giovedì 27 maggio 2004

LA "LUCE DI YARA". IL MITO PRIMARIO CUBANO E LE SUE PARTICOLARITA' [articolo]

Abstract

L'articolo accenna ad una breve storia degli Ufo a Cuba, e a come la principale leggenda di Cuba, la "Luce di Yara", contenga molti elementi di tipo ufologico, ma che tutto sommato sono stati mantenuti separati dagli Ufo e da eventuali Fenomeni Luminosi sconosciuti in atmosfera. I racconti sulla "Luce di Yara" sembrano restare confinati al folcklore e al registro storico-magico locale (ne elenco qui di seguito un buon numero di testimonianze). Il background dell'ufologo potrebbe con una troppa facilità suggerire una "window area" ufologica (oppure un fenomeno ricorrente del tipo Hessdalen-like) presente a Yara. Un'analisi più ampia delle "bola candela" non limitata all'area di Yara suggerisce, come per altre zone del mondo, che dietro al folcklore e alle testimonianze si nasconda un fenomeno (o fenomeni dalle caratteristiche simili), per così dire "concentrato" in zone più ampie e più difficili da delineare di quanto si possa supporre.

ACCENNI AL CONTESTO CUBANO: L'AGRESSIONE AMERICANA, QUELLA SOPRANNATURALE E QUELLA ALIENA

Nata come colonia spagnola, Cuba diviene indipendente solo nel 1898. Dal 1959 è dominata dal governo comunista di Castro, che ha sostituito la dittatura di Batista che si era instaurata nel 1953. Se oggi da un lato conosciamo tutto sul turismo a Cuba, le altre informazioni che dipendono dalla libera circolazione delle idee ci sono in gran parte tenute nascoste. Per quanto riguarda l'argomento degli Ufo sappiamo che nei regimi comunisti è sempre stato considerato una sorta di "moda americana" frutto di una psicosi degli occidentali oppure di una guerra psicologica messa in atto dal nemico imperialista. Nonostante le restrizioni di questi governi, anche in questi paesi la cultura ufologica ha bruciato sotto le ceneri e per lungo tempo si è comunque propagata in forma di "samizdat" (letteratura clandestina). Non sappiamo se questo è il caso specifico di Cuba, che comunque oggi vive una lenta quanto obbligata apertura verso il resto del mondo in qualche modo correlata alla caduta dell'impero sovietico. Una breve ricerca su internet rende immediatamente conto della carenza di informazioni sugli eventi Ufo a Cuba, e si tratta di casistica soprattutto riferita a prima della rivoluzione castrista, mentre le poche notizie ufologiche provengono per la maggior parte da fuoriusciti cubani, che ora risiedono in Florida (1).

A partire dal 1995 abbiamo una certa attività investigativa pubblicizzata in particolare dall'ufologo Carlos Alberto Heredero Gracia (2).

Non che manchi completamente una ufologia cubana: sulla decina di milioni di abitanti dell'isola si possono contare alcune associazioni ufologiche per lo più composte da piccoli gruppetti di pochissime persone. Pare comunque di assistere ad una rinascita degli argomenti ufologici nel paese (3) e possiamo fare la facile previsione che anche il fenomeno ufologico esploderà alla morte di Castro o ad una eventuale crisi del suo sistema politico.

La casistica Ufo che potete trovare in internet è per ora molto scarsa e può contare alla fine su poco più di una trentina di casi, molti dei quali in qualche modo facilmente riconducibili a cause conosciute. Ma non è questo il problema essenziale dato che pure Cuba vanta ciò che caratterizza la caleidoscopica classificazione delle esperienze Ufo, ivi compresi gli incontri ravvicinati del terzo tipo, i rapimenti a bordo di un disco volante, etc...

Volendo meglio comprendere l'attuale contesto dell'ufologia cubana (e l'impressione che abbiamo di un suo risveglio) basti ricordare che nel lontano 1963 Fidel Castro aveva accusato gli Stati Uniti di aver inviato il pallone della Good Year per spiare sopra l'Havana la fortezza di La Cabana: "oggetto" che oggi è archiviato come Ufo. Allora l'anti-aerea aveva aperto il fuoco, senza successo, contro il supposto "zeppelin", che dopo aver volato a bassa quota era sparito brutalmente, ad elevata velocità. Non sappiamo contro cosa avessero davvero sparato i cubani, ma l'argomento ufologico da quel momento non fu più di gradimento nel paese, se mai lo era stato.

L'ufologo Sánchez Ocejo riporta un caso di poco precedente di sparatoria contro un evento incomprensibile a carattere decisamente ufologico avvenuto nel 1957, nella provincia Oriente a Guantánamano.

Sarà il primo e non l'ultimo evento a far temere l'attacco di un nemico sconosciuto, almeno stando ai racconti così come ci vengono riportati. Alle 21.00 di un giorno del mese di dicembre un distaccamento di soldati di Batista (che combattevano Castro) comandato dal capitano Fermfn Fernandez, nonché dai luogotenenti Pablo Rosa e Jose Tamargo, osservarono in cielo una luce gialla, sulla loro perpendicolare, che appariva come un enorme disco argenteo, a poca distanza da loro. Presi dalla sorpresa i soldati si ritirarono, mentre i tre ufficiali si disposero in semicerchio ed aprirono il fuoco con le loro armi. Stando al racconto di Sánchez Ocejo le pallottole non sarebbero riuscite a colpire il bersaglio, dato che l'oggetto intorno a sé "aveva un area che respingeva le pallottole". A quel punto l'oggetto cominciò ad illuminarsi di giallo e si diresse verso il cielo, scomparendo.

L'11 gennaio del 1971 due enormi e rosseggianti palle di fuoco avevano sorvolato l'Havana, visibili per circa mezz'ora, l'una dietro l'altra. Si erano poi ingigantite ed avevano virato di colore verso il giallo, simili alla luce del sole. L'Accademia delle Scienze dell'Havana aveva successivamente stabilito che si trattava semplicemente di un fenomeno meteorologico, e in qualche modo poteva anche essere considerata una spiegazione verosimile (1).

Da quel momento si dovrà comunque attendere il 4 luglio 1996 perché per la prima volta Cuba "declassifichi" un caso Ufo. Quel giorno l'emittente cubana Radio Rebelde mandò in onda un servizio senza precedenti dedicato all'atterraggio di un Ufo avvenuto il 15 ottobre del 1995 presso Torriente, dove il contadino Alfonso Zarate aveva segnalato alla polizia lo sbarco nel suo campo di un oggetto a forma di tartaruga, dal quale era sceso a terra un "ometto" coperto da una tuta. L'essere dopo aver prelevato diverse piante di patate, sarebbe risalito a bordo e poi decollato. Gli agenti di polizia accorsi sul posto, avevano riscontrato tracce di piedi e di bruciature sulle piante. Pure si questo caso si sarebbe interessata l'Accademia delle Scienze.

In quello stesso periodo vi furono, appena tre giorni dopo, altre segnalazioni di avvistamenti in varie località dell'isola: Puerto Padre, Santi Spiritu e nelle località delle province di Las Lunas e Hoguin. Fatto sta' che era la prima volta, dopo trentasei anni, l'emittente ufficiale del governo di Castro ammetteva l'osservazione di un "Ufo" nel paese (4).

Probabilmente è stato questo restrittivo contesto culturale, che ha impedito il fiorire di più numerose testimonianze Ufo, e che presso di noi restasse pressoché sconosciuto il mito della "Luce di Yara". Si tratta del mito primario cubano che riguarda la frequente ricorrenza della "Luce di Yara" in una parte del paese, già a partire dal 1513, anche se il primo racconto lo ritroviamo solo nella seconda metà dell''800. Essa può rappresentare un crocevia prearnoldiano. In effetti non sembra che venga mai fatto un collegamento diretto tra Ufo e "Luz de Yara", per quanto il mito sia stato inchiestato almeno da un ufologo, Carlos Alberto Heredero Gracia (5) in seguito alla lettura delle leggende cubane raccolte dallo noto scrittore, suo concittadino, Samuel Feijòo in "Mitologia cubana" (6).

Luci simili riportate dagli odierni testimoni cubani vengono trattate semplicemente come generici "fenomeni anomali", e la gente non fa mai riferimento all'acronimo Ufo (5).

Tale "fenomeno anomalo", di cui disegneremo in queste pagine i contorni tratte dal ricordo delle persone, pare avesse preoccupato lo stesso Castro non meno degli Ufo. Ogni anno La luce di Yara continuava ad essere testimoniata tra i pescatori della zona e si dice che il dittatore avesse deciso di fermare questa superstizione inviando un battello militare allo scopo di sparare contro la Luce. Ma sparare alle credenze magico-religiose non bastava ad eliminarne l'impatto sociale, e comunque il fatto che la caccia non avesse avuto fortuna, non voleva dire che si trattasse solo di credenze. Si ordinò a un gruppo di soldati inviati sulla collina di far saltare in aria il posto dove la Luce appariva, ma con identico risultato nullo. Un operazione militare decisamente curiosa, di cui non abbiamo documenti e che, se confermata, evidentemente non impedì alla gente di continuare a vedere la Luce di Yara (1).

BREVE STORIA DELL'INDIANO HATUEY E LA "LUZ DE YARA"

Come riportato la Luce di Yara è uno dei principali miti cubani, che si è creato nella zona nord delle province orientali del paese e soprattutto nella regione di Baracoa. Ciò non deve indurre a credere che manchi una mitologia delle luci più ampia in altre aree del paese, anzi. Abbiamo testimonianze e racconti circa fenomeni appartenenti alla ambigua categoria dei "fuochi fatui" e dei "fuochi di Sant'Elmo", presenti anche in altre parti di Cuba, ed in questi casi la luce misteriosa viene denominata localmente come "palla candela" (1 pp. 195-228).

Differentemente da queste manifestazioni più generiche, la Luce di Yara sembrerebbe assumere caratteristiche più complesse dei racconti più stereotipati di fuochi fatui.

La Luce di Yara ha innanzi tutto la caratteristica di essere messa in rapporto solo con la morte del capo indiano Hatuey avvenuta molti secoli prima (1 pp. 143-158). Hatuey era appunto un cacique taìno, originario della regione di Guahaba, nell'isola Hispaniola. All'arrivo degli spagnoli, obbligato a lasciare la sua isola, raggiunse Cuba e si stabilì nella regione orientale dove informò gli altri indiani degli orrori di cui era stato testimone nella sua terra. Gli indiani si trovarono così a combattere sotto il suo comando e sfruttando la conoscenza dei luoghi tennero a scacco per lungo tempo l'esercito spagnolo comandato da Diego Velàzquez de Cuellar, conquistatore e primo governatore dell'isola. Hatuey fu catturato dopo circa tre mesi, vicino alla città di Bayamo, e quindi condannato a morire al palo. Impietositosi un frate spagnolo tentò di convertirlo al cristianesimo e di battezzarlo. Si dice che dopo averci pensato a lungo, Hatuey chiedesse dove andassero le persone dopo la morte e se anche gli spagnoli andassero in Paradiso. Il frate rispose affermativamente. Alla risposta del frate, Hatuey affermò che preferiva allora andare all'Inferno, perché lì perlomeno non avrebbe più incontrato gli spagnoli (7).

L'indiano Hatuey, bruciato vivo, divenne il primo eroe nazionale cubano, simbolo patriottico e libertario. Sempre secondo la leggenda, una fiamma si sarebbe alzata in cielo, con una luce rossa prima tenue poi maestosa. Da allora si dice che quella "luce tenue e misteriosa", uscita dal rogo, vagò errando di notte per le pianure, vegliando il sonno di quelli che dormivano ancora in schiavitù, e aspettando l'ora della riscossa. Scriveva liricamente Luis Victoriano Betancourt, in Estrella solitaria ("La luz de Yara"), a Camaguey, il 10 ottobre 1875: "Passarono tre secoli. Una notte la luce errante si fermò sullo stesso luogo in cui era stato alzato il rogo di Hatuey. Ed in quel momento le palme di Cuba, questi silenziosi spettri degli indios, scossero violentemente le loro fantastiche piume. E l'aria si illuminò di un chiarore puro e brillante e la terra rabbrividì fino alle sue più recondite profondità. E la luce tenue e misteriosa, mossa da un uragano furioso, divenne una fiamma gigantesca, si estese con rapidità vertiginosa trascinata dai venti, infiammando tutti i cuori e santificando tutte le libertà. Era la luce di Yara, che compiva la sua vendetta. Era la tomba di Hatuey che si trasformava in culla dell'Indipendenza".

Questa la versione del mito raccolta da Betancourt (6 pp.144-145).

Pochi anni dopo Cuba raggiungeva l'Indipendenza.La storia di Hatuey è tutt'oggi molto viva nell'isola di Cuba. Sono ancora molti quelli che raggiungono in pellegrinaggio Yara nei pressi di Bayamo, uno dei luoghi dove si dice che il capo indiano fu arso vivo (7).

Quindi attenzione, i luoghi della "Luz de Yara" possono essere due: una Yara vicino al villaggio di Baracoa (provincia di Guantánamo), e quest'altra Yara nei pressi di Bayamo (provincia di Granma), due territori che distano circa 250 chilometri l'uno dall'altro (8).

LA LUCE DI YARA A BARACOA

Baracoa è un villaggio sul mare, a nord della provincia di Guantánamo, circondato dalle montagne. Ad est della città si trova, vicinissima, la foce del Rio Miel, e poco più in là la meseta di Majayara, dove c'è una località chiamata appunto Yara. Pare che i racconti dei testimoni si interrompano ad ovest del Rio Toa, mentre il confine a est è verso Bahìa de Mata (9).

Proprio a Baracoa lo scrittore Samuel Feijóo ed i suoi collaboratori hanno svolto una lunga indagine, a partire dal marzo del 1974, raccogliendo dalla viva voce degli abitanti le diverse versioni del "mito", anche attraverso le testimonianze odierne. Per settimane hanno percorso i campi di Baracoa e di Yara, raccogliendo i vari racconti da informatori e testimoni. Avevano pure convocato una riunione alla Biblioteca di Baracoa dove era stata riunita gente di diversa cultura e professione, per ben tre ore.

Feijóo ed i suoi collaboratori, insieme al pittore Lawrence Zùniga, si erano inoltrati successivamente nelle regioni di Yara a Boca del Miel e Majana. Sulle rive del fiume Miel avevano incontrato la prima testimone, Heriberta Leyva, poi altri testimoni fino a Boca del Miel, che venuti a conoscenza della ricerca in atto erano accorsi per riportare le loro informazioni. In seguito erano saliti sulle montagne di Majana, ricoperte di piantagioni di caffè e di palme, e anche lì erano giunti nuovi testimoni, le cui informazioni sembrano assomigliarsi decisamente (6 pp. 145-146 e 150).

Pablo Raffo, pescatore quarantaduenne, racconta di aver visto più volte la Luce di Yara sulle colline di Boca del Miel. Una mattina, la vide "dirigersi verso l'obelisco e dividersi in tre parti uguali, ma di diversi colori... il giallo, l'azzurro e il verde". Raffo aveva potuto osservarla anche per svariate ore. Una volta, dal suo peschereccio "Punta de Matahambre", la vide tanto vicina da restare impaurito, e grazie all'intensità emessa dalla luce poté distinguere le rocce della costa.

La nonna di Raffo, Martina Gaìnza, gli raccontava che questa luce usciva nel periodo di luna calante e che, nel periodo in cui la si vedeva meglio, si spostava dalle colline verso il cimitero.

Il collegamento alla leggenda di Hatuey, come l'aveva raccolta Betancourt, è ben presente in molti racconti attuali. Ad esempio, Arcadio Calderón, un lavoratore del Desa, racconta che il nonno gli aveva ricordato di quando bruciarono Hatuey: "La Luce di Yara è la cenere di Hatuey...Un vento fortissimo si portò via le sue ceneri e le lasciò cadere sulle colline di Yara, e ...questo vento non ha mai smesso di accompagnarla". Il nonno, gli aveva riferito che quando la luce girovagava si divideva "in due o tre e perfino sette parti", scomparendo poi con "un rumore enorme" (6 pp. 145-147).

Questa divisione della luce in sette parti ricorre non solo nei ricordi passati della gente ma anche nelle testimonianze contemporanee. Un barcaiolo di Boca del Miel, Rubildo Terreno Lambert, di trentasette anni, racconta che due anni prima, stava facendo la guardia come miliziano, tra le undici e le undici e mezza di sera, quando la luce "uscì dalla collina" e "se ne andò correndo" lungo la riva. Poi, giunta sulla spiaggia, si mise a "saltare" e infine si "divise in sette parti" ognuna di colore diverso. Poco dopo svanì, non si sa se in mare o dissolvendosi in aria (6 p. 151).

Cirilo Catá Suárez, uno stampatore sessantenne, racconta di aver sempre visto, fin da bambino, la Luce di Yara, "e anche quella di Jatecico". Quella di Yara era passata sopra e sul fianco della collina. Catá Suárez, come altri, afferma che la luce ha un aspetto di "palla molto grande" e "scende e si divide in due o tre parti o torna ad unirsi". "Quando si unisce si vede una grande esplosione". Può muoversi lentamente ad altezza superiore ad un uomo, poi improvvisamente sparire e quasi sempre, quando "esce", può durare anche un'ora. Catá Suárez ammette che sono quasi quindici anni che non la vede più, anche se quella di Yara si vede molto più spesso di quella di Jatecico, o di Caguacey dove, precisa, "ce n'è un'altra" (6 p.146).

Anche Rafael Pérez, cinquantenne impiegato all'Init di Baracoa, l'aveva vista in passato, ma era convinto che oramai non la si vedesse più, affermando che la luce appare non solo a Baracoa, ma anche a Jatecico. Non sono i soli ed unici testimoni a far riferimento alla zona di Jatecico. Pérez sottolinea che era stata vista anche uscire da un'enorme pietra. Prima ci fu "un piccolo terremoto", poi la roccia rotolò giù dalla montagna (6 p. 157).

Quando i testimoni vedono la luce dividersi, a volte hanno la sensazione che queste luci di diverso colore, spesso in numero di sette, "giocherellino" tra di loro, prima di riunirsi in una sola e scomparire. I colori più ricorrenti sarebbero il rosso ed il verde (9).

Queste luci spesso sono collegate all'idea della presenza di un tesoro nascosto (6 p.146), un po' come capita in certo nostro folcklore nostrano fatto di gnomi, pentole d'oro ed arcobaleni. Qui si narra che questa luce fosse un tesoro sepolto nell'insenatura del Rio Miel (6 p. 148).

Prima dei tempi della colonia, i pirati avrebbero nascosto un tesoro nell'insenatura di Porto Santo. Questa luce appare sul luogo del tesoro e si divide in sette parti, poiché queste parti non sarebbero altro che gli spiriti dei sette pirati morti che ora sorvegliano quel tesoro (6 p. 149).

Vi è comunque anche l'altra versione popolare che prevede che si tratti dello spirito di Hatuey che reclama agli spagnoli l'oro che si erano portati via dalla loro isola (6 p. 150).

In altre storie è ricorrente il fatto che basta sfregare un anello d'oro su uno scoglio (in altre versioni gettandolo poi in acqua) perché la Luce di Yara appaia. Allora la luce si presenta davanti a chi ha grattato l'anello (mettendo in atto un "sortilegio") per poi dividersi in dieci o dodici luci (6 p. 148 e 150)(9).

Arcadio Manuel Calderòn, operaio, racconta che in un parco a Bitite ad un tizio era apparsa una luce che lo aveva lasciato "di stucco". La luce lo avvolse e non poté andarsene : la spiegazione consisteva che "era stato lui a grattare l'anello"; mentre gli altri con lui si era dati alla fuga (6 p. 150).

C'è anche chi, come Pedro Zamora, un trovatore di sessant'anni, che testimonia di avere, da ragazzo, anche lui provato a grattare un anello d'oro sulle scogliere. Vide allora salire dal mare la luce e si spaventò: era rossa intensa e molto luminosa. Questa quindi salì in superficie, mentre la sua luce si rifletteva nell'acqua brillantissima (6 p. 145).

Pure Oscar Montero González, elettricista e musicista di quarantotto anni, racconta che una volta la luce era uscita dall'acqua, dal fondo del mare, davanti ad un suo conoscente, tale Julián Toirac. Questi stava pescando e lo spavento fu così grande che svenne e, in seguito, rimase senza parlare per diversi giorni (6 p. 148).

Si dice che chi non ha paura della luce possa chiederle di dividersi (6 p. 152).

Secondo l'informatore Luis Eliade Rodrìguez, professore di Belle Arti, i pescatori del posto pensano che quando la luce appare, i pesci non abbocchino, e devono quindi aspettare fino a quando la luce non si è ritirata (6 p. 149).

Ramon Barthelomy, cinquantacinque anni e direttore di lavori, racconta che già adulto, pur conoscendo la storia dell'anello d'oro non aveva grattato il proprio sugli scogli, ma aveva comunque visto la luce alzarsi una notte dai picchi di Yara.

Precisava: "Poi apparvero molte luci, dalla collina fino all'insenatura del fiume Miel. Poco a poco alcune si spensero e le altre si avvicinarono a quella più alta e formarono di nuovo una luce gigante, che ritornò al luogo della sua nascita e lì si spense". Ma non fu l'unica volta: Barthelomy la vide ancora ma dotata di meno riflessi sempre in posizioni simili alla volta precedente e che "andava a spegnersi nel luogo da dove era scaturita" (6 p. 148).

Amado Cala, pescatore quarantasettenne di Boca del Miel, aveva creduto tutta la vita che la Luce di Yara fosse una semplice favola, finché non se la trovò ai suoi piedi, grande come una "zucca verde" e "tranquilla". In seguito l'aveva vista numerose altre volte andarsene verso la costa e poi in mare, dove si era divisa "in molti pezzi": "D'improvviso appare e si divide in luci che giocano tra loro".

Cala aggiunse che la luce appariva dovunque, ma non neaveva paura perché passava senza fare "niente di male".

Felipe Fuentes Matos, sessantacinque anni, marinaio mercantile, conferma che per i pescatori del luogo vedere la Luce di Yara è "una cosa normale". Tra i diciotto ed i diciannove anni, mentre era nel porto, su una nave carica di banane, la vide lontana sulla punta del Majana che "saltava sulle scogliere", mentre loro erano ad osservarla da mezzo miglio dalla costa: "Si divideva e tornava ad unirsi".

Anche Leoncio Fuentes, cinquantanove anni e pescatore di Boca del Miel, l'aveva vista tra le dieci e le undici di notte venire dal mare, infrangersi sugli scogli, per poi proseguire fino a Jatecico. Secondo il pescatore ciò accadeva soprattutto "durante la Settimana Santa" quando "appariva molte volte". Percorreva tutta la costa fino ad arrivare a Yara, a volte attraversava la baia e si dirigeva verso Punta de Playa, mentre altre volte si metteva a ballare dividendosi poi in "sette parti"; Fuentes diceva che: "Corre, si ferma, salta per la costa".

Alcuni pescatori suoi compagni hanno raccontato anch'essi che a volte la luce gira loro intorno, ma che ci sono abituati, mentre chiunque altro si spaventerebbe. Fuentes vide la luce un'altra volta mentre era a Boma. La vide che "volava in mezzo all'acqua" da Rio Seco fino a Jaitecico, per ben dodici leghe.

Pare, almeno stando al testimone, che questo sia "il suo percorso" e che a volte si divida "in quanti pezzi vuole" (6 pp. 151-154).

Marcelo Terrero, il macellaio quarantaseienne di Boca de Miel si ricorda di averla vista nel 1954 mentre andava a piedi a Majayara, all'una di notte. Camminava in compagnia di un amico, Pedro Leyva. La luce era davanti al monte dell'Acqua del Salto, ed era grande come una cisterna: "Era rossa, di un rosso acceso. Completamente immobile. Era come una cosa viva, che palpitava, ma senza muoversi". Terrero avrebbe voluto andarle vicino per "farla a pezzi", ma l'amico Leyva , poiché era molto spaventato, glielo impedì. Terrero ricorda che quasi non ci si vedeva più, tanto la luce era di "una forza terribile". Aveva la vista appannata e per un attimo pensò di aver addirittura perso la vista.

Vi sono anche persone che dicono di non aver mai visto la Luce durante la loro lunga vita. Daniel Práxides Rodrìguez, operaio agricolo di Majana di cinquantanove anni, ricorda soltanto i racconti del nonno che cercava di convincere un amico, tale Juan Delgado, sul fatto che la luce esisteva davvero e che un bel giorno gli sarebbe capitato all'improvviso di incontrarla.

Cosa che avvenne puntualmente una notte dalle parti di Behorques, quando gli si posò su una spalla. Juan se la diede a gambe, ma la luce lo inseguì fin dentro casa, illuminandola tutta.

Rodrìguez era comunque convinto di aver rischiato almeno una volta di incontrarla pure lui. Un giorno a Majana, accorsero per avvisarlo che il forno di casa sua era scoppiato e stava bruciando, ma quando Rodrìguez giunse a casa, lì non c'era più niente. Era sicuro che si fosse trattato della Luce di Yara, e ne rimase sconvolto.

Invece, Eugenio Delgado, agricoltore di sessantotto anni, di Majana, l'aveva vista più volte. Gli capitò tornando dal peschereccio, mentre camminava velocemente nella piqueria, e vide "una lampada illuminata che sembrava una palma". La luce arrivò fino al peschereccio poi sparì verso la Fortuna. Dato che era da solo gli si "rizzarono i capelli" in testa e fece solo in tempo a raccogliere le sue cose e a fuggire verso casa.

Un'altra volta Eugenio aveva rivisto la Luce, nei planes de horno, che correva qua e là. Aveva sentito dire che alla luce "piaceva andare a posarsi sulla cima dell'albero più alto della barca", mentre altre volte, quando appariva sembrava che bruciassero pezzi di terra. Però erano anni ormai che non gli era più apparsa.

Rafael Delgado, anch'egli agricoltore, di quarantanove anni, di Majana, ricorda che da bambino, uscendo di casa a San Antonio di Duaba, e arrivando sulla strada principale, vide una luce e pensò che si trattasse di una persona che camminava con un lume. Affrettò il passo ma la luce si allontanò fino a giungere vicino ad un dirupo sulla strada. Ma quando si avvicinò ancora di più vide che c'era solo una luce. Spaventato fece per allontanarsi ma la luce "fece un balzo" e gli si mise davanti illuminandolo fin sulla porta di casa. Camminava con i capelli ritti per lo spavento, non poteva tornare indietro, e poteva solo andare in direzione di casa. Ricorda che "Era una luce rossa". Quando infine arrivò davanti a casa, la luce "si separò in molti colori e sparì".

Di fronte al suo racconto il padre di Rafael restò incredulo perché pensava che si trattasse di una bugia. Ma un suo conoscente che era presente in quel momento gli raccontò la storia dell'anello d'oro sfregato affinché la luce apparisse. Il padre allora sfregò l'anello "e subito la luce scese dalla pianta di mango dove si trovava, nel cortile di casa". Nonostante questo il padre restò convinto che si trattasse di un coleottero. Ora però la luce si era fatta così grande da illuminare tutto il bananeto.

Successivamente Rafael l'aveva vista diverse altre volte, "dividersi in cinque pezzi". Tutti gli dicevano che si trattava dello spirito di Hatuey, arso vivo, che usciva dalla pietra di Yara e vagava nella zona.

Elpidio Delgado, sessantasette anni e agricoltore, che è proprio originario di Yara, afferma di aver visto per la prima volta la luce a quindici anni, e che sono solo cinque mesi circa che non l'ha più rivista. La prima volta che era accaduto la luce era circa a venti braccia da lui. Quando questo si verificava si presentava come una "luce rotonda" che si divideva da tre fino a sette parti, per poi riunirsi in un'unica luce. Era successo mille volte e non ne aveva mai avuto paura.

I suoi figli, anch'essi pescatori, l'avevano osservata diverse volte di sera nell'insenatura antistante. Era una "luce rossa" molto luminosa, a volte "attaccata ad un palo", mentre altre volte se ne andava in giro. Non aveva mai inseguito quella luce né era mai stato inseguito da lei. Era sicuro che di preferenza la luce apparisse nella secca Brava.

Una volta mentre stava pescando sulla spiaggia, gli era apparsa proprio tra i piedi. Elpidio dice che la luce "non litiga mai con nessuno", e la gente del luogo è più che convinta che le si possa chiedere di dividersi in molte parti, fino a sette. E aggiunge: "Qui quasi tutti l'han vista".

Il pittore Lawrence Zùniga, che ha accompagnato Samuel Feijóo, almeno in una parte dell' inchiesta dello scrittore, ha personalmente raccolto una breve testimonianza da Heriberta Leyva, casalinga di Yara, di sessantaquattro anni. Leyva aveva visto la luce proprio a Yara, quando era bambina, a soli dieci anni. Erano circa le dieci di sera quando "uscì dal centro della collina e scese fino alla spiaggia. Era di colore rosso". "Era molto grande e poi diventava piccina". In quell'occasione si spaventò molto, anche se sapeva che molta gente a Yara l'aveva vista, anche dividersi, ma senza mai incontrare particolari problemi.

Le testimonianze locali oscillano sempre tra la paura e l'abitudine al fenomeno; Jaun Fernández, pensionato di ottant'anni, racconta che viveva a Tibarcón (o Tibaracón) , nel passo di Yara, vicino alla spiaggia dove il Rio Miel si immette nel mare, una zona dove una volta c'erano poche case. Fernández la vide ai piedi della Yara: "la Luce veniva da lì", ed era "rossa come un faro". "Nasceva dall'altopiano e veniva volando a posarsi sul mare, poi passava alla spiaggia e correva verso le scogliere". Il testimone afferma che all'interno della luce a volte "si vedeva un uomo", e questo coincideva con testimonianze di altri suoi conoscenti. Riporta anche il fatto che la luce "si divideva in vari pezzi e questi correvano da un lato all'altro di questa zona di Yara". Secondo Fernández sarebbero anni che non appare. Comunque non ne aveva mai avuto paura. Ricorda anche quando, sua madre ancora viva, un Venerdì Santo, "la Luce venne fino alla porta di casa" (6 pp. 153-158).

L'ufologo Carlos Alberto Heredero Gracia avrebbe raccolto altre testimonianze a Baracoa, anche queste in linea con le informazioni di Samuel Feijóo. Carlos Alberto Heredero Gracia scrive che prima del 1940 gli abitanti della zona potevano vedere la luce praticamente tutte le notti. Conferma che alle foci del Rio Miel si poteva vedere la luce saltare da un argine all'altro, tra la vegetazione. Questa zona specifica era la zona dove si incrociavano solitamente i barcaioli, e dove attualmente c'è un piccolo ponte in legno.

In alcuni casi le luci sembrano accompagnare i testimoni come se illuminassero il loro cammino. Anche Carlos Alberto Heredero Gracia, in almeno un caso, aveva avuto delle precisazioni sul punto da dove era sorta la luce: una "piccola grotta di circa tre metri di profondità, in un faraglione". Era una grotta che comunque non aveva uscite o grandi fenditure al suo interno.

Secondo l'ufologo cubano, oggi la frequenza delle luci è di approssimativamente una volta ogni due mesi, anche se non ci dice come ha realizzato questa valutazione (9).

Lo scrittore di fantascienza e folklorista Gerardo Chávez Spínola, nel suo "Catauro de seres míticos y legendarios en Cuba", offre della luce di Yara indicazioni molto simili a quelle fin qui indicate, riferendosi al fenomeno come originario della zona nord delle province orientali cubane, ossia Baracoa (10 p. 229).

Chávez Spínola sembra affidarsi soprattutto alla versione del libro di Feijóo (10 pp. 235-239), pur conoscendo, come mi aveva indicato via e-mail, l'articolo su internet dell'ufologo Carlos Alberto Heredero Gracia.
UN'ALTRA LUCE DI YARA A BAYAMO?

L'altra Yara cubana sarebbe un comune della provincia di Granma. Qui Carlos Alberto Heredero Gracia ha incontrato diversi testimoni, ed in particolare José Pedro, che aveva lavorato per diversi anni come storico del museo municipale di Yara. Pedro non racconta solo di familiari ed amici che in passato hanno visto la luce, ma anche della sua esperienza personale quando era ancora bambino.
Tra gli intervistati c'è stato un tale Eutimio Puebla Pérez, di ottantasei anni, che aveva fatto il carrettiere, il quale ha affermato che vedere la Luce era un fatto praticamente quotidiano. La si vedeva quasi sempre di notte o al calare della notte. Per Pérez si trattava di una luce piccola, di circa dieci centimetri di diametro che "fluttuava" a circa mezzo metro dal terreno. Nel suo caso questa luce lo accompagnò mentre si dirigeva a piedi verso Marzanillo. A volte la si poteva vedere più alta e più lontana, che accompagnava le persone per una parte del tragitto, ma a suo dire se ne stava sempre lontano dalle strade trafficate.
Carlos Alberto Heredero Gracia afferma che altri abitanti della zona hanno riferito di situazioni interessanti dove la luce aveva circondato un edificio, alle 11 di notte, illuminandolo all'interno e creando terrore tra i bambini e gli adulti che erano all'interno. Questo episodio che riporta era accaduto negli anni '40.
Un fatto più recente che aveva causato un forte impatto in Bayamo e nelle zone limitrofe, per cui fu intervistato dalla giornalista Maricela Presa, per il suo programma a Radio Bayamo, accadde nel 1992. Il protagonista era stato un autista di corriera.
Nell'ora della madrugada, approssimativamente alle 2.30 della mattina, Roberto Suaréz, e un suo accompagnatore, viaggiavano su una corriera modello Girón, che a Cuba è denominato "aspirina". Provenivano da una veglia funebre. Dovevano percorrere ancora circa trenta chilometri, passando da una zona conosciuta come "Bueycito". In quel momento osservarono una luce nel cielo, che dapprima pensarono essere un elicottero. Però a poco a poco la luce discese, e cominciarono ad inquietarsi. Quindi continuò la discesa fino a collocarsi "en el capullo de las matas de plátano", all'altezza delle foglie di una banano, ovvero a circa cinque metri di altezza. Ora viaggiava a quell'altezza nella stessa direzione della corriera, alla sua destra, a circa una trentina di metri. Secondo il testimone sembrava che la forma della luce variasse con il variare delle curve della strada, e procedeva con una certa "maestosità". Più tardi la luce cominciò ad anticipare la corriera collocandosi a circa cento metri davanti a lei, ed a circa venti metri di altezza, un poco più alta che i pali della luce. In quei momenti di tensione, l'accompagnatore pensò di chiedere a Suaréz di spegnere i fari per vedere cosa avrebbe fatto la luce.
"Tu sei matto e se questa si abbassa e ci fa scoppiare la corriera?" rispose preoccupato Suaréz. Ma siccome l'altro insisteva, fece a malincuore una prova. Non appena spenti i fari, ebbero l'impressione che la luce si abbassasse ancora e si avvicinasse a loro. Spaventato l'autista riaccese le luci e schiacciò il piede sull'acceleratore.
Secondo Suaréz "quella cosa" arrivava "a razzo sopra la strada". Dopo di ciò la luce riprese la sua altitudine e continuò il tragitto precedendo il veicolo. Di nuovo i testimoni osservarono il fenomeno che seguiva la strada. Giunti all'entrata di Bayamo, la luce "si nascose" dietro una parte del monte, e ciò diede un attimo di tranquillità ai due passeggeri. Ma pochi metri più avanti, era lì di nuovo ad aspettarli. Quando entrarono in città erano le cinque di mattina. La luce si collocò alla sinistra della corriera, sopra le case della città. Arrivati alla stazione delle corriere si misero a parlare con i pochi autisti che erano sul posto, ed osservarono che la "luminosità" si era "posata" su un vicino edificio, che fungeva da scuola. Durante il periodo in cui chiamarono la polizia, i "boinas rojos" (sombreri rossi) e l'Accademia delle Scienze, la luce si mantenne nella stessa posizione. Tutti furono testimoni che la luce era sulla grondaia della scuola, e non ci mancò molto che non incominciassero a spararle contro. Un fatto curioso fu che la luce, secondo i testimoni "si spostò in una posizione più adeguata per poter continuare ad osservare la corriera" all'interno della stazione. Gli altri autisti di corriera suggerirono che sarebbe stato interessante provare ad uscire dalla città, e vedere se avrebbe continuato a seguirli. Ma Suaréz si rifiutò categoricamente poiché era in un particolare stato di nervosismo. Giunta l'alba la luce abbandonò la posizione sopra la grondaia dell'edificio, e cominciò a prendere quota, finché non si perse nel luccicore del mattino. Suaréz ricorda di quel momento i "riflessi metallici sull'oggetto" al sopraggiungere delle prime luci del sole. Suaréz non si decise ad abbandonare la stazione delle corriere fino a quando non fu completamente mattina (11).
La particolarità da sottolineare in questi avvistamenti di luci raccolte da Carlos Alberto Heredero Gracia è che, nonostante i particolari narrativi che accennano ad un oggetto metallico, egli non faccia mai riferimento all'acronimo Ufo. A ben vedere, prima di ogni legittimo tentativo di identificazione, siamo in pieno ambito ufologico, ma la terminologia degli Ufo non viene utilizzata. Perché Carlos Alberto Heredero Gracia, che pure è un ufologo extraterrestrialista, in questo caso non fa nessun riferimento agli Ufo come oggetti alieni? Forse perché la sua inchiesta riguardava solo la Luce di Yara e come tale era stata riferita dai testimoni?
Rispetto alla mole di osservazioni che abbiamo a Baracao, pare evidente che qui a Bayamo non vi siano altrettante testimonianze.
LA "PALLA CANDELA" (BOLA CANDELA): ALTRI BAGLIORI DELLA NOTTE CUBANA
La carrellata sui racconti circa la Luce di Yara non sarebbe probabilmente completa se non riferissi in queste pagine anche di altre luci misteriose che sono state riportate nell'isola di Cuba sotto altre etichette. Alcuni di questi racconti, piuttosto che all'anima errante di Hatuey, o a spiriti di pirati, fanno riferimento a visioni mariane, non prive di quel sincretismo caratteristico del sudamerica, che spesso rende ancora più difficile la comprensione delle origini ed incrostazioni mitiche di certi racconti.
Se diamo adito ai racconti che giungono da Cuba, i militari di Castro non si sarebbero solamente limitati a sparare contro al presunto dirigibile della Good Year all'Havana, e alla Luce di Yara lungo le sue spiagge, ma anche ad una visione mariana, che in qualche modo aveva affiancato un fenomeno luminoso prima e dopo la sua apparizione.
Era un giorno di Aprile del 1982, quando centinaia di cubani, durante la loro passeggiata serale lungo la spiaggia di Malecon, videro un flash fulmineo sopra la baia dell'Havana, che immediatamente fece sospettare tutti di essere sotto attacco nemico. Ma nessuna bomba piovve dal cielo.
C'era invece un "opprimente bagliore" che gradualmente si fuse fino a svilupparsi nell'immagine della Vergine Maria, e più esattamente, della patrona di Cuba, la Caridad del Cobre. L'immagine stese le sue braccia verso la gente attonita, restando sospesa nel cielo notturno. E' opportuno notare che in questa immagine della Vergine Maria non vi era alcuna simbologia che richiamasse in modo esplicito gli stereotipi cristiani. Indossava un mantello bianco come la neve, la cui brillantezza contrastava con l'oscurità del cielo notturno. Se diamo adito al cubano Andreas Faber Kaiser, che presenta la cronaca di questo incidente nel suo libro "Las nubes del engano", le autorità cubane fecero del loro meglio per sopprimere l'intera faccenda, ma questa notizia rimbalzò a Miami, nelle due stazioni radio di WRHC e WQBA.
Altri rapporti indicano che quest'immagine religiosa sarebbe stata rivista qualche giorno dopo al porto di Mariel, e che là era stata scambiata per Nostra Signora di Regla. Tanta era stata la costernazione creatasi durante questa seconda visione, che i soldati cominciarono a sparare contro l'immagine, e pare addirittura che qualcuno di loro avesse in seguito necessitato di cure psichiatriche. I militari insistettero nel dichiarare che qualsiasi cosa fosse stata vista, non si era comunque trattato della Beata Vergine Maria. Pare comunque che la folla fosse veramente agitata di fronte a tale visione, e che i miliziani locali, brigadas de contacto, fossero stati chiamati per far fronte a più di 100.000 persone, che la polizia da sola non era riuscita a controllare. Secondo l'ufologo Dr. Virgilio Sanchez-Ocejo, le forze armate avevano spontaneamente aperto il fuoco contro l'entità sconosciuta. Ma i testimoni avrebbero riferito, che i proiettili erano caduti, nell'acqua, attorno al fenomeno, senza colpire il bersaglio. Le raffiche delle mitraglie avevano semplicemente attraversato l'immagine.
Testimonianze simili di visioni mariane pare fossero giunte anche da Guanabo e da Trinidad. Faber Kaiser aveva avanzato l'ipotesi che si fosse trattato di un sottomarino della forza navale degli Stati Uniti che aveva proiettato quell'immagine con particolari tecnologie olografiche, e ciò sarebbe stato parte di un piano di guerra psicologica messa in atto contro il governo di Cuba. Seppur difficile da credere, questo era lo scenario cubano rivisitato (12).
Abbiamo un'altra testimonianza di visione mariana con effetti luminosi, di cui purtroppo non conosciamo la data, raccolta da Eva Torre, una collaboratrice di Samuel Feijóo. L'informatrice Dolores Donis, di El Bosque, a Camajuanì, riferisce della testimonianza del cugino Ramoncito, che volle verificare di persona le voci circa una pianta di bambù a Sant'Elena (El Bosque) di cui tutti avevano paura. Nessuno voleva passarvi vicino e si raccontavano fatti misteriosi a tale riguardo.
Una notte andando sul posto, il cugino vide arrivare una "luce enorme", "rimase paralizzato" tanto che "non aveva la forza di correre". All'improvviso la luce sparì e gli apparve la Vergine della Caridad del Cobre e "alcuni boa che le accendevano ceri per poi andarsene in volo e trasformarsi in luci". Corse verso casa, dove "rimase malato per molti giorni" (6 pp. 170-171).
La prima visione della vergine della Caridad del Cobre, era avvenuta a Cuba nei primi anni del 1600 quando il meticcio Juan Moreno ed i suoi due fratelli avevano avuto in mare quell'apparizione mistica che però non ebbe allora alcun collegamento con luci misteriose (13).
Camajuanì comunque, è una regione densa di racconti che non riguardano solo questo tipo di apparizioni religiose, connesse a luci. All'interno di queste luci possono anche essere visti fantomatici animali.
René Batista Moreno, un collaboratore di Feijóo, ha raccolto la testimonianza diretta del contadino Modesto Cambrera circa un animale mostruoso in concomitanza con una luce. Un venerdì del mese di dicembre stava andando a trovare la sua fidanzata a La Sabana, e quando giunse vicino a casa sua era già notte. Sul tronco di una palma vide una "luce verde". Rimase fermo, attonito, a guardarla. In quel momento si ricordò che "suo padre gli aveva parlato di quella luce". "La luce sparì" e notò attaccata alla pianta un' "orribile bestiaccia". Cambrera confessa che poteva trattarsi di qualsiasi cosa: "Era un camaleonte, un iguana, un coccodrillo, che ne so!". Illuminandolo con la lanterna, notò che era della sua altezza e che aveva gambe e braccia come un uomo. Le unghie erano artigli molto lunghi e muoveva la coda da una parte all'altra, tranquillamente. Il contadino prima scappò poi ritornò sui suoi passi. Doveva convincersi di ciò che aveva visto, considerato che non aveva mai avuto paura in vita sua. La bestiaccia era ancora lì, anche se lui cercava di colpirla con il coltello, ma questa si mise dietro la palma, e le si poterono vedere solo le mani. L'uomo girava intorno alla pianta mentre lo strano animale sembrava giocare a nascondersi. Poi con quattro salti salì in cima alla pianta. Cambrera vide di nuovo la luce "più grande e più chiara", sopra la palma. Quando infine si spense, la strana bestia non c'era più (6 p. 184).
Ma veniamo ora al mito della palla-candela, che è molto ricorrente nelle campagne cubane e sembra avere una maggiore presenza nella regione di Villaclara, visto che José Seoanne nel suo libro "Cuentos de aparecidos" ne riporta un'ampia casistica. Ana Menéndez, una contadina di ventiquattro anni, ricorda che quando abitava in campagna a Vega Alta, c'era un guajiro al quale spesso appariva una "palla candela colorata in aria". Pare che un giorno si fosse stancato della cosa e avesse colpito la palla luminosa con un bastone: "attraversando il pascolo la palla si perse nell'erba e non comparì più". La giovane contadina ricordava che prima che il contadino la cacciasse definitivamente, molta altra gente aveva visto apparire nei dintorni quella palla candela.
Il professor Eleno Ramos di trentasei anni, ricorda che una notte, mentre i genitori erano a letto nella loro casa in campagna, insieme videro "un coleottero" che volava nella stanza, al buio". L'immagine del coleottero legata alla luce è ricorrente nei racconti. Prima l'insetto volò a lungo poi si gettò in picchiata, dritto sul volto del padre, che con un colpo di mano lo fece cadere a terra. Si resero conto che l'insetto, arrivato a terra, si era trasformato in una palla candela che illuminava tutta la stanza. La madre era spaventata a morte sotto le coperte, mentre il padre rimase a guardare la palla candela fino alla sua scomparsa.
Rosalina Fleites, racconta invece di una sua bisnonna, che mentre era in cucina vide apparire "una palla candela che si mise nella tinozza dell'acqua". La bisnonna era convinta che si trattasse dello spirito di un conoscente che lei non aveva mai perdonato da vivo.
Adolfina Garsia, cinquantadue anni, di Quartiere Ponte, ricorda che una notte vide, sopra un'amica sdraiata sul letto che fumava, una palla candela grande come una papaia, colorata. Dopo un po' la palla sparì. Anche Adolfina Garsia ha pensato che si trattasse di uno spirito malvagio, perché quando lo spirito è buono secondo lei la luce è di color azzurro.
Il contadino Julio Martìn, di cinquanta anni, racconta del nonno morto durante la Guerra di Indipendenza, che fu seppellito accanto al figlio sotto un alberello. Quando era ragazzino, Martìn, ogni volta che passava da quel posto vedeva apparirgli "una palla candela con una coda", che "saliva su una palma e da lì penzolava sull'alberello".
Rafaela Delgado, quarantasette anni del Quartiere Condado, ricorda che da bambina, quasi tutte le sere su un vecchissimo albero di bambù, di fronte alla strada Marta Abreu, appariva "una palla candela con una catena che trascinava per terra". La palla si fermava sulla cima della collina, su una grande pietra, poi cominciava a volare molto alta fino alla pianta di bambù. Poi giungeva fino ai piedi dell'albero e spariva. La vide diverse volte, così come altra gente del posto, e ricorda che sentiva in quei casi "il rumore della catena". L'informatore José Martìnez, contadino, racconta a Samuel Feijóo, di alcuni macchinisti di un treno di una stazione denominata Barrábas, vicino a Mille, che avevano visto diverse volte una palla candela sui binari, ogni volta poco prima di schiacciarla, ma questa all'ultimo momento spariva.
Anche alcuni ragazzi di Barrábas, che avevano conoscenza dei racconti di questi macchinisti, una volta, di ritorno da un ballo a Quatro Camino, la videro nello stesso luogo. Dalla palla uscivano "delle animelle di candela", indietreggiarono per la paura ma la palla candela li inseguì.
Silvio de la Torre, professore all'Università di Las Lilas, testimonia di un fatto curioso che gli era capitato, con una strana luce, nonostante il suo scetticismo circa certi racconti. Una notte era di guardia all'università, quando improvvisamente vide nel buio della campagna "un'ombra riflessa per terra". La luce era arrivata sopra la sua testa, illuminandolo dall'alto. Restò tranquillo ad osservare il fenomeno finché la luce non sparì. Si era a lungo domandato quale potesse essere la sua composizione chimica o elettrica senza poter darvi una risposta, ma comunque fu molto impressionato dal fatto. Pensava che quel fenomeno avesse potuto dare origini a molti dei miti che circolano tra i contadini cubani.
Le ricerche attuate da Ramòn Rodriguéz riportano, tra altre storie, il racconto di tale Lutgardo, di Il Gigante a Santa Clara. Di notte da bambino stava a volte di fronte all'abitazione di una vecchia zoppa, che finché era stata in vita vendeva polli e frutta e faceva la fattucchiera interpretando i sogni dei suoi clienti. Lutgardo era convinto che sotterrasse il denaro che guadagnava. Quando l'anziana donna morì, vide davanti a quella casa una "palla candela". La palla uscì dalla casa per poi posarsi su un cespuglio vicino all'abitazione del testimone. Secondo Lutgardo quella palla candela era un avvertimento della donna affinché nessuno rubasse il suo tesoro nascosto.
Feijóo riporta due testimonianze raccolte dal ricercatore Ramon Rodrìguez presso José Lopez, di Pedro Barba, a Cabaiguàn di Las Villas. L'uomo una notte stava camminando tra le praterie di Pedro Barba in compagnia di un amico, tale Luis Hermández, quando vide una luce molto alta, "della misura di una ruota di carro". Lopez la indicò all'amico Luis mentre sopraggiungeva, perché sembrava che dovesse venir loro addosso. Per un attimo pensò che un treno stesse sopraggiungendo, ma subito esclamò sconcertato : "Da dove arriva questo treno?". Mano a mano che la luce si avvicinava la luce lentamente si spegneva, finché, molto vicina sparì.
Lopez riferisce anche il racconto folcklorico di quanto accaduto a Inocencio Espinosa e Ramón Bonachea, mentre stavano attraversando il monte Oscuro, vicino a General Carillo, in una piantagione di mango. Erano armati di un machete del Paraguay di buona qualità, poiché sapevano che in quella zona apparivano una palla candela, le apparizioni di un cane che aumentava di dimensione e di una donna che salutava i passanti. I due, armati di coraggio, avrebbero assalito queste tre apparizioni dall'alto con i machete in pugno. Il cane sparì al primo colpo di machete, la vecchia donna si trasformò in una raccoglitrice notturna di mango per i maiali, mentre la palla candela, quando fu toccata dal machete, assunse la forma di "un uomo avvolto in un lenzuolo con un sigaro acceso". La ricercatrice Sandra González ha raccolto le due storie che seguono. Il primo racconto è del José Reyes, che riferisce di quando stava passeggiando a La Fundora, in Pinar del Rio, prima di arrivare su di un ponte. Il suo accompagnatore gli disse di accelerare il passo prima che un carro sopraggiungesse. Giunti sul ponte "apparve la palla candela". La luce fece due o tre giri e poi si mise a volare su una piantagione di mango. I due allora cominciarono a correre.
Il secondo racconto è stato scritto dal poeta Joaquìn Dìaz Marrero, di Ranchuelo, che sembra conoscere esattamente come sono fatte queste "luci misteriose" (si tratta di una delle tante versioni stereotipate dei fuochi fatui reiterate dagli scienziati). Scrive infatti: "Questa apparizione luminosa non è che il prodotto del gas carbonico esalato dalle paludi, che al contatto con l'ossigeno si trasforma in un globo luminoso, che fluttua e si innalza. Se qualcuno passa accanto gli si attacca, a causa del vuoto che il proprio corpo forma a contatto con la massa d'aria. Se la persona corre, il globo gassoso la segue.... Nelle fangaie, nelle paludi, come negli immondezzai o nei luoghi dove si sia seppellito qualche cadavere, può per un certo tempo apparire questa luce, che non è altro che il gas esalato dal corpo in putrefazione: che può essere di un pesce, un rettile, o qualsiasi altro animale, anche di esseri umani".
Dìaz Marrero testimonia di aver visto una luce in una palude, che "bolliva come una pentola d'acqua al fuoco, ma di colore verde". Allora non ne conosceva l'origine e quindi si soffermò a studiarla, per vedere cosa faceva. Restò a lungo ad osservarla, poi se ne andò, "lasciando il fenomeno naturale alla sua evoluzione chimica tra il carbonio e l'ossigeno".
Dalle ricerche a Villaclara di José Seaonne, in "Cuentos de aparecidos", sono tratti (citati anche da Feijóo) questi racconti che seguono. Samuel Weinstein, ventisei anni e maestro a Quartiere Ponte, riporta di come i contadini locali credano che ciò che chiamano magia dipenda oltre che da strani rumori e lamenti anche da apparizioni di luci. Credono infatti in uomini con poteri soprannaturali che nascono con particolari capacità oppure le apprendono da chi le possiede già (come sciamani). Weinstein racconta che in una casa vicina a sua zia che vive in campagna a Sierra Alta c'è un pozzo da dove i contadini dicono che durante la notte si avvertono rumori e dal quale escono luci. Questi fenomeni magici sarebbero stati causati dal fidanzato di una ragazza che abitava la casa, il quale fece una magia quando seppe che lei non lo amava più.Donatila Rodrìguez, una contadina di sessantanove anni, racconta di un fatto accaduto quando era giovane e fidanzata con Rafael Ortega, di Santa Ursula, poi divenuto suo marito. Rafael le raccontò che una notte, quando era di ritorno a cavallo da casa sua gli apparve sulla strada "una luce azzurra e rotonda, delle dimensioni di una grande zucca". Era un uomo coraggioso, così quando la luce gli si mise davanti spronò il cavallo, senza alcun timore. La luce gli illuminava la strada davanti. "Avanzava attaccata al suolo alla sua stessa velocità".
Una volta arrivato a casa, la luce continuò a stargli davanti, senza dargli tregua, essa entrò in casa fino in camera sua, salì all'altezza del soffitto per poi uscire dalla stanza e sparire ai piedi di una pianta di bambù. A Rafael successe questa cosa durante tutto il periodo del suo fidanzamento, anche se nessuno all'infuori di lui poté vedere quella luce. Tutto terminò quando infine si sposarono. Pochi giorni dopo il matrimonio Donatila Rodrìguez narra che furono tolte delle pietre dal ruscello che stava accanto alla pianta di bambù e lì fu trovato un tesoro, ma tutto l'oro dovette essere consegnato al governo. Rafael non aveva interpretato correttamente il messaggio della luce che secondo le tradizioni cubane a volte appariva proprio là dove era nascosta una ricchezza.
Anche tale Leandro Fernández, cinquantenne di Quartiere Pastora, dice di essere stato affiancato da una luce, quindici anni prima. Stava andando con tre persone in direzione di Bermejal, quando giunto a Santo Domingo, mentre saltava un cespuglio di ananas si accorse di avere accanto alla gamba destra "una luce bianca". La luce avanzava in terra al suo fianco continuando a seguirlo e, dopo aver camminato per un lungo tratto, sparì tra i cespugli.
Alicia V., trentadue anni, di Reparto Dobarganes, racconta che nella casa dove abitava dopo essersi sposata appariva in salotto "una lucina azzurra piccolina che andava da un angolo all'altro". La luce restava sul posto a lungo prima di andarsene. Appariva sempre quando lei ed il marito spegnevano la luce per andarsene a letto. Insieme alla luce azzurrina si sentivano rumori come di una pallina di cristallo che rimbalza sul pavimento.
Juana Hernández anch'essa di Reparto Dobarganes, operaia di cinquantadue anni, ricorda del racconto di sua madre che mentre stava spolverando all'imbrunire, vide la pianta di limone che c'era nel patio illuminata da una "luce azzurrina". La donna aveva collegato questa luce alla malattia del fratello più piccolo, che di lì a poco morì. Infatti per Juana Hernández la luce era "un avvertimento dall'altro mondo".
José Miguel Rodrìguez un operaio trentaduenne di Quartiere Contado, quando ancora scapolo viveva a Corazón de Jesùs e si stava dirigendo di notte a Sitiecito, fu avvisato di non attraversare un luogo dove appariva una donna. Decise ugualmente di passare da quella collina. Attraversato un fosso sentì che gli "si rizzavano i capelli" in testa, vide "un chiarore" che lo illuminò finché non giunse sulla strada e poi sparì. Il nonno di Georgina Martìnez, professoressa di Reparto Santa Catilina, gli raccontò che andando a cavallo fu sorpreso da "una luce bianca delle dimensioni di un fuoco" che lo inseguì fino a giungere sopra di lui e del suo cavallo. Il cavallo scalciò senza poter proseguire finché la luce non sparì.
Orlando Martìnez un contadino di diciotto anni, dice di aver visto diverse volte una luce che appare tutti i venerdì a metà del tronco di una pianta di guabán, vicino allo stradone Dalio Valdé. E' come se la pianta fosse accesa. Chi si avvicina per toccarla non sente nulla, e vede una luce che illumina tutt'intorno. Anche qui la gente del luogo la mette in rapporto con il mondo dei morti.
N. Delgado, un operaio di Quartiere Ponte, racconta di un'altra pianta dalla quale fuoriesce una luce, nei pressi del podere "La Cana". All'entrata del podere c'è un albero di prugne, dal quale di notte si dice che usciva "una luce come il raggio di un faro da macchina". Partiva da terra e arrivava in cima alla pianta, dopodiché faceva due o tre giri tra i palmeti fino ad un vecchissimo mango, infine tornava all'albero delle prugne e scendeva fino a terra per poi sparire. Delgado dice di aver visto quella luce tempo fa insieme a tutte le persone del quartiere; anche molti guajiros (contadini bianchi di Cuba) l'avrebbero vista passare sopra le loro case.
Ramón Heredia, operaio di quarantun'anni di Caguanes, era su una barca che andava da Yaguay verso Caguane. Alle otto di sera si soffermò ad osservare una lucetta, lungo la cordigliera che passa dietro a Yaguajai, che gli sembrava una casa illuminata sulla collina. Improvvisamente la lucina si staccò dalla collina ed arrivò sopra di lui.
Heredia ebbe un'altra esperienza andando col padre da Caibarien verso Caguane, passando per la costa del Dolore, in località Due Restingas. Verso le 22.00, all'improvviso videro "due luci che lottavano nell'aria"; "quando si scontravano facevano un scintillio enorme, e rumore di bastoni" che si colpiscono tra di loro.
Feijóo, riporta il risultato di una serie di ricerche svolte personalmente a Camanguey, Villaclara, Sancti Spìritus e Cienfuegos. A Camanguey incontra Rafael Ramìrez Sanctos, di Actos, che lo informa di una vecchia storia di San Ramón Di Mùcar. Lì c'era una pianta di bambù dove gli spagnoli tagliarono la testa a molti cubani. Una delle teste cadde al suolo e continuò a sbattere le ciglia e a parlare. La gente del luogo dice che da allora una luce esce di notte lungo la pianta, e scende fino al suolo prima di scomparire. Questa "luce dell'oltretomba" vive anche in una pianta di bambù che è ben conosciuta dai contadini di Estrella. Ne erano terrorizzati. Il cantore di Cienfuegos, René Espinosa, riporta il terrore di alcune persone che si erano avvicinate alla pianta. Ricorda che un piccolo gruppo di persone, armate di bastoni e accompagnate dal boscaiolo Andrés giunsero fino alla pianta di bambù e videro la luce. Un tale Patròn, appoggiò una scala all'albero, salì e qui afferrò un coleottero, il più grande che si fosse visto in zona. Il coleottero sarebbe ancora oggi in una bottega di Cruces, in bella mostra dentro una bottiglia di alcool.
Questa storia sarebbe avvenuta nel 1971, o almeno in una sua variante, stando all'informatore Francisco Echazábal. Egli riferisce che vicino a Cruces si creò uno stato di allarme per una "luce azzurrina" che saliva e scendeva da una pianta di bambù. Anche in questo caso un uomo giunse fino in cima all'albero con una scala, per poi scoprire che si trattava di un enorme coleottero, più grande di due pugni. L'insetto sarebbe stato catturato ed esposto nel villaggio.
Pedro Méndez, della fattoria La Ceja, a Baez, Villaclara, racconta di una volta che andava con tale Mirabal, trasportando del materiale edile su due carrette. Ad un certo punto Mirabal gli indicò una luce che "uscita dalla strada", ma sul momento Méndez non la vide. Era circa mezzanotte e per un attimo pensò che Mirabal avesse delle visioni. Però poco dopo vide anche lui "una luce delle dimensioni di una damigiana". Veniva dalla loro destra ed era di "colore azzurro e arancione". La luce salì più in alto di una palma, "fece una gobbetta e, puf!, sparì". Tutto era successo a pochi passi da loro.
Juan Carlos Ramìrez, di Sancti Spìritus, ricorda di tale Elisenda che raccontò che quando abitava in campagna, nel villaggio di Banao le "appariva tutte le notti una lucetta che si fermava sopra la sua zanzariera". Ogni volta che però chiamava un familiare a vedere, la luce se ne andava. Era convinta che questa apparizione fosse legata al fatto che il padre aveva rifiutato un tesoro in regalo. Per poter vivere senza quella luce, il padre si era deciso a dare il tesoro ad un'altra persona, e la luce se n'era andata.
Agapito Brito, sessantacinque anni, di Falcòn a Villaclara, dice di aver avuto diverse esperienze, ma la più strana fu quella delle "tre luci o fuochi fatui" che ebbe in una notte del 1973, quando partendo dal paese si diresse verso Pajarito. Doveva fare una iniezione ad un amico. Alle undici di notte stava attraversando a piedi la fattoria di El Hoyo, quando si trovò le tre luci sull'erba. "Erano di colore verde azzurro". Aveva letto che si trattava di fuochi fatui quindi non si spaventò. Le luci si muovevano, ed ad un certo punto "cominciarono a camminare davanti a lui". Procedettero così per quasi dieci minuti, fino al fiume e "quando videro il fiume si dispersero".
Adalberto Suárez a Matanzas ha raccolto il racconto di un contadino di Triunvirato, Bonifacio Alonso. Alonso riporta che nel 1928 il cugino Alejo Gonzales stava uscendo dalla casa della fidanzata quando vide davanti a sé una luce, a circa un chilometro di distanza. "Gli avevano detto che quando uno vedeva una luce a distanza doveva fare una croce con la mano sinistra e subito dopo la luce appariva a fianco". Si fece il segno della croce e "la luce gli apparve subito a fianco". "Si mise a correre, ma per quanto veloce corresse la luce correva con lui". Corse per quasi mezzo chilometro fino a casa poi, appena entrato, stramazzò a terra. Chiamò il fratello per fargli vedere la luce che "si era posata su una pianta sul patio".
Molto articolata e particolarmente strana è la storia di Pachito Moreno Frìas, raccolta insieme ad altre a Palma Soriano, da David Gonzales. Frìas parla di una luce nel villaggio di Bijagual, a qualche chilometro da Maffo. Il villaggio era composto da alcune famiglie ma attualmente riposa, a otto metri di profondità, sotto le acque di un canale, insieme al cimitero (dal quale i morti furono trasferiti). Da anni si parlava di "una luce misteriosa alla quale venivano attribuite calamità o fortune" a seconda dei casi. Se appare in una piantagione il raccolto sarà buono e se appare in casa di una donna incinta il bambino sarà maschio. Ognuno ha una idea diversa sulla natura del fenomeno: ossa di cavalli morti, fuochi fatui, oppure lo spirito di un rivoluzionario... Frìas viveva da anni in quel posto ma non aveva mai visto niente. Alcuni suoi amici gli dicevano che gli mancava la "mezza misura" per poter vedere le cose dell'aldilà.
Accadde che durante un giorno di festa al villaggio il padrone di Frìas gli impedisse di parteciparvi, poiché uno dei ragazzi addetti alla mungitura si era ammalato e lui doveva sostituirlo. Frìas non era affatto contento di dover seguire a distanza il suono dei flauti ed i rumori della festa. Si addormentò e si svegliò alle quattro del mattino per andare al lavoro di mungitura. Faceva molto freddo. Si accovacciò per piegare in due il panno per filtrare il latte quando gli toccarono una spalla. Allora si voltò e sullo stipite della porta vide "una luce bianca simile ad una luna". Non era un'allucinazione. Saliva e scendeva velocemente dal pavimento al tetto ed "emetteva un ronzio come di cicala". Per lo spavento lasciò cadere a terra i secchi, poi corse per tutto il cortile, ma ogni volta che si girava, la luce lo seguiva. Aveva gli occhi fuori delle orbite, mentre, attraversata la piantagione, si rese conto che la luce continuava ad essere lì di fronte a lui. A questo punto Frìas lanciò in direzione della luce una pietra, e sentì una risata. "Lo strano fascio di luce salì sul tronco di una palma reale sul ciglio della strada". Poi, all'improvviso tutto divenne nero e quando riprese conoscenza era già giorno. Il padrone batteva alla porta della sua stanza perché non si era svegliato! Era stato un sogno? Non fece parola con nessuno dell'intera faccenda, e mentre mungeva pensò che si fosse semplicemente trattato delle conseguenze di una cattiva digestione. In quel mentre si avvicinò tale Pedrito, un ragazzo che sbarcava il lunario aiutando con le mucche. Chiese al ragazzo come era andata la festa, e questi gli rispose che era andata bene tranne un problema di... illuminazione. Tutti quella notte avevano visto la luce, persino i musicisti di Palma Soriano, che avevano smesso di suonare per guardarla. Anche loro la videro salire e scendere lungo il tronco della grande palma sulla strada. Panchito si rese immediatamente conto della coincidenza con il suo sogno della notte precedente e si diresse al punto dove c'era la grande palma sul ciglio della strada. Sul tronco, a grandi lettere trovò scritto, inciso a fuoco, il suo nome.
Tale Rolando Nuviola di Palma Soriano, ricorda di una volta che andò a trovare una zia a Maybio, a Dos Rios, e si fermò a dormire a casa sua. Durante la notte con il cugino per gioco salì sulla cabina di un camion abbandonato. Di fronte alla casa della zia c'era un grande pino. Il cugino gli fece notare qualcosa di strano. Guardò verso il pino e vide "una luce tonda che scendeva" dalla cima dell'albero verso terra. Preso dalla paura gli si rizzarono i capelli in testa. La luce prima raggiunse il suolo e poi la strada e cominciò a girare in tondo. Preso dal panico corse a casa.
A Cleva Reyes di Palma Soriano la nonna raccontava che una volta sul monte Chaveco dove abitava, vicino al villaggio di Palma Soriano, "appariva una luce rotonda". La donna una volta prese una lanterna ed andò a trovare la figlia che abitava lì vicino, e quando arrivò, lei era sulla soglia ad aspettarla. La figlia le disse che aveva notato una luce sopra di lei, mentre stava attraversando il ruscello. La nonna era convinta che parlasse della luce della sua lanterna, mentre la figlia era sicura che si era trattato di una luce che appariva sempre vicino al ruscello, e che poi saliva e scendeva lungo gli alberi.
Una relazione svolta da Cleva Solìs dell'Havana, ricorda di quando era bambina e viveva a Reparto Almendares e tale Costantino, il proprietario di una latteria, le aveva raccontato che "una luce verde stranissima" era stata vista sul monte Barreto, che "avanzava nella boscaglia facendo zig-zag accompagnata da una musica dia funerale". Alcune persone che l'avevano vista dissero che assomigliava ad un uccello e sembrava che cantasse "Qualcuno morirà, qualcuno morirà". Si racconta che quella luce fosse l'anima del conte Barreto che appariva sul posto lamentandosi dell'Inferno dove stava bruciando. Feijóo riporta anche racconti nella provincia di Villaclara, uno dei quali riguarda appunto le luci.
Nerdo Figueroa, gli ha parlato infatti dei racconti fatti dal padre. Pare che assieme ad un contadino, tale Angel, avesse scavato in un posto misterioso, nel quartiere di Jicotea a Las Villas, dove doveva esserci un tesoro e dove si diceva apparissero i morti. Era mezzanotte e faceva buio pesto, quando tolta un po' di terra gli si illuminò la buca dove stava scavando, permettendogli di svolgere il suo lavoro con disinvoltura. Improvvisamente questa luce che veniva da non si sa dove, sparì. Avevano scavato senza che si trovasse nulla. Poco prima lo zio di Figueroa che era sul posto aveva visto vicino ad Angel una luce che poi si era persa nello spazio (6 pp. 195-218).
Israel Serrano di Camaguey, racconta di un anziano secondo il quale, in una casa di campagna nella proprietà agricola di El Cascarón, di notte si udivano rumori strani e raccapriccianti che non si sapeva da dove provenissero. Verso mezzanotte si udivano passi in casa, la porta scricchiolava ed quei passi continuavano fino in cucina dove appariva una figura che pareva affaccendatatra le pentole e faceva rumori. Ogni volta che svegliava gli abitanti della casa si vedeva una luce che dalla cucina arrivava fino ad una pianta di bambù. Questo spaventava a morte la famiglia ma in compenso fece trovare loro un tesoro.
Teodoro Rodrìguez, anche lui di Camanguey ricorda che quando aveva circa dodici anni, il padre gli disse di due amici che gli avevano indicato un tesoro. Il denaro era sotterrato in un pascolo. Uno di loro a mezzanotte anticipò i lavori e scavò un enorme buca finché non giunse un uccello con una luce che lo fece desistere. La luce lo illuminò fino a casa (6 pp. 225-226).
Un'altra storia legata a luci e tesori, proviene da Cienfuegos ed è riportata dall'informatore Miguel Tovar. Nel quartiere Gavilanes, nelle Lomas circola una leggenda secondo cui nelle notti buie e piovose una luce verdastra esce da una parete di pietra in un negozio del luogo. La luce corre per il negozio e poi raggiunge una pianta di zucca. Lì vicino si sentono quindi dei colpi di piccone che spaccano la terra. Sarebbe in quel luogo che è sepolto uno dei tanti tesori (6 pp.227-228).
LA LUZ DI YARA IN RIFERIMENTO AD ALCUNI CASI UFOLOGICI RECENTI
Il 18 maggio 2004, la Prensa Latina, ha fatto riferimento ad un fatto ufologico che potrebbe, sulla base della scarsità dei dati riferiti, essere identificato in mille modi diversi. Molti testimoni nei pressi del quartiere fieristico ExpoCuba hanno osservato il fenomeno. Secondo il giornale locale Juventud Rebelde, gli abitanti hanno osservato la discesa di un Ufo il sabato 8 maggio 2004. Alcuni testimoni, verso le 10:00 della mattina avrebbero osservato "una nave piccola, ovale, colore argento metallico" che si é posata in un terreno circondato di alberi e palme della fattoria El Pedregal.
"Stavo riparando l'armadio di legno quando una brillante luce penetrò dalla finestra. Era come una palla splendente, con una coda sulla parte più bassa. Subito l'ho segnalata alla mamma e sono uscito correndo a vedere dove cadeva" ha dichiarato Raul Beltran, di 17 anni, che riferisce di essere rimasto a vedere fino a quando l'Ufo non è decollato. "Si é alzato perpendicolarmente e poi è uscito tra le palme. Non ha fatto rumore. Non ha espulso fumo. Nemmeno sono riuscito a vedere alcuna lettera o lampadina, né tasti. È che brillava tanto che abbagliava. Della sola cosa che sono certo è della dimensione: pressappoco come la gomma di un camioncino o qualcosa di simile". La madre Odalys avrebbe aggiunto: "Quando mio figlio me l'ha mostrato, ho pensato che fosse un aquilone o un paracadutista... Poi, quando scendeva, mi sono resa conto che non poteva essere niente di simile, perché era più piccolo e brillava molto. Sembrava uno specchio". Queste dichiarazioni diventano più confuse quando si aggiunge che Remigio Sanchez, il quale lavora nel magazzino di una scuola vicina, assicura di aver visto un'illuminazione nel cielo, alla stessa ora degli altri testimoni. "È stato un forte bagliore, ma lontano, e ho pensato che fosse un fuoco di bengala. Quando sono arrivato da Odalys, la mamma di Raul, mi ha detto che era un apparecchio che era disceso lì vicino". Secondo i testimoni, e quanto raccolto dal giornalista, a parte l'essicazione dell'erba, si poteva notare che le piante più piccole erano un po' bruciate.
Il giornalista conclude l'articolo precisando che proprio due giorni fa la televisione aveva mostrato le dichiarazioni del contadino Damaso Rosalez, che affermava di essere stato sequestrato nel marzo del 2003 da una astronave verso le cinque e mezzo del mattino, e sarebbe poi apparso all'Avana, nel giardino della residenza dell'ambasciatore del Guatemala, poco dopo le sei. Gonzalez è un contadino che abita a Sancti Spiritus, provincia del centro di Cuba ed il caso tratta di un racconto con componenti degli IR3, dei rapimenti alieni, e del teletrasporto.
Lo stesso giornalista cubano precisa che il principale mito cubano "riguarda gli eventi degli Ufo" accennando alla storia della Luce di Yara che "proviene dai tempi degli aborigeni, e si produce ancora nella zona orientale".
Precisa: "Sono piccole luci che di sera accompagnano i viandanti nei campi, delle volte gli segnalano i sentieri, altre li nascondono, si posano sugli alberi, oppure li fanno cambiare rotta. Secondo la leggenda, quando si spense il falò dove i conquistatori spagnoli bruciarono il capo indigeno Hatuey sorsero queste luci, e ogni anno appaiono all'incirca della stessa data..." (14).
ALLA LUCE DI QUANTO DETTO
Cominciando questa indagine sul mito della Luce di Yara, dalla prima messe di racconti che comprendeva anche fatti contemporanei, ci si poteva convincere di essere di fronte ad un'area di ricorrenza di cosiddetti fenomeni luminosi Hessdalen-like, sull'esempio del più noto caso di fenomeni luminosi in atmosfera del villaggio di Hessdalen in Norvegia del quale mi sono interessato in questi ultimi anni come uno dei promotori del Comitato Italiano per il Project Hessdalen (fondato da Renzo Cabassi).
Nonostante che tutti i ricercatori cubani tendessero a considerare la "Luz de Yara" separatamente dai racconti di "bolas de candelas" ed quindi un caso a parte, dalla semplice lettura dei racconti cubani accumulati, era impossibile esprimere categoricamente questa netta divisione. E' vero che nei racconti riguardanti la Luce di Yara ricorrono fantasmagoriche divisioni della luce oltre ad altre minori caratteristiche specifiche del fenomeno, ma dare atto di una speciale concentrazione di un fenomeno sconosciuto a Yara non è certo possibile stando solo alle testimonianze ed ai racconti del folcklore. Anche questi "fatti" cubani perpetuano in qualche modo un dibattito ufologico antico sulle cosiddette "Window-areas", nelle quali a volte si concentrerebbero gli Ufo.
O sarebbe meglio dire, dove si concentrano gli avvistamenti di Ufo? Il mito di Yara, è la metafora della problematicità di ogni ricerca che faccia affidamento alla sola verità narrativa, e alla necessità che abbiamo sempre più forte che le affermazioni siano in qualche modo misurate affiancando un metodo strumentale, cosa non semplice quando si percorrono le terre borderline frequentate da misconosciuti fenomeni luminosi.
Che fare del testimone? Eterna domanda.
Si narra che il dittatore Batista avesse raccontato al suo conterraneo e consigliere Gastón Baquero che egli era convinto di dovere il suo successo nel colpo di Stato che lo portò al potere, proprio alla Luce di Yara. Era sicuro, che durante un attacco decisivo, non avesse potuto essere visto dal nemico grazie all'invisibilità che gli aveva dato la Luce di Yara (15). Le nostre certezze contrariamente devono muovere su altri tipi di prova, poiché abbiamo scelto la libertà della ricerca alla dittatura della credenza.
Note Bibliografiche
1) Cervera Sergio(CIFA), "Inesplicata", The Journal of Hispanic Ufology, nr.11, http/:www.geocities.com/INEXPLICATA2000/issue11.html, editor Scott Corrales, 2003. L'ufologo Cervera (testimone egli stesso di un caso a Cuba nel 1959) riporta molto sinteticamente 11 casi a partire dal 1930 fino al 1960, quindi un caso nel 1963 ed uno del 1971. Alcuni casi specifici del 1957 sono riferiti dal Dr.Virgilio Sánchez Ocejo del Miami UFO Center. E' lo stesso Virgilio Sánchez ad accennare alla "Luce di Yara" come ad un "religious belief" e a riguardo della caccia di Castro be parla come della sparatoria ad un "ball lightning".
Prima degli anni '90 la casistica degli Ufo cubana che riesce a raggiungerci è estremamente scarsa. Un caso di incontro ravvicinato, del 14 giugno del 1968, ci viene riportato da Jacques Vallée nel suo "UFO chronicles of the Soviet Union, a cosmic samizdat" (Ballantine Books, marzo 1992, pp. 82-85), che ha come fonte l'ufologo russo professor Vladimir Azhazha.
Puentes Ventura, un riservista dell'armata di Castro mentre è già finito il suo turno di guardia, viene trovato in stato di incoscienza alle 12.05. Portato all'Ospedale di Pilar Del Rio, resta in stato di shock per ben sei ore, incapace di parlare. Viene trasferito successivamente all'Ospedale Navale dell'Havana. Nel mentre gli esperti militari di Castro fanno intervenire gli specialisti dell'intelligence sovietica. I sovietici trovano sul posto delle pallottole che risultano aver impattato un corpo solido, ed una traccia circolare al suolo con tre fori rettangolari, e solchi frastagliati intorno. Si sarebbe trattato di un oggetto pesante, che tra l'altro ha riscaldato il terreno. I radar quel giorno avrebbero rilevato una traccia Ufo, poi scomparsa.Il testimone si sveglia dal coma tredici giorni dopo. Ricorda di aver osservato una luce bianca dietro degli alberi, poi avvicinandosi di aver visto un oggetto a circa 150 piedi di distanza. Lo osserva per dieci minuti: ha la tradizionale forma tonda, con cupole e "antenne" sopra. Ventura dice che in un primo momento ha pensato ad un elicottero americano. Come spesso riferito dai racconti cubani, il soldato spara contro l'oggetto. Sono ben quaranta colpi. Lo scafo diventa arancio, emettendo un forte fischio. In quel momento perde conoscenza. Pare che in seguito Ventura sia interrogato a lungo senza che siano riscontrate contraddizioni nella sua versione dei fatti, ed infine anche sottoposto a quindici sedute di ipnosi, per ripetere la stessa storia.
2) Il sito Ovnis Cubanos riferisce molto sinteticamente una decina di casi avvenuti nel paese soprattutto dal 1993 ad oggi, con una certa concentrazione nel periodo 1995-96, indagati soprattutto dall'ufologo Carlos Alberto Heredero Gracia: http://es.geocities.com/ovniscubanos/casocub.htm.
3) Si tratta di gruppi ufologici di matrice evidentemente extraterrestrialista: http://es.geocities.com/ovniscubanos/grupcuba.htm.
4) Il fatto viene riportato in Italia dal CISU su UFOTEL il 16 luglio 1996: http://www.arpnet.it/ufo/ufotel82.htm. Per altre informazioni sul caso si veda ad es. Carlos Alberto Heredero Gracia: http://es.geocities.com/ovniscubanos/articulo6.htm.
5) Heredero Gracia Carlo Alberto, "Fenomenos Anomalos", in http://es.geocities.com/ovniscubanos/fenoman.htm, sito Ovnis Cubanos, 2003.
Insieme ad una inchiesta sulle testimonianze della "Luz de Yara", si accenna anche ad un caso cubano nel "Triangolo delle Bermude". L'indagine di Carlos Alberto Heredero Gracia sulla Luce di Yara cominciò nel 2000.
6) Feijóo Samuel, "Misteri e leggende di Cuba", Arcana, Padova, giugno 1998.
7) Nobili Carlo, "Hatuey e gli indiani di Cuba", in http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/ItaliaCuba/hatuey.htm, sito Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba.
Nobili è antropologo americanista del Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini" di Roma.
8) Heredero Gracia Carlos Alberto, "Fenomenos Anomalos. La Luz de Yara mito mayor cubano. Introducción", in http://es.geocities.com/ovniscubanos/fenoman.htm, sito Ovnis Cubanos, 2003.
9) Heredero Gracia Carlos Alberto, "Fenomenos Anomalos. La Luz de Yara en Baracoa", http://es.geocities.com/ovniscubanos/fenoman.htm, sito Ovnis Cubanos, 2003.
10) Rivero Glean Manuel & Chávez Spínola Gerardo, "Catauro de seres míticos y legendarios en Cuba", Centro de Investigaciones para la Cultura Cubana Juan Marinello, La Habana, (s.d.).
Ad ottobre 2003, contattato via e-mails, Gerardo Chávez Spínola (guaican@cubaliteraria.com), editore del "El Guaicán Literario", rivista cubana di fantascienza, sito: http://www.cubaliteraria.com/guaican/index.html mi informa che, per una rara combinazione della sua vita, sta preparando il libro "Catauro de seres míticos y legendarios en Cuba" (allora non ancora pubblicato) che tratta tra l'altro anche della Luz de Yara (p. 229, p. 235, pp. 237-239) e delle bolas de candelas (le "palle candela", un termine che viene usato anche in altre parti del sud-america)(pp. 390-396). Il libro è una raccolta di 700 racconti in relazione con la mitologia cubana.
11) Heredero Gracia Carlos Alberto, "Fenomenos Anomalos. La Luz de Yara en la provincia Granma", in http://es.geocities.com/ovniscubanos/fenoman.htm, sito Ovnis Cubanos, 2003.
12)Corrales Scott, "Holograms and High Strangeness", cap. "The Cuban Scenario Revisited", in http://www.fatemag.com/200303March.html, riv. Fate, marzo 2003.
13) E' possibile trovare qualche ulteriore dettaglio sulla Caridad del Cobre, tra i tanti siti, ad esempio in: http://www.corazones.org/maria/america/cuba_caridad_cobre.htm.
5) Cabrera Infante Guillermo, "El nino prodigio", in http://www.cartadecuba.org/cabrera_infante.htm, giornale Diario del Pais, 2000.
Ringraziamenti
Ringrazio in particolare Gerardo Chávez Spínola e Carlos Alberto Heredero Gracia.

27 maggio 2004 (CISU © 2004, testo rivisto 2007)

sabato 15 maggio 2004

COME DEFINIRE GLI UFO? [articolo breve di Giorgio Abraini]

Sin dalla sua creazione, la sigla UFO (Oggetti Volanti Non identificati) ha sofferto di ambiguità interpretative: erano da considerare "UFO" solo gli "oggetti", o anche le "luci"? Non era forse meglio parlare di un più generico "fenomeno aereo"? E poi, questo "oggetto" doveva per forza essere "volante"? Oppure bastava che fosse presumibilmente "capace di volare", anche se magari era stato osservato soltanto al suolo? Queste sono solo alcune delle ambiguità che vari ricercatori nel tempo hanno tentato di risolvere o attenuare.
C’è una cosa, però, che per quanto mi risulta della sigla UFO non è mai stata messa in discussione: la "U" di "non identificato". Non che anche su questo aspetto non ci fossero problemi (non identificato da chi? In base a quali competenze? In base a quali informazioni disponibili?), ma almeno sulla terminologia tutti gli ufologi sono sempre stati d’accordo. Mi sembra quindi opportuno partire da questo punto per fare qualche riflessione sulla definizione di UFO.
Se il fenomeno osservato dal testimone deve essere non identificato affinché sia di interesse degli ufologi, viene spontaneo tornare alla usuale distinzione tra un fenomeno osservato e non identificato
a) dal testimone: è un UFO in senso "lato"; oppure
b) da uno studioso competente: è un UFO in senso "stretto".
Conseguentemente, da questo punto di vista può essere opportuno adottare due differenti "definizioni".
Per chiarezza, occorre notare che in questo contesto il termine "UFO" è usato da due prospettive diverse: la prospettiva dell'ufologo, che ha bisogno di definire l'oggetto del proprio studio; e la prospettiva del testimone, che invece "sa già" cosa sono gli UFO ma solitamente ha bisogno di sapere con certezza se ciò che ha visto era davvero un UFO oppure no.
Formalizziamo per comodità i due punti di vista con questi simboli:
UFO (U)= UFO per l'ufologo;
UFO (T)= UFO per il testimone.
La distinzione tra UFO in senso "lato" o in senso "stretto", riferendosi alla prospettiva dell’ufologo, può essere quindi formalizzata in questo modo:
UFO (U, L)= UFO (U) in senso "lato";
UFO (U, S)= UFO (U) in senso "stretto".
Ora si possono esaminare più in dettaglio le due definizioni.
Tuttavia, ora mi concentrerò solo sulla prima definizione, lasciando a margine la seconda.
1) UFO (U, L): UFO in senso "lato".
L’UFO in senso lato si può definire come ciò che il testimone:
a) non riconosce con certezza
b) associa al fenomeno UFO
Espressa in questo modo, la definizione appare un po' tautologica. Tuttavia, tenendo conto della distinzione operata sopra tra la prospettiva dell’ufologo e la prospettiva del testimone, si può riscrivere la definizione in questo modo: UFO (U, L) è ciò che il testimone non riconosce con certezza e associa a UFO (T). È chiaro che, in questo senso, UFO(T) coincide con quello che Edoardo Russo ha chiamato "mito UFO" [1].
È come se io, ufologo, dicessi: "a me interessa occuparmi di tutto ciò che tu, testimone, pensi che sia un UFO, qualunque cosa questa sigla significhi per te". Può sembrare una definizione troppo generica, ma purtroppo credo sia impossibile dare una definizione chiusa di fenomeni tanto eterogenei quali sono quelli ormai inglobati nella sigla UFO.
Il punto, lapalissiano, è che non sapendo in realtà cosa sono precisamente gli UFO, c’è la tendenza ad associarvi molti argomenti "misteriosi" che generano il "mito UFO".
Tuttavia, quella presentata non è una definizione così peregrina se si pensa che essa è stata proposta anche da altri ricercatori in termini analoghi: ad es. C. Maugè scrive che il fenomeno UFO in senso lato è costituito dall’insieme dei casi di pre-UFO, definendo il pre-UFO come "ogni ‘osservazione’ riferita, reale o no, che induca il testimone, o che altre persone decidano, a torto o a ragione, di etichettare come ‘UFO’" [2].
Oppure J. Allen Hynek scrive che "Ci sono molte cose nella vita e intorno a noi che sono non identificate in un senso o nell’altro […]. Nella misura in cui una qualunque di queste cose entra a far parte del flusso di relazioni su avvistamenti UFO […], esse devono essere incluse nella definizione operativa di UFO" [3].

Fenomeni percepiti ma non "visti"
Una caratteristica della definizione di UFO (U, L) che ritengo importante sottolineare è che essa non fa alcun riferimento a oggetti "visti" dal testimone. In effetti non c’è motivo alcuno di escludere a priori fenomeni percepiti ma non "visti": attualmente essi sono considerati, secondo le convenzioni di catalogazione adottate dal CISU, come casi "paraufologici", accostati al fenomeno UFO ma non proprio di pari dignità. Forse sarebbe opportuno rivedere questo approccio: se ripenso ad es. alla serie televisiva UFO dei fratelli Anderson, i dischi volanti emettevano un suono caratteristico ogni volta che comparivano. Ora, supponiamo che nell’immaginario collettivo gli UFO siano associati a un suono tipico: se un giorno un testimone si rivolgesse all'ufologo dicendo: "ho sentito il rumore degli UFO", per quale motivo la sua testimonianza non dovrebbe essere considerata ufologica a tutti gli effetti?
Bisogna infatti ricordare che l’oggetto del nostro interesse riguarda primariamente le "testimonianze" UFO, ovvero la relazione dell’evento che il testimone ha interpretato come ufologico [4].
Da questo punto di vista sarebbe forse opportuno anche rivedere il sistema di classificazione della casistica, che attualmente dà appunto per scontato che i casi UFO siano "avvistamenti" di UFO. Del resto, ad es., anche molti casi di abduction sarebbero da escludere perché avvengono senza che il testimone "veda" un oggetto volante; eppure essi sono solitamente considerati parte integrante del fenomeno UFO.
Se ciò avviene è anche perchè il testimone, associando le abduction agli extraterrestri e associando gli extraterrestri al fenomeno UFO, interpreta l’evento abduction in senso ufologico.
Allo stesso modo, non ha alcuna importanza che l’oggetto sia "volante" o sia ritenuto "capace di volare", o che sia visto in cielo o sulla terra o sul mare: ciò che importa è che il testimone associ la sua esperienza agli UFO e che non sia in grado di ricondurla a cause note: se così è, essa sarà un caso ufologico in senso lato.
Ad analoghe conclusioni giunge anche R. Haines, là dove dice che "la presenza di un UFO non necessita di essere limitata a qualche apparizione visiva ma dovrebbe essere esperita sia attraverso gli altri sensi o, forse, anche attraverso un’indiretta consapevolezza della sua presenza" [5].
Alcuni potrebbero lamentarsi che in una definizione degli UFO come quella che dà Haines [6] si potrebbero includere anche i fantasmi e altri fenomeni che "chiaramente" sono non ufologici, con la conseguenza di allargare indebitamente il campo d’indagine degli ufologi. La mia risposta è che ciò dipende, in definitiva, dal testimone: se il testimone vede una "macchia di luce" dall’aspetto antropomorfo e la interpreta come un fantasma, il caso non è ufologico; ma se la interpreta come un essere extraterrestre e quindi viene collegata al "mito UFO" cui si è accennato, allora il caso è ufologico.
Ciò che è ufologico per il testimone, deve esserlo anche per l’ufologo.

La mancata identificazione da parte del testimone
A proposito della mancata identificazione, occorre notare che ciò non preclude al testimone la possibilità di proporre un’ipotesi di identificazione: è sufficiente che egli non sia certo della sua ipotesi, ovvero che lasci spazio al dubbio. Il fatto che egli si rivolga a un qualche "esperto" (non necessariamente un ufologo) per sciogliere questo dubbio è un chiaro indizio che egli non ha identificato il fenomeno cui ha assistito. Accade spesso che il testimone riporti la sua esperienza rilevando che l’oggetto osservato sembrava ad es. una meteora ma qualche caratteristica (velocità, colore, grandezza…) gli ha fatto scartare l’ipotesi. In tal caso, poiche’ di fatto il testimone non ha riconosciuto l’oggetto, il suo avvistamento è ufologico a tutti gli effetti.
Occorre poi tenere presente quei casi in cui il testimone di fatto identifica, secondo i suoi schemi interpretativi, il fenomeno percepito ma cionondimeno il fenomeno viene considerato ufologico dagli ufologi. Si pensi al caso in cui il testimone riferisce di aver visto certamente un ricognitore spaziale venusiano: poiché egli non ha dubbi sull’identificazione, il suo non può essere considerato un UFO a rigor di termini.
Tuttavia, poiché la sua identificazione non fa riferimento a cause note (anche non comuni, ma sulle quali ci sia sufficiente consenso sull’origine e le caratteristiche del fenomeno), è a discrezione dell’ufologo considerare ugualmente il caso come "non identificato" e quindi UFO.
Si tratta di un UFO in senso indiretto, che nei cataloghi CISU viene contrassegnato dal sottotipo "non UFO per il testimone".
2) UFO (U, S): UFO in senso "stretto" UFO (U) in senso "stretto" è ciò che:
a) è UFO (U, L);
b) uno studioso competente non riesce a identificare, pur avendo a disposizione dati sufficienti
Qui bisognerebbe chiarire come possa essere definito "competente" uno studioso, e quali siano questi famosi "dati sufficienti", ma per ora lascio in sospeso questi argomenti.

Raccolta delle testimonianze vs. indagine delle testimonianze
A questo punto è possibile vedere il problema da un altro punto di vista: E. Russo [1] giustamente pone l'accento sulla necessità di raccogliere tutti i dati per poi filtrarli, analizzarli, compararli, ecc.
Questa necessità è alla base della differenza tra raccolta delle testimonianze e indagine delle testimonianze. Mentre le testimonianze da raccogliere e catalogare sono tutte quelle che ricadono nella definizione di UFO (U, L), non tutte devono necessariamente essere sottoposte a indagine.Si può quindi giungere a una terza definizione di UFO, relativa a ciò che andrebbe studiato dagli ufologi: indico questo insieme di casi con UFO (U, I). UFO (U, L) è invece ciò che andrebbe raccolto, e UFO (U, S) è ciò che rimane dopo che sono state svolte le indagini e che dovrebbe essere ulteriormente approfondito. E' a questo punto (non a livello di raccolta e archiviazione delle testimonianze) che diventa lecito assumere criteri più o meno restrittivi per delimitare il campo d’indagine degli ufologi. Personalmente, ad es., io escluderei da UFO (U, I) i casi di abduction e paralisi nel sonno; i cerchi nel grano; i fenomeni percepiti ma non "osservati". Per fare un caso concreto, secondo questo punto di vista una testimonianza come quella di Baida (PA) [7] andrebbe catalogata ma non studiata. Catalogata perché l’evento è stato associato dalla testimone a cio’ che lei ritiene essere il fenomeno UFO; non studiata perché non ha elementi che ricadano nel nostro campo di indagine [8].
Ci sarebbe in effetti anche un altro tipo di studio, il cui oggetto coincide con UFO (U, L): esso consiste nell’analisi statistica dei dati del catalogo delle testimonianze al fine di trovare eventuali "costanti di comportamento" che, come dice E. Russo [1], ci aiutino a definire gli UFO (U, I) o gli UFO (U, S).
Si tratta però di un’attività affatto diversa da quella delle classiche "indagini", e ciò giustifica differenti definizioni dell’oggetto di studio.

Note Bibliografiche
[1] E. Russo, "Cosa sono gli UFO", e-mail inviata al newsgroup it.discussioni.ufo:
[...Per evitare fraintendimenti, chiarisco subito la mia posizione concettuale:
a) Esiste un fenomeno "UFO in senso lato", dato dalle testimonianze di chi ha visto qualcosa di strano in cielo; questi sono i dati grezzi che ci troviamo a raccogliere, analizzare e filtrare;
b) Un sottoinsieme di questi risulta non identificato dopo adeguata analisi: è il fenomeno "UFO in senso stretto", di dimensioni molto più ridotte (le stime oscillano tra l'1% e il 10% del campione di cui sopra) ma significativo ed interessante proprio per la sua irriducibilità;
c) Circa la natura del sottoinsieme (b) esistono varie ipotesi, fra cui la più diffusa e popolare è senz' altro quella secondo cui si tratterebbe di visitatori extraterrestri; tale ipotesi non risulta peraltro ancora dimostrata o provata; d) Parallelamente al "fenomeno UFO" si è col tempo prodotto un mito UFO, costituito dall' insieme degli stereotipi, delle opinioni, delle immagini e dei concetti associati al termine "UFO" dai mass media; il mito sembra essere stato generato dal fenomeno, ma da un certo punto in poi ha prodotto un effetto feedback, influenzando il fenomeno (intendo in fenomeno sub (a), nella parte complementare a quello sub (b): ad es. il tizio che mentre osserva la Luna pensando che sia un UFO, nota dei disturbi sul televisore di casa e sapendo che gli UFO provocano effetti elettromagnetici collega i due fatti).
Gli ufologi che si occupano di raccolta dei dati si trovano inevitabilmente davanti al fenomeno UFO in senso lato, perchè UFO è ormai divenuta un' etichetta che copra qualsiasi cosa non solo di anomalo ma anche solo di insolito venga visto in cielo.
Io posso anche decidere di non occuparmi di meteore, palloni, aerei, corpi astronomici, ecc. per dedicarmi ai veri UFO, ma il problema pratico è che nel 90% dei casi in cui leggo sul giornale una notizia di avvistamento UFO, si tratta di UFO in senso lato che, approfonditi, si rivelano IFO: rumore di fondo da eliminare? Benissimo, ma per distinguerlo dal segnale degli UFO in senso stretto (o veri UFO, se preferisci) non c'è altra strada che raccogliere tutto e filtrarlo.
Non c'è nulla di disdicevole in ciò, né vi puoi trovare indizi di cover-up o simili: è semplicemente una necessità imposta dai dati, analogamente a quello che succede in tante altre branche del sapere...
... La risposta a questa tua domanda è implicita in quanto sopra: per separare il grano dal loglio devi prima raccogliere tutto. Poi puoi separarli e concentrarti sul grano. Ma per farlo devi anche essere capace di distinguere il grano dal loglio, l' UFO dal non-UFO.
E qui c'è un problema: l' UFO è definito per negazione, ovvero il vero UFO è il non-pallone, non-aereo, non-meteora, ecc.
Non abbiamo ancora trovato costanti di comportamento intrinsecamente proprie dei veri UFO che ci consentano, chessò , di definire l'ambito (b) come l' insieme degli oggetti volanti di pianta circolare ed aspetto metallico che hanno un comporamento aerodinamico del tipo xyz.
E purtroppo è frequente trovare su certe pubblicazioni (cosidette ufologiche) elaborate elucubrazioni a proposito di quella che qualunque astrofilo (appassionato di astronomia) riconoscerebbe a colpo d' occhio come un bolide.
Oltre a sviare attenzione e risorse dallo studio dei veri UFO, certe ingenuità (che potevano essere accettabili negli anni '70, ma non piu' dopo tutto il dibattito che c'è stato nel decennio successivo, da Hendry in poi) screditano , queste sì, l' ufologia agli occhi degli scienziati anche ben disposti (e ce ne sono molti).
Un' altra sgradevole (e scomoda) conseguenza della definizione per negazione (o per esclusione) è che i veri UFO potrebbero in realtà essere un insieme eterogeneo, ovvero contenere più fenomeni aventi natura diversa fra loro (è quella che l' ex-presidente del CUN, Mario Cingolani, aveva battezzato teoria del conglomerato), con caratteristiche anche profondamente diverse fra loro: ad es. ci potrebbero essere delle astronavi provenienti da Zeta Reticuli con a bordo umanoidi Grigi a 4 dita, epperò anche delle entità biologiche plasmoidi solo parzialmente percebili nel nostro spettro di luce visibile, in grado di modificare il loro aspetto e magari anche di interferire con il nostro sistema percettivo (sembrerà una stupidaggine, ma vi sono studiosi che sostengono anche questa tesi, e pure con dati sperimentali, anche in Italia), oltre ad intelligenze non umane da sempre coesistenti con noi in altre dimensioni o realtà parallele, e via via manifestatesi nel corso della nostra storia come divinità, fate, spiriti, animali misteriosi ed ora magari pure come alieni in senso ET, camuffandosi intenzionalmente a noi per i propri fini che possiamo solo ipotizzare (la cosiddetta operazione Cavallo di Troia di uno dei due filoni della teoria parafisica); per non parlare di alcune sperimentazioni di armi psicotroniche nell'ambito di operazioni di guerra psicologica da parte di servizi segreti terrestri (tutta l'opera di Marcello Coppetti, ma anche parte di Vallée).
Questo non per offrire SPIEGAZIONI più o meno verosimili, ma per dire che forse il quadro è un pò più complesso ed articolato di quanto la lettura della pubblicistica commerciale possa far vedere.
E questo ci porta ad un altro degli argomenti che hai sollevato: ...E' una procedura perfettamente razionale e logica quella di parzializzare, ovvero di separare, categorizzare e classificare i casi in maniera da poter comparare quelli fra loro simili, per eliminare eventuali contaminazioni derivanti dalla sopra citata compresenza di fenomeni diversi.
Questo è pacifico non solo nel metodo scientifico, ma nella stessa ufologia di orientamento scientifico, da Aimé Michel a Jacques Vallée a J. Allen Hynek, che hanno proceduto in questa direzione.
... Esistono decine di progetti di ricerca in corso, in tutto il mondo, da parte di ufologi; esiste una letteratura specializzata seria, esistono perfino riviste peer refereed che adottano gli stessi canoni delle pubblicazioni scientifiche.
Circa il prendere in considerazione TUTTI i dati, sono perfettamente d'accordo. Ma questo non vuol dire che tutti i dati debbano avere lo stesso peso, o che debbano essere considerati SEMPRE, tutti INSIEME: tornando all' esempio di cui sopra, l' indagine e lo studio di un caso di abduction hanno peculiarita' e richiedono strumenti ben diversi da un caso radarico.
Sarebbe criminale buttare via o ignorare ogni singolo dato, seppure apparentemente irrilevante, ma sarebbe semplicemente controproducente mettere tutto insieme senza cercare di, appunto, classificare, suddividere ed esaminare in maniera articolata i vari tipi di dati.
Tra l' altro, proprio da questa esigenza che tu così bene esprimi deriva tutta la produzione concettuale che ha rivalutato (a partire dalla fine degli anni '70) il fatto che il raccogliere ed analizzare i casi IFO sia comunque produttivo, principio fatto proprio anche dall' ala più estrema dell' extraterrestrialismo: pensa al concetto del parassitismo dei rientri atmosferici, o al mimetismo di Jaillat... ]
[2] C. Maugè, "UFO-IFO: il punto della situazione", monografia CISU nr. 4, 1988. Anche Maugè avverte il pericolo di tautologia nella sua definizione, in tal caso aggravato dalla locuzione "a torto o a ragione" che fa presumere l’esistenza di una "vera" definizione di UFO cui appellarsi.
[3] J. Allen Hynek, lettera di commento a M. Martin, "Defining UFO" (apparso su Zetetic Scholar n. 9), in Zetetic Scholar nr. 10. Traduzione mia.
[4] P. Toselli scrive: "a noi interessa raccogliere tutto quello che viene considerato UFO dal testimone, indipendentemente dal fatto che una successiva analisi […] affermi l’identificazione […] dell’evento che ha originato la segnalazione" ("L’importanza del ‘Non Identificato’", in UFO. Rivista di Informazione Ufologica, nr. 22, 1999).Anche J. Allen Hynek (op. cit.) scrive: "dopotutto noi non studiamo gli UFO; noi studiamo le relazioni di avvistamenti UFO, e se dobbiamo provare a dare una qualunque definizione, questa dovrebbe essere una definizione operativa (qualcosa di simile alla definizione operativa di Scienza: la Scienza è ciò che fanno gli scienziati). In base a ciò, un UFO è ciò che viene descritto nelle relazioni di avvistamento". Traduzione mia.
[5] R. Haines, "Defining the UFO", in H. Evans, J. Spencer, UFOs 1947-1987: the 40-year search for an explanation, Fortean Times 1987.[
[6] "Manifestazioni del fenomeno UFO sono riportate nelle relazioni sulla percezione o sulla consapevolezza indiretta di un oggetto, sorgente luminosa, o presenza di qualcosa nel cielo, sulla terraferma, o al di sotto della superficie di una massa d’acqua il cui aspetto, traiettoria e dinamica generale, luminosità o proprietà riflettenti non suggeriscono una spiegazione che rientra tra le spiegazioni convenzionali o logiche attuali, e che rimane non identificato dopo che tutti gli elementi relativi all’avvistamento sono stati studiati da persone tecnicamente competenti, incluso l’investigatore sul campo (coinvolto nel caso), le quali hanno applicato alle loro analisi sia ipotesi di identificazione di senso comune sia la propria intuizione". R. Haines, op. cit. Traduzione mia.
[7] In un periodo non precisato (probabilmente verso la fine degli anni ’70 – anni ’80), a Baida (comune di Palermo), la testimone sente "un rumore di qualcosa che muovesse acqua" e chiama la madre (radioamatrice che aveva installato una radio privata), la quale osserva una scia in cielo come quella di un aereo. Qualche tempo dopo la testimone comincia ad accusare dolori e le viene individuato un corpo estraneo tra due vertebre, il quale sparisce improvvisamente dopo circa tre anni. La testimone spiega l’intera vicenda in chiave extraterrestre, sostenendo che essi avevano captato le onde emesse dalla radio privata e si erano avvicinati per studiare i terrestri, salvo poi essere messi in "fuga" lasciando la scia osservata dalla madre. Tuttavia non sembra chiara la relazione tra gli extraterrestri e il presunto corpo estraneo.
[8] Alcuni ricercatori hanno espresso perplessità sulla "ufologicità" di questo caso, non essendoci "oggetti" osservati dai testimoni e non essendoci alcuna prova dell’eventuale presenza di alieni. Per quanto mi riguarda, la connessione indotta dalla testimone tra la sua vicenda e gli extraterrestri e quindi con il fenomeno UFO è motivo sufficiente ad includere il caso nei cataloghi CISU. Tuttavia, le stesse considerazioni che hanno suscitato perplessita’ nei miei colleghi mi inducono a non includere questo caso tra quelli da indagare: esso è stato catalogato come caso "paraufologico".