Il libro di Fantoli, "Extraterrestri", è senza dubbio un libro abbastanza raro nel panorama italiano; per l’argomento e lo stile chiaro del suo autore avrebbe potuto comportare anche qualche pagina in più senza rischiare di appesantire il lettore.
L’autore riconosce una serie di contributi di studiosi di lingua inglese che lo hanno anticipato negli ultimi vent’anni, tra i quali rileviamo in particolare Steven J. Dick e Michael Crowe (1).
Fantoli ritorna sul fatto che il dibattito sull’abitabilità dei mondi sia molto antico e risalga a molto prima della possibilità di avere ottenuto un qualche dato strumentale in astronomia, e già all’antica Grecia e alla "filosofia naturale".
Questo dibattito, che cerca da tempo di determinare la possibilità di trovare altra vita intelligente fuori dal nostro pianeta, ha sempre avuto come riferimento primo le diverse visioni dell’universo, ovvero tutto ciò che stava oltre l’atmosfera terrestre.
In altre parole da un universo relativamente piccolo e finito si è passati ad un universo via via più grande che, se non infinito era più grande e dotato di una quantità di corpi celesti maggiore di quanto si fosse precedentemente ritenuto, fino l’universo attuale, immenso e, anche se finito, in espansione.
Una correlazione diretta tra il modo di interpretare l’universo e l’idea di "extraterrestri" anche se sottintesa da Fantoli, è ben presente in tutta la sua analisi lungo questo dibattito che attraversa la storia.
Aristotele, definendo un universo finito, di piccole dimensioni e vuoto, con una fisica dei corpi celesti separata completamente dai corpi terrestri, detti "sublunari", e con la Terra immobile al centro e gli altri corpi celesti fatti di etere o quint’essenza, negava una pluralità di mondi e al tempo stesso privava il suo universo della possibilità di altri abitanti che noi.
La sua filosofia naturale, che avrà un enorme successo grazie alla sua sintesi totalizzante, avrà però come risultato di annientare la discussione filosofica circa la possibile esisteva di altri mondi; il problema sopravviverà praticamente solo nella letteratura greca tardiva (Luciano di Samosata) e si dovrà aspettare Plutarco ("De facie in orbe Lunae") per avere le prime considerazioni sull’abitabilità della Luna.
La diffusione del cristianesimo nell’Impero Romano pose il problema di conciliare il patrimonio greco-ellenistico con la visione del mondo presente nella Bibbia.
Si stabilì che i filosofi ed i letterati greci, pur non avendo avuto la luce della Rivelazione erano stati comunque capaci di muoversi in direzione della verità.
Filosofia, scienza e cultura pagane, rappresentate dall’aristotelismo, potevano essere purificate da certi errori come ad es. la negazione dell’immortalità dell’anima: nasceva la filosofia "ancella della teologia" e questo soprattutto quando, nel 1231, papa Gregorio IX ordinò che i "perniciosi" trattati di Aristotele venissero purgati dei loro errori grazie ad una commissione pontificia.
Pochi anni dopo Tommaso d’Aquino si poneva il problema della possibilità che Dio potesse creare altri mondi, uguali o dissimili al nostro, ma poi affermava che se fossero stati del tutto simili sarebbero stati anche "superflui", mentre la bontà del mondo consisteva nel fatto che appunto "esso è uno".
Questa idea ebbe largo spazio anche nel secolo successivo.
La considerazione della possibilità di altri mondi era impedita dal punto di vista teologico poiché la Rivelazione parla della creazione di un solo mondo da parte di Dio.
Questo impedimento cristiano ad un universo diverso da quello che in realtà verrà definendosi nei secoli successivi, si protrarrà nell’ambito della Chiesa senza eccessive modifiche fino alla soglia dei nostri giorni.
Tale aspetto viene rilevato lungo tutto il libro di Fantoli, ma sarebbe stato bene sottolineare che fino a quel momento non si era trattato di uno scontro tra pensiero religioso da una parte e pensiero scientifico dall’altra e che questo dibattito, per svilupparsi in un lungo arco di tempo, non aveva avuto bisogno o possibilità di separare alcun dato empirico.
Anche se Fantoli sottolinea che il problema teologico si farà più rilevante dopo la "rivoluzione copernicana" e le scoperte di Galileo col cannocchiale (con la conseguenza di porre più forte il problema della possibilità di esseri intelligenti su altri mondi), l'autore non precisa che non siamo di fronte a due tipi di pensiero in opposizione, ma solo allo scontro di due pensieri "magici" che in diverso modo anticiperanno quella che definiamo "l’era moderna".
Da un lato la Chiesa fino alla prima parte del ‘600 (ed anche un po’ oltre) si era impegnata a sbarazzarsi di ogni tradizione religiosa popolare (intesa come superstitiones), un esempio tra tutti la caccia alle streghe, mentre dall’altro la scienza, per diventare sperimentale, aveva posto le sue radici sulla tradizione ermetica e la magia rinascimentale: sono entrambi elementi determinanti che preparano la "modernità".
E suona appunto strano che Fantoli non usi mai termini come "ermetismo" o "magia rinascimentale" in riferimento a certi studiosi che introdurranno la nuova visione copernicana (Cusano, Bruno e Copernico stesso).
Soprattutto quando parliamo della scienza del periodo compreso tra il XVI sec. ed il XVII sec., non possiamo evitare di parlare di alta magia, di ermetismo, di cabala, alchimia, di magia colta contrapposta a magia popolare, etc.
Fino a quel periodo l’idea dell’abitabilità di altri mondi era stata una discussione di diverse filosofie e teologie, mentre nel Rinascimento, diventa un argomento per affrontare criticamente la scolastica di Aristotele e, allorquando saranno sviluppati nuovi mezzi di osservazione del cielo, l’idea sarà velocemente integrata nella "nuova scienza".
Questa della possibilità di altri mondi era stato uno degli elementi del pensiero eretico e magico che portò Giordano Bruno sul rogo.
Ci sembra che Fantoli esprima, lungo tutto il suo testo, un certo razionalismo rassicurante, tendente a dare della scienza l’idea di qualcosa di nettamente separato da ciò che definiamo oggi "irrazionale" (folklore, soprannaturale, magia, parascienze etc.) mentre sappiamo che, se vogliamo davvero comprendere come si produce scienza, dobbiamo parlare non di separazione ma di confine.
Fantoli definisce Cusano come: "il primo pensatore che ebbe l’audacia di parlare di altri mondi, non su un piano di astratta speculazione, ma come un fatto di ragione", e poche righe oltre come "un uomo di larghi interessi culturali, dalla matematica alla biologia, dalla filosofia alla teologia e alla mistica" (p. 31), infine come colui che "annuncia un nuovo modo di pensare che sarà proprio del Rinascimento e mostra una sorprendente libertà di pensiero anche nei confronti dei problemi teologici…" (p. 35).
Una certa ambiguità è mostrata pure nel dettagliare in termini generici la figura e la visione di Bruno quando ad esempio scrive: "Sarà solo l’impenitenza ostinata di Bruno, a proposito delle sue concezioni filosofiche a costituire per i giudici [dell’Inquisizione], alla fine del processo, una prova anche della realtà dei suoi errori teologici, inseriti in blocco nella sentenza di condanna" (p. 43).
Unico riferimento diretto al pensiero magico di Bruno (parlando del "doppio volto del pensiero bruniano") è quando cita Koyré ("From the Closed World to the Infinite Universe", 1957): "La visione del mondo di Bruno è vitalistica, magica. I suoi pianeti sono esseri animati che si muovono liberamente attraverso lo spazio proprio come quelli di Platone o di Patrizi. Bruno non è in alcun modo una mente moderna. Eppure, la sua concezione è così potente e così profetica, così razionale e poetica insieme, che non possiamo non ammirarla e ammirare lui. Ed essa ha – almeno nelle sue caratteristiche formali – così profondamente influenzato la scienza e la filosofia moderne che non possiamo che assegnare a Bruno un posto importantissimo nella storia della mente umana".
Ben diverso e chiarificante, su Bruno e Copernico, è quanto scrive la storica Yates: "Alcune forme di eliocentrismo furono già note nell’antichità e lo stesso Copernico aveva citato certi suoi predecessori. Ma questa verità del passato che ora vien fatta rivivere e di cui il Nolano [Bruno] è il profeta non è l’eliocentrismo inteso in senso astronomico o come ipotesi matematica. Lo stesso Bruno spiega che la sua penetrazione dell’universo si spinge molto più a fondo di quella dei semplici matematici. Eppure neanche Copernico era stato soltanto un matematico, poiché aveva citato, vicino al suo diagramma del nuovo sistema, le parole di Ermete Trismegisto col sole come dio visibile contenute nell’Asclepius. Qui sta la chiave per intendere la posizione di Bruno; la visione che viene elaborata dal Nolano è una nuova interpretazione ermetica della divinità dell’universo, una gnosi sviluppata" (2).
In conclusione Bruno prevede un universo infinito ed eterno dove le stelle sono altrettanti Soli, circondati da pianeti, visti come "animali", e questi mondi sono abitati come il nostro, ed infine l’origine di ogni movimento è da cercarsi nell’"anima del mondo".
E’ infine Copernico che cambia l’universo e non solo quello, Koyré aveva anche affermato che: "dopo Copernico, e solamente dopo Copernico, l’uomo non è più al centro del mondo".
Il sociologo Lagrange aggiunge: "Le grandi rivoluzioni scientifiche introdotte dopo Copernico, come sappiamo grazie a Darwin o all’etnologia, hanno rinforzato questa immagine di un universo retto da un principio di banalità: non solamente non siamo più al centro dell’universo, ma l’Uomo non è più neppure in cima all’intelligenza. Noi occupiamo un posto intermedio nell’ordine delle forme di intelligenza. Noi non siamo più soli, ma soprattutto non siamo più i primi" (3).
Con una tale serie di conseguenze storiche, che hanno una loro forte influenza fino ai giorni nostri, è difficile poter trascurare le reali origini di una visione che ha talmente cambiato il nostro modo di vedere il mondo.
Grazie a Galileo, ed al suo cannocchiale, la nuova concezione dell’universo di Copernico si evidenzia e si avvicina indicando nuove possibilità.
E’ interessante allora, a mio avviso, tutta la prima fase di discussione attorno alla possibilità che il suo cannocchiale potesse ben definire oggetti come navi posti all’orizzonte ma non oggetti celesti.
Siamo di fronte ad un nuovo modo di vedere la realtà e di costruire i fatti fisici, che ha anche conseguenze sul dibattito dell’abitabilità dei mondi.
Galileo inizia a paragonare le cavità e le depressioni viste sulla Luna assimilandole alle valli terrestri, aprendo la possibilità di vita a vegetazione ed esseri viventi, e Keplero comincia a porsi il problema se queste conformazioni siano opera della natura o della mano di creature viventi, intelligenti.
Ne seguirà una disputatio tra diversi studiosi, come ad esempio La Galla, che negavano la possibilità di montagne lunari, e le pensavano dovute ad una illusione data da minore o maggiore densità dell’etere lunare.
Se noi isoliamo questa discussione dalla critica allo strumento galileiano (i difetti del suo cannocchiale) si potrà difficilmente vedere che tale disputa non è una semplice contrapposizione tra logicità galileiana e illogicità degli altri.
Più tardi Newton (pur non avendo trattato direttamente di altra vita all’esterno della Terra) darà il più grosso contributo (dopo Copernico, Galileo e Keplero) a tale possibilità: la sua legge di gravitazione universale implica infatti che le leggi fisiche valide sulla Terra lo siano anche in cielo ed ora le stelle possono avere sistemi planetari, come il Sole, con tutte le conseguenze.
Fantoli illustra molto dettagliatamente questa lunga serie di analisi discordi tra studiosi, circa l’abitabilità dei mondi, che a partire dagli inizi del 600, fin quasi alla fine del secolo, riguarderà l’esclusivo dominio di un numero limitato di uomini di scienza.
La possibilità di vita su altri pianeti sarà l’ipotesi che avrà maggiore successo in paesi come l’Inghilterra e la Francia, rispetto al resto d’Europa dove il contesto teologico cristiano continuerà a fare da freno (vedi ad esempio le opere di Cartesio messe all’indice).
Come si può ben vedere l’invasione degli extraterrestri del nostro mondo concettuale, non è repentina, ma avviene con avanzate e ritirate all’interno dei paradigmi degli scienziati.
Fontanelle avrà il merito di diffondere questo dibattito per la prima volta anche tra il pubblico colto (francese ed europeo) esprimendo la sua visione illuministica della "pienezza" della natura, che non aveva più bisogno di un pensiero religioso in senso stretto.
Con il suo "Entretiens sur la pluraralité des mondes" Fontanelle ebbe un successo di lettori anche in Italia, ed in questo Fantoli vede un indebolimento dell’influenza della Chiesa Cattolica.
Nello stesso periodo è l’astronomo olandese Huygens, che sostenuto da nuovi strumenti più potenti, avanza ulteriori ipotesi sulla vita intelligente nell’universo, ma nel contempo sposta l’idea un po’ oltre le immediate vicinanze della Terra: le osservazioni migliori della Luna (nessuna traccia di atmosfera) fanno subentrare una certa delusione sulla possibilità di "planetari" (abitanti di altri pianeti).
L’universo diventa più grande del previsto, ma nei paraggi della Terra cominciamo a perdere potenziali vicini di casa.
Per tutto il 700 la possibilità di mondi abitati non fu praticamente messa in dubbio e vi era anche chi pretendeva, vedi Herschel lo scopritore di Urano, l’abitabilità del Sole (dove le macchie solari sono grandi finestre dalle quali si affacciano i suoi abitanti) e di tanti pianeti del sistema solare e della Luna (nonostante gli indizi a sfavore) ed delle stelle.
Si fa largo il principio di analogia.
Tra alcuni studiosi si farà strada l’idea che identiche temperature dei corpi celesti offrano la possibilità di avere mondi abitati dagli stessi vegetali ed animali
Quando poi alla fine del secolo Heinrich, Lambert, Wright e Kant, considereranno la Via Lattea come un effetto ottico causato da un ammasso di stelle, l’universo subirà una ulteriore espansione.
Ovviamente persistevano resistenze tra gli studiosi cristiani per questo accumularsi di cambiamenti di paradigma che andavano tutti contro la parola divina.
Invece l'800 vira verso un "giustificato" scetticismo della scienza. Le osservazioni sempre più accurate della Luna cominciano a mostrare seri impedimenti alla vita dei "seleniti": Bessel constata definitivamente la mancanza di una sensibile atmosfera lunare.
A partire dal 1850, come precisa Fantoli: "i dubbi sull’ipotesi dei mondi abitati si sono venuti facendo sempre più forti" (p. 174).
Whewell, contrariamente ad altri studiosi, inizia a sostenere tra le tante l'idea che le nebulose sono ammassi di materia incoerente e gassosa.
Nonostante la cautela che si installa in quel periodo, il pluralismo dei mondi sarà comunque "la visione più generalmente accettata, nel mondo intellettuale e anche religioso inglese" (p. 177), ragion per cui vi furono immediate reazioni al lavoro di Whewell.
Nel 1859 irromperà Charles Darwin con "On the Origin of Species by Natural Selection".
Come sappiamo non si tratta di astronomia, ma ribaltando ogni concezione di intervento divino in campo biologico, le conseguenze si faranno sentire in tutto l’universo.
Il formarsi della vita, a partire dalla materia non vivente, e la sua evoluzione, aprivano possibilità di vita in ogni pianeta che disponga di condizioni più o meno simili alla Terra.
Pochi anni dopo Pasteur ci sbarazzava delle teorie sulla generazione spontanea dal fango e dalla materia in putrefazione, ed anche questo influenzerà il dibattito.
In ultimo il principio di analogia (fino ad allora solo supposto) viene confermato dalla tecnica spettroscopica (basata sulla diffrazione della luce mediante prismi e reticoli) messa in atto dal fisico tedesco Kirchoff e dal chimico Bunsen.
Nasce l’astrofisica delle stelle.
Più tardi l’astronomo inglese Huggins verificando lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali della stella Sirio ne dedusse, correttamente, che si trattava di un effetto Doppler e che la stella si allontanava dalla Terra: le stelle fisse non erano più tali ed al tempo stesso diventavano sistemi simili al nostro dove la vita era possibile (anche se poi Huggins avrebbe fatto più tardi qualche passo indietro circa questa possibilità).
Nel 1859 era stato l’astronomo gesuita romano Angelo Secchi, a compiere una completa analisi spettrale del sole e di 400 stelle e a mostrarsi un sostenitore del pluralismo (con forti critiche in seno al suo Ordine Religioso, calmierate dai suoi buoni rapporti con papa Pio IX).
Il problema teologico viene risolto da Secchi supponendo che tra gli extraterrestri non vi sia stato il peccato.
Quindi nel 1869 l’astronomo francese Janssens, già pluralista per gli stessi motivi tecnici di Secchi, annuncia la scoperta di acqua grazie ad uno spettro di Marte.
Quelli sono pure gli anni della divulgazione dell’astronomia presso il pubblico colto che, grazie all’americano Proctor ed al francese Flammarion, verrà a conoscenza delle nuove "prove" della vita extraterrestre.
Assistiamo così alla popolarizzazione della scienza e al tempo stesso alla diffusione dell’idea della pluralità dei mondi abitati.
Il vapore acqueo "riscontrato" nell’atmosfera Di Marte, nonché le sue calotte di ghiaccio, ne facevano un ottimo candidato alla vita extraterrestre, e di fatto gli abitanti della Luna cominciavano a fare i bagagli per trasferirsi su Marte: gli strumenti scientifici avevano spostato più lontano le possibilità abitative degli extraterrestri.
Fantoli descrive molto bene questi passaggi ma stranamente, pur titolando il suo libro "Extraterrestri", non dedica neanche una riga per definire la nascita del termine per noi oggi così popolare.
Eppure il termine extraterrestre appare per la prima volta in Francia, proprio in quella metà di secolo, anche se non nasce per definire qualcosa al di là dei confini terrestri. E’ utilizzato invece per descrivere qualcosa di non terrestre, sinonimo di sopraterrestre e quindi simile al termine soprannaturale.
Solo nella seconda metà dell’’800 verrà utilizzato in astronomia dando al prefisso "extra" il senso di "fuori di", ed è proprio Flammarion uno tra i primi ad utilizzarlo nel senso di "umanità extraterrestre" e "popoli extraterrestri".
Più tardi nella seconda metà del 900 questa definizione, come vedremo, si consoliderà.
Afferma il sociologo Jean-Bruno Renard a proposito di questa trasposizione terminologica del termine: "E’ chiaro quindi che la parola "extraterrestre" sia passata successivamente da un’accezione spiritualistica ad una cosmologica per approdare poi a un sincretismo scientifico-religioso. Questa evoluzione semantica riassume il percorso del pensiero occidentale di fronte al cielo" (4).
Non è possibile quindi fare una analisi di questi cambiamenti di paradigmi scientifici dimenticando il contesto culturale in cui tutti questi elementi sono emersi.
La notizia, del 1864, del giornale Le Pays che annunciava il ritrovamento di un aerolito marziano in fondo a una miniera con all’interno la mummia di un marziano (simile ad un essere umano di un metro e trenta e proboscide al posto del naso) non può essere dissociata dal dibattito scientifico e dalla lunga disputa sui "canali di Marte" identificati da Schiaparelli nel 1877.
Mentre si amplia il dibattito mondiale sulle osservazioni di Schiaparelli e a proposito dei suoi voli a cavallo dell’Ippogrifo, con i quali annunciava le attività di costruzione dei "marziali", succedono anche altri fatti quali la nascita di una letteratura fantastica e di anticipazione scientifica (uno tra i tanti racconti quello della "Guerra dei Mondi" di Wells) o le notizie tra il 1896 ed il 1897 di una invasione del territorio americano da parte di misteriose airships, strani vascelli aerei di cui spesso i testimoni ed i giornali sospettano l’origine extraterrestre.
Fantoli non ne accenna, come se queste cose nella società non possano avere influenza sulle visioni della scienza, e viceversa.
L’autore si permette quindi una serie di lacune storiche, forse per poter meglio proporre l’idea, un po’ scientista, che tutto sommato gli extraterrestri (ammesso che ci siano) sono un fatto che riguarda e dovrà riguardare solo gli uomini di scienza chiusi nei loro osservatori, laboratori, e biblioteche.
Gli extraterrestri sono entità scientifiche da far manipolare unicamente alla ragione degli scienziati e da questi tenuti a debita distanza nello spazio profondo, al presentarsi del minimo indizio di possibilità di vita esterna alla Terra: non è semplicemente un’idea di scienza rassicurante ma anche l’affermazione di una scienza elitaria completamente separata dal resto della società.
Ma non dobbiamo vedere Fantoli operare una censura volontaria, si tratta di una cultura oggi radicata tra i professionisti della scienza che tendono a dare di loro un’idea di razionalità trionfante che però non si ritrova, così come viene mitizzata, le volte che il tema viene approcciato dai sociologi.
E’ probabilmente il Fantoli laureato in astronomia, che non lo studioso di filosofia, a darci questa descrizione un po’ riveduta e corretta del progresso scientifico e del suo incalzante ed abbastanza ordinato procedere; sintomaticamente, questo tipo di pensiero potete ritrovarlo più o meno identico in altri lavori, come ad esempio quello di qualche anno fa dell’ordinario di fisica Elio Sindoni sempre in tema di extraterrestri (5).
Immagino che la maggior parte degli uomini di scienza contemporanei considerino un errore tutto il dibattito che si sviluppò sui canali di Marte ed i loro costruttori, quindi non un modo per progredire nella conoscenza ma una deriva nell’irrazionalità.
E, che dire allora dell’astronomo Flammarion e della sua amicizia nel 1898, con Allan Kardec, il fondatore dello spiritismo, una religione basata sui tavolini che si muovono?
Potremmo anche escludere questo aspetto imbarazzante dal nostro tema se Flammarion non avesse unito l’astronomia e le rivelazioni dei tavolini delle sedute spiritiche, cercando di far sì che l’astronomia approfittasse del progresso di quella che per lui era una nuova "scienza".
Egli infatti propose di comunicare con i marziani attraverso la telepatia, ovvero "le onde psichiche".
Spiega Lagrange: "la metapsichica sembrava, non un scivolamento al di fuori della scienza, ma al contrario come la tappa successiva verso una astronomia ancora più vicina alla realtà che essa studia" (6).
Ciò fa di Flammarion un cattivo scienziato? Anche se il dibattito sulle "anomalie" di Marte si concluse qualche anno dopo, nel 1909, soprattutto per il lavoro di Antoniadi che dimostrò che i canali non erano artefatti marziani, non dobbiamo dimenticare che molti scienziati tra cui Antoniadi stesso, erano ancora persuasi che il pianeta rosso fosse abitato.
Solo a seguito delle analisi spettroscopiche di Campbell si considererà la vita su quel pianeta impossibile.
Si può ritenere che certo scetticismo attuale abbia la sua causa nelle delusioni conseguenti alle grandi aspettative di scoperta e di comunicazione con mondi abitati di allora.
Fantoli afferma che: "oggi siamo liberi (per quanto possibile) dalle pure speculazioni e fantasie che hanno contraddistinto le concezioni del passato" (p. 203).
Siamo di fronte ad una illusione di modernità: la scienza di ieri era fatta di speculazioni e fantasie, quella di oggi solo di moderna razionalità.
Chissà quante volte gli scienziati del passato si sono ritenuti moderni e in lotta contro la barbarie dei tempi precedenti! Ci si dovrebbe invece convincere che "non è che puro mito l’idea di una scienza pura di ogni mito" (7).
In conclusione, parlando dell'oggi, e del dibattito ancora in essere sull’esistenza di extraterrestri, non possiamo isolare su due fronti opposti gli scienziati del SETI, che coi loro radiotelescopi ascoltano una piccola fetta di universo, ed il contesto Ufo (post-1947) fatto di governi, di militari, di testimoni, e di ufologi, spiegando che il primo è "il solo mezzo" per provare l’esistenza degli extraterrestri (p. 233), mentre per quanto riguarda il secondo è sufficiente ignorarlo.
Il problema in fondo è che gli scienziati, nonostante il moltiplicarsi di indizi che consentono la vita anche su altri pianeti, hanno dovuto porre i loro extraterrestri sempre più lontano da noi, mentre altri, come ad esempio testimoni ed ufologi, li hanno spesso voluti porre troppo vicini a noi.
A ben vedere, al di là del loro posizionamento, che essi siano qui in visita o chissà su quali lontani confini dell’universo, la maggior parte di noi, scienziati o pubblico, "crede" negli extraterrestri; la differenza di queste due credenze è più in termini di anni luce che di quantità di fatti scientifici messi a disposizione.
Senza questa credenza è impossibile fare ulteriori passi in avanti.
L’autore riconosce una serie di contributi di studiosi di lingua inglese che lo hanno anticipato negli ultimi vent’anni, tra i quali rileviamo in particolare Steven J. Dick e Michael Crowe (1).
Fantoli ritorna sul fatto che il dibattito sull’abitabilità dei mondi sia molto antico e risalga a molto prima della possibilità di avere ottenuto un qualche dato strumentale in astronomia, e già all’antica Grecia e alla "filosofia naturale".
Questo dibattito, che cerca da tempo di determinare la possibilità di trovare altra vita intelligente fuori dal nostro pianeta, ha sempre avuto come riferimento primo le diverse visioni dell’universo, ovvero tutto ciò che stava oltre l’atmosfera terrestre.
In altre parole da un universo relativamente piccolo e finito si è passati ad un universo via via più grande che, se non infinito era più grande e dotato di una quantità di corpi celesti maggiore di quanto si fosse precedentemente ritenuto, fino l’universo attuale, immenso e, anche se finito, in espansione.
Una correlazione diretta tra il modo di interpretare l’universo e l’idea di "extraterrestri" anche se sottintesa da Fantoli, è ben presente in tutta la sua analisi lungo questo dibattito che attraversa la storia.
Aristotele, definendo un universo finito, di piccole dimensioni e vuoto, con una fisica dei corpi celesti separata completamente dai corpi terrestri, detti "sublunari", e con la Terra immobile al centro e gli altri corpi celesti fatti di etere o quint’essenza, negava una pluralità di mondi e al tempo stesso privava il suo universo della possibilità di altri abitanti che noi.
La sua filosofia naturale, che avrà un enorme successo grazie alla sua sintesi totalizzante, avrà però come risultato di annientare la discussione filosofica circa la possibile esisteva di altri mondi; il problema sopravviverà praticamente solo nella letteratura greca tardiva (Luciano di Samosata) e si dovrà aspettare Plutarco ("De facie in orbe Lunae") per avere le prime considerazioni sull’abitabilità della Luna.
La diffusione del cristianesimo nell’Impero Romano pose il problema di conciliare il patrimonio greco-ellenistico con la visione del mondo presente nella Bibbia.
Si stabilì che i filosofi ed i letterati greci, pur non avendo avuto la luce della Rivelazione erano stati comunque capaci di muoversi in direzione della verità.
Filosofia, scienza e cultura pagane, rappresentate dall’aristotelismo, potevano essere purificate da certi errori come ad es. la negazione dell’immortalità dell’anima: nasceva la filosofia "ancella della teologia" e questo soprattutto quando, nel 1231, papa Gregorio IX ordinò che i "perniciosi" trattati di Aristotele venissero purgati dei loro errori grazie ad una commissione pontificia.
Pochi anni dopo Tommaso d’Aquino si poneva il problema della possibilità che Dio potesse creare altri mondi, uguali o dissimili al nostro, ma poi affermava che se fossero stati del tutto simili sarebbero stati anche "superflui", mentre la bontà del mondo consisteva nel fatto che appunto "esso è uno".
Questa idea ebbe largo spazio anche nel secolo successivo.
La considerazione della possibilità di altri mondi era impedita dal punto di vista teologico poiché la Rivelazione parla della creazione di un solo mondo da parte di Dio.
Questo impedimento cristiano ad un universo diverso da quello che in realtà verrà definendosi nei secoli successivi, si protrarrà nell’ambito della Chiesa senza eccessive modifiche fino alla soglia dei nostri giorni.
Tale aspetto viene rilevato lungo tutto il libro di Fantoli, ma sarebbe stato bene sottolineare che fino a quel momento non si era trattato di uno scontro tra pensiero religioso da una parte e pensiero scientifico dall’altra e che questo dibattito, per svilupparsi in un lungo arco di tempo, non aveva avuto bisogno o possibilità di separare alcun dato empirico.
Anche se Fantoli sottolinea che il problema teologico si farà più rilevante dopo la "rivoluzione copernicana" e le scoperte di Galileo col cannocchiale (con la conseguenza di porre più forte il problema della possibilità di esseri intelligenti su altri mondi), l'autore non precisa che non siamo di fronte a due tipi di pensiero in opposizione, ma solo allo scontro di due pensieri "magici" che in diverso modo anticiperanno quella che definiamo "l’era moderna".
Da un lato la Chiesa fino alla prima parte del ‘600 (ed anche un po’ oltre) si era impegnata a sbarazzarsi di ogni tradizione religiosa popolare (intesa come superstitiones), un esempio tra tutti la caccia alle streghe, mentre dall’altro la scienza, per diventare sperimentale, aveva posto le sue radici sulla tradizione ermetica e la magia rinascimentale: sono entrambi elementi determinanti che preparano la "modernità".
E suona appunto strano che Fantoli non usi mai termini come "ermetismo" o "magia rinascimentale" in riferimento a certi studiosi che introdurranno la nuova visione copernicana (Cusano, Bruno e Copernico stesso).
Soprattutto quando parliamo della scienza del periodo compreso tra il XVI sec. ed il XVII sec., non possiamo evitare di parlare di alta magia, di ermetismo, di cabala, alchimia, di magia colta contrapposta a magia popolare, etc.
Fino a quel periodo l’idea dell’abitabilità di altri mondi era stata una discussione di diverse filosofie e teologie, mentre nel Rinascimento, diventa un argomento per affrontare criticamente la scolastica di Aristotele e, allorquando saranno sviluppati nuovi mezzi di osservazione del cielo, l’idea sarà velocemente integrata nella "nuova scienza".
Questa della possibilità di altri mondi era stato uno degli elementi del pensiero eretico e magico che portò Giordano Bruno sul rogo.
Ci sembra che Fantoli esprima, lungo tutto il suo testo, un certo razionalismo rassicurante, tendente a dare della scienza l’idea di qualcosa di nettamente separato da ciò che definiamo oggi "irrazionale" (folklore, soprannaturale, magia, parascienze etc.) mentre sappiamo che, se vogliamo davvero comprendere come si produce scienza, dobbiamo parlare non di separazione ma di confine.
Fantoli definisce Cusano come: "il primo pensatore che ebbe l’audacia di parlare di altri mondi, non su un piano di astratta speculazione, ma come un fatto di ragione", e poche righe oltre come "un uomo di larghi interessi culturali, dalla matematica alla biologia, dalla filosofia alla teologia e alla mistica" (p. 31), infine come colui che "annuncia un nuovo modo di pensare che sarà proprio del Rinascimento e mostra una sorprendente libertà di pensiero anche nei confronti dei problemi teologici…" (p. 35).
Una certa ambiguità è mostrata pure nel dettagliare in termini generici la figura e la visione di Bruno quando ad esempio scrive: "Sarà solo l’impenitenza ostinata di Bruno, a proposito delle sue concezioni filosofiche a costituire per i giudici [dell’Inquisizione], alla fine del processo, una prova anche della realtà dei suoi errori teologici, inseriti in blocco nella sentenza di condanna" (p. 43).
Unico riferimento diretto al pensiero magico di Bruno (parlando del "doppio volto del pensiero bruniano") è quando cita Koyré ("From the Closed World to the Infinite Universe", 1957): "La visione del mondo di Bruno è vitalistica, magica. I suoi pianeti sono esseri animati che si muovono liberamente attraverso lo spazio proprio come quelli di Platone o di Patrizi. Bruno non è in alcun modo una mente moderna. Eppure, la sua concezione è così potente e così profetica, così razionale e poetica insieme, che non possiamo non ammirarla e ammirare lui. Ed essa ha – almeno nelle sue caratteristiche formali – così profondamente influenzato la scienza e la filosofia moderne che non possiamo che assegnare a Bruno un posto importantissimo nella storia della mente umana".
Ben diverso e chiarificante, su Bruno e Copernico, è quanto scrive la storica Yates: "Alcune forme di eliocentrismo furono già note nell’antichità e lo stesso Copernico aveva citato certi suoi predecessori. Ma questa verità del passato che ora vien fatta rivivere e di cui il Nolano [Bruno] è il profeta non è l’eliocentrismo inteso in senso astronomico o come ipotesi matematica. Lo stesso Bruno spiega che la sua penetrazione dell’universo si spinge molto più a fondo di quella dei semplici matematici. Eppure neanche Copernico era stato soltanto un matematico, poiché aveva citato, vicino al suo diagramma del nuovo sistema, le parole di Ermete Trismegisto col sole come dio visibile contenute nell’Asclepius. Qui sta la chiave per intendere la posizione di Bruno; la visione che viene elaborata dal Nolano è una nuova interpretazione ermetica della divinità dell’universo, una gnosi sviluppata" (2).
In conclusione Bruno prevede un universo infinito ed eterno dove le stelle sono altrettanti Soli, circondati da pianeti, visti come "animali", e questi mondi sono abitati come il nostro, ed infine l’origine di ogni movimento è da cercarsi nell’"anima del mondo".
E’ infine Copernico che cambia l’universo e non solo quello, Koyré aveva anche affermato che: "dopo Copernico, e solamente dopo Copernico, l’uomo non è più al centro del mondo".
Il sociologo Lagrange aggiunge: "Le grandi rivoluzioni scientifiche introdotte dopo Copernico, come sappiamo grazie a Darwin o all’etnologia, hanno rinforzato questa immagine di un universo retto da un principio di banalità: non solamente non siamo più al centro dell’universo, ma l’Uomo non è più neppure in cima all’intelligenza. Noi occupiamo un posto intermedio nell’ordine delle forme di intelligenza. Noi non siamo più soli, ma soprattutto non siamo più i primi" (3).
Con una tale serie di conseguenze storiche, che hanno una loro forte influenza fino ai giorni nostri, è difficile poter trascurare le reali origini di una visione che ha talmente cambiato il nostro modo di vedere il mondo.
Grazie a Galileo, ed al suo cannocchiale, la nuova concezione dell’universo di Copernico si evidenzia e si avvicina indicando nuove possibilità.
E’ interessante allora, a mio avviso, tutta la prima fase di discussione attorno alla possibilità che il suo cannocchiale potesse ben definire oggetti come navi posti all’orizzonte ma non oggetti celesti.
Siamo di fronte ad un nuovo modo di vedere la realtà e di costruire i fatti fisici, che ha anche conseguenze sul dibattito dell’abitabilità dei mondi.
Galileo inizia a paragonare le cavità e le depressioni viste sulla Luna assimilandole alle valli terrestri, aprendo la possibilità di vita a vegetazione ed esseri viventi, e Keplero comincia a porsi il problema se queste conformazioni siano opera della natura o della mano di creature viventi, intelligenti.
Ne seguirà una disputatio tra diversi studiosi, come ad esempio La Galla, che negavano la possibilità di montagne lunari, e le pensavano dovute ad una illusione data da minore o maggiore densità dell’etere lunare.
Se noi isoliamo questa discussione dalla critica allo strumento galileiano (i difetti del suo cannocchiale) si potrà difficilmente vedere che tale disputa non è una semplice contrapposizione tra logicità galileiana e illogicità degli altri.
Più tardi Newton (pur non avendo trattato direttamente di altra vita all’esterno della Terra) darà il più grosso contributo (dopo Copernico, Galileo e Keplero) a tale possibilità: la sua legge di gravitazione universale implica infatti che le leggi fisiche valide sulla Terra lo siano anche in cielo ed ora le stelle possono avere sistemi planetari, come il Sole, con tutte le conseguenze.
Fantoli illustra molto dettagliatamente questa lunga serie di analisi discordi tra studiosi, circa l’abitabilità dei mondi, che a partire dagli inizi del 600, fin quasi alla fine del secolo, riguarderà l’esclusivo dominio di un numero limitato di uomini di scienza.
La possibilità di vita su altri pianeti sarà l’ipotesi che avrà maggiore successo in paesi come l’Inghilterra e la Francia, rispetto al resto d’Europa dove il contesto teologico cristiano continuerà a fare da freno (vedi ad esempio le opere di Cartesio messe all’indice).
Come si può ben vedere l’invasione degli extraterrestri del nostro mondo concettuale, non è repentina, ma avviene con avanzate e ritirate all’interno dei paradigmi degli scienziati.
Fontanelle avrà il merito di diffondere questo dibattito per la prima volta anche tra il pubblico colto (francese ed europeo) esprimendo la sua visione illuministica della "pienezza" della natura, che non aveva più bisogno di un pensiero religioso in senso stretto.
Con il suo "Entretiens sur la pluraralité des mondes" Fontanelle ebbe un successo di lettori anche in Italia, ed in questo Fantoli vede un indebolimento dell’influenza della Chiesa Cattolica.
Nello stesso periodo è l’astronomo olandese Huygens, che sostenuto da nuovi strumenti più potenti, avanza ulteriori ipotesi sulla vita intelligente nell’universo, ma nel contempo sposta l’idea un po’ oltre le immediate vicinanze della Terra: le osservazioni migliori della Luna (nessuna traccia di atmosfera) fanno subentrare una certa delusione sulla possibilità di "planetari" (abitanti di altri pianeti).
L’universo diventa più grande del previsto, ma nei paraggi della Terra cominciamo a perdere potenziali vicini di casa.
Per tutto il 700 la possibilità di mondi abitati non fu praticamente messa in dubbio e vi era anche chi pretendeva, vedi Herschel lo scopritore di Urano, l’abitabilità del Sole (dove le macchie solari sono grandi finestre dalle quali si affacciano i suoi abitanti) e di tanti pianeti del sistema solare e della Luna (nonostante gli indizi a sfavore) ed delle stelle.
Si fa largo il principio di analogia.
Tra alcuni studiosi si farà strada l’idea che identiche temperature dei corpi celesti offrano la possibilità di avere mondi abitati dagli stessi vegetali ed animali
Quando poi alla fine del secolo Heinrich, Lambert, Wright e Kant, considereranno la Via Lattea come un effetto ottico causato da un ammasso di stelle, l’universo subirà una ulteriore espansione.
Ovviamente persistevano resistenze tra gli studiosi cristiani per questo accumularsi di cambiamenti di paradigma che andavano tutti contro la parola divina.
Invece l'800 vira verso un "giustificato" scetticismo della scienza. Le osservazioni sempre più accurate della Luna cominciano a mostrare seri impedimenti alla vita dei "seleniti": Bessel constata definitivamente la mancanza di una sensibile atmosfera lunare.
A partire dal 1850, come precisa Fantoli: "i dubbi sull’ipotesi dei mondi abitati si sono venuti facendo sempre più forti" (p. 174).
Whewell, contrariamente ad altri studiosi, inizia a sostenere tra le tante l'idea che le nebulose sono ammassi di materia incoerente e gassosa.
Nonostante la cautela che si installa in quel periodo, il pluralismo dei mondi sarà comunque "la visione più generalmente accettata, nel mondo intellettuale e anche religioso inglese" (p. 177), ragion per cui vi furono immediate reazioni al lavoro di Whewell.
Nel 1859 irromperà Charles Darwin con "On the Origin of Species by Natural Selection".
Come sappiamo non si tratta di astronomia, ma ribaltando ogni concezione di intervento divino in campo biologico, le conseguenze si faranno sentire in tutto l’universo.
Il formarsi della vita, a partire dalla materia non vivente, e la sua evoluzione, aprivano possibilità di vita in ogni pianeta che disponga di condizioni più o meno simili alla Terra.
Pochi anni dopo Pasteur ci sbarazzava delle teorie sulla generazione spontanea dal fango e dalla materia in putrefazione, ed anche questo influenzerà il dibattito.
In ultimo il principio di analogia (fino ad allora solo supposto) viene confermato dalla tecnica spettroscopica (basata sulla diffrazione della luce mediante prismi e reticoli) messa in atto dal fisico tedesco Kirchoff e dal chimico Bunsen.
Nasce l’astrofisica delle stelle.
Più tardi l’astronomo inglese Huggins verificando lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali della stella Sirio ne dedusse, correttamente, che si trattava di un effetto Doppler e che la stella si allontanava dalla Terra: le stelle fisse non erano più tali ed al tempo stesso diventavano sistemi simili al nostro dove la vita era possibile (anche se poi Huggins avrebbe fatto più tardi qualche passo indietro circa questa possibilità).
Nel 1859 era stato l’astronomo gesuita romano Angelo Secchi, a compiere una completa analisi spettrale del sole e di 400 stelle e a mostrarsi un sostenitore del pluralismo (con forti critiche in seno al suo Ordine Religioso, calmierate dai suoi buoni rapporti con papa Pio IX).
Il problema teologico viene risolto da Secchi supponendo che tra gli extraterrestri non vi sia stato il peccato.
Quindi nel 1869 l’astronomo francese Janssens, già pluralista per gli stessi motivi tecnici di Secchi, annuncia la scoperta di acqua grazie ad uno spettro di Marte.
Quelli sono pure gli anni della divulgazione dell’astronomia presso il pubblico colto che, grazie all’americano Proctor ed al francese Flammarion, verrà a conoscenza delle nuove "prove" della vita extraterrestre.
Assistiamo così alla popolarizzazione della scienza e al tempo stesso alla diffusione dell’idea della pluralità dei mondi abitati.
Il vapore acqueo "riscontrato" nell’atmosfera Di Marte, nonché le sue calotte di ghiaccio, ne facevano un ottimo candidato alla vita extraterrestre, e di fatto gli abitanti della Luna cominciavano a fare i bagagli per trasferirsi su Marte: gli strumenti scientifici avevano spostato più lontano le possibilità abitative degli extraterrestri.
Fantoli descrive molto bene questi passaggi ma stranamente, pur titolando il suo libro "Extraterrestri", non dedica neanche una riga per definire la nascita del termine per noi oggi così popolare.
Eppure il termine extraterrestre appare per la prima volta in Francia, proprio in quella metà di secolo, anche se non nasce per definire qualcosa al di là dei confini terrestri. E’ utilizzato invece per descrivere qualcosa di non terrestre, sinonimo di sopraterrestre e quindi simile al termine soprannaturale.
Solo nella seconda metà dell’’800 verrà utilizzato in astronomia dando al prefisso "extra" il senso di "fuori di", ed è proprio Flammarion uno tra i primi ad utilizzarlo nel senso di "umanità extraterrestre" e "popoli extraterrestri".
Più tardi nella seconda metà del 900 questa definizione, come vedremo, si consoliderà.
Afferma il sociologo Jean-Bruno Renard a proposito di questa trasposizione terminologica del termine: "E’ chiaro quindi che la parola "extraterrestre" sia passata successivamente da un’accezione spiritualistica ad una cosmologica per approdare poi a un sincretismo scientifico-religioso. Questa evoluzione semantica riassume il percorso del pensiero occidentale di fronte al cielo" (4).
Non è possibile quindi fare una analisi di questi cambiamenti di paradigmi scientifici dimenticando il contesto culturale in cui tutti questi elementi sono emersi.
La notizia, del 1864, del giornale Le Pays che annunciava il ritrovamento di un aerolito marziano in fondo a una miniera con all’interno la mummia di un marziano (simile ad un essere umano di un metro e trenta e proboscide al posto del naso) non può essere dissociata dal dibattito scientifico e dalla lunga disputa sui "canali di Marte" identificati da Schiaparelli nel 1877.
Mentre si amplia il dibattito mondiale sulle osservazioni di Schiaparelli e a proposito dei suoi voli a cavallo dell’Ippogrifo, con i quali annunciava le attività di costruzione dei "marziali", succedono anche altri fatti quali la nascita di una letteratura fantastica e di anticipazione scientifica (uno tra i tanti racconti quello della "Guerra dei Mondi" di Wells) o le notizie tra il 1896 ed il 1897 di una invasione del territorio americano da parte di misteriose airships, strani vascelli aerei di cui spesso i testimoni ed i giornali sospettano l’origine extraterrestre.
Fantoli non ne accenna, come se queste cose nella società non possano avere influenza sulle visioni della scienza, e viceversa.
L’autore si permette quindi una serie di lacune storiche, forse per poter meglio proporre l’idea, un po’ scientista, che tutto sommato gli extraterrestri (ammesso che ci siano) sono un fatto che riguarda e dovrà riguardare solo gli uomini di scienza chiusi nei loro osservatori, laboratori, e biblioteche.
Gli extraterrestri sono entità scientifiche da far manipolare unicamente alla ragione degli scienziati e da questi tenuti a debita distanza nello spazio profondo, al presentarsi del minimo indizio di possibilità di vita esterna alla Terra: non è semplicemente un’idea di scienza rassicurante ma anche l’affermazione di una scienza elitaria completamente separata dal resto della società.
Ma non dobbiamo vedere Fantoli operare una censura volontaria, si tratta di una cultura oggi radicata tra i professionisti della scienza che tendono a dare di loro un’idea di razionalità trionfante che però non si ritrova, così come viene mitizzata, le volte che il tema viene approcciato dai sociologi.
E’ probabilmente il Fantoli laureato in astronomia, che non lo studioso di filosofia, a darci questa descrizione un po’ riveduta e corretta del progresso scientifico e del suo incalzante ed abbastanza ordinato procedere; sintomaticamente, questo tipo di pensiero potete ritrovarlo più o meno identico in altri lavori, come ad esempio quello di qualche anno fa dell’ordinario di fisica Elio Sindoni sempre in tema di extraterrestri (5).
Immagino che la maggior parte degli uomini di scienza contemporanei considerino un errore tutto il dibattito che si sviluppò sui canali di Marte ed i loro costruttori, quindi non un modo per progredire nella conoscenza ma una deriva nell’irrazionalità.
E, che dire allora dell’astronomo Flammarion e della sua amicizia nel 1898, con Allan Kardec, il fondatore dello spiritismo, una religione basata sui tavolini che si muovono?
Potremmo anche escludere questo aspetto imbarazzante dal nostro tema se Flammarion non avesse unito l’astronomia e le rivelazioni dei tavolini delle sedute spiritiche, cercando di far sì che l’astronomia approfittasse del progresso di quella che per lui era una nuova "scienza".
Egli infatti propose di comunicare con i marziani attraverso la telepatia, ovvero "le onde psichiche".
Spiega Lagrange: "la metapsichica sembrava, non un scivolamento al di fuori della scienza, ma al contrario come la tappa successiva verso una astronomia ancora più vicina alla realtà che essa studia" (6).
Ciò fa di Flammarion un cattivo scienziato? Anche se il dibattito sulle "anomalie" di Marte si concluse qualche anno dopo, nel 1909, soprattutto per il lavoro di Antoniadi che dimostrò che i canali non erano artefatti marziani, non dobbiamo dimenticare che molti scienziati tra cui Antoniadi stesso, erano ancora persuasi che il pianeta rosso fosse abitato.
Solo a seguito delle analisi spettroscopiche di Campbell si considererà la vita su quel pianeta impossibile.
Si può ritenere che certo scetticismo attuale abbia la sua causa nelle delusioni conseguenti alle grandi aspettative di scoperta e di comunicazione con mondi abitati di allora.
Fantoli afferma che: "oggi siamo liberi (per quanto possibile) dalle pure speculazioni e fantasie che hanno contraddistinto le concezioni del passato" (p. 203).
Siamo di fronte ad una illusione di modernità: la scienza di ieri era fatta di speculazioni e fantasie, quella di oggi solo di moderna razionalità.
Chissà quante volte gli scienziati del passato si sono ritenuti moderni e in lotta contro la barbarie dei tempi precedenti! Ci si dovrebbe invece convincere che "non è che puro mito l’idea di una scienza pura di ogni mito" (7).
In conclusione, parlando dell'oggi, e del dibattito ancora in essere sull’esistenza di extraterrestri, non possiamo isolare su due fronti opposti gli scienziati del SETI, che coi loro radiotelescopi ascoltano una piccola fetta di universo, ed il contesto Ufo (post-1947) fatto di governi, di militari, di testimoni, e di ufologi, spiegando che il primo è "il solo mezzo" per provare l’esistenza degli extraterrestri (p. 233), mentre per quanto riguarda il secondo è sufficiente ignorarlo.
Il problema in fondo è che gli scienziati, nonostante il moltiplicarsi di indizi che consentono la vita anche su altri pianeti, hanno dovuto porre i loro extraterrestri sempre più lontano da noi, mentre altri, come ad esempio testimoni ed ufologi, li hanno spesso voluti porre troppo vicini a noi.
A ben vedere, al di là del loro posizionamento, che essi siano qui in visita o chissà su quali lontani confini dell’universo, la maggior parte di noi, scienziati o pubblico, "crede" negli extraterrestri; la differenza di queste due credenze è più in termini di anni luce che di quantità di fatti scientifici messi a disposizione.
Senza questa credenza è impossibile fare ulteriori passi in avanti.
Note
1) Di questi due autori in "Extraterrestri" Fantoli indica le seguenti opere: Crowe Michael J., "The Extraterrestrial Life Debate", Londra-New York, 1986; Dick Steven J., "Plurality of Worlds", Cambridge (MA), 1984; Dick Steven J., "Life on Other Worlds", Cambridge, 1998; Dick Steven J. [editor], "The New Universe, Extraterrestrial life and the Theological Implications", Philadelphia- Londra, 2000.
Per avere uno sviluppo storico completo dell'argomento si veda nell'ordine:
a) Dick Steven J, "Pluralità of Worlds", per il periodo che va da Democrito a Kant.
b) Crowe Michel J, "The Extraterrestrial Life debate", per il periodo 1750-1900.
c) Ed infine (non citato da Fantoli): Dick Steven J., "The biological universe; the twentieth-century extraterrestrial life debite and the limitis of science", Cambridge University Press, 1996.
Dick, a differenza di Fantoli, in "The biological universe", non trascura il dibattito sugli Ufo (pp. 267-320) e ne fa parte integrante del dibattito principale sulla possibilità di vita extraterrestre, senza limitare la questione degli Ufo (e l’ipotesi extraterrestre) ad un semplice fatto di credenza, ed anzi precisa che (in particolare con un picco d’interesse tra il 1965 ed il 1969), l’argomento era stato dibattuto anche dagli scienziati e con diverse opinioni pro e contro.
Conclude sull’ipotesi extraterrestre degli Ufo, lo storico ed astronomo Dick: "Whether or not a true natural phenomenon is trying to reveal itself only the future will tell. But if and when extraterrestrial intelligence is discovered in the distant reach of space, it surely be recalled that for a time in the twentieth century, more than a few Earthlings believed the extraterrestrials had actually frequented the skies of their home planet, crashed or landed, and abducted millions of its citizens" (p. 320).
In altre parole per Dick il declino tra gli scienziati dell’ipotesi extraterrestre degli Ufo, non significa il declino della credenza nella vita extraterrestre.
Tra l’altro Dick non trascura neanche l’influenza nel 900 della letteratura di fantascienza. Nata dalle idee in ambito scientifico circa la possibilità di vita extraterrestre intelligente, la fiction finisce a sua volta per influenzare la scienza. Dick ci ricorda che i pionieri della esobiologia e del SETI sono cresciuti a fantascienza e sono stati spinti alle loro carriere proprio da queste letture: "Having nurtured science fiction, science now recieved in return some of the rewards of imagination" (p. 266).
Potremmo dire che la fantascienza non ha nutrito solo le credenze dei testimoni Ufo ma anche ed in egual misura quelle degli scienziati.
Dick in "Pluralità of Worlds" precisa senza sottolinearlo sufficientemente questo aspetto (che mi sta a cuore nella presente recensione) ossia la natura di credenza della nuova visione del mondo Bruno, Cusano e Copernico: "No small part of that natural philosophy was a strong belief in an infinite number of Earthlike worlds" (p. 63). Su Bruno sottolinea: "…Bruno was a professed Copernican, although his Copernicanism was only a small part of a much broader Hermetic philosophy that viewed Nature in magical and animistic terms" (pp. 64-65 e p. 201).
D’altra parte nel suo famoso "Contro il metodo" (U. E. Feltrinelli, [1975] 2002), il filosofo Paul Feyerabend aveva già dimostrato come l’astronomia moderna e la dinamica moderna non avrebbero potuto progredire senza un "uso scientifico di idee antidiluviane", traendo vantaggio dal pitagorismo e dall’amore platonico per i cerchi, concludendo che la scienza non ha alcun metodo speciale e che la separazione tra la scienza e la non scienza, è artificiale e dannosa per la scienza stessa (pp. 248 e 249).
Per questa dimostrazione Feyerabend, tratta particolarmente il "metodo" Galileo, e seppure le sue pagine non riguardino l’idea degli extraterrestri è interessante vedere come tra errori e modifiche interpretazionali Galileo ci consegni, usando il nuovo strumento del cannocchiale, un nuovo mondo (quello che permetterà l’esistenza di abitanti sulla Luna): "E’ sufficiente dare una rapida occhiata ai disegni di Galileo e alle fotografie di fasi [lunari] simili per convincersi del fatto che nessuno dei caratteri morfologici disegnati… può essere sicuramente identificato con alcun elemento noto del paesaggio lunare"(p. 107).
2) Yates Frances A., "Giordano Bruno e la tradizione ermetica", Biblioteca Universale Laterza, Ed. Laterza, 1985, p. 261.
3) Lagrange Pierre, "Les extraterrestres sont-ils seuls dans l’univers?".
4) Renard Jean-Bruno, "Gli extraterrestri", Edizioni Paoline, 1991.
5) Sindoni Elio, "Esistono gli extraterrestri?", Il Saggiatore-Flammarion, 1997.
Sindoni fa ad es. questa considerazione sul problema degli Ufo: "Coloro che, più di ogni altro, scrutano il cielo con attenzione e competenza sono gli astronomi: come mai nessuno di loro ha mai riportato l’osservazione di un UFO?". In altre parole chi usa la razionalità scientifica secondo Sindoni non vede gli Ufo. Rispondere a questa domanda sarebbe troppo lungo, ma basti pensare all’enorme catalogo che sta raccogliendo lo studioso Giuseppe Stilo proprio sugli avvistamenti di fenomeni aerei non identificati fatti da astronomi ed esperti del cielo non professionisti quali gli astrofili.
6) Lagrange Pierre (con la collaborazione di Hélène Huguet), "Sur Mars", EDP Sciences, 2003.
7) Latour Bruno, "Nous n’avons jamais été modernes. Essai d’antropologie symétrique", La Decouverte/Poche, 2006. In realtà l’affermazione è del sociologo Serres, citato da Latour nell’ambito della sua dimostrazione.
Ringraziamenti: Renzo Cabassi, Yannis Deliyannis, Pierre Lagrange.
Fantoli Annibale, "Extraterrestri. Storia di un idea dalla Grecia ad oggi", Carocci editore (http://www.carocci.it/), 2008.
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