Si può anche non essere d’accordo sulle affermazioni dell’astrofisico e divulgatore Massimo Teodorani circa le luci del tipo di Hessdalen, il dibattito può anche in certi momenti divenire oltremodo accesso attorno ai dati raccolti (come lo fu nell’ormai lontano 2002 l
a controversia Teodorani-Leone), e talvolta può anche trasformarsi in uno scontro tra personalità differenti fino alla rottura di una collaborazione (Teodorani e CIPH, Teodorani e
Project Hessalen), ma tutto ciò non potrà impedirci di considerare Teodorani uno dei più continui ricercatori sulle cosiddette
Earthlights, ed uno dei rarissimi studiosi italiani che vi hanno dedicato un’attenzione durevole attraverso l’uso degli strumenti della fisica.
Ed è appunto Teodorani con una
“Letter to the Editor” (come lui stesso definisce il suo lungo
paper) a fare una analisi dettagliata su questa difficile ricerca, a partire dai 10 anni di
CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen).
Il lavoro dei ricercatori del comitato italiano, innestato sul lavoro del Project Hessdalen, si potrebbe definire come lo studio più continuativo circa i fenomeni luminosi della bassa atmosfera, ed in particolare delle ormai famose Luci di Hessdalen.
Diversi tipi di dibattito hanno attraversato e attraversano il supposto fenomeno di Hessdalen:
A) tra cultura popolare e cultura sapiente: da una parte la gente afferma di vedere luci nel cielo che spesso descrive utilizzando termini come Ufo o dischi-volanti, dall’altra i cosiddetti razionalisti che negano a queste osservazioni un interesse di tipo scientifico: la gente comune vedrebbe oggetti banali che male interpreta perché sarebbe ottenebrata dalle proprie credenze.
Questo tipo di concezione sociale del dibattito appartiene anche alla genesi delle testimonianze di Hessdalen poiché esso nasce proprio dall’attenzione posta dai media ad una cosiddetta ondata di avvistamenti Ufo dell’inizio degli anni 80.
Gli attori interpreti del razionalismo, circa quanto osservato dai testimoni comuni, cambiano a secondo del momento e della situazione, e può trattarsi dei giornalisti come delle istituzioni politiche o di autorità scientifiche.
Questo dibattito nella società si accende inizialmente grazie alla grande risonanza data dai giornali norvegesi, dalla televisione, etc., per poi andare via via diminuendo negli anni in mancanza di casi abbastanza eclatanti e ripetuti su cu concentrare l’attenzione.
Oggi per assurdo delle luci di Hessdalen se ne parla molto di più in Italia che in Norvegia, per via del fatto che diversi sono stati gli studiosi italiani (spesso legati al CIPH) ad aver collocato i loro strumenti nella piccola valle.
B) tra ufologi scettici e ufologi credenti: l’argomento delle luci di Hessdalen li interesserà solo fin quando esisterà il dibattito di cui abbiamo parlato al punto precedente, e solo se continuerà ad affacciarsi la possibilità che le luci nascondano intelligenze extraterrestri. Fintanto che questa ipotesi è stata sollecitata in qualche modo le due fazioni ufologiche hanno messo in campo tutto il loro armamentario dialettico pro-e-contro (quello che si rivela essere un dibattito immobile). Una volta che l’ipotesi di una intelligenza misteriosa di tipo extraterrestre operante dietro le luci di Hessdalen veniva provvisoriamente meno, per lasciare spazio all’ipotesi del fenomeno “naturale” e all'uso di strumenti scientifici, l’interesse degli ufologi scemava fino ridursi a ben poca cosa, all’interno della loro disciplina.
C) Il dibattito fra ricercatori nell’ambito della scienza: si tratta a ben vedere dello stesso dibattito scientifico che ha coinvolto in passati recenti la
“mainstream science” ogniqualvolta si è trovata a dover far fronte ai problemi posti dalle supposte luci sismiche, dai fulmini globulari, e da altri fenomeni luminosi rari; questo dibattito sporadico attraversa gli ultimi centocinquanta anni e più, e sembra assumere più pertinenza scientifica negli anni recenti.
Evidentemente le luci di Hessdalen hanno punti di contatto con queste tematiche che ancora oggi a fatica stanno sul confine delle scienze, con il rischio sempre presente di scivolare nell’ambito parascientifico.
E’ proprio su questo ultimo dibattito che si inserisce lo scritto di Teodorani, attraversando la storia dei “successi” e degli “insuccessi” di questi 10 anni recenti, con particolare riferimento al progetto Hessdalen, ma senza tralasciare ciò che è avvenuto in altre parti del mondo, in luoghi di supposta maggiore ricorrenza (vedi ad esempio le
Marfa lights o le
Arizona lights).
In questo dibattito ciò che conta sono i dati e la loro lettura in termini di scienza fisica.
Teodorani, lungi dall’essere troppo tollerante verso i propri risultati e quelli dei suoi colleghi , coloro che hanno accettato la sfida delle luci di Hessdalen, ci spiega cosa ci ha insegnato questo periodo decennale di difficile ricerca (fatto di scarsità di uomini e di mezzi finanziari),.
Egli sottolinea come comunque qualcosa è migliorato nella nostra conoscenza dei fenomeni luminosi nella bassa atmosfera, e infine anche nelle nostre possibilità di interagire strumentalmente con questi fatti per comprenderli.
Il suo
paper vuole essere uno stimolo alla continuazione di questo dibattito scientifico, al fine di addivenire all’ottimizzazione di un “protocollo comune” per superare con la strumentazione più conveniente le “difficoltà pratiche” che si sono finora frapposte tra gli scienziati e questi fenomeni luminosi sconosciuti.
Teodorani pur sottolineando che la raccolta di testimonianze può essere di una qualche importanza, ricorda che tali inchieste rivelano spesso lacune nell’accuratezza della raccolta dei dati utili ed una certa scarsità quantitativa tale da impedire un qualche uso statistico delle stesse.
Peraltro la misinterpretazione di fenomeni prosaici è sempre dietro l’angolo.
Teodorani fa appello alla strumentazione che avrebbe la caratteristica di essere impersonale (
data are obteined by impersonal instruments and not vaguely witnessed), alla capacità della strumentazione automatica di raccogliere una mole di dati tali da rendere le statistiche ragionevolmente obiettive e complete (
reasonably objective and complete), ed infine attraverso l’uso di diversi tipi di strumenti specifici alla possibilità di estrarre una legge generale che sia ragionevolmente deducibile da più osservatori imparziali (
reasonably deducible by many impartial observers).
Si tratta a ben vedere delle regole della scienza moderna così come sono state inizialmente concepite nell’era dei Lumi.
Ciò che più mi sembra interessante nell’epistemologia di Teodorani è il suo desiderio di mettere in atto delle “pratiche comuni”, di fare dei luoghi di ricorrenza delle
"Earthlights" una specie di laboratorio a cielo aperto (
open air laboratory), implementando il numero del collettivo degli scienziati dedicati ed il tipo di strumenti.
La storia sintetizzata da Teodorani circa la ricerca in Hessdalen, così come in altri luoghi del pianeta, ivi incluse certe località indagate dallo stesso, mostra proprio la lentezza che per una serie di problemi pratici ha, nonostante le difficoltà, trasformato questo laboratorio sulle luci in un laboratorio scientifico simile a tutti gli altri.
Nonostante le speculazioni di diversi scienziati che sono stati intrigati dal fenomeno hessdaliano, Teodorani ammette che non esiste ancora una teoria fisica definitiva, e ciò potrebbe significare che non siamo confrontati ad un’unica causa ma ad una serie di diversi meccanismi fisici (di questo punto interessante ne aveva già parlato nel suo libro
“Sfere di Luce” che avevo recensito per la “Rivista Italiana di Astronomia”).
Teodorani propone a tale scopo una serie di strumentazioni, e soprattutto il loro utilizzo combinato con determinate modalità; mi auguro che questa ampia elencazione, basata sulle esperienze personali e sull’analisi delle esperienze di altri ricercatori dia nuovo innesco al vero dibattito sulle luci: le pratiche legate alla fisica da mettere in campo.
Elencherò brevemente la strumentazione suggerita dallo studioso, auspicando una lettura critica da parte dei suoi colleghi scienziati e/o tecnologi, e in principal modo coloro che su queste ricerche si sono avvicendati con tentativi di ricerca strumentale:
1) Monitoraggio video.
In particolare Teodorani suggerisce l’ampliamento di utilizzo di esperienze come quelle della stazione di monitoraggio video SOSO/CIPH oppure quella della stazione utilizzata a Marfa.
2) Registrazioni fotografiche.
Vi si fa, tra le tante esperienze specifiche, anche riferimento ai
“Science Camp” messi in atto dal
Project Hessdalen con gli studenti dell’Ostfold College.
3) Intensificatori di immagini e registrazioni dell’infrarosso.
Qui si suggerisce l’uso di una termo-telecamera in abbinamento con altri strumenti quali radar, magnetometro, o spettrometri VLF-ELF e UHF, elencando i possibili risultati ottenibili.
4) Spettrografia ottica.
A questa metodologia sono dedicate parecchie pagine del
paper, pur sottolineando che l’implementazione di un sistema automatico di rilevamento di spettriogrammi ad alta qualità, e dotato delle diverse caratteristiche che elenca, è una operazione difficile che richiede una enorme lavoro di
software.
5) Registrazioni VLF-ELF.
Le ricerche in questo campo strumentale sono giustificate da due ipotesi: a) le luci stesse hanno emissioni nel campo delle basse frequenze; b) cause geofisiche e pre-sismiche possono essere la fonte delle
Earthlights.
6) Registrazioni nel campo delle microonde.
7) Registrazioni di particelle radioattive.
Dato che teorie fisiche come quelle esposte da Fryberger prevedono il deposito di particelle gamma e di neutroni, uno studio in questo ambito potrebbe essere importante, fermo restando la determinazione esatta del luogo di iterazione del fenomeno luminoso col suolo.
8) Registrazioni radar.
Qui Teodorani fa soprattutto riferimento alle tracce “transitorie invisibili” raccolte da Stelio Montebugnoli e dal suo gruppo, nella missione del 2002, con il radar.
Si sottolineano le modalità per cui certe tracce possono divenire dati obiettivi di un fenomeno, qualora queste tracce siano correlate alle evidenze di altri strumenti di registrazione del campo dell’ottico o dell’infrarosso.
9) Registrazioni magnetiche.
Viene suggerito da Teodorani l’uso del magnetometro, ma anche l’uso abbinato di due magnetometri.
10) Registrazioni elettriche e elettrostatiche.
Alcune teorie fisiche predicono che i fenomeni luminosi anomali possano determinare il deposito di particelle elettrostatiche o la creazione di un campo elettrico.
In tal senso Teodorani suggerisce di non lasciare isolata l’esperienza della missione CIPH -2004 quando in valle i ricercatori italiani provarono
lo strumento EFM di Gennaro e Giaiotti.
11) Triangolazioni e stereografia.
Accanto all’uso della triangolazione del fenomeno Teodorani suggerisce la procedura della “fotografia stereoscopica”, che è stata finora utilizzata assai raramente.
12) Tests con Laser.
Teodorani ritorna sulla storica esperienza con il Laser messa in atto da Strand nel 1984 ad Hessdalen, dove per un certo numero di volte, le luci sembrarono rispondere allo stimolo del Laser.
Lo studioso ci ricorda lo sviluppo dei Laser portatili degli ultimi anni, evidenziando i rischi dell’uso e anche le opportunità. Anche in questo caso l’uso del Laser in simultanea con le rilevazioni ottiche può fornire delle analisi quantitative (e non solo aneddotiche come fu nella prima esperienza del 1984 del Project Hessdalen).
13) Registrazioni EEG (elettroencefalografiche).
Con questo tipo di registrazioni sul testimone, Teodorani apre un ampio spazio speculativo.
Manca invece ogni riferimento alle registrazioni nel campo degli infra-suoni, che secondo una parte di studiosi di anomalie luminose, potrebbe essere un campo di ricerca fruttuoso.
Lungo il corso della sua
“Letter to the Editor” Teodorani sottolinea in diversi modi come la ricerca di Hessdalen negli ultimi anni abbia presentato una carenza di fisici sul terreno, e che forse anche a causa di questa carenza lo studio delle luci di Hessdalen non può ancora affermare una sua caratteristica
“mainstream”; questa mancanza di ufficialità scientifica rischia di chiudere questo tipo di ricerche in un
cul de sac.
Le ricerche sulle anomalie dei fenomeni luminosi sono di una certa complessità per poter essere portate avanti in modo produttivo soprattutto quando vi è questa carenza di strategie, tattiche e infrastrutture (
if strategies, tactics and a sort of “institutional infrastructure” are lacking).
E’ difficile non essere d’accordo con le preoccupazioni di Teodorani, ed in tal senso io credo che la ricerca di Hessdalen per poter continuare nel più fruttuoso dei modi abbia bisogno di allargare il suo collettivo scientifico ad altri studiosi di altri campi contigui, più o meno
“mainstream”: penso a luci e precursori sismici, fulmini globulari, TLE e sprite, etc..
Laddove invece non sono assolutamente d’accordo con Teodorani e nella parte conclusiva dove il ricercatore vorrebbe tenere fuori dal dibattito scientifico sulle luci la gente comune.
L’affermazione che
“Commun people want absolute truths at once and not scientific reasoning” è contraddetta dalla storia della scienza, se osserviamo il "ragionamento scientifico" in modo simmetrico.
Non tanto perché sia dimostrabile che la gente comune non è catturata da credenze irrazionali, ma quanto per il fatto che la razionalità scientifica molte volte non si è dimostrata tale.
Ciò che chiamiamo modernità, è composta anche da certi risultati negativi a cui la scienza ci ha confrontato nell’applicazione dei suoi risultati: la scoperta scientifica ha portato spesso a risultati talmente catastrofici e in conclusione talmente irrazionali che la loro messa in discussione da parte della gente comune, si è rivelata il vero elemento razionale nuovo del dibattito scientifico, inteso in senso lato.
Dibattiti sociali come quelli sulle centrali nucleari , sulle cellule staminali, su inquinamento ed effetto-serra, su cibi transgenici, etc. oggi non sono concepibili senza che tra gli attori vi sia anche la gente comune, ed il loro parere è democraticamente decisivo nei confronti di una scienza che producendo questi nuovi ibridi di natura e cultura può essere pericolosa per l'umanità stessa.
Se è oggi impossibile tenere al di fuori del dibattito scientifico il pubblico (poiché scienza e politica sono ormai inestricabili) sarà ancora più difficile impedire che la gente comune non possa entrare a gamba tesa nel territorio degli scienziati, buttando giù qualche loro torre d'avorio quando lo ritengono necessario.
Teodorani giustamente domanda che le “luci” diventino un argomento
mainstream della scienza, ma è del tutto illogica la sua pretesa che ciò avvenga pretendendo che:
“the pubblic and the media must be absolutely avoided when certain subjects are discussed”.
La società non può essere più tenuta fuori dai laboratori, poiché i laboratori occupandosi di natura si sono sempre più occupati di politica e di società.
Si può pretendere forse anche legittimamente di separare gli Ufo dai Fenomeni Luminosi in Atmosfera, oppure di far partecipare i fenomeni luminosi al consesso della scienza, ma se ormai è impossibile l’idea di poter separare la gente dai problemi che la scienza pone concretamente al Pianeta, difficilmente potremo loro impedire di non partecipare alla costruzione di un tema apparentemente minore come quello delle
Earthlights.
Il popolo è sovrano anche dei progetti scientifici, perché è di fatto proprietario nel bene e nel male delle ricadute dell'operato degli scienzati.
[
Nella Foto in alto: Massimo Teodorani ad Hessdalen durante la prima missione 2001; CIPH. L'articolo di Teodorani Massimo, "SCIENTIFIC INQUIRY ON ANOMALOUS ATMOSPHERIC LIGHT PHENOMENA: PAST RESEARCH GAPS AND NEW METHODOLOGICAL GOALS", CIPH, dicembre 2009, è disponibile alla seguente URL:
http://www.itacomm.net/PH/2009_Teodorani.pdf]