Lunedì 8 agosto è atterrata su Marte la sonda Curiosity,
evento importante passato tra la notizia di una prossima quanto improbabile
emigrazione di massa sul pianeta rosso e l’immagine misteriosa di una nube
apparsa sulle prime immagini inviate a Terra.
Parlare di Marte in modo non emotivo è difficile, e forse è
proprio questa emotività al confine con
la fantascienza il vero motore della
ricerca.
Certo lo scopo principale della missione è quello di capire
se siamo l’unica vita esistente nell’Universo, e più in particolare nel sistema
solare, ma sono portato a pensare che
l’attività pratica di Curiosity abbia molto meno a che vedere con la domanda principale “C’è vita altrove?” di
quanto si possa logicamente ritenere.
A questo tipo di domanda (se c’è vita nel sistema solare
oltre la nostra) si potrebbe, curiosamente, dare una risposta anche standosene
qui, più tranquillamente sulla Terra.
Paul Davies, nel suo ultimo libro “Uno Strano Silenzio”,
propone (e non è il primo) che esistano altre forme di vita, che magari non
prevedono la presenza di acqua come precondizione, e che neanche siamo in grado
di concepire in base alle nostre attuali conoscenze.
Questa vita “diversa” potrebbe non solo esistere
nell’Universo ma anche essere stata trasportata sulla Terra e proprio qui
potrebbe essere ricercata, se si capisse cosa esattamente cercare.
Sulla Terra potrebbe essere arrivata una Vita 2 accanto a
quella che ben conosciamo e ci appartiene.
Questa premessa per accennare come il concetto di vita possa
essere più complesso della semplificazione scientifica che ha finora sorretto
il SETI, piuttosto che altre ricerche … sul terreno.
In altre parole ritengo che la ricerca di vita su Marte, è
solo una delle spinte ideologiche di questa così importante missione.
Nella scelta del tipo di missione e del luogo di “ammartaggio”
convergono anche altre problematiche più “terra terra”, quali ad esempio la
sopravvivenza della esplorazione spaziale stessa, della Nasa come
organizzazione, etc.
Ora è evidente che una volta accettati, in qualche modo, due
concetti abbastanza antitetici di vita, gli scienziati debbano scegliere delle direttive di ricerca
che non sono solo “scientifiche”.
Le due possibilità accettabili in linea di ipotesi (in
assenza di alcuna prova) sono quindi:
1) che
ci siano altre forme di vita simile alla nostra
2) che
ci possano essere forme di vita diverse
dalla nostra basate su altri presupposti.
L’opzione 1, non per forza la più
vera, resta comunque quella di più facile verifica visto che abbiamo almeno il
nostro esempio davanti agli occhi (anche se potrebbe essere l’unico esempio).
La ricerca strumentale di vita extraterrestre
deve di certo aver fatto delle scelte complicate circa il luogo, vedi il
pianeta o il satellite, dove cercare tali forme di vita, ma questa scelta
razionale non ha potuto prescindere dal contesto sociale e politico del momento.
Curiosity sembra dirci chiaramente
che la scelta che è stata fatta sia quella di occuparsi del pianeta Marte come
candidato più probabile alla presenza di vita. Ma è la scelta scientifica più
razionale?
La meravigliosa impresa della sonda
Curiosity sembra, se vista con l’occhio di uno storico del futuro, impegnata all’esplorazione
tout-court del pianeta piuttosto che a determinazioni maggiormente filosofiche
circa la vita, cosa sia e dove cercarla con più probabilità.
Vero è che qualche meteorite
marziano, e alcuni sospetti di presenza di acqua sul suolo marziano, che hanno attirato
l’attenzione degli studiosi in precedenza, possono essere considerati
importanti indizi da confermare con dati e prove.
Insistere su Marte ha quindi un
senso.
Ma potrebbe trattarsi solo di
una sensata opzione B, di second best.
La missione di Curiosity sembra cercare
la vita proprio dove anche la gente comune
più o meno se l’aspetta: non più i canali “artificiali” di Marte dell’inizio
del secolo scorso, nemmeno i marziani della metà del 900, semmai qualcosa di
più semplice magari appartenuto ad un passato lontano.
Un microbo fossile marziano
sarebbe già un enorme risultato…
Però se cerchiamo una forma di
vita come la nostra sul nostro piccolo sistema solare, forse non è Marte il
luogo con maggiori possibilità di
successo (a meno che Marte sia stato un buon candidato in passato e si stia
cercando “vita morta”).
Alcuni scienziati, hanno
suggerito diversi altri luoghi del nostro sistema solare più simili a certe
condizioni di vita estreme presenti sulla Terra. Un posto che sembra molto
propizio è un satellite di Saturno della dimensione di poco meno di 500 km di diametro: Encelado.
Qui si ritroverebbero parecchie
delle condizioni che permettono la vita di certi estremofili che sulla Terra se
la cavano inaspettatamente bene a condizioni fino a poco fa considerate
impossibili per la vita..
La sonda Cassini alcuni anni fa
aveva evidenziato, su Encelado, la presenza di geysers (sotto forma di
giganteschi getti di vapore e acqua), di una sottile atmosfera e di un oceano
sotterraneo allo stato liquido, nonché una serie di elementi biochimici molto
importanti per la vita come la conosciamo.
Ma c’è un problema per l’invio di una sonda su Encelado: la sonda
impiegherebbe una ventina di anni per giungere a destinazione, ed è probabile
che ciò superi di parecchio la tempistica attesa per un risultato scientifico di una tecnoscienza in
periodo di restrizioni e di tagli al budget.
Urge l’ottenimento di risultati a
breve termine.
Marte fa ancora sognare, e se è
anche vero che un sogno non ha molto di razionale, un sogno può sempre essere
alla base di un risultato tecnico-scientifico importante.
In attesa di cambi rivoluzionari
sui paradigmi della vita nell’Universo la scienza normale progredisce, a
dispetto della crisi economica e delle spending review dei politici.
A patto che gli scienziati con le
loro pratiche riescano a convincere politici ed elettori…
NOTE
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