martedì 14 gennaio 2014

Gennaio 2014. NON C'E' ANTROPOLOGI A CHILOMETRO ZERO. A proposito di un articolo di Pierre Lagrange

Il sociologo Pierre Lagrange, nel suo ultimo articolo per la rivista Politix, solleva un problema di metodo per l'antropologia di oggi che solo a parole sembra sostenere una parità tra le diverse culture e credenze, e che almeno nelle intenzioni di metodo aveva deciso di superare i concetti della prima nascente antropologia “occidentale” quando guardava ancora alle culture altre con la stimma di culture selvagge e primitive.
Nelle università il buon professore di scienze sociali spiega ai suoi studenti che non sono lì per giudicare, ma solo per comprendere e descrivere.
Ma nel concreto delle pratiche degli antropologi esiste veramente questo modo asettico di procedere nella ricerca?

Pierre Lagrange in “Pourquoi les croyances n'interessent-elles les anthropologues qu'au delà de deux cents kilomètres?”, afferma che questo non è vero quando l'antropologo si trova faccia a faccia con una credenza vicina al proprio contesto sociale.
Gli antropologi sembrano privilegiare gli studi di credenze lontane nello spazio e nel tempo (che si tratti degli amerindi o dei fantasmi dei morti nel medioevo.
Al contempo, gli stessi studiosi saranno portati ad evitare di studiare i discorsi messi in atto nelle pratiche scientifiche, per timore di essere accusati di relativismo.
Il rifiuto di studiare le credenze vicine (o l'incapacità di farlo) emana probabilmente da questa necessità di doversi schierare in favore della scienza. 
 
Sembra quindi a Lagrange, che ne porta diversi esempi concreti, che mentre l'antropologo affronta con serietà una credenza lontana, non è nella possibilità di applicare lo stesso metodo quando la credenza è a lui vicina.
E, anche quando certi lavori recenti hanno applicato lo stesso metodo di analisi sia per le credenze che per le scienze, lo hanno fatto evitando di mettere troppo rilievo sulle scienze.

A causa di questa perdita di neutralità assiologica l'antropologo può arrivare ad accusare un suo collega di essere un “ufologo” (ce lo dice in nota Lagrange stesso) semplicemente perché quest'ultimo pretenderà di trattare certe materie considerate parascientifiche (e quindi di fatto non attendibili come i discorsi sugli Ufo) e peggio quando con lo stesso metodo vorrà affrontare (da antropologo) il discorso degli scienziati.
La conseguenza è che sono soprattutto le pratiche scientifiche a restare un buco nero ( “une tache aveugle”, secondo la definizione di Lagrange) soprattutto per l'antropologia francese.

Lagrange Pierre, “Pourquoi les croyances n'interessent-elles les anthropologues qu'au delà de deux cents kilomètres?”, riv. Politix (De Broeck Supèrieur), vol. 15, n. 100, 4/2012, pp.201-202


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