Un articolo breve comparso sull'ultimo numero della rivista "Le Scienze" (la versione italiana di Scientific American) a firma Fabio Feminò, "Fort, l'apostolo dell'incredibile" (1), mi offre la possibilità di scrivere due righe su quell'attento studioso di anomalie che fu Charles Hoy Fort (1874-1932).
E' difficile capire, solo dalla lettura di questo articolo chi era Fort e soprattutto quale fosse il suo modo di vedere la realtà; ma ancor più difficile è capire quale sia stata la motivazione a scriverlo.
Probabilmente Feminò nutre seri dubbi circa questo personaggio che starebbe, secondo le diverse opinioni, tra il ciarlatano ed il genio.
In effetti Feminò ci lascia finalmente poche alternative di scelta: "… un ciarlatano, un eccentrico, o solo un autore fantastico?".
Sbarazziamoci di alcuni dubbi: se non era un genio era molto probabilmente una persona di rara intelligenza.
Quanto alla possibilità di etichettare Fort come un ciarlatano (nel senso, non strettamente etimologico, di uno che carpisce la buonafede altrui), credo che basterebbe leggere qualche pagina del suo più famoso libro "Il libro dei dannati" (2), per rendersi conto dell'esatto contrario, ed escludere quello che sarebbe stato l'aspetto davvero più imbarazzante del Fort saggista delle anomalie.
Il suo modo di procedere attraverso la sua sterminata raccolta di anomalie (eventi strani che sembrano andare contro allo status delle nostre conoscenze scientifiche) non è affatto quello di colui che ci vuole far credere, ad ogni costo, che i fatti bizzarri riportati da giornali e da riviste scientifiche, nascondano per forza di cose una qualche realtà sconosciuta. Egli più semplicemente non lo esclude.
Attribuire una simile banalità al pensiero di Fort significa proprio non aver letto alcuna delle sue pagine, cosa che Feminò sembra aver escluso a priori di dover fare per abbozzare questa breve ed infelice biografia dell'americano.
Fort attraverso il suo spirito di classificazione ed il suo amore spassionato per il tempo da dedicare alle biblioteche, ebbe il grande merito di sottrarre al dimenticatoio della scienza una serie di "dannati", tessere che non rientravano nel puzzle della scienza, e di questi fatti "dannati" fece degli argomenti di elucubrazione profonda.
Non era quindi un semplice collezionista di bizzarrie, poiché egli andava a fondo dei suoi out of place e riusciva a dimostrare con fatti alla mano contraddizioni, metodi approssimativi, pressappochismo, e pregiudizi di cui erano stati preda non gli "irrazionali" testimoni di quei fatti strani, ma gli scienziati che avrebbero dovuto approcciarli.
Ho potuto constatare questa sua spasmodica attenzione alle fonti primarie ogniqualvolta ho preso in più attenta considerazione una tematica che Fort aveva già considerato: ad esempio nel caso delle luci misteriose del Brown Mountain, dei supposti gufi luminosi del Norfolk, e di tanti altri fenomeni non identificati che ancora oggi fanno discutere a distanza di tempo.
Certo, a partire dai fatti insoliti raccolti, Fort tendeva a fornire anche ipotesi "eccentriche", ma mai per convincerci che si trattava di una sua verità da contrapporre alle falsità scientifiche.
Fort era una specie di apripista ed in qualche modo voleva sottolineare una certa ciarlataneria che alberga talvolta tra i difensori della razionalità, questa sì nel senso etimologico originario del termine charlatan (venditore di pozioni miracolose tuttofare).
Egli ci diceva di fare attenzione al modo di pensare ortodosso o a quel pensiero scientifico che ha la pretesa di spiegare tutto e che, per riuscirvi, tende ad escludere ciò che non riesce a definire, archiviandolo come fantasie popolari o truffe ai danni della ragione. Sono quelli che definisce gli esclusionisti.
Dovrebbe essere quindi abbastanza chiaro che la domanda posta da Feminò, "Ma ci credeva davvero?", è priva di senso se considerata nell'ottica fortiana del come affrontare la realtà e come procedere alla sua costruzione senza tralasciare nulla.
Se possiamo legittimamente essere scettici sulle ipotesi di Fort (un oceano ci sovrasta, siamo proprietà altrui, ci pescano…) possiamo però restarne affascinati senza dover per forza di cose scivolare nell'irrazionalità e nel parascientifico.
Anche perché è il primo lui stesso a non considerare le sue ipotesi delle verità, esse sono piuttosto delle reti mentali per includere anche i fatti più scomodi, i fatti "dannati".
E' difficile capire, solo dalla lettura di questo articolo chi era Fort e soprattutto quale fosse il suo modo di vedere la realtà; ma ancor più difficile è capire quale sia stata la motivazione a scriverlo.
Probabilmente Feminò nutre seri dubbi circa questo personaggio che starebbe, secondo le diverse opinioni, tra il ciarlatano ed il genio.
In effetti Feminò ci lascia finalmente poche alternative di scelta: "… un ciarlatano, un eccentrico, o solo un autore fantastico?".
Sbarazziamoci di alcuni dubbi: se non era un genio era molto probabilmente una persona di rara intelligenza.
Quanto alla possibilità di etichettare Fort come un ciarlatano (nel senso, non strettamente etimologico, di uno che carpisce la buonafede altrui), credo che basterebbe leggere qualche pagina del suo più famoso libro "Il libro dei dannati" (2), per rendersi conto dell'esatto contrario, ed escludere quello che sarebbe stato l'aspetto davvero più imbarazzante del Fort saggista delle anomalie.
Il suo modo di procedere attraverso la sua sterminata raccolta di anomalie (eventi strani che sembrano andare contro allo status delle nostre conoscenze scientifiche) non è affatto quello di colui che ci vuole far credere, ad ogni costo, che i fatti bizzarri riportati da giornali e da riviste scientifiche, nascondano per forza di cose una qualche realtà sconosciuta. Egli più semplicemente non lo esclude.
Attribuire una simile banalità al pensiero di Fort significa proprio non aver letto alcuna delle sue pagine, cosa che Feminò sembra aver escluso a priori di dover fare per abbozzare questa breve ed infelice biografia dell'americano.
Fort attraverso il suo spirito di classificazione ed il suo amore spassionato per il tempo da dedicare alle biblioteche, ebbe il grande merito di sottrarre al dimenticatoio della scienza una serie di "dannati", tessere che non rientravano nel puzzle della scienza, e di questi fatti "dannati" fece degli argomenti di elucubrazione profonda.
Non era quindi un semplice collezionista di bizzarrie, poiché egli andava a fondo dei suoi out of place e riusciva a dimostrare con fatti alla mano contraddizioni, metodi approssimativi, pressappochismo, e pregiudizi di cui erano stati preda non gli "irrazionali" testimoni di quei fatti strani, ma gli scienziati che avrebbero dovuto approcciarli.
Ho potuto constatare questa sua spasmodica attenzione alle fonti primarie ogniqualvolta ho preso in più attenta considerazione una tematica che Fort aveva già considerato: ad esempio nel caso delle luci misteriose del Brown Mountain, dei supposti gufi luminosi del Norfolk, e di tanti altri fenomeni non identificati che ancora oggi fanno discutere a distanza di tempo.
Certo, a partire dai fatti insoliti raccolti, Fort tendeva a fornire anche ipotesi "eccentriche", ma mai per convincerci che si trattava di una sua verità da contrapporre alle falsità scientifiche.
Fort era una specie di apripista ed in qualche modo voleva sottolineare una certa ciarlataneria che alberga talvolta tra i difensori della razionalità, questa sì nel senso etimologico originario del termine charlatan (venditore di pozioni miracolose tuttofare).
Egli ci diceva di fare attenzione al modo di pensare ortodosso o a quel pensiero scientifico che ha la pretesa di spiegare tutto e che, per riuscirvi, tende ad escludere ciò che non riesce a definire, archiviandolo come fantasie popolari o truffe ai danni della ragione. Sono quelli che definisce gli esclusionisti.
Dovrebbe essere quindi abbastanza chiaro che la domanda posta da Feminò, "Ma ci credeva davvero?", è priva di senso se considerata nell'ottica fortiana del come affrontare la realtà e come procedere alla sua costruzione senza tralasciare nulla.
Se possiamo legittimamente essere scettici sulle ipotesi di Fort (un oceano ci sovrasta, siamo proprietà altrui, ci pescano…) possiamo però restarne affascinati senza dover per forza di cose scivolare nell'irrazionalità e nel parascientifico.
Anche perché è il primo lui stesso a non considerare le sue ipotesi delle verità, esse sono piuttosto delle reti mentali per includere anche i fatti più scomodi, i fatti "dannati".
Per farci capire come funziona l'ipotesi inclusionista del Mare dei Super-Sargassi al contrario dell'esclusionista, scrive: "In virtù della semplice accettazione noi, in qualche libro seguente, potremmo negare il Mare dei Super-Sargassi e scoprire che i nostri dati si riferiscono invece ad un qualche altro mondo complementare- o alla Luna […] Comunque il Mare dei Super-Sargassi funziona benissimo da nucleo intorno a cui raccogliere dati che si oppongono all'Esclusionismo. Ecco il nostro movente principale: opporci all'Esclusionismo" (2 p. 275).
Un enorme oceano ci sovrasta, ma serve solo per non escludere dal nostro mondo strane pioggie di pesci, rane, sangue, gelatine, ghiaccio, etc..
Sono i dati fuoriposto, che elenca con dovizia, a sollecitare le ipotesi le più fantastiche, non è Fort; egli presenta solo il problema e chiede che quel problema non sia accantonato ed escluso dalla costruzione scientifica del nostro mondo.
Fort fa rimontare alla superficie degli eventi interessanti attraverso quei fatti, in apparenza strampalati, che sollevano domande e problemi concretamente scientifici.
Poco ci importa quindi che Fort, nella vita di tutti i giorni, fosse o meno un personaggio eccentrico (ed anche se fosse stato un nullafacente).
Volendo potrei elencare una serie di nomi di menti eccelse che hanno vissuto di stratagemmi ed ambiguità, senza per questo che la grandezza delle loro opere potesse esserne minacciata.
Probabilmente questi personaggi eccentrici avevano avuto semplicemente la fortuna di trovarsi sulla sponda giusta.
Sono i dati fuoriposto, che elenca con dovizia, a sollecitare le ipotesi le più fantastiche, non è Fort; egli presenta solo il problema e chiede che quel problema non sia accantonato ed escluso dalla costruzione scientifica del nostro mondo.
Fort fa rimontare alla superficie degli eventi interessanti attraverso quei fatti, in apparenza strampalati, che sollevano domande e problemi concretamente scientifici.
Poco ci importa quindi che Fort, nella vita di tutti i giorni, fosse o meno un personaggio eccentrico (ed anche se fosse stato un nullafacente).
Volendo potrei elencare una serie di nomi di menti eccelse che hanno vissuto di stratagemmi ed ambiguità, senza per questo che la grandezza delle loro opere potesse esserne minacciata.
Probabilmente questi personaggi eccentrici avevano avuto semplicemente la fortuna di trovarsi sulla sponda giusta.
Il carattere originale di Fort (e di chiunque altro proponga idee eterodosse) serve piuttosto bene a farne un candidato dei ciarlatani delle parascienze.
Questo mi ricorda la storia del pugile nero John Johnson che fu il primo campione dei pesi massimi, negli USA razzisti dell'inizio di secolo scorso, precisamente negli anni dal 1908 al 1915. Fino ad allora aveva combattuto solo con pugili della sua stessa razza, poiché allora era inconcepibile che un pugile "negro" potesse sfidare un bianco, superiore per… natura.
Egli aveva sviluppato una tecnica originale, più cauta della tradizionale maniera di boxare, tutta orientata alla cautela e all'attesa degli errori dell'avversario, e presto era diventato un pugile imbattibile.
La cosa curiosa è che se un bianco adottava questa tecnica vincente, la stampa lo definiva un pugile abile e astuto, se invece era John Johnson allora la stessa tecnica caratterizzava la nota pigrizia e codardia dei "negri".
Allo stesso modo Fort non essendo uno scienziato, ma permettendosi di criticare il metodo scientifico e l'approccio scostante verso le anomalie, non può che rientrare nella categoria degli eccentrici dotati di troppa fantasia, quando non peggio.
Eppure sarebbe molto più semplice decidere se gli argomenti collezionati da Fort siano o meno interessanti, ed era proprio questo che aveva considerato il divulgatore scientifico William R. Corliss.
Non solo Corliss è considerato l'erede di Fort, ma lui stesso si è definito tale senza mai ritenere di poter essere considerato un ciarlatano.
La grande differenza tra Corliss e Fort consiste prevalentemente nel fatto che Corliss raccoglie anomalie andandole a cercare solamente tra i meandri delle fonti scientifiche, senza tracciare ipotesi che non siano sul filone dello stato dell'arte delle scienze dure.
E' Corliss stesso, in un suo articolo poco conosciuto, a spiegare come era stato attratto dagli argomenti portati in evidenza da Fort, quando nel 1953 era capitato casualmente sopra il "The book of the damned" ed aveva considerato che questo tipo di fatti avrebbe potuto sollevare un qualche interesse di studio più approfondito presso la comunità scientifica.
Da quel momento Corliss aveva cominciato a capire che non solo le anomalie scientifiche esistevano ma che erano "sparse su tutta la scienza" (3).
Infine due parole sull'immagine che Feminò tende ad avvalorare di Fort quale ufologo ante-litteram: lo si può affermare, ma non fu certo il primo ad affrontare il tema di strani avvistamenti di oggetti e di luci nel cielo attribuendoli a navicelle spaziali.
Già in anni precedenti, ad esempio durante l'ondata del 1896-97, vi erano state sulle pagine dei giornali americani varie testimonianze di avvistamenti di strane airships anche se, oltre al fatto di riportarle, nessuno si era preso la briga di catalogare questa casistica.
Molti giornali ne avevano trattato ipotizzando astronavi di provenienza marziana e questo era pienamente compatibile con il dibattito scientifico iniziato all'epoca dall'astronomo italiano Schiaparelli sui canali di Marte e la loro supposta artificiosità.
Comunque sia, Fort (che pure cita questa vecchia casistica) non stabilisce, come fanno gli ufologi di oggi, una ipotesi extraterrestrialista a cui credere o non credere, il suo ragionamento è molto più sottile e diretto a considerare tutto l'ampio spettro delle possibilità, proprio per non escludere i fatti scomodi.
Questo mi ricorda la storia del pugile nero John Johnson che fu il primo campione dei pesi massimi, negli USA razzisti dell'inizio di secolo scorso, precisamente negli anni dal 1908 al 1915. Fino ad allora aveva combattuto solo con pugili della sua stessa razza, poiché allora era inconcepibile che un pugile "negro" potesse sfidare un bianco, superiore per… natura.
Egli aveva sviluppato una tecnica originale, più cauta della tradizionale maniera di boxare, tutta orientata alla cautela e all'attesa degli errori dell'avversario, e presto era diventato un pugile imbattibile.
La cosa curiosa è che se un bianco adottava questa tecnica vincente, la stampa lo definiva un pugile abile e astuto, se invece era John Johnson allora la stessa tecnica caratterizzava la nota pigrizia e codardia dei "negri".
Allo stesso modo Fort non essendo uno scienziato, ma permettendosi di criticare il metodo scientifico e l'approccio scostante verso le anomalie, non può che rientrare nella categoria degli eccentrici dotati di troppa fantasia, quando non peggio.
Eppure sarebbe molto più semplice decidere se gli argomenti collezionati da Fort siano o meno interessanti, ed era proprio questo che aveva considerato il divulgatore scientifico William R. Corliss.
Non solo Corliss è considerato l'erede di Fort, ma lui stesso si è definito tale senza mai ritenere di poter essere considerato un ciarlatano.
La grande differenza tra Corliss e Fort consiste prevalentemente nel fatto che Corliss raccoglie anomalie andandole a cercare solamente tra i meandri delle fonti scientifiche, senza tracciare ipotesi che non siano sul filone dello stato dell'arte delle scienze dure.
E' Corliss stesso, in un suo articolo poco conosciuto, a spiegare come era stato attratto dagli argomenti portati in evidenza da Fort, quando nel 1953 era capitato casualmente sopra il "The book of the damned" ed aveva considerato che questo tipo di fatti avrebbe potuto sollevare un qualche interesse di studio più approfondito presso la comunità scientifica.
Da quel momento Corliss aveva cominciato a capire che non solo le anomalie scientifiche esistevano ma che erano "sparse su tutta la scienza" (3).
Infine due parole sull'immagine che Feminò tende ad avvalorare di Fort quale ufologo ante-litteram: lo si può affermare, ma non fu certo il primo ad affrontare il tema di strani avvistamenti di oggetti e di luci nel cielo attribuendoli a navicelle spaziali.
Già in anni precedenti, ad esempio durante l'ondata del 1896-97, vi erano state sulle pagine dei giornali americani varie testimonianze di avvistamenti di strane airships anche se, oltre al fatto di riportarle, nessuno si era preso la briga di catalogare questa casistica.
Molti giornali ne avevano trattato ipotizzando astronavi di provenienza marziana e questo era pienamente compatibile con il dibattito scientifico iniziato all'epoca dall'astronomo italiano Schiaparelli sui canali di Marte e la loro supposta artificiosità.
Comunque sia, Fort (che pure cita questa vecchia casistica) non stabilisce, come fanno gli ufologi di oggi, una ipotesi extraterrestrialista a cui credere o non credere, il suo ragionamento è molto più sottile e diretto a considerare tutto l'ampio spettro delle possibilità, proprio per non escludere i fatti scomodi.
Il problema di Fort non era quindi quello di credere ad una ipotesi invece che un'altra, ma di sottolineare quanti problemi una semplice luce nella notte poteva sollevare nella mente aperta di chi non si accontentasse di relegare certi fatti alla superstizione ed al folklore.
Anche perché, dai "fuochi fatui" in poi, nessuna luce è mai stata così semplice e di facile comprensione come ci hanno voluto far credere in tutta fretta la maggioranza degli scienziati.
Se dovessi infine definire Fort, lo definirei un divulgatore di scienza di confine, un buon divulgatore, al contrario di altri.
NOTE
1. Feminò Fabio, "Fort, l'apostolo dell'incredibile", nr. 478, riv. Le Scienze, giugno 2008, p. 111.
2. Fort H. Charles, "Il libro dei dannati", Armenia Editore, 1973. L'edizione da me utilizzata è quella del 1985.
I testi originali inglesi dell'opera di Fort sono reperibili alla URL: http://www.resologist.net/.
3. Corliss William R., "A Search for Anomalies", riv. "Journal of Scientific Exploration", vol. 16, nr. 3, 2002.
Anche perché, dai "fuochi fatui" in poi, nessuna luce è mai stata così semplice e di facile comprensione come ci hanno voluto far credere in tutta fretta la maggioranza degli scienziati.
Se dovessi infine definire Fort, lo definirei un divulgatore di scienza di confine, un buon divulgatore, al contrario di altri.
NOTE
1. Feminò Fabio, "Fort, l'apostolo dell'incredibile", nr. 478, riv. Le Scienze, giugno 2008, p. 111.
2. Fort H. Charles, "Il libro dei dannati", Armenia Editore, 1973. L'edizione da me utilizzata è quella del 1985.
I testi originali inglesi dell'opera di Fort sono reperibili alla URL: http://www.resologist.net/.
3. Corliss William R., "A Search for Anomalies", riv. "Journal of Scientific Exploration", vol. 16, nr. 3, 2002.
Nessun commento:
Posta un commento