunque una serie di episodi di anticipazione scientifica, più che di fantascienza tout court, e che il suo creatore Gene Roddenberry desiderava che anche il funzionamento del teletrasporto fosse ben chiaro e scientificamente plausibile.
La messa in scena era concettualmente così credibile che attualmente un gruppo di scienziati dell'università di Innsbruck, coordinato da Anton Zeilinger, ha dimostrato come sia possibile teletrasportare fotoni da un punto all'altro del nostro universo, con diverse conseguenze concettuali, che coinvolgono il nostro progresso futuro (riv. "Nature", 11 dicembre 1998).
Un altro gruppo di scienziati, questo sotto la guida di Francesco De Martini, ha pure inviato al "Physical Review Letters" risultati simili nel senso del teletrasporto di particelle. Paradossalmente le modalità dell'esperimento erano concettualmente simili a quelle che si evincono dalla serie televisiva di Star Trek, ovvero distruzione dell'originale e ricostruzione di una copia identica nel punto di arrivo, pur nell'impossibilità odierna di poter teletrasportare altra materia che fotoni (4, pp. 36-39).
Qual è la logica, quindi, nel voler diversificare in modo drastico l'influenza della fantascienza sullo scienziato da quella sul casuale testimone di un incontro ravvicinato? Perché una dovrebbe essere di tipo creativo, mentre l'altra allucinatoria ?

MEURGER: FANTASCIENZA E CONDIZIONAMENTO DELLE TEMATICHE UFO

Come abbiamo detto, Meheust, nella sua opera del 1978, mostrava che la panoplia di artifici impiegati dagli "extraterrestri" durante gli incontri con i testimoni è già presente nella vecchia fantascienza.
Nani macrocefali, raggi paralizzanti, aeronavi a forma di disco e rapimenti alieni, sono elementi che erano già stati inventati dagli scrittori popolari dall'inizio del 900 in poi.
Meheust ha avuto certamente il merito di far riaffiorare questa vecchia letteratura, poiché pochi si interessavano dei romanzi pulps popolati di scienziati folli e strambe navi spaziali in relazione agli Ufo.
Venti anni più tardi, Meurger riprenderà la stessa strada tracciata da Meheust, ma per poi separarsene rapidamente, biforcandosene due volte.
Se Meheust aveva preso in considerazione il "meraviglioso scientifico francese" del primo 900, Meurger invece vuole concentrarsi sulla fantascienza americana, convinto che i "dischi volanti" siano una invenzione statunitense e che quindi necessitino di essere confrontati con il loro contesto letterario di origine.
Meurger mostra chiaramente come anche il tema dei rapimenti a bordo dei dischi volanti sia stato inventato ed esplorato dalla fantascienza americana fin dagli anni 30.
Approfondendo la sua ricerca sui rapimenti nella fantascienza, Meurger accumula molte coincidenze che svelerebbero appunto un universo culturale tale da mostrare che la fantascienza non solo ha permesso ma ha pure condizionato la costruzione della tematica Ufo (5, p. 20). Se oggi è in parte dimostrato che Charles Fort e le sue idee appunto "fortiane" (denominazione che include una categoria assai ampia di fenomeni inspiegabili) ebbero notevole influenza sulla fantascienza pre-arnoldiana e infine sull'immaginario della nascente ufologia, molti dei concetti da lui espressi avevano già in qualche modo lungamente incubato nella letteratura di fiction a cavallo del secolo, ed è anche questo che l'analisi sociologica di Meurger riporta con diversi esempi.
I famosi concetti fortiani "Siamo proprietà altrui" e "Ci pescano" erano già presenti nella Guerra dei Mondi di H.G. Wells, e Fort non avrebbe fatto altro che rielaborare, tra gli altri elementi, un lungo brano del romanzo, in cui si ipotizza un mondo futuro dominato dai Marziani, i cui "maestri" hanno creato una classe di "schiavi di prima classe", prigionieri e rinchiusi nelle loro gabbie, che evocano molto bene le bestie alle quali ci paragona l'autore de Il libro dei dannati: siamo nel 1919 (3, p. 82).
Già in un libro di fiction francese del 1910 veniva espressa l'idea di certe sparizioni misteriose interpretate come rapimenti da parte di visitatori celesti.
Infatti nel romanzo Le peril blue, di Maurice Renard, si fa riferimento ad un' "oceano atmosferico" che ci sovrasta, dove noi uomini rappresenteremmo le creature dei fondali rapiti da esseri alati, i Sarvants, dopo essere stati per così dire "pescati" (3, p. 78).
Una pastorella ad esempio viene sollevata da una forza invisibile e portata in cielo "come una povera piccola Vergine Santa spaventata" descriverà il romanziere francese, titolando non a caso il capitolo "Assunzione".
La cattura della pastorella dimostra che i Sarvants dispongono di una macchina volante, nascosta tra le nuvole, che grazie ad un particolare "magnete" attira gente ed animali, e le prede le più disparate di questo "rapimento a distanza". Gli uomini catturati ed impagliati, sono installati in un "lugubre museo oceanografico aereo" (3 p. 77).
Fort perpetuerà questa immagine degli extraterrestri che operano in una prospettiva di "controllo", proprio come noi facciamo con gli animali inferiori, affermando addirittura che potrebbero già "essere tra noi", e supponendo che alcuni extraterrestri siano già stati teletrasportati sulla Terra. Riporterà il caso di un individuo che nel 1928 comparve nella città di New Jersey, assicurando che proveniva dal pianeta Marte (3 p.89).
Tutte queste ipotesi riemergeranno sotto nuova veste nelle tesi ufologiche di Jacques Vallée, il quale sostiene che in realtà gli "extraterrestri" sono sempre stati tra noi, e che ciò che chiamiamo "fenomeno Ufo" non è altro che un "sistema di controllo" dell'umanità (3 p. 90).
Questa forza di controllo immaginata da Fort, anche sulla base di informazioni da lui stesso raccolte, relative ad alcuni strani fenomeni (piogge di pesci, caduta di capelli d'angelo, etc.), ha assunto in seguito specificità diverse nella narrativa di fantascienza. Dobbiamo questo utilizzo a Ray Palmer, lo "sponsor" letterario, tra l'altro, del primo avvistamento Ufo di Kenneth Arnold [1947]: questo editore tra gli anni 30 e 40 convinse molti scrittori di fantascienza a leggere Fort per ricavarne idee da utilizzare nei romanzi (6).

LAGRANGE: NATURA E CULTURA

Meurger, tracciando lo stesso tipo di iter che ho riassunto, regola la questione della "causa prima" delle tematiche ufologiche in modo assai diverso da Meheust, mentre quest'ultimo, nella sua seconda opera del 1985, Soucoupes volantes et folcklore, proponeva di identificarne la "causa prima" nelle "transe apatridi", vale a dire esperienze che, al di là della cultura umana (ma con culture umane come sfondo), troverebbero il loro motivo di esistere in una natura umana, transculturale e astorica.
Difendendo l'idea secondo la quale il contesto culturale condiziona le forme dell'immaginario, e soprattutto che il solo contesto che permette di comprendere le testimonianze Ufo è quello dell'immaginario tecnologico americano, Meurger intende rendere obsolete due domande che potrebbero invece suscitare un vasto dibattito: la prima sul ruolo eventuale degli altri registri culturali oltre la fantascienza; la seconda sulla natura delle testimonianze e delle esperienze Ufo.
Lagrange, commentando in tal senso l'ipotesi di Meurger, si pone una serie di domande. La fantascienza non è altro che l'ultimo dei travestimenti utilizzato da un "fenomeno" che, prima, si era manifestato sotto la maschera della stregoneria, del folklore e dello sciamanesimo? I resoconti delle testimonianze relative alle osservazioni Ufo rinviano ad un fenomeno (o a determinate esperienze), oppure si tratta di semplici racconti? Se il testimone Ufo è preso dal contesto dell'immaginario tecnologica, contesto che esercita un controllo sulla sua percezione dei fatti, cosa dobbiamo pensare dei lavori di Meheust che propongono delle similitudini con il folklore e/o con la stregoneria? Possiamo arrivare a una comprensione maggiore collegando gli Ufo a contesti diversi da quello tecnologico?
A quest'ultima domanda Meurger sembra rispondere decisamente, e anche polemicamente, con un secco no: per lui, gli Ufo si inscrivono in un registro scientifico e tecnico, ed i legami che Meheust ha creduto riscontrare con il folklore fantastico del mondo rurale sono solo l'illusione ottica di un intellettuale.
Ma il fatto stesso che certi testimoni esitino a lungo prima di decidersi se le entità che hanno visto sono extraterrestri o angeli pare comunque un fatto di per sé emblematico. Come risolvere questo aspetto?
Lagrange si domanda se questo dubbio si inserisca in qualche modo nelle analisi di Meurger, traendone la conclusione che in fondo la fantascienza non è che una tra le tante risorse utilizzate dal testimone (o dagli ufologi) per produrre il loro racconto e, per essere simmetrici, le condizioni che producono la fantascienza popolare possono forse essere le stesse che producono anche gli Ufo.
Cosa ci vieta infatti di pensare che certi testimoni di campagna della grande ondata di osservazioni di dischi volanti del 1954 abbiano affondato tanto nel folcklore "tradizionale" aggrovigliato di riferimenti interplanetari, quanto negli articoli e nei fumetti a contenuto spaziale e tecnico che pubblicava a quei tempi la stampa locale?
Posta tale domanda si può concordare con Meurger, così come fa Lagrange, che la fantascienza sia il registro privilegiato per l'elaborazione delle esperienze Ufo. Se vi è filiazione è più probabile che questa sia tra fantascienza e Ufo, che tra folklore e Ufo.
Ma come non essere ancora d'accordo con Lagrange quando afferma che l'enigma circa il rapporto tra dischi volanti e folklore rimane.
Una seconda problematica che solleva il lavoro di Meurger, è quella di capire se abbiamo a che fare con esperienze o con racconti, con un vissuto oppure con tradizioni culturali.
Infatti Meurger si chiede se le persone che riportano di essere state rapite abbiano vissuto una qualche esperienza, tipo transe, ad esempio, oppure abbiano semplicemente costruito, sull'influenza del contesto culturale in cui sono immersi, un racconto che serve ad esprimere il registro di tale esperienza.
La polemica ricorda molto da vicino una controversia che contrappone in modo quasi violento gli storici e gli antropologi, a proposito del carattere di "vissuto" della stregoneria e dell'esistenza in Europa di pratiche di tipo sciamanico (in tal senso i lavori dello storico Carlo Ginzburg, che considerano la stregoneria più un fatto di riti che di miti).
Si può dire allora che per Meurger, le esperienze Ufo più che porre il problema della scoperta di una "endorfina", trovano una soluzione nel dispiegamento della cultura di cui esse sono il risultato.
In sostanza tutto il problema può essere riassunto nella domanda "credenza o esperienza?", e rinvia alla questione più generale dell'opposizione tra natura e cultura.
Per la maggior parte degli analisti del "dossier Ufo", la soluzione del problema posto dagli Ufo si trova nella fisica, e non nella psicologia, all'esterno della persona e non all'interno.
Ma in entrambi i casi si deve sottolineare che la soluzione è di tipo naturalista.
Ciò a ben vedere è vero anche nel caso che si supponga una causa ET del fenomeno.
Il contesto e la storia, precisa Lagrange, non sarebbero che un ornamento che permette ad una "scena primordiale" di ripetersi davanti a noi. Secondo questa formula la tecnologia non sarebbe che l'ultimo mascheramento di un non-si-sa-cosa astorico che produce queste esperienze.
Al contrario, afferma lo stesso Lagrange, Meurger propone una spiegazione che non solo si colloca risolutamente dal lato della cultura del testimone, ma che non concepisce la cultura solo come un puro e semplice ornamento.
La cultura è il fenomeno stesso.
Inutile insomma per Meurger lanciarsi dietro il contesto o la storia alla ricerca di una realtà stabile e tangibile.
Prolungando all'estremo un tale ragionamento non solo Meurger espelle l'ipotesi della transe e/o dell'esperienza, ma in fondo espelle la stessa Natura, approccio che a modo di vedere di Lagrange solleva due problemi:
1) Vi è una frontiera netta tra spiegazioni naturaliste e culturaliste? Detto in altro modo, l'eventuale "transe soucoupique" non sarebbe allo stesso modo un processo naturale e culturale?
2) Non si può andare oltre proponendosi di rovesciare le spiegazioni che vedono l'Ufo come il risultato di un processo culturale o naturale, per farne l'operazione che può produrre natura e cultura?
Se Lagrange si pone questa seconda domanda, è perché in fondo crede che la differenza tra Meheust e Meurger non sia così radicale come si potrebbe pensare di primo acchito.
Al di là delle loro divergenze, essi non rimettono in questione l'esistenza della natura. Che l'utilizzino come spiegazione in un caso, o che la rigettino nell'altro, nessuno dei due dubita della sua presenza, e soprattutto della sua preesistenza.
Afferma in conclusione Lagrange: "Ora, mi sembra che si dovrebbe andare più lontano di queste analisi e riproporre il problema degli Ufo (o della stregoneria e dello sciamanesimo) non scegliendo entro natura e cultura, ma seguendo il modo con cui l'Ufo inventa la natura e la cultura e soprattutto, nella maggior parte dei casi, esso rifiuta di inventarli come due mondi separati..." (5 pp. 20 -23).

MEHEUST: IL PROBLEMA DEL "VISSUTO"

Meheust non mancherà di commentare le ipotesi contenute nel libro di Meurger (7).
Lo studio di Meurger sembra proprio partire da una critica circostanziata all'approccio meheustiano.
Meurger sembra, più o meno implicitamente, sospettare Meheust di essere junghiano, e quindi di manipolare con troppa superficialità concetti solforosi come quelli di "archetipo" e di "inconscio collettivo", essendo attirato da certe posizioni che lui definisce in senso negativo "arcaicizzanti". Il Meheust descritto da Meurger sarebbe posseduto da una specie di "Daimon junghiano", e quindi proprio per questo amante delle soluzioni misteriose; inoltre sarebbe un "avversario della modernità che "rifiuta la storia"; e infine non avrebbe saputo vedere nella fantascienza che una sorta di "pseudomorfosi del sacro", incapace, in conclusione, di cogliere la novità e la specificità che la caratterizzano (3 pp. 15-16 e p. 103).
Meheust, pur non vedendo perché uno studioso dovrebbe giustificarsi del fatto di essere junghiano, afferma in tutta risposta di non essere né junghiano né arcaicizzante, rifiutando questa definizione anche per il periodo in cui, ancora giovane, scrisse il suo primo libro.
Certo il suo "Science-fiction et soucoupes volantes" faceva riferimento a nozioni junghiane quali quella di "archetipo", prestando il fianco a questo tipo di critiche, ma le ragioni dell'approccio di questa opera prima risiedevano più semplicemente, secondo il suo stesso autore, nella sua cultura di giovane studente di filosofia, che non aveva ancora ragionato in profondità, né assunto una ideologia specifica.
Quindi Meheust si meraviglia che non sia stato preso atto del fatto che pochi anni più tardi, nel suo "Soucoupe volantes et folklore", egli si fosse già staccato da Jung e dalle sue prospettive, optando per un approccio più empirico e più semplice; ed è anche abbastanza colpito dal fatto che questo secondo libro non venga mai citato da Meurger.
Meurger sembra infatti da un lato criticare il Meheust "junghiano" prima maniera, e dall'altro riprendere (ignorando almeno in apparenza il Meheust seconda maniera) molte analisi sviluppate dallo stesso più di venti anni prima del suo libro (7 pp. 27-28).
L'esempio del "marziano" nano e macrocefalo, proiezione dell' immagine dell'uomo del futuro ispirata dallo scrittore H.G. Wells, che trionferà nella successiva letteratura di fantascienza generando proprio questa visione dell'extraterrestre, era già presente negli scritti precedenti di Meheust laddove egli concludeva: "È bene insistere una volta per tutte sull'aspetto 'specchio' delle apparizioni di umanoidi dalla grossa testa. Il volume cefalico come rivelatore dell'intelligenza è una nozione puramente occidentale, che emana dal XIX° secolo e dallo scientismo separatista. Non lo ritroviamo nelle antiche tradizioni che, al contrario, immaginano il corpo come un vasto sistema di trasmutazioni di energia. Per queste tradizioni (per esempio i Greci) la bellezza e l'armonia fisica simboleggiano l'evoluzione spirituale, mentre la difformità cefalica rappresenta piuttosto l'evoluzione diabolica" (3 p. 130).
Se Meheust, nel 1981, si era diretto verso il folklore invece di continuare ad insistere sul dossier della fantascienza, come continuerà a fare Meurger più tardi, è essenzialmente perché gli era sembrato che la dimostrazione di "Science-fiction et soucoupes volantes" non fosse stata sufficiente, ed anzi pensava che continuando a mettere certi ufologi davanti ai racconti di fantascienza non si sarebbe fatto altro che rinforzare la loro fede nella realtà oggettiva, di primo grado, dei dischi volanti. A quell'epoca Meheust si proponeva, a torto o a ragione, di ricondurre la fantascienza al suo statuto di racconto e di produzione dell'immaginario, culturalmente situato.
I dischisti che non sarebbero stati probabilmente convinti dalle pannes causate dall'aereo dello scienziato pazzo della fantascienza, forse si sarebbero piegati di fronte alle storie delle carrette rallentate dal Diavolo dei racconti del folklore raccolte da Meheust.
Nel proporre l'ipotesi circa i possibili paralleli tra folklore e Ufo si accontentava di sottolineare che era la stessa fantascienza che aveva rielaborato i vecchi temi della nostra cultura.
Oggi Meheust sembra aver preso sempre più coscienza della singolarità della mitologia dischista, con particolare riferimento ai rapimenti alieni, che sarebbero strettamente correlati al fatto che la modernità (in particolare americana) ha totalmente sconvolto le modalità di produzione del materiale folklorico.
Mentre Meheust ha continuato a dimostrare, ogniqualvolta ha potuto, la risemantizzazione delle vecchie tematiche, Meurger pare invece essersi concentrato per non vederla affatto.
Afferma infatti Meheust: "Il mio scopo era infatti di dimostrare che avevamo a che fare con un folklore vivente ed evolutivo... Non vedo perché il fatto di porre le cose in questa prospettiva possa essere ritenuta un'operazione arcaicizzante e chiusa all'evoluzione."
L'obiettivo dovrebbe essere quello di poter misurare le trasformazioni e gli slittamenti di senso, e infine l'emergere di novità.
Meheust usava il vecchio materiale del folklore come punto di riferimento sul quale verificare il movimento delle produzioni immaginarie. Affermare la singolarità (ufologica) del "qui e ora" può essere fatto, a suo parere, soltanto se si situa questa singolarità sullo sfondo di lunga durata delle produzioni immaginarie.
E neanche Meurger sembra poterlo evitare. L'immaginario tecnologico ed emergente della fantascienza sembra non potersi spiegare da solo, dato che il nostro storico consacra un intero capitolo del suo libro a mettere in prospettiva i rapimenti alieni, confrontandoli con i racconti di rapimento soprannaturale del Medio Evo.
Comunque, il pomo della discordia tra i due sembra concernere piuttosto il problema del "vissuto".
Meurger rimprovera a Meheust una attrazione romantica, per questa nozione di "vissuto", e quindi una sopravvalutazione del tema stesso.
La tesi proposta invece da Meurger, che Meheust definisce "effetto del racconto", parte dal presupposto che se si accumulano un numero sufficiente di testi, di dati, si potrà capire che i cosiddetti "avvenimenti vissuti" non sono nient'altro che l'effetto di una retorica legata all'enorme accumulo, nella cultura americana, di racconti di fantascienza.
Questo accumulo di racconti renderebbe di per sé inutile porsi la domanda del "vissuto".
Meheust ritiene che una tale tesi presupponga una fede del tutto positivista nella possibilità di poter pervenire ad una sorte di descrizione esaustiva della realtà. Secondariamente vi è un'idea meccanicistica secondo la quale la semplice accumulazione dei dati realizzi il salto qualitativo che permette il passaggio dalla fiction all'incarnazione soggettiva, la faction (gioco di parole inglese composto da fact e fiction).
Infine Meurger tenderebbe a presentare i racconti dei rapiti come riproduzioni meccaniche e mimetiche dei racconti di fantascienza precedenti.
Il presupposto positivista che la documentazione parli da sola è sconfitto sin dalla nascita dagli storici, i quali sono oggi tutti d'accordo sul fatto che la storia ricostruisce la realtà in funzione delle esigenze di una cultura data.
Ricordandoci questo aspetto importante, Meheust sottolinea inoltre quanto gli pare utopistico che attraverso una accumulazione di dati si possa rendere conto del salto qualitativo che è rappresentato dalla faction.
Secondo Meheust il problema del passaggio finisce prima o poi per porsi, ciò che rende comunque necessario la presa in carico del dossier da parte dello psico-folklore.
Infine, la tesi implicita secondo la quale i racconti dei rapiti non sarebbero altro che pura duplicazione delle fictions anteriori gli pare molto riduttiva e sembra urtare contro l'evidenza del fatto che questi racconti possiedono un profilo specifico, e non sono pura e semplice duplicazione, ma al tempo stesso invenzione.
Meheust non vuole poi dimenticare il fatto che il dossier UFO ci mette a confronto con una massa considerevole di inchieste e rapporti che rinviano ad avvenimenti dati come vissuti, cosa che non può essere semplicemente accantonata nei nostri ragionamenti; afferma infine che a prima vista il dossier UFO sembra indicare che i testimoni, in un modo che non capiamo, sono stati messi di fronte a "qualcosa": è quindi su chi nega questo vissuto dei testimoni che graverebbe l'onere della prova.
Infatti, sostenere che non esiste "vissuto" è esattamente come procedere ad una interpretazione dei fatti.
Precisa Meheust a proposito delle affermazioni di Meurger: "Affermare non è dimostrare. Il fatto incontestabile che i racconti dei testimoni ripercorrano una gran mole di fictions anteriori, non può provare che questi testimoni facciano semplicemente funzionare una sorta di retorica".
L'incarnazione soggettiva delle credenze è un fatto innegabile, ma ciò non ha mai significato per Meheust che questa incarnazione si produca sempre con la grande intensità dei vissuti della transe, in modo spontaneo e immediato.
Vi sarebbe tutta una scala di intensità e di modalità molto varie, laddove la transe occuperebbe solo il limite superiore di tali esperienze soggettive.
Allorquando una persona, attraverso un processo di memorizzazione, lungo e tortuoso quanto si voglia (ad esempio attraverso l'ipnosi), finisce per ricordare di essere stato rapito dagli extraterrestri, e per esserne assolutamente persuaso, vi è già una mitologia vissuta.
Dato ciò, per Meheust non significa che oggi parlare di "vissuto" significhi di per sé produrre una spiegazione chiara e definitiva, ma invece più semplicemente "confessare una perplessità, e aprire un cantiere" (7 pp. 29-31).

CONCLUSIONI LAGRANGIANE: RIPRENDIAMO DALLA PREMESSA

Già nel 1951 l'astronomo razionalista Evry Shatzman si era battuto con un articolo contro l'imperialismo americano che si andava manifestando attraverso i dischi e la fantascienza. Questi romanzi "pseudoscientifici" vennero definiti da Shatzman come "storie, di una grande indigenza intellettuale, dove il romanzo di avventura della più grande volgarità è rinnovato da pretese 'scientifiche' [...] lette da milioni di giovani in America". Lo scienziato concluse criticando severamente gli ufologi della prima ora: "M.M. Heard, Keyhoe, Scully, hanno letto troppa fantascienza prima di commettere i loro crimini intellettuali" (8 p.117).
Shaztman non sarà molto più gentile con la successiva generazione di ufologi, e si calmerà solo di fronte alle imprese del monnerismo, che avrà il grande merito di riportare l'ufologia nel cosiddetto alveo della razionalità.
La discussione sui dischi volanti si è in effetti sempre trovata presa entro due fuochi.
Se gli "scettici" liquidano i dischi riducendoli a influenze culturali, i partigiani degli Ufo tentano di dimostrare che questa influenza non esiste, e che i testimoni non leggono fantascienza.
Ci spiega Lagrange: "Sfortunatamente, nella nostra epoca, non si può più credere che esista gente che non abbia mai inteso parlare di fantascienza e di dischi volanti. Dobbiamo dunque finire per concludere che le osservazioni Ufo non sono altro che osservazioni deformate dagli stereotipi culturali? Si può stabilire che, in certi casi, i testimoni non hanno letto fantascienza e hanno descritto fedelmente i fatti? Sfortunatamente ponendosi simili domande, gli "scettici", non meno dei "credenti", seguono una pista falsa. Sono in disaccordo sulla risposta, ma si intendono bene sulla domanda. Ora il problema non è nella risposta, ma nella domanda stessa. In effetti è innegabile che i testimoni conoscano, anche se da lontano, i temi veicolati da una cultura popolare come la fantascienza, e ci si può certo domandare se la sua influenza si eserciti come lo credono "credenti" e "scettici".
Ciò che si deve contestare, è la teoria secondo la quale certi fenomeni, come i dischi volanti, sarebbero null'altro che il risultato di percezioni influenzate dal contesto sociale e culturale. Ma bisogna farlo senza negare l'esistenza e l'importanza di questa cultura, e ridefinendo piuttosto il suo posto e la sua funzione. In effetti, nel modo in cui è formulata, la teoria dell'influenza culturale pone due problemi: in primo luogo questa teoria si concentra sui fatti detti non scientifici ed esclude i fatti scientifici dall'analisi sociale... solo i dischi sarebbero il risultato di questa influenza e non i fatti scientifici che si suppone essere immuni da tale influenza..." in conclusione quindi: "Mentre gli scienziati e la "culture savante" sono gli attori che svelano la realtà o la producono, i testimoni di dischi volanti e altri appassionati di parascienze sono spugne culturali che si lasciano trascinare dalle correnti, senza nulla capire delle forme semplificate della "culture savante" trasformata in cultura popolare. Sfortunatamente per questa teoria, i fatti scientifici non sono al di fuori della cultura ed i testimoni sono anch'essi buoni sociologi. Come risultato, tutto ciò dimostra che la spiegazione culturale si applica bene ai dischi, ma che ciò non permette di concludere circa la loro inesistenza" (8 p. 117).
Insomma gli ufologi si ostinano a dimostrare che i testimoni non leggono fantascienza, ma sarebbe più logico domandarsi perché mai un testimone, anche se legge libri di fantascienza, non possa avere il diritto di pensare "logicamente", almeno tanto quanto uno scienziato che ne legge altrettanta (8 p. 120).
L'esempio del teletrasporto che ho riportato nelle prime pagine ci trasporta velocemente in una realtà dove le influenze non sono a senso unico e dove la realtà è più facile da addomesticare nei fatti della fisica, che non nelle parole di certi razionalisti (9).

NOTE

1) Michel Carrouges, "Les apparitions des Martiens", Paris, Fayard, 1963.
2) Bernard Meheust, "Science -fiction et soucoupes volantes", Mercure de France, 1978.
3) Michel Meurger, "Alien Abduction; L'enlevement extraterrestre de la fiction a la croyance", Scientifictions: La Revue de l'Imaginaire Scientifique, n. 1, Vol. 1, riv. Encrage, 1995.
4) Massimiliano Antonioli, "Teletrasporto: a che punto siamo?", riv. Star Trek, La rivista ufficiale, n. 10, Agosto 1999.
Sull'impossibilità attuale, per i nostri scienziati, di teletrasportare oggetti, che non siano particelle di luce per "accoppiamento", rimando all'articolo: Anton Zeilinger, "Il teletrasporto Quantistico", riv. Le Scienze, n. 382, Giugno 2000, pp. 34-45.
5) Pierre Lagrange, "Entre nature et culture, la part des soucoupes", Anomalies, L' Observateur des Parasciences, n. 2, Gennaio-Febbraio-Marzo 1997.
6) Jan Simmons, Contributing editor di Fortean Times,
http://www.forteantimes.com/ .
7) Bernard Meheust, "L'idée venue des bas fonds",riv. Anomalies, L' Observateur des Parasciences, n. 2, Gennaio-Febbraio-Marzo 1997.
8) Pierre Lagrange, "La vérité est ailleurs", riv. Bifrost, n. 19, Luglio-Agosto 2000.
9) Ho estreme difficoltà a scindere tra loro categorie quali lo scetticismo, il razionalismo ed infine il monnerismo ed il loro relativo utilizzo in ufologia, che indico genericamente con la definizione "certi razionalisti".
Tutti questi atteggiamenti sembrano voler evitare ogni tipo di conflittualità con quella che a loro parere deve essere la logica che soggiace ad una certa realtà dei fenomeni Ufo.
Tali fenomeni molto semplicemente non esistono o possono essere ridotti nel prossimo futuro con l'utilizzo di qualche altro fenomeno già conosciuto, con particolare riferimento all' errore percettivo.
In tal senso il monnerismo è di una semplicità sconcertante come livello di analisi.
Nel libro "Le naufrage des extraterrestres" (1979) Michel Monnerie, adotta argomentazioni meno negazioniste di quelle utilizzate, anche con una certa imprecisione di termini, in "Et si les ovni n' existaient pas?" (1978) (non sarà ad esempio negativo di fronte alle allora nascenti ipotesi persingeriane), ma per poi allontanarsi frettolosamente da qualsiasi ipotesi che affondi nella necessità di ulteriori studi ed ipotesi: Monnerie ha fretta di chiudere il dossier-UFO.
Monnerie (vedi pp. 101-104) si complimenta addirittura con B. Meheust per il suo "Science-fiction et soucoupe volantes" , definendolo un libro di colossale erudizione e rara intelligenza; peraltro, pur negandolo a parole, tradisce l' autore di "Science-fiction et soucoupe volantes" riducendo le sue analisi così articolate ad una sorta di affermazione contraddittoria, attraverso la quale Meheust cercherebbe invano di "conciliare scienza e fede" circa l' esistenza del fenomeno.
Per Monnerie tutto ciò che resta di tali analisi è che: "...l'importante, l'innegabile, è che noi siamo immersi in un clima culturale".
Anche la psicologia costruttivista di Manuel Jimenez, e siamo al 1997, non si differenzierà molto nella sua analisi semplificatrice del problema.
In "La psycologie de la perception" (1997) Jimenez dovrà affrontare seppur marginalmente alcune caratteristiche delle esperienze Ufo, facendo ricorso al rapporto esistente tra Ufo e fantascienza (vedi pp. 111-113).
Jimenez sottolinea il fatto che il sociologo Bruno Renard avrebbe notato che i testimoni Ufo sono, più di altre persone intervistate, interessati alla fantascienza e che un inchiesta condotta dall'autore stesso insieme a Philippe Bresse avrebbe fatto constatare una confusione tra Ufo e opere di fantascienza, quando si domanda agli intervistati circa libri o trasmissioni che trattino l'argomento.
Jimenez molto velocemente cita anche il lavoro comparativo sviluppato da Meheust, ricordando per esempio come certi battelli volanti, descritti da centinaia di testimoni, negli Stati Uniti nel 1897, si muovessero allo stesso modo del mezzo volante descritto da Jules Verne, nel suo romanzo "Robur le Conquerant", pubblicato nel 1886.
Secondo Jimenez altri lavori suggeriscono una relazione, lungo tutto il secolo, tra l'evoluzione delle testimonianze e quella dei films che hanno per soggetto le aeronavi extraterrestri, e questo anche per quanto riguarda le caratteristiche di tali mezzi.
Ancora una volta la cultura è l'unica colpevole delle percezioni dei testimoni Ufo, ed in conclusione per Jimenez: "Tutti questi dati suggeriscono che la precisione dello schema degli Ufo è determinata dall' interesse che si presta al fenomeno, dalla lettura di libri, ed il seguire trasmissioni televisive di soggetto ufologico" (vedi p. 110).

Ringraziamenti: tra le tante persone che hanno reso possibile questo articolo ringrazio P. Lagrange, M.Orlandi, G.Stilo, R. Labanti; un particolare ringraziamento a A. Zabini per la sua attenta rilettura ed i tanti suggerimenti utili.

Già pubblicato in versione ridotta da Ufoforum, riv. del CISU ©.
Un ringraziamento al sito UFOPOP (Flying Saucers in Popular Culture) da cui sono state tratte tutte le immagini contenute in questo articolo:
Amazing Stories, novembre 1926
Amazing Stories, ottobre 1927
Amazing Stories Quaterly, inverno 1930
Science Wonder Quaterly, primavera 1930
WonderStories, febbario 1936
WonderStories, aprile 1936
ThrillingWonder Stories, maggio 1940
Comet, maggio 1941