martedì 2 settembre 2008

SETI CONFERENCE A PARIGI. 22-26 settembre 2008

A fine settembre si terrà a Parigi una conferenza SETI, che sembra profilarsi molto importante (anche per chi si interessa di fenomeni più terrestri quali i Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera).
I dettagli dell'intero programma sono disponibili al sito:
http://iaaseti.org/searchingforlife.htm
Il costo della registrazione (fino a 200 euro) è purtroppo abbastanza elevato e questo senza dubbio diminuirà l'affluenza.
La International Academy of Astronautics' che organizza l'evento pubblicherà un numero dedicato su Acta Astronautica.
In particolare si sottolinea la presenza di studiosi che hanno nel passato mostrato una certa attenzione per la tematica delle luci di Hessdalen e/o le testimonianze-Ufo:
First IAA Symposium on Searching for Life Signatures
22 - 26 September 2008
UNESCO, Paris, France

Sessione 2:
"Passive SETI: Listening to Them", 22 settembre 2008, lunedì,
Chair: Florence Raulin-Cerceau, Museum Histoire Naturelle, Paris
Rapporteur: Jean-Pierre Rospars, INRA, Versailles

"SETI Italia 2008: On-going Searches and Future Prospects "
Montebugnoli Stelio, Monari Jader, Italy

Sessione 6:
"Exoplanets and Life!" 23 settembre, 2008,
Chair: Alexander Zaitsev, Russia
Rapporteur: Alain Labeque, IAS, Orsay, France

"SETI in the light of Terrestrial Biological Evolution"
Rospars Jean-Pierre, France

Sessione 10:
"When SETI meets an alien form of intelligence: understanding the troubled relationships between SETI and ufology"
Lagrange Pierre, France

"Investigation and analysis of transient luminous phenomena in the low atmosphere of Hessdalen valley, Norway"
Hauge Bjorn Gitle, Norway
[info: Pierre Lagrange, Kathryn Denning, et Al.]

1 commento:

Massimo Teodorani ha detto...

ALCUNE CRITICHE COSTRUTTIVE AL MODO IN CUI CERTI SPETTRI SONO STATI ACQUISITI E ANALIZZATI A HESSDALEN NEL 2007



Qui vorrei esternare un mio commento spassionato sulla parte del Prof. Bjorn Hauge al congresso di Parigi, dal momento che immagino che a questa conferenza egli parlerà anche e soprattutto dei “risultati” riportati in questo (non-refereed) paper dello scorso anno : “Optical Spectrum Analysis of the Hessdalen Phenomenon”, pubblicato come articolo n. 30 su: http://www.itacomm.net/PH/ , e presentato alla Conferenza SSE dello scorso anno.

Confrontando quanto lo scorso anno è stato annunciato su alcuni giornali locali norvegesi (e non solo di quella nazione) e quello che ha scritto il Prof. Hauge sul suo articolo di cui sopra, confesso che lo scorso anno dopo aver studiato attentamente quell’articolo sono letteralmente cascato dalla sedia. Mi aspettavo un lavoro almeno un pò più professionale e meno "amateur" di quello, anche se so che Hauge è un ingegnere (un bravo ingegnere e un ottimo esploratore) e non un fisico o un astronomo. Le mie critiche (che seguono qui, e sono comunque amichevoli) riguardano proprio quell’articolo, e comunque mi auguro che Hauge abbia pronta una nuova versione da presentare a Parigi quest’anno, almeno un po’ più corretta e meno avventata, sempre che a quel convegno decida di parlare ancora di quell’argomento (specificamente relativo agli spettri ottici).

Io ammiro moltissimo l'iniziativa "Science Camp" di Hauge & Strand, e quello che loro stanno facendo per acculturare scientificamente gli studenti, stimolandoli con tematiche molto accattivanti e motivanti. In questo anche l’articolo di Hauge sugli spettri è validissimo. Un problema (grave, devo dire) sussiste invece quando lui pretende di usare quel paper come “prova” (seppur preliminare, come lui dice) di “cosa sono gli spettri del fenomeno di Hessdalen”.

La prima parte dell'analisi che ha fatto per calibrare in flusso lo spettro sembra corretta, anche se sostanzialmente inutile quando si tratta di analizzare uno spettro (presuntamene) a righe e non il continuo.

Gli spettri che lui riporta sono a bassissima risoluzione, e nella fase di acquisizione, queste persone sembrano non aver ancora capito che per aumentare la risoluzione spettrale (e quindi l'attendibilità di questi spettri) oltre che utilizzare un reticolo degno del suo nome, occorre utilizzare un obiettivo a lunga focale (del costo massimo di 200 Euro), e poi acquisire la foto dello spettro e della luce separatamente. Certo che così ci vuole più tempo (con il rischio che il fenomeno di luce sfugga), ma il risultato aumenta la risoluzione di almeno un fattore 5-7. Meglio rischiare di non avere sufficiente tempo per fare un spettro sensato piuttosto che fare uno spettro inutile ai fini dell’analisi. Solo questo è il modo professionale di procedere, anche se questa procedura richiede molto più impegno. Ma con l'esercizio si impara. Queste persone continuano ad usare il vecchio sistema di fotografare sia la luce che lo spettro nella stessa foto: ma questo è un modo da “amateur” che non porta praticamente a nulla, dal momento che troppo pochi sono i pixel sullo spettro e quindi la risoluzione è troppo bassa: con spettri a così bassa risoluzione qualunque analisi diagnostica delle presunte righe spettrali diventa del tutto opinabile.

Non mi risulta che, in fase di analisi, Hauge abbia nemmeno mediato sui “row” dello spettro: ciò avrebbe aumentato di almeno un poco il rapporto S/N. Poi, non avendo più spettri dello stesso fenomeno (come immagino, e non è certo colpa sua), non ha ovviamente potuto sommarli tra loro, ma questo lascia il noise altissimo e del tutto improponibile per una analisi seria.

L'identificazione spettrochimica che lui poi fa è praticamente una bufala. Quelle che lui considera "righe" potrebbero essere solo picchi di noise, ovvero fluttuazione statistica del rumore (ne so qualcosa, per aver fatto spettroscopia per oltre 15 anni, sia nell'ottico che nel radio). E' davvero da incoscienti pretendere, con spettri bruttissimi come quelli, di identificare le righe spettrali, e poi di farci una interpretazione fisica sopra. Tra l'altro non c'è solo la questione del noise che "simula" righe debolissime (per chi non conosce la fisica atomica che c'è dietro la spettroscopia), ma anche quella che attigue (intendesi qui: decimi di Angstrom) ci sono righe di un numero grandissimo di elementi chimici, gli uni diversi dagli altri. E poi subentrano gli inevitabili errori nella calibrazione in lunghezza d'onda (e non in "intensità" come dice lui) che in uno spettro mal risolto come quello dovrebbero essere davvero molto elevati, il che inficia pesantemente la procedura di identificazione spettrochimica. Ricordo infine che affinché un segnale (come nella fattispecie in oggetto: una riga spettrale) sia reale esso deve essere almeno sopra i 7 Sigma rispetto al livello di noise. Inoltre occorre tenere conto anche dei frequenti inquinamenti dovuti alla grana fotografica che producono presunti “segnali” che in realtà sono solo di natura spuria. E’ stata fatta in quello spettro una corretta e attenta “cosmesi” dello spettro, prima di partire in quarta e urlare ai giornali di aver scoperto gli…. “spettri allo Scandio del fenomeno di Hessdalen”?

Come fa allora il Prof. Hauge con questi tre grossi problemi a identificare le righe spettrali con cotanta sicurezza? A mio parere, nonostante egli abbia proceduto correttamente nel 50% delle procedure (gli passai io i due software Iris e Visual Spec), alla fine temo che egli sia andato davvero fuori strada. Questa non è una colpa, ma fa parte della normale routine quando si debbano acquisire e analizzare spettri così difficili da ottenere, ma… occorre estrema cautela prima di sparare presunte scoperte ai giornali. Se Hauge fa vedere la sua “diagnosi” ad un fisico atomico, ad un chimico-fisico o – soprattutto - a qualche altro astronomo (cosa che non credo – almeno lo scorso anno – egli abbia fatto), questi (incluso il sottoscritto) avrebbero più di una ragione da obiettare, e ciò per motivi puramente tecnici. Io credo che davvero il Prof. Hauge, per quanto egli sia meritevole per tutta la sua iniziativa a Hessdalen, abbia avuto troppa fretta di uscirsene con una analisi che a mio parere è completamente inconclusiva, magari perchè gli servono fondi, e contando sul fatto che i suoi superiori o colleghi del College dove egli insegna non sanno nulla di spettroscopia o di fisica atomica. Inoltre non mi risulta che il suo paper sia stato pubblicato su alcuna rivista tecnica con referee, che in questo caso specifico rappresenta sicuramente una garanzia di affidabilità ben maggiore di un “articolo free”, poi dato in pasto ai giornali locali, che poi del tutto acriticamente hanno riportato che sarebbe stato “scoperto il mistero di Hessdalen”. Questa è *poca serietà*, devo ribadirlo. Anche per questa ragione non mi pento di aver smesso di collaborare (anche) con queste persone.

Se solo Hauge mi faceva leggere il suo articolo (metti pure "preliminare" come dice lui), prima di pubblicarlo (e infatti non me lo passò su mia ripetuta richiesta), io avrei cercato di dargli dei consigli tecnici, perchè in queste cose è il sottoscritto e non lui a essere esperto. Anche se vedo che sta imparando bene nel complesso la tecnica di calcolo e di riduzione di spettri. Ma fare una diagnostica spettroscopica è tutt'altro paio di maniche! E poi se trova l'Ossigeno o qualche altro elemento come ad esempio lo Scandio in quella specie di bitorzolo che è quello spettro, allora perchè non lo trova ad altre lunghezze d'onda prima e dopo, visto che in natura ci sono diverse transizioni quantistiche e non una sola per un dato elemento chimico; si prevedono infatti dei multipletti per uno stesso elemento, ma lì non se ne vede neanche l'ombra. E non c’è da meravigliarsene, visto che in quello spettro non c’è nessuna riga spettrale realmente identificabile.

La mia opinione è che se il Prof. Hauge continuerà a seguire questa strada, essa può essere senz’altro un utilissimo e importante esercizio per i suoi boy-scout (e qui ribadisco una volta di più il mio sincero apprezzamento per quello che ha fatto e sta facendo a Hessdalen), ma - *scientificamente parlando* – mantengo la mia impressione che anziché andare avanti questi del Project Hessdalen vadano indietro. Sembra che essi si siano evoluti solo per l’aspetto didattico (questo certamente), ma l’aspetto didattico e quello scientifico-operativo sono due differenti paia di maniche.

Quello che io non capisco è come mai questi si ostinino poi a usare quel modo assurdo di acquisire spettri ottici, quando utilizzando un obiettivo di 200-300 mm riuscirebbero ad ottenere risultati di gran lunga superiori, su cui poi è possibile fissare un criterio minimo di affidabilità per farci sopra dell'analisi seria. Nel 2001 io stesso, disponendo a quel tempo di uno spettro a bassissima risoluzione (ottenuto con una videocamera, in mancanza di meglio), non credevo all’attendibilità dei miei spettri (quelli che invece lui impropriamente cita nel suo articolo…), anche se erano migliori dei suoi, e lì qualche straccio di riga spettrale si vedeva, ma poteva essere qualunque cosa visto che il rapporto S/N era comunque troppo basso per portare a conclusioni di qualsivoglia natura. E io me ne stetti ben cauto. Lo spettro del 2002, da me acquisito, invece era ben risolto, e a quel momento non mostrava righe, bensì 3 picchi (tipo di emissione da semiconduttore). Era l'unico spettro buono che avevo (assieme ad un'altro), ma spettri di questi fenomeni possono cambiare da un momento all'altro, a seconda di dove il plasma luminoso va a capitare. Se va a capitare nei pressi di certi minerali, oppure vicino a spore, può prodursi esattamente uno spettro come ho trovato io, e forse come ha trovato Hauge lo scorso anno (anche se con una risoluzione molto più bassa): quel bitorzolo che lui scambia come accumulo di righe, sospetto che invece sia di tipo LED (in questo caso, non 3 colori, ma uno solo). Non dico che non possano formarsi righe spettrali nei fenomeni di tipo Hessdalen: ad esempio se il plasma capita in una zona piena di silicio, si dovrebbero senz'altro vedere le righe del silicio. Ma per poterlo dimostrare occorre usare la risoluzione spettrale che ho usato io, non la sua. E in ogni caso adesso occorre usare le camere digitali reflex ad alta risoluzione e con obiettivo zoom fino a 300 mm (come faccio io da 4 anni). Hauge dice che le hanno usate, ma non mostra gli spettri. In ogni caso, dire come è fatto uno “spettro di Hessdalen” è un fatto del tutto relativo a dove esattamente la luce capita (in cielo o vicino a terra, come accade molto spesso): non esiste uno spettro standard per questo tipo di fenomeni, ma lo spettro varia a seconda del punto in cui il fenomeno di luce appare, e anche in base a svariati altri fattori. Uno spettro stellare (di una stella non variabile) non muta nel tempo, uno di Hessdalen può mutare anche nel corso dei minuti o addirittura dei secondi. Ciò è stato documentato in alcune località del mondo, come ad esempio la Brown Mountain in USA.

Io non sto accusando Hauge di alcunchè. L'operazione di acquisizione spettri con quelle luci è obiettivamente difficilissima, ma un fatto è presentare un report interno per far vedere lo status del lavoro dei suoi studenti e della sua didattica, e un'altro è presentare la cosa come “ricerca scientifica” con tanto di conclusioni date in pasto senza pietà ai giornalisti, come di fatto è successo lo scorso anno (2007). Se questo è rimasto lo status del suo lavoro dopo 1 anno (intendesi qui la parte di spettroscopia ottica dei dati acquisiti un anno fa) allora troverei prudente non presentarmi ad un convegno dove saranno presenti anche svariati astronomi. Ricordo inoltre che la partecipazione a congressi (dove rare o superficiali sono le procedure di referaggio) è interamente vincolata dalla disponibilità di fondi e non dal merito: questo senza nulla togliere alla professionalità di molti tra i partecipanti.

Se escludiamo il progetto del radar di Montebugnoli et al. e il progetto SOSO di Silvestri et al, che mi sembrano degli ottimi progetti (nel senso che potrebbero fornire reali risultati di pregnanza scientifica), a me sembra che in generale i sistemi implementati alla stazione di Hessdalen (altrimenti denominata “Blue Box”) nell’arco di tanti anni sollevi molti punti di discutibilità, a cominciare dall’aspetto prettamente scientifico. Ad esempio che dire del sistema ELFO (http://www.hessdalen.org/italy/ )? Ottimo lavoro in sé, ingegneristicamente parlando, ma praticamente nullo dal punto di vista sia scientifico (fisico) che strategico. A parte la criptica scala delle frequenze (in canali), a cosa serve esattamente pubblicare in rete immagini JPG di uno spettrogramma ELF, completamente inutilizzabili ai fini della diagnostica analitica nel campo delle VLF ed ELF, quando invece bastava inserire dei file WAV (pesano poco se si riferiscono a brevi snapshots) in grado di permettere ai ricercatori di effettuare una analisi? In questa forma JPG nessuna analisi è possibile, per cui l’operazione ELFO risulta scientificamente inutile, almeno nella forma in cui essa ora è. Anche in questo caso parlo con cognizione di causa, dal momento che oltre all’aspetto degli spettri ottici e alla loro ottimizzazione tecnica in termini di tecniche strumentali avanzate e calibrazioni con sorgenti di luce conosciuta, nell’arco degli ultimi 3 anni ho raccolto e analizzato almeno 100 spettrogrammi VLF-ELF (solo due apparenti anomalie su 98 casi identificati) acquisiti in svariate località italiane ove fenomeni anomali di luce sono abbastanza frequenti.

In sintesi, la mia impressione è che molta sia ancora la strada da percorrere per poter strombazzare al mondo con tanta sicumera che sia stata fatta della vera scienza sui fenomeni di Hessdalen, specie da parte di persone che non hanno mai pubblicato nulla su riviste internazionali con referee.


Bibliografia recente di pertinenza, dell’autore :

Teodorani, M. (2004) “A Long-Term Scientific Survey of the Hessdalen Phenomenon”. Journal of Scientific Exploration, Vol. 18, n. 2, pp. 217-251 : http://www.scientificexploration.org/jse/articles/pdf/18.2_teodorani.pdf (CON REFEREE)

Teodorani, M. (2004) “Are there airplanes, as seen from Avalon Beach, playing with Mercury lights?” Northern Beaches Sightings: http://www.surfin.com.au/AvalonBeach_Report.pdf

Teodorani, M. (2006) “An Alternative Method for the Scientific Search for Extraterrestrial Intelligent Life: ‘The Local SETI’”. In: J. Seckbach (ed.) Libro: Life as We Know It. Ed. Springer, pp. 487-503 : http://openseti.org/Docs/NewSETI_MT_LAKI.pdf (CON REFEREE)

Teodorani, M. (2007) “Hessdalen Light Phenomena and the Inconsistency of the ‘Car-Headlight’ Interpretation”: http://www.scienzaemistero.com/2007/pdf/Anomalistik_Teodorani.pdf / In lingua tedesca anche sulla rivista scettica Zeitschrift für Anomalistik, Band 7 (2007), n. 3, pp. 286-299.

Teodorani, M. & Nobili, G. (2007) “Anomalous Light Phenomena vs. Brain Electric Activity”. Quantum Mind Conference 2007, Salzburg (Austria) 16-20 July 2007. Journal of Consciousness Studies, Special Issue, pp. 109-110. / Presentazione Poster completa anche su Scienza e Mistero: http://www.scienzaemistero.com/2007/imm/QM-MTGN2.jpg

Teodorani, M. (2008). Sfere di Luce – Grande mistero del pianeta e nuova frontiera della fisica. Ed. MACRO Edizioni.


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Dr. Massimo Teodorani, Ph.D.
Astrophysicist and Science Writer
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Skype: dr.massimo.teodorani
Tel. 0039-0547-21891 / Cell. 0039-347-1918329