venerdì 28 dicembre 2012
29 NOVEMBRE. UNA TELECAMERA SUL BROWN MOUNTAIN
domenica 14 ottobre 2012
HESSDALEN. LE LUCI CONTINUANO A FAR PENSARE
Anche il giornalista scientifico Luigi Bignami ne da informazione, in data 11 ottobre, sul Blog della rivista Focus:
http://blog.focus.it/effetto-terra/2012/10/11/il-mistero-degli-ufo-di-hessdalen-forse-risolto/
In questi giorni si è appena concluso il Science Camp, che ogni mese di settembre porta di studenti di Erling Strand e di Bjorn Hauge (dell’Ostfold College) in visita a Hessdalen per uno Skywatch strumentale.
Durante questa occasione spesso il gruppo di tecnologi italiani diretti da Stelio Montebugnoli e Jader Monari, conduce una missione insieme ai norvegesi, per una messa a punto della strumentazione della stazione fissa Blue Box, che opera un monitoraggio della valle.
Negli ultimi anni si è aggiunto anche un gruppo di scienziati francesi, e sembra profilarsi una collaborazione di programma tra i tre Paesi, per una raccolta di dati più ampia del fenomeno di Hessdalen (che ha ancora bisogno di una certa mole di dati correlati per essere validato).
Per poter operare una raccolta di dati che abbiano un senso e che siano correlabili, sia tecnologi che scienziati si basano sulla formulazione di un certo numero di idee, che se supportate in seguito da questi dati interpolati possono rivelarsi delle buone ipotesi per spiegare i fenomeni luminosi di Hessdalen (così come altri).
In effetti durante l’ultima missione Jader Monari (tecnologo presso INAF, radiotelescopi di Medicina) e Romano Serra (fisico presso l’università di Bologna), hanno sviluppato l’idea che
il rame e lo zolfo di antiche miniere della valle insieme al ferro presente nelle rocce sul versante opposto della valle darebbero origine a una gigantesca “pila” naturale.
Come in una pila le linee di forza trasporterebbero particelle elettriche che potrebbero dare origine alle luminosità osservate nell’area.
Questa idea comporta più che la soluzione esplicativa del fenomeno, un ampio programma di rilevamento delle condizioni geo-elettriche della zona, e una valutazione degli ingredienti necessari a far si che ci possa essere l’innesco di questa fenomenologia luminosa, che va da microflashes a sferoidi di una certa dimensione.
Già in passato si era sospettato che le vecchie miniere abbandonate avessero un qualche ruolo nel fenomeno, qui il gruppo italiano sviluppa l’idea confortandola con la geologia della zona.
Si deve ricordare che intanto a Medicina, il gruppo italiano, sta completando la messa a punto degli strumenti della nuova Blue Box, che si spera al più presto di poter trasportare a Hessdalen.
Al contempo si sta cercando di automatizzare il rilevamento ottico della Blue Box esistente.
A quella latitudine la tecnologia è sempre messa a dura prova dalla Natura, e dalle condizioni climatiche al limite.
martedì 14 agosto 2012
LA DIFFICILE CURIOSITA’ DI CURIOSITY
giovedì 21 giugno 2012
INCREMENTATA LA STRUMENTAZIONE DEL GRUPPO 45° GRU
lunedì 14 maggio 2012
LA DAMA FANTASMA E IL MOSTRO DEL LAGO
giovedì 10 maggio 2012
IL NUOVO SOSO TRACKER: A 360° LA RICERCA DELLE CELLE TEMPORALESCHE E DEI FENOMENI TLE
Presso i Radiotelescopi di Medicina, è stato installato, da pochi giorni, il nuovo sistema di osservazione ottica SOSO Tracker, a partire da un'idea dell'astrofilo Nico Montigiani del gruppo IMTN, sviluppata dal tecnico Massimo Silvestri del CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen).
Il software di Montignani, in accordo con lui, è stato modificato in modo da poter renderlo compatibile con il sistema operativo di SOSO.
Questo container Hera-SOSO, una volta completamente attrezzato, sarà destinato allo studio dei fenomeni luminosi, nella valle di Hessdalen.
L'apparecchiatura di SOSO Tracker, per ora in prova, dovrebbe facilitare la cattura di fenomeni TLE (Transient Luminous Event) grazie al sistema automatico di direzione della telecamera verso le cellule temporalesche attive, in un raggio molto ampio di azione (vedi immagine cartina).
Ed in particolare su SOSO Tracker, si veda:
http://www.ciph-soso.net/SOSO/SOSO_HW.html
[ Info: Renzo Cabassi e Massimo Silvestri, CIPH]
venerdì 27 aprile 2012
ASSEMBLEA GENERALE EGU (EUROPEAN GEOSCIENCES UNION) 2012
Nella giornata del 23 aprile sono stati analizzati nuovi aspetti del primo Gigantic Jet catturato in Europa ad opera dell’astrofilo Ferruccio Zanotti (IMTN).
Nel pomeriggio della giornata del 23 aprile, nella sezione “poster”, E. Arnone, J. Bor, O.A. Chanrion, R. Labanti (del nostro CIPH), K. Mezuman, T. Neubert, A. Odzimek, S. Soula, O. van der Velde, Y. Yair e Eurosprite, hanno trattato della distribuzione e del ciclo stagionale dei TLE sopra l’Europa in: "On the distribution and seasonal cycle of transient luminous events above Europe" (vedi Abstract).
Giornate interessanti, per quanto riguarda i nostri argomenti, sono state anche quelle di martedì 24 aprile e di venerdì 27 aprile, dove ancora una volta l’EGU, con particolare lungimiranza, ha ammesso la trattazione di argomenti di confine come UAP (Unidentified Aerospace Phenomena) e HL (Luci di Hessdalen).
Sono stati tre i “poster” dedicati alle Luci di Hessdalen.
Come riportato a suo tempo in questo Blog, un gruppo di ricercatori francesi ha supportato il tradizionale gruppo di ricerca italo-norvegese del Project Hessdalen, in una pre-missione in Norvegia, per il consolidamento di una ipotesi di collaborazione a tre.
Circale loro misurazioni a Hessdalen gli autori T. Farges, E. Blanc, e E. Strand, fanno il punto, in “Unknown radio emission at about 3 MHz recorded in Norway”, dovetyrattano di emissioni-radio sconosciute, analizzandone la ciclicità in diversi periodi dell’anno, e sviluppando quindi alcune ipotesi.
mercoledì 25 aprile 2012
27 FEBBRAIO 2012. MISTERIOSI ORBS CONFONDONO LA CONTEA DA DECENNI. UNA BREVE INTERVISTA ALL' ASTRONOMO CATON
mercoledì 29 febbraio 2012
I GIORNALI FRANCESI RIPARLANO DEL GEIPAN
Visto da lontano, da noi cugini d’Oltralpe, il GEIPAN del suo nuovo direttore Xavier Passot è un oggetto non identificato, o quantomeno non ancora identificato.
Chi si interessa di Ufo sa bene che il GEIPAN francese è l’unico organismo pubblico che ha avuto a disposizione, da decenni, alcune risorse allo studio degli avvistamenti di quelli che con un termine meno evocativo ha denominato PAN (dal francese Fenomeni Aerospaziali Non-Identificati).
Ora a distanza di pochi giorni tre giornali francesi intervistano il suo ultimo direttore Xavier Passot, che come il suo predecessore Yves Blanc (in carica per pochi anni prima della pensione), mostra tutte le cautele del caso, ridimensionando gli entusiasmi della gestione di Jean Jacques Velasco.
Il primo è il giornale La Depeche , il 12 febbraio 2012, che pubblica una notizia su un caso bolidare nel dipartimento della Haute-Garonne, a cui fa seguito il commento di Passot, che spiega (come farebbe un astrofilo) come avviene la “misurazione”di un meteorite che lascia una traccia nel cielo durante la sua entrata in atmosfera. Passot spiega anche che esiste nei loro archivi un 20% di casi non identificati. All’evidenza del meteorite il giornalista contrappone l’attesa degli ufologi per il disvelamento dei documenti top secret della US Air Force.
Ancora una volta, chi avesse voluto capire qualcosa sul problema posto dalle testimonianze Ufo, resterà deluso dalla lettura di questo giornale che, per farla corta con gli Ufo, titola: “Meteoriti; quando il cielo ci cade sulla testa”.
Il secondo giornale, L’Alsace, pubblica un altro articolo riguardo il Geipan, il 19 febbraio 2012, dal titolo più problematico: “Il cacciatore di Ufo n. 1 di fronte al 22% di osservazioni senza spiegazione”.
L’Alsace riporta in breve la storia del Geipan iniziata 35 anni fa (allora Gepan), e intervista Passot che parla del rigore scientifico che mettono in atto come organismo nel trattamento delle testimonianze.
Si cita il successo di visite sulle pagine della casistica pubblicata sul sito web del CNES (Centre national d’études spatiales) di cui il Geipan fa parte, e si riassume il metodo di catalogazione delle testimonianze in uso.
Infine l’articolo del giornale nazionale Le Monde, il 26 febbraio 2012, con un titolo molto simile: “Professione: ingegnere, cacciatore di Ufo”.
Qui il giornale festeggia uno strano anniversario, il settantesimo anniversario dei “dischi volanti e dei loro occupanti” ovvero dei “fenomeni aerei strani”, che fa risalire al 26 febbraio 1942, quando a Los Angeles in piena guerra mondiale, la difesa americana fece fuoco su un “vascello sconosciuto nel cielo”.
Sappiamo che il termine “disco volante” risale al famoso avvistamento di Kenneth Arnold del 1947 (e che quello di “UFO” è successivo), ma non dobbiamo meravigliarci di queste retrodatazioni (da noi c’è chi ha festeggiato i 150 degli Ufo).
Poco importa, al giornalista interessa far notare che la vigilia di quella data di settanta anni fa è il compleanno di Passot, e che quindi il direttore del Geipan si sente in qualche modo “un predestinato”.
Non è certo il modo migliore per iniziare un discorso sulle “verifiche scientifiche rigorose”, ma sappiamo che così funziona “la notizia”.
Passot introduce nell’intervista un concetto abbastanza nuovo per quanto riguarda il 22% di non-identificato (una percentuale assai elevata se confrontata con le altre percentuali delle associazioni ufologiche) spiegando che una volta eliminate “le testimonianze poco consistenti” restano “molti pochi casi misteriosi”.
Per farla breve queste pagine di ben tre giornali dedicate al Geipan di Passot non è che ci rendano un particolare stato di ottimismo.
Il fatto è che la vera notizia, è sempre nascosta dietro un ammasso di deja-vu ufologici.
E’ infatti l’ultima frase in fondo all’articolo del giornale L’Alsace ad informarci che: “A fine 2014 il Geipan conta di disporre di un centinaio di telecamere che osserveranno i fenomeni luminosi sopra i 50 chilometri di altitudine per perfezionare la sua caccia”.
[Fonti: Gilles-R. Souillés, giornale La Depeche, http://www.ladepeche.fr/article/2012/02/12/1283045-meteorites-quand-le-ciel-nous-tombe-sur-la-tete.html;
André Schlecht , giornale L’Alsace, http://www.lalsace.fr/actualite/2012/02/19/le-chasseur-d-ovnis-n-1-face-a-22-d-observations-inexpliquees;
Jean-Guillaume Santi, giornale Le Monde, http://www.lemonde.fr/societe/article/2012/02/26/profession-ingenieur-chasseur-d-ovnis_1648228_3224.html
; Info: Roberto Labanti e Nadine Vasse]
domenica 26 febbraio 2012
ATTI DEL CONVEGNO DI FORNOVO- 2010. “FENOMENI LUMINOSI IN ATMOSFERA E PRECURSORI SISMICI”
Ricevo dal vicesindaco di Fornovo di Taro (Parma), gli Atti del Convegno (in inglese) che si era tenuto il 21 aprile 2010, presso il cinema Lux, su “Fenomeni Luminosi in Atmosfera e Precursori Sismici”, e volentieri riporto la notizia.
Erano intervenuti:
*James Bunnel (USA), ingegnere aerospaziale,
“Investigation of Luminous Phenomena Seen Near Marfa, Texas”.
*Massimo Teodorani, astrofisico e divulgatore scientifico,
“A Scientific Approach to the Investigation On Anomalous Atmospheric Light Phenomena”.
*Valentino Straser, geologo,
“Electro-magnetic fields and ball of light on the clayey outcrops of the River Taro Valley (North-Western Appendine- Italy)”.
E’ un’occasione rara che studiosi di questi argomenti riescano a scambiare le loro esperienze sul terreno. Questi sono pochi e dispersi sul pianeta.
In questo caso si sono incontrate due “zone di ricorrenza” di fenomeni luminosi anomali: la zona storica di Marfa nel Texas (dal 1883) e la nuova presunta zona della valle del Taro.
A fare da collante tra queste due distanti esperienze e diverso approccio, era stato l’intervento dell’astrofisico e divulgatore Massimo Teodorani, che aveva svolto una disanima delle ipotesi, delle diverse zone da lui inchiestate, con particolare riferimento alla valle di Hessdalen, ed infine delle problematiche dell’approccio scientifico per questo tipo di fenomeno.
Bunnell ha ricordato che le luci di Marfa possono essere confuse con diverse fenomenologie conosciute dagli esperti che sono fonte di molteplici errori di percezione (ad es. in certi casi anche Miraggi Notturni).
Resta un residuo di casistica, circa un 3%, che si ritiene possa essere sintomatico di un fenomeno sconosciuto e che Bunnell studia da tempo con una serie di strumenti (attraverso i quali ultimamente è riuscito anche a catturare dei TLE Sprite).
Qualche tempo fa pareva che il fenomeno fosse stato definitivamente spiegato da fari d’auto sulla Highway 67.
In effetti un gruppo di studenti di fisica dell’Università di Dallas (Texas) nel maggio 2004 ha solo “dimostrato” che fari di automobile provenienti dalla Highway 67 potevano esser visti dal punto da dove sono state più spesso osservate le Marfa Lights (View Park), e che in certi casi possono ingannare l’osservatore.
Sembra che anche per la valle del Taro esista una storia passata di luci, qui spesso legate al terremoto o alle situazioni di stress sismico (almeno a partire dal 1850).
Straser ha tracciato un elenco delle caratteristiche che potrebbero favorire l’apparizione di queste luci sismiche.
venerdì 24 febbraio 2012
2011- LA RIVISTA JOURNAL OF SCIENTIFIC EXPLORATION (JSE) E’ TORNATA SUL FENOMENO HESSDALEN
L’anno scorso la rivista JSE ha pubblicato due articoli sulle “Luci di Hessdalen”.
E’ bene ricordare che il JSE è una delle poche riviste a carattere scientifico dedicata ai fenomeni di confine, che normalmente trovano raramente posto nelle riviste scientifiche contemporanee più accreditate.
Detto questo sarebbe doveroso chiedere anche a queste rare iniziative su argomenti quali i Fenomeni Luminosi in Atmosfera del tipo di Hessdalen una maggiore severità nel referaggio degli articoli. Vero è che data la scarsa mole di studi riguardo questi fenomeni trascurati, è difficile trovare il bandolo della matassa dato anche che quei pochi scienziati che se ne sono occupati hanno operato su una scarsa quantità di dati.
Ciò è essenzialmente dovuto al fatto che non sappiamo dove certi FLA si verificano e le cosiddette “zone di ricorrenza” delle Earthlights sono spesso in luoghi lontani, come ad es. la valle norvegese di Hessdalen dove, l’esperienza insegna, è fisicamente difficile collocare strumenti e raccogliere dati. Senza parlare della scarsità di mezzi finanziari per meglio indagare il fenomeno.
Il primo articolo pubblicato dal JSE è:
Paiva S. Jarson & Taft C.A., “Hessdalen Lights and Piezoelectricity from Rock Strain”, riv. Journal of Scientific Exploration, vol. 25, n. 2, 2 febbraio 2011, pp. 273-279.
In questo articolo gli Autori tornano a parlare della loro ipotesi “Dusty Plasma Theory” di cui avevo dato informazione su questo blog, e suggeriscono che la piezoelettricità del quarzo, spesso portata a spiegazione di alcune Earthlights, non può spiegare certe particolari peculiarità assunte dal fenomeno luminoso di Hessdalen (HP), come la presenza di strutture geometriche di luce.
Gli Autori precisano che siamo spesso di fronte ad osservazioni di tipo contraddittorio ed altrettante spiegazioni, dove comunque l’ipotesi piezoelettrica ha assunto una maggiore credibilità.
Questa ipotesi però non basterebbe a spiegare tutti i comportamenti del fenomeno.
Un primo limite di questo articolo potrebbe proprio essere nel fatto che per documentare queste strutture geometriche a “bassa intensità luminosa” (?), si faccia riferimento a due immagini tratte da un video dell’astrofisico Teodorani (2004) che ha fatto molto discutere a quel tempo.
Vero è che disponendo di una quantità davvero limitata di immagini del fenomeno Hessdalen una tale scelta può essere comprensibile, ma non può essere attuata semplicemente eliminando i dubbi per via dialettica, circa un’immagine che non è attendibile al 100%. Non basta solo affermare che : “… is not a result of videocamera pixilation effects, since the same kind of shape is recorded by conventional photography” (p. 276).
Il secondo articolo su JSE è:
Paiva S. Jarson & Taft C.A., “Colors Distribution of Light Balls in Hessdalen Lights Phenomenon”, riv. Journal of Scientific Exploration, vol. 25, n. 4, 10 luglio 2011, pp. 735-746.
Qui, gli stessi due Autori, in accordo con la loro ipotesi che queste luci sono prodotte da elettroni accelerati da campi elettrici, durante rapide fratture di rocce piezoelettriche, indicano un modello fisico.
Le “sfere di luce” di Hessdalen sarebbero prodotte da onde acustiche di ioni ( IAW) interagenti con il nucleo centrale di luce di colore bianco dell’HP.
Anche in questo caso il testo dell’articolo presenta alcune affermazione che potrebbero essere considerate non proprio accurate. Per esempio si dice che “… the production of balls of distinctly different color at Hessdalen differ from standard ball lightning behavoir” (p. 736). Non si evidenzia che il “fulmine globulare” è un fenomeno ancora poco conosciuto (e dimostrato solo in laboratorio) e che coloro che hanno raccolto e catalogato testimonianze del fenomeno hanno rilevato un ampio spettro di colori (vedi ad es.: Carbognani Albino, “Fulmini Globulari”, Macro Edizioni, 2006, p. 50).
Questa differenza tra fulmini globulari e fenomeno di Hessdalen è stata spesso affermata ma mai dimostrata.
Gli Autori affermano che il colore delle sfere di luce di Hessdalen potrebbe essere il prodotto di “quantum dots” di spore di muffe, quali principali elementi semi-conduttori, su un solo lato del plasma o, in alternativa, prodotti da “aereosols” naturali, la cui natura varia con il luogo.
Precisano che comunque questa teoria non può spiegare l’intensità di luce delle sfere “satelliti” di certe osservazioni.
In questo lavoro gli Autori propongono un modello che spieghi la distribuzione spaziale del colore delle Hessalen Lights.
In accordo con questo modello, molti colori delle luci di Hessdalen sono il prodotto dell’accelerazione di elettroni dovuto ai campi magnetici che si formano con la frattura rapida di rocce piezoelettriche, specialmente nei periodi più freddi quando l’acqua sotterranea ghiaccia.
Le luci verdi (semi-relativistiche) del fenomeno Hessdalen sono dovute alla emissione di luce dell’ossigeno ionico, trasportato da onde acustiche di ioni ( IAW) che interagiscono con la luce bianca della sfera luminosa di Hessdalen.
Perché queste luci periferiche al fenomeno principale sarebbero verdi? Ciò sarebbe dovuto alla pressione della radiazione prodotta dall’iterazione tra VLF (Very Low Frequencies) e gli ioni dell’atmosfera (presenti nella parte centrale bianca della “sfera di luce”) attraverso le onde acustiche di ioni (IAW).
Questo modello mette in discussione le ipotesi sviluppate nel 2004 da Teodorani, circa le osservazioni di una luce centrale bianca che ne espelle altre.
Teodorani si era affidato all’ipotesi del fulmine globulare di Turner e riteneva che le luci “satelliti” potessero essere il frutto della ri-minimizzazione della superficie energetica effettiva.
Gli Autori dell’articolo, per confermare la loro tesi, riportano le analisi dello spettro di Hauge (2007) che parlava di presenza di ioni di silicio e scandio. Ciò sarebbe compatibile con il modello da loro proposto.
Ma noi sappiamo che i risultati dello spettro di Hauge sono stati relativizzati dallo studioso stesso dopo un iniziale entusiasmo.
Gli Autori aggiungono che linee di elio sono state ritrovate nello spettro di Hauge (2007) e questo per loro: “Può essere una forte evidenza di fusione nucleare fredda in questi plasma atmosferici, dato che l’elemento chimico è un prodotto di una fusione nucleare di atomi di deuterio in un reattore a fusione nucleare”.
Simili affermazioni con riferimento alla "fusione fredda" sono a parere di molti studiosi troppo speculative.
Per fortuna gli Autori concludono che il meccanismo di emissione dell’elio ha bisogno di essere ancora delucidato. Una alternativa, concludono più semplicemente, è che l’elio fuoriesca dalle rocce. Una volta che le rocce si fratturano, ioni di elio emettono luce una volta che ricatturano elettroni in atmosfera.
Molti studiosi potranno comunque apprezzare lo sforzo di modellizzazione di Paiva e Taft, ma se saranno abbastanza critici non potranno fare a meno di richiedere una maggiore solidità dei dati raccolti sul fenomeno, prima di mettere in campo sofisticati modelli di fisica.
Personalmente mi auguro che queste complesse speculazioni possano sollecitare l’interesse di nuovi studiosi, ma c’è il rischio, già corso in passato, di costruire un robusto edificio concettuale senza aver prima costruito le fondamenta atte a sostenerlo.