Qui di seguito trovate
abstract e testo tradotto in italiano dell'articolo di presentazione del CIPH, svolta da Nico Conti, al
CNES-Geipan (Parigi) il luglio scorso, al workshop CAIPAN14.
LE
IMPLICAZIONI DELLA RICERCA STRUMENTALE DEL NON-IDENTIFICATO
Renzo CABASSI1,
Nico CONTI2, Jader MONARI3, Stelio
MONTEBUGNOLI4, Massimo SILVESTRI5
1 CIPH, Bologna,
Italia
2 CIPH, Bologna,
Italia
3 Radiotelescopi di
Medicina,Medicina (BO), Italia
4 SETI Italy,
Bologna, Italia
5 CIPH, Bologna
Italia
ABSTRACT
Nonostante
le ricerche strumentali circa gli Ufo siano rare, esse sono una parte
importante della ricerca ufologica perché permettono di uscire dal
dibattito senza fine tra “credenti” e “scettici”.
Questo
genere di ricerche mostra soprattutto un punto importante: sin
dall'inizio della controversia sugli Ufo alla fine degli anni 40, gli
ufologi hanno domandato alla scienza di studiare gli Ufo, mentre ci
si poteva aspettare che fossero anche gli stessi ufologia a occuparsi
di ciò che la scienza poteva fare circa tale argomento e a sostenere
i rari programmi di ricerca esistenti.
Se
si escludono i progetti immaginati da scienziati non appartenenti a
specifiche istituzioni, all'inizio della storia degli ufo, uno dei
primi progetti di ricerca sugli Ufo fu quello attuato da Claude Poher
poco prima della creazione del Gepan nel 1977, che intendeva
calcolare i costi di installazione di una rete di stazioni di
rilevamento magnetico. Purtroppo fu stabilita la non fattibilità del
progetto, perché all'epoca troppo costoso.
All'inizio
degli anni 80 a seguito di un'ondata Ufo sopravvenuta in Norvegia, e
in particolare a Hessdalen, Erling Strand, ingegnere ed ufologo,
lancia un progetto per lo studio delle “luci di Hessdalen”
(Project Hessdalen, 1984), progetto che continua a proseguire ai
giorni nostri, in collaborazione con Bjiorn Hauge.
A
seguito di questo primo progetto di studio delle “luci di
Hessdalen, l'ufologo Renzo Cabassi, riunisce negli anni 90 un gruppo
di ufologi con i quali crea il CIPH (Comitato Italiano per il Project
Hessdalen), nel 2000, un comitato che ha per scopo la promozione
delle ricerche sui fenomeni constatati a Hessdalen.
Oltre
alla ricerca di finanziamenti, l'obiettivo del CIPH è quello di
mettere in relazione differenti tipologie di ricercatori –
scienziati, tecnologi, sociologi, astrofili – tra coloro che
potrebbero essere interessati allo studio dei fenomeni luminosi
aerospaziali non-identificati.
Dato
che nessuna ipotesi riesce a fare l'unanimità sull'origine degli
Ufo, al CIPH sembra interessante rivolgere l'attenzione verso lo
studio dei fenomeni che possono rinviare a fenomeni naturali poco
conosciuti (vedi i fuochi fatui, il fulmine globulare, le luci
sismiche, etc...) e che sollevano problematiche vicine a quelle che
pongono gli Ufo (rarità, difficoltà di rilevamento, di
registrazione, etc.).
Il
CIPH entra allora in contatto con i ricercatori dei Radiotelescopi di
Medicina, Stelio Montebugnoli, Jader Monari, e con scienziati tra cui
Albino Carbognani (specialista del fulmine globulare), Cristiano
Fidani (luci sismiche), Enrico Arnone (TLE, Transient Luminous
Events, Sprite), Massimo Teodorani (astrofisico), Matteo Leone
(storico della fisica) e di astrofili quali Ferruccio Zanotti e
Romano Serra (meteore, TLE).
Durante
diverse missioni denominate EMBLA (il nome di una divinità nordica)
i ricercatori italiani e norvegesi cercano di ottenere delle
registrazioni dei fenomeni osservati ad Hessdalen, e ottengono come è
noto degli spettrogrammi delle luci, ma senza che i dati raccolti
permettano di definire in modo conclusivo sulla natura di questi
fenomeni.
Nel
2003 un gruppo di astrofili guidati da Ferruccio Zanotti ottiene una
serie di immagini di mini-flashes sopra il lago Oyungen
(Hessdalen), avendo fatto ricorso a una tecnica simile a quella
utilizzata per i rientri atmosferici di bolidi.
Differenti
altri strumenti sono testati nel corso di diverse missioni realizzate
grazie al CIPH, dirette da Stelio Montebugnoli e Jader Monari.
Nel
2007 grazie al tecnico Massimo Silvestri, il CIPH prova diverse
apparecchiature in Italia nel quadro del progetto denominato SOSO
(Smart Optical Sensors Observatory). La videocamera di SOSO
sarà la prima a filmare uno Sprite a partire dal territorio italiano
nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2007.
In
seguito viene sviluppata una rete di telecamere attraverso il paese
grazie a un gruppo di astrofili: IMTN (Italian Meteors and TLE
Network).
Nel
2009 Ferruccio Zanotti, con una videocamera a colori, filma il primo
Gigantic Jet (della famiglia dei TLE) in Europa.
I
test realizzati con le videocamere nell'ambito del Progetto SOSO,
sono destinate a acquisire un know-how da portare in Norvegia,
se i mezzi economici lo permetteranno, assieme ad altri strumenti
realizzati da Montebugnoli e Monari dei Radiotelescopi di Medicina,
nel quadro delle ricerche radio-astronomiche.
Dopo
aver riportato al meglio l'informazione sulle ricerche strumentali
realizzate nell'ambito CIPH, noi vorremmo inoltre riflettere sulle
ragioni per cui la maggior parte degli Ufologi trascurano questo tipo
di ricerche in favore della sola analisi delle testimonianze.
Vogliamo
inoltre interrogarci sui limiti di questo genere di ricerche
strumentali applicate all'ufologia e ricercare una risposta alle domande come ad esempio: cosa
è un “sito ricorrente”? Le nostre ricerche cosa ci permettono di
dire su questo genere di siti? Perché malgrado lunghi anni di
sorveglianza del cielo, il progetto SOSO non ha registrato alcun
fenomeno di tipo Ufo, vale a dire alcun fenomeno realmente
non-identificato?
Noi
proponiamo di affacciarci alle problematiche reali di questo genere
di ricerche, alle condizioni da realizzare per registrare eventuali
fenomeni, e alle problematiche che il dibattito tra “scettici” e
“credenti” sembrano ignorare.
ARTICOLO
Precisamente
all'inizio del 2000, un gruppo di ufologi italiani, per la maggior
parte originari del CISU (Centro
Italiano Studi Ufologici), si
è raggruppato sotto il nome CIPH /Comitato Italiano per il Project
Hessdalen) allo scopo di partecipare al Project Hessdalen, che era
stato attivato da Erling Strand già
nei primi anni 80 in
Norvegia.
Contrariamente
ad altri progetti il Project
Hessdalen si presentava come il più realista perché insisteva su
di una zona geografica
ridotta all'interno della quale numerosi fenomeni erano stati
segnalati, ciò che permetteva di prevedere dei costi più limitati e
dei risultati potenzialmente più interessanti.
Nel
testo che segue, descriveremo gli sforzi realizzati ed i risultati
ottenuti, e cercheremo di comprendere ciò che questa iniziativa ci
ha insegnato su interesse, limiti e possibilità future per questo
genere di attività di rilevamento strumentale dei
Fenomeni Aerospaziali Non-Identificati.
Vogliamo
sottolineare che pur se è possibile uscire da un dibattito sterile
(pro o contro gli Ufo) non per questo si entra in un mondo
scientifico dove tutto diventa «fruitful» (fruttuoso) solo
per il semplice fatto di aver collocato degli strumenti.
Diverse
esigenze legate a questa ricerca si sono presentate nel corso del
tempo e lo sviluppo della nostra azione continua a modificarsi di
conseguenza.
In
particolare nel corso delle diverse tappe, che descriveremo, è stato
necessario :
a)
comprendere sin dall'inizio ciò che poteva essere fatto per essere
operazionali nell'ambito della ricerca tecnico-scientifica ;
b)
una volta dotati di un minimo di strumentazione e di risorse umane,
necessarie allo sviluppo di un progetto di
ricerca, mettere in atto delle strategie per dare continuità alla
ricerca stessa;
c)
definire il nostro campo di azione per non limitarci semplicemente ad
una ricerca sugli Ufo, ciò che avrebbe voluto dire restare legati ad
un concetto flou di «non identificato» che, in quanto
autoreferenziale, avrebbe potuto rendere difficile qualsiasi tipo di
ricerca; in effetti noi abbiamo delle testimonianze che sembrerebbero
evocare l'esistenza di uno o più fenomeni nuovi (all'interno della
categoria approssimativa di Ufo), ma dato che ci troviamo di fronte a
testimonianze circa qualcosa di «non-compreso» (non-identificato) è
difficile stabilire ciò che dovrebbe essere misurato attraverso gli
strumenti;
d)
allargare il campo degli «oggetti luminosi» da mettere sotto
osservazione, integrando quelli attualmente conosciuti (sprites e
TLEs) o ancora in fase di dimostrazione (fulmine globulare, luci
sismiche, et.) e, infine, quelli più banali come i bolidi, che
assomigliano in qualche modo agli Ufo (almeno per quelli decritti dai
testimoni Ufo in termini di: casualità, fugacità dell'osservazione,
rapidità del movimento, et.);
e)
fare il punto circa il nostro «know how» e stabilire un
progetto più ampio (Progetto SOSO) capace di allargare il nostro
campo di azione senza limitarci solamente alle «luci di Hessdalen».
I
primi approcci strumentali agli Ufo: la mancanza di continuità della
ricerca
L'ufologia,
che vede la luce grazie alla prima testimonianza di « dischi
volanti » di Kenneth Arnold, e grazie alle sue prime inchieste
fatte su altri testimoni come lui, è una disciplina che in una prima
fase si è basata sull'ipotesi che si trattasse di visitatori
extraterrestri.
La
quantità dei racconti era lì a dimostrarlo, senza bisogno di
nessun'altra prova che non fosse qualche foto presa accidentalmente.
Si
trattava di immagini che costituivano delle prove per qualche
ufologo, anche se, nella migliore delle ipotesi, esse non potevano
rappresentare che un semplice indizio su un aspetto del fenomeno.
In
seguito a questo primo periodo di entusiasmo neofita, accanto a
questa convinzione che le semplici inchieste potessero essere la
prova dell'esistenza degli Ufo vi era, già a partire dagli anni 50,
qualche raro ricercatore privato e qualche organismo pubblico che
iniziava a collocare degli strumenti sul posto.
Vi
rinviamo agli articoli dello studioso Philippe Ailleris, che si è
spesso occupato dell'attenzione tecno-scientifica (non programmata)
prestata al fenomeno Ufo1,
vale a dire a tutte quelle ricerche improvvisate, non-continuative,
che rappresentavano una urgenza del momento e obbedivano all'idea di
poter dare delle risposte rapide.
Per
alcuni studi militari, vedi quelli della Air Force americana, si
trattava di comprendere se dietro gli Ufo si nascondesse la minaccia
di un'arma segreta russa, si era nel pieno della Guerra Fredda. C'era
anche una piccola parte di militari che contemplava la possibilità
di una origine extraterrestre degli Ufo e che mostrava un bisogno
urgente di capire se si trattasse di una potenziale minaccia
dall'esterno.
La
discussione si è spesso concentrata unicamente sui rilevamenti radar
(per esempio nel caso di Washington del 1952) ad un'epoca in cui i
dati forniti da questo genere di apparecchiatura erano difficili da
interpretare.
Nel quadro del Project Blue Book, il capitano Ruppelt
aveva intravisto la possibilità di utilizzare delle fotocamere
simili a quelle usate per la localizzazione dei meteoriti. La
discussione è però restata a lungo “bloccata” sull'ipotesi
extraterrestre.
Nel
1973, le ricerche realizzate dal fisico Hadley D. Rudlege nell'ambito
del suo Project Identification sono state motivate dal solo desiderio
di testare l'ipotesi extraterrestre 2.
In
seguito, la riflessione si è evoluta e altri ricercatori come Claude
Poher, creatore e primo responsabile del Gepan, piuttosto che Michel
Monnerie, un membro influente del gruppo Lumières dans la Nuit
(e futuro capofila degli ufologi
scettici) hanno proposto di mettere in campo delle reti di
rilevamento senza insistere particolarmente su una ipotesi o su
un'altra. Ma, nel caso di Poher, il costo di una
tale rete si era rivelato proibitivo, mentre nel caso di Résufo
proposto da Monnerie, era stata la motivazione degli inquirenti
privati, incaricati alla
sua realizzazione, che aveva fatto difetto.
Discussioni
senza fine continuano fino ai nostri giorni e si constata anche una
tendenza trasversale che va da un'opposizione corrispondente ad un
pregiudizio a una semplice incomprensione di ciò chiamiamo
« ufologia strumentale » 3.
Molti
sono gli ufologi che pensano che occuparsi di “luci di Hessdalen”
sia qualcosa di diverso rispetto a fare dell'ufologia. Tra quelli che
comunque credono che si tratti di ufologia, la maggior parte ha dato
carta bianca a Strand e al Project Hessdalen; in altri termini hanno
dimostrato un malcelato disinteresse verso ciò che accade nella
valle norvegese.
Altri
ufologi, al contrario, non si interessano ad Hessdalen che per
mettere in discussione l'esistenza stessa di queste « luci ».
Si tratta di una critica ad uno spettrogramma o di una analisi
fotografica, ma in ogni caso l'interesse dimostrato è sporadico e
senza impegno o sostegno a questa ricerca.
E'
vero che, a partire dagli anni 80, l'entusiasmo per l'ufologia
diminuisce progressivamente, e si dubita della sua capacità di
costruire una realtà che possa dare un senso a questi misteriosi
Ufo.
Ma,
giustamente, è proprio nel corso di questi anni che il Project
Hessdalen (attivo nel 1984) comincia a prendere forma.
Per
quanto concerne i limiti dei precedenti tentativi di ricerca
strumentale, questi sono evidenti: tutti questi studi hanno in comune
la mancanza di continuità nel tempo ciò che ha fatto sì che una
collettività scientifica non si sia mai formata attorno al problema
posto.
Questo
tipo di problematica (scienziati isolati e studi di breve termine) è
esistito in modo simile per altri « fenomeni orfani » di
scienza (secondo la definizione del sociologo Pierre Lagrange), come
ad esempio : fuochi fatui, fulmine globulare, luci sismiche, et.
Più
tardi, nel 2000, noi intravvediamo nel tentativo di Strand questa
perseveranza nel far fronte al problema scientifico posto dagli Ufo.
La
nascita nel 2000 del comitato CIPH e le ragioni del sostegno al
Project Hessdalen
E'
giustamente Lagrange che nel 2000 apre un dibattito sociologico sul
quale, ufologi credenti e ufologi scettici, saranno in disaccordo; nell'articolo « Reprendre à Zéro » ci spiega le
ragioni che rendono scientificamente più interessante uscire da
questo tipo di discussioni senza fine « pro e contro » 4.
Occupandosi
di una sociologia non-riduzionista
degli Ufo, Lagrange ci chiarisce
perché le spiegazioni
psicologiche non siano di alcuna utilità per rendere conto delle
osservazioni Ufo, e che sarebbe invece utile inventarsi nuovi
comportamenti che permettano di passare dagli strumenti culturali
agli strumenti scientifici.
Per
pura coincidenza
in quell'anno nasce il
nostro CIPH
5
diretto da Renzo Cabassi, con una decina di ufologi appartenenti alla
associazione CISU, gruppo caratterizzato da una attitudine
“scettica”.
La
maggior parte dei fondatori del CIPH si conoscono dal 1990.
L'idea
di formare un comitato (e non un'altra associazione Ufo) si basa
sulla volontà di essere un organismo informale e aperto a ogni
contributo, intellettuale e scientifico, per lo studio più ampio
possibile dei Fenomeni Luminosi in Atmosfera, compresi gli Ufo.
Quando
più tardi leggeremo «Reprendre à zero»,
avremo l'impressione di seguire le tracce
del percorso evocato da Lagrange affinché lo studio del
non-identificato prenda una connotazione scientifica.
Perché
Hessdalen ed il supporto al progetto di Erling Strand ?
Prima
ragione : è a partire dal 1984 che Strand e Al. sono con
continuità nella valle di Hessdalen (Norvegia) per studiare le
cosiddette « luci di Hessdalen ». Si tratta dunque del
solo studio al mondo che possa vantare una così lunga durata su un
determinato sito.
Seconda
ragione: è a partire dal 2000 che sono iniziate le missioni
tecnologiche denominate EMBLA e la collaborazione a livello della
strumentazione tra l'Ostfold
College di Strand e i Radiotelescopi di Medicina (Italia), diretti da
Stelio Montebugnoli.
Terza
ragione : sentivamo il bisogno di fare qualcosa di concreto per
aiutare la ricerca (all'inizio il nostro gruppo si è autofinanziato
per mandare in missione l'astrofisico Massimo Teodorani).
Da
sempre gli ufologi domandano alla scienza di occuparsi di Ufo e
accusano gli scienziati di disinteressarsi del “fenomeno” (o
addirittura di complottare contro la sua esistenza).
Alla
base di questo pensiero condiviso dall'insieme dell'ufologia si può
ritenere che ci sia una cattiva comprensione su come la scienza
funzioni realmente nel suo modo di prodursi.
Diversamente
il nostro gruppo vede all'interno degli studi scientifici molte
tematiche che sembrano avere punti di contatto con il problema Ufo:
in qualche modo la scienza si occupa già di non-identificato (ne
parleremo più avanti).
Contrariamente
all'opinione generale, il CIPH pensa che stia agli ufologi entrare
nella logica di produzione della scienza, e non il contrario.
Quarta
ragione : anche se attualmente si parla di « luci di
Hessdalen » come di un fenomeno naturale ancora inspiegato
sappiamo che , in realtà, quando tutto ha cominciato nel 1980 nelle
vicinanze di Hessdalen, le testimonianze assomigliavano
fin dall'inizio alle più comuni descrizioni delle ondate Ufo, ivi
compresa la panoplia dei dischi volanti.
Anche
se in maggior parte si trattava di luci erratiche, se si analizza
qualche testimonianza in dettaglio, come ad esempio quella di August
Holen, del settembre 1980, è evidente che siamo di fronte al tipico
incontro ravvicinato con tre “dischi” descritti come di un
materiale che assomiglia a del « rocks
of candy »
[dolcetto
da leccare di zucchero cristallizzato,
NdA]
6.
Noi
ci chiediamo di rimpiazzare questo tipo di descrizione soggettiva con
una descrizione oggettiva dello strumento, come Strand stava
iniziando a fare.
Quinta
ragione : non abbiamo una sola ed unica ipotesi da difendere,
vogliamo quindi piazzare degli strumenti vicino al testimone, come
succede con altri fenomeni incompresi.
Infine :
anche se è evidente che le ricerche strumentali sugli Ufo sono rare,
esse sono comunque una parte importante della storia della ricerca
ufologica, perché permettono di uscire dal dibattito senza fine tra
« credenti » e « scettici ».
Cosa
abbiamo cercato di fare nei primi sei anni del CIPH
In
effetti, a parte il lavoro di ricerca di finanziamenti, il primo
scopo del CIPH è stato di mettere in relazione i diversi tipi di
ricercatori - scienziati, ingegneri, sociologi, astrofili –
suscettibili di un interesse verso lo studio dei fenomeni luminosi
aerospaziali non identificati.
Dato
che nessuna ipotesi fa l'unanimità sull'origine degli Ufo, al CIPH
sembra interessante affrontare lo studio di tutti quei fenomeni che
vanno in direzione dei fenomeni naturali poco-conosciuti (come i
fuochi fatui, il fulmine globulare, le luci sismiche e altri
ancora...) e che inoltre sollevano dei problemi simili a quelli posti
dalle testimonianze Ufo: rarità, difficoltà di rilevamento e
registrazione, et.
Il
CIPH opera
dunque
in modo da
entrare in contatto con i ricercatori del radiotelescopio di
Medicina, Stelio Montebugnoli, Jader Monari, e con scienziati quali
Albino Carbognani (fisico specialista del fulmine globulare),
Cristiano Fidani (geologo esperto di luci sismiche), Enrico Arnone
(TLE, Transient Luminous Events, Sprite), Massimo Teodorani
(astrofisico), Matteo Leone (storico della fisica), e anche astrofili
quali Ferruccio Zanotti e Romano Serra (meteore, TLE), o infine
altri esperti di
« Radio-Natura » quali
Renato Romero e Flavio Gori (onde radio VLF)...
L'idea
è semplice : i fenomeni luminosi della bassa atmosfera, sono
testimoniati a livello del visibile, da testimoni occasionali e
perciò, se ci si impone di provarli e comprenderli in modo
scientifico, si deve necessariamente misurare il loro modo di
influenzare tutto il campo elettromagnetico (nel visibile e
nell'invisibile).
Dunque
per ogni fascia del campo elettromagnetico si devono costruire
strumenti adatti a registrare dati specifici e metterli in relazione
tra loro, per poter infine stabilire una teoria che possa spiegare le
diverse condizioni del fenomeno: modalità di innesco,
durata-forma del fenomeno e la modalità di esaurimento dello stesso.
Durante
le missioni EMBLA, anche se molte misure sono state prese con
strumenti diversi, non vi sono state delle correlazioni strette tra
le immagini catturate e le altre misure (VLF, VHF radar, analizzatore
di campo magnetico, et.).
Sono
stati presi spettrogrammi durante le missioni di osservazione del
cielo (i Camp-Science dell'Ostfold College ), ma non sono mai
stati risolutivi circa la natura del fenomeno rilevato.
Immagini
(film, foto) prese durante le missioni EMBLA sono state argomento di
lunghe discussioni tra ricercatori (Teodorani, Leone e Al.).
Si
deve sottolineare, di passaggio, che questo dibattito ha interessato
gli ufologi razionalisti solo per ridurre tutti i fenomeni di
Hessdalen a delle misinterpretazioni di fari di automobile.
Al
contrario, tutto il lavoro effettuato durante la missione del 2003
dal gruppo di astrofili denominato Columbia, diretto da Ferruccio
Zanotti, non ha portato ad alcuna reazione presso gli ufologi,
positiva o negativa, malgrado i loro risultati siano interessanti.
Il
loro studio sul terreno, attraverso delle videoregistrazioni e delle
osservazioni attuate con il metodo utilizzato per i rientri di
bolidi in atmosfera, sembra dimostrare l'esistenza di micro-fenomeni
luminosi frequenti, vedi dei micro-flashes
di diversi colori (sul lago di Oyungen, vicino a Hessdalen).
Per
coloro che hanno lavorato sul terreno del laboratorio all'aria aperta
di Hessdalen, questi dati specifici sono ancora argomento di analisi
nella speranza di tornare in valle con strumenti e procedure più
performanti.
Il
workshop del 2006. Il bisogno di fare il punto sul know-how
acquisito : limiti e possibilità
E' di fronte a questi risultati parziali che nel 2006 si decide di organizzare un workshop (al centro-visite dei Radiotelescopi di Medicina, Italia) per fare il punto sul nostro savoir faire, invitando a parteciparvi tutti quei ricercatori che in qualche modo avevano collaborato al Project Hessdalen.
E' di fronte a questi risultati parziali che nel 2006 si decide di organizzare un workshop (al centro-visite dei Radiotelescopi di Medicina, Italia) per fare il punto sul nostro savoir faire, invitando a parteciparvi tutti quei ricercatori che in qualche modo avevano collaborato al Project Hessdalen.
Questo
workshop (IPHW
2006,
International Project Hesdalen Workshop)
fornirà alla fine dei lavori dei Proceedings (in inglese) sotto
forma di libro, le cui entrate finanziarie sono state utilizzate per
coprire qualche spesa legata alla strumentazione per la ricerca.
E'
in questo momento preciso che il nostro gruppo cambia la sua
filosofia ed il suo modo di agire: fino
ad allora il CIPH aveva supportato i ricercatori dall'esterno, con un
sostegno in termini di organizzazione e di sostegno pratico (ad es.
nessun membro del comitato è mai andato in missione ad Hessdalen).
Le
considerazioni che, attraverso il workshop IPHW 2006,
emanavano dall'analisi collettiva del lavoro sviluppato ad Hessdalen
sembravano indicare abbastanza chiaramente dei limiti che dovevano e
potevano essere superati :
a)
ogni
esperto tecnico aveva portato in valle degli strumenti sulla base
delle proprie esperienze e del proprio know-how
ma
ci sembrava evidente che era il lato ottico a dover essere
fortemente messo a punto. Eravamo primariamente
confrontati ad un problema osservato, visuale;
b)
nelle missioni di Hessdalen, mancava la coordinazione continuativa di
un gruppo scientifico (fisici) sopra i lavori effettuati dai
tecnologi;
c)
la Blue
Box,
a Hessdalen, disponeva di videocamere fisse del tipo meteo, che
funzionavano bene durante la giornata, ma che mettevano in evidenza
molti
“brusii” durante le registrazioni notturne; necessitava dunque
una
videocamera più performante per poter ottenere dei dati quantitativi
e qualitativi, 24 ore su 24, e inoltre dotata di motion-détection;
d)
di conseguenza non avevamo alcuna possibilità di disporre di una
statistica che potesse eliminare o integrare delle possibili
relazioni tra il nostro fenomeno e altre tipologie: aurore, fenomeni
solari, cambiamenti di stagione, et..
e)
visto e considerato il numero limitato di ricercatori, la distanza di
Hessdalen (al centro della Norvegia) e le condizioni climatiche
generalmente difficili, una stazione la più automaticizzata
possibile era necessaria e possibile.
2007 :
il Progetto SOSO a Idice, Bologna (Italia)
Dopo
aver sviluppato tutte queste considerazioni, e aggiungendo che a
livello di risorse umane all'interno del CIPH (Renzo Cabassi e
Massimo Silvestri) disponevamo di tutte le tecnicità per rispondere
a questi ostacoli, si pensò di poter agire diversamente e di fare
della ricerca direttamente.
Dunque
nel 2006, il nostro comitato diventa operativo dal punto di vista
della costruzione di un sistema che chiameremo SOSO (Smart Optical Sensors Observatory)
7
il quale sarà testato a Idice (Bologna, Italia) nell'intenzione di
trasferirlo in seguito in Norvegia.
Il
Progetto SOSO di Massimo Silvestri, è un'idea di stazione di
monitoraggio permanente, di una parte del cielo, dotato di un sistema
il più possibile automatizzato (che abbia bisogno del minor numero
di interventi possibili sul posto, durante l'anno), che può gestire
a distanza da “remoto” e dotato di un software di cattura di
immagini/video che permette all'operatore di prendere visione delle
sole sequenze video dove si verifica una variazione/movimento sulla
scena, detta “allarme”.
Il
sistema SOSO (attivo a partire dal 2007) è dotato di una videocamera
Mintron con un disturbo dell'immagine estremamente basso, grazie ad
un sensore CCD Sony super HAD, per uso astronomico, che permette un
buon rapporto segnale-rumore.
L'immagine
video è gestita da un computer dotato di un sistema operativo Linux
(Debian) che registra le sequenze video solo nel caso di tale
variazione/movimento: una volta rilevata la variazione, questa è
archiviata su un hard-disk per essere analizzata
dall'operatore in un secondo momento; il software utilizzato è
Motion (supportato da Linux).
Fenomeni
orfani (o quasi) di scienza: allargare il campo della ricerca
strumentale
Prima
di entrare nel dettaglio dei risultati del Progetto SOSO vorremmo
ritornare su questi “fenomeni orfani” di scienza che abbiamo solo
brevemente menzionato in precedenza. Quando parliamo di fuochi fatui (Biagio Pelicani," Quaestiones metheororum" 1384?) di fulmine globulare (Francois Arago, "Sur la tonnere" 1838) di luci sismiche (Ignazio Galli, " Raccolta e classificazione
dei fenomeni luminosi osservati nei terremoti", 1910) e infine di sprites (Franz,R.C., R.J.
Nemzek, et J.R. Winckler,1989),
parliamo di
oggetti scientifici che hanno in comune diversi aspetti:
1)
ognuno di questi fenomeni è stato a lungo considerato un
non-identificato proprio come gli Ufo, nel senso che testimoni
occasionali avevano osservato e descritto fenomeni luminosi
transitori senza comprenderli.
Questi
fenomeni sono spesso stati circondati da un folklore molto forte che
potremmo considerare come una forma di epistemologia popolare, un
tentativo di identificazione semplificata fatta a partire da un
proprio bagaglio culturale: qualcosa che assomiglia a ciò che
succede nelle testimonianze Ufo.
Le
descrizioni e le interpretazioni in causa non sono necessariamente
false e non sono giocoforza riferibili a degli errori di percezione
(i casi di descrizione dei primi sprites sembrano dimostrarlo).
Come
per gli Ufo la caratteristica effimera di questi fenomeni è tale che
la scienza fatica a considerarli come reali.
In
altre parole essi riescono ad esistere nelle testimonianze popolari
(senza bisogno di prove) ma non esistono, o con grandi difficoltà,
all'interno della collettività scientifica (in effetti le leggi
esistenti non possono comprenderli).
Si
tratta dunque di “eventi nascosti” secondo il termine del
sociologo Ron Westrum8.
Anche
nel caso degli sprites odierni, possiamo sottolineare che, anche se
la loro vita scientifica inizia nel 1989, grazie ad uno strumento
che era in fase di test, ci sono state, prima di quella data, alcune
testimonianze visuali sporadiche che li descrivono correttamente ma
che non hanno tuttavia permesso di riconoscerli come fatti.
Una
volta che questi fenomeni nascosti sono compresi e accettati
attraverso la pratica scientifica diventano molto meno rari di quanto
si potesse immaginare prima.
2)
Vi sono date abbastanza precise (fuochi fatui, 1384; fulmine
globulare 1838; luci sismiche, 1910) in cui, grazie alle affermazioni
di uno scienziato, questi fenomeni diventano reali, anche se non sono
completamente accettati da tutta la totalità del mondo scientifico.
Prima
di queste date tali fenomeni semplicemente non esistevano: vale a
dire che, “col senno di poi”, è impossibile rigettare in modo
assoluto l'esistenza di un fenomeno sulla semplice affermazione
della possibilità dell'errore di percezione.
E'
per questo motivo che noi consideriamo che un campo d'azione di
ricerca strumentale il più ampio possibile possa essere utile allo
studio degli Ufo, in quanto manifestazioni luminose in atmosfera.
Brevi
considerazioni sui fenomeni luminosi in atmosfera “conosciuti”
Oggi
nessuno dubita dell'esistenza ( e dell'inspiegabile estinzione) dei
fuochi fatui, e tutti conosciamo la spiegazione stereotipata di
Alessandro Volta (gas di palude).
A
ben vedere la “scientificazione” dei fuochi fatui non giunge
attraverso la prova abituale dello strumento, ma attraverso una serie
di passaggi dialettici fatti da scienziati che hanno prestato
attenzione a certe testimonianze.
Questi
passaggi possono essere sintetizzati in questo modo:
a)
eliminazione di una parte del folklore, e integrazione nel discorso
scientifico di alcuni elementi non sospetti di irrazionalità.
Attraverso
la loro razionalizzazione e la loro integrazione nel mondo
scientifico i fuochi fatui non saranno mai più considerati spiriti
dei morti, ma per esistere saranno relegati nelle paludi e nei
cimiteri.
Al
fine di far esistere i fuochi fatui come realtà riconosciuta dalla
scienza, gli scienziati hanno dovuto “spolverare” le
testimonianze delle caratteristiche più folkloriche ma hanno dovuto
comunque conservarne certi aspetti; sono nelle paludi, nei cimiteri e
in altri luoghi simili, ma come prodotto della decomposizione
biologica.
b)
Una scoperta scientifica (il gas, e in questo caso il gas di palude)
è il passepartout dello scienziato Volta per far entrare
nella realtà del fatto scientifico questi fenomeni luminosi più
volte testimoniati nel corso dei secoli.
Ma,
se si rileggono attentamente le testimonianze, si vedrà che questi
fenomeni non sono sempre localizzati in una palude o in un cimitero,
e non si manifestano che raramente sotto forma di semplice fiamma.
Così
l'idea dei fuochi fatui come gas di palude si cristallizza 9.
c)
Volta (ma già almeno Priestley prima di lui) aveva pensato a un
fenomeno con un innesco di natura elettrica, ma non vedeva quale
fosse disponibile in natura per far funzionare il fuoco fatuo 10.
In
seguito molti chimici proveranno in varie occasioni a riprodurre un
fuoco fatuo in laboratorio ma senza riuscirvi, fatto sta che il fuoco
fatuo esiste comunque come ossidazione della fosfina e del metano,
senza bisogno di ulteriore scienza.
Una
situazione simile si presenta con il fulmine globulare.
Lo
scienziato Arago, attraverso la classificazione di diverse forme di
fulmine, permette al fulmine globulare di esistere oltre la
testimonianza (vedi un fenomeno luminoso erratico di forma sferoide
molto “simile” a quello dei racconti dei fuochi fatui).
A
cominciare da quel momento, e senza bisogno di prove, il fulmine
globulare entra nel mondo reale: nonostante che non sia accettato
dalla totalità degli scienziati (ancora ai giorni nostri) esso
inizia a esistere in diverse repliche di laboratorio grazie alla
scoperta dei plasma.
d)
questi “fenomeni orfani” di scienza non hanno avuto bisogno di
una collettività scientifica interamente dedicata al loro studio
per poter assumere una esistenza.
Sono,
ad esempio, uno strumento ottico e una registrazione occasionale
risultato del test di una videocamera fatto durante un temporale, a
permettere agli sprite di esistere in quanto scoperta scientifica nel
1989.
Dopo
questa data il numero esponenziale di articoli scritti sugli sprites
è impressionante, così come l'aumento del numero di altri fenomeni
riconosciuti nell'alta atmosfera, appartenenti alla famiglia dei TLEs (Transient Luminous Events): dunque non si può più parlare di fenomeni rari.
Perciò,
a partire dal momento in cui uno strumento, anche se per serendipità,
è in grado di dimostrare un nuovo fenomeno, tutto ciò che era
dapprima considerato raro o addirittura inesistente può con estrema
facilità divenire un fenomeno ordinario e molto diffuso.
Questa
serie di punti ci portano ad una serie di considerazioni che sono
alla base della ragione stessa dell'esistenza del CIPH e della nostra
filosofia non-scettica
(e comunque neanche credente)
di ricerca strumentale del non-identificato, in particolare:
1)
anche se basati solo su delle testimonianze, possono esistere dei
fenomeni degni di studio scientifico: non possiamo quindi affermare
in modo assoluto che un fenomeno non esiste.
Se
si adottasse la stessa attitudine che gli scettici adottano verso il
fenomeno Ufo, fenomeni oggigiorno divenuti ordinari
come gli sprites, assumerebbero
una esistenza bizzarra.
In
effetti sappiamo che uno sprite ( di così breve durata e così
difficile da percepire) può essere osservato ad occhio nudo in
determinate condizioni di osservazione guardando in direzione del
temporale, da una certa distanza...
Il
divulgatore scientifico William
R. Corliss,
nei
suoi cataloghi di anomalie atmosferiche, aveva diligentemente
raccolto, prima della scoperta degli sprites, qualche racconto
testimoniale che assomiglia parecchio agli sprites riconosciuti in
un secondo momento 11.
Se
nel periodo precedente si adotta una visione scettica circa queste
testimonianze stravaganti, gli sprites sarebbero esistiti solo come
errori percettivi di misinterpretazione
del testimone e esiterebbero solo per lo strumento a partire dal
1989.
2)
Di conseguenza, gli investigatori che danno importanza alle
testimonianze sono quelli che provano a porre degli strumenti accanto
al testimone.
3)
Dunque, la storia della scienza dei Fenomeni Luminosi in Atmosfera,
qui brevemente riassunta, dimostra che anche cominciando da dei
fenomeni a carattere “folklorico” si può fare avanzare la
conoscenza scientifica.
I
primi risultati di SOSO sui TLEs e la configurazione di una rete di
astrofili
Ritorniamo
ora al nostro progetto SOSO, nel 2007 quando viene installato a
Idice (località nei pressi di Bologna, Italia) il sistema per
testarlo: l'insediamento non è l'ideale a causa dell'inquinamento
luminoso, ma non è neanche molto diverso dalla posizione casuale
dei testimoni Ufo.
L'idea
è quella di testare il sistema SOSO prima di inviarlo ad Hessdalen,
ma oltre a ciò cosa speravamo poter filmare come fenomeno:
a)
qualche luce non-identificata (dobbiamo dire che siamo riusciti a
mettere in relazione delle testimonianze con degli identificati quali
bolidi, satelliti tipo NOSS, ISS (International
Space Station),
ma non
ancora dei Fenomeni Aerei Non-identificati;
b)
un fulmine globulare (fino ad ora non ci sono state immagini
scientifiche a riprova di questo fenomeno) 12.
Dunque
il 4-5 settembre 2007, catturiamo con SOSO il primo sprite a partire
dal territorio italiano 13.
Fino
a quella data nessun scienziato italiano aveva collocato uno
strumento ottico di fronte al fenomeno sprite.
Pertanto,
a partire da questa esperienza siamo in contatto con un esperto di
sprites e di chimica dell'atmosfera, Enrico Arnone, che all'epoca
lavorava all'estero, partecipando tra l'altro alla rete degli
scienziati di Eurosprite.
Da
quel momento abbiamo avuto a disposizione: l'intera famiglia
di questi fenomeni TLEs (Transient Luminous Events) dotata di caratteristiche simili a quelle degli Ufo, il sistema SOSO per rilevarle, e le relazioni scientifiche pe avere suggerimenti sulle procedure da seguire.
Ma
come era stato possibile captare, semplicemente in base a qualche
fotogramma, questo allarme che si è presentato sotto forma di lampi
di qualche decimo di secondo e riconoscerlo come uno sprite?
Ciò
è stato
possibile per la semplice ragione che Cabassi conosceva già
l'esistenza e la forma di questo fenomeno,
e
perché ci eravamo posti il problema di dare una spiegazione ad ogni
forma di “allarme”.
A
partire da questo momento abbiamo catturato una grande quantità di
sprites, e questo argomento ci ha permesso di rilanciare gli
astrofili (primo tra tutti Zanotti) su un progetto più ampio che le
luci di Hessdalen: la creazione di una rete di rilevamento di Bolidi
e TLEs.
Nel
2009 il IMTN
(Italian
Meteors and TLE Network)
è già operativo grazie
a qualche stazione nel nord Italia.
Il
12 dicembre 2009 Zanotti filma, con l'aiuto di una videocamera a
colori,
il
primo
Gigantic Jet (della famiglia dei TLEs) in Europa.
In
quel periodo saranno pubblicati un certo numero di articoli
scientifici su questo Gigantic Jet, che presenta delle
caratteristiche particolari.
Grazie
al lavoro sviluppato sui TLEs dalla rete IMTN siamo a tutti gli
effetti un collettivo composto da astrofili, tecnologi, scienziati e
perché no... ufologi.
La
rete italiana IMTN attualmente è costituita da 20 stazioni dotate di
videocamere, tra le quali due realizzate da ufologi.
Si
deve tuttavia evidenziare che questa rete ottica sul territorio
nazionale non è ancora pronta a prestare attenzione ad eventuali
fenomeni Ufo.
In
effetti gli astrofili sono in generale molto scettici vero il tema
degli Ufo, probabilmente in ragione del fatto che, troppo facilmente,
l'Ufo è associato senza spirito critico alle visite extraterrestri e
ai dischi volanti.
Al
contrario, all'interno del gruppo IMTN ci sono stati alcuni rari casi
di non-identificato che hanno aperto delle piccole discussioni
all'interno della mailing-list ( ma a nostro avviso tutti questi
casi, assai limitati in numero hanno una spiegazione banale)14.
Strumenti,
possibilità, analisi e miglioramenti nel prossimo futuro
Il
progetto SOSO, dopo questa prima fase iniziale, ha avuto una seconda
tappa nel suo sviluppo: l'istallazione accanto alla videocamera di
una strumentazione VLF/ULF per la registrazione 24 ore su 24, di
segnali nella banda al di sotto dei 22 Khz.
Questi
ricevitori, in particolare grazie al lavoro di Massimo Silvestri e di
Jader Monari, e al supporto esterno di Renato Romero, sono collegati
al sistema di rilevamento ottico di SOSO.
Questo
ci ha permesso, nel caso di un allarme (bolide o sprite), di
verificare se esistesse una traccia nel campo radio.
Da
più di un anno, il sistema SOSO è stato trasferito presso i
Radiotelescopi di Medicina.
Disponiamo
attualmente di due videocamere Mintron, la prima che opera con
Motion-Linux e la seconda con Windows-Ufocapture (quest'ultima dotata
di un sistema mobile track che
si orienta automaticamente in direzione delle celle temporalesche).
Queste
videocamere funzionano assieme ad un sistema composto da: un
ricevitore ULFO (da 0 a 25 hz), un ricevitore VLF (da 0 a 20 Khz), e
infine un analizzatore di spettro (da 0 a 3 Ghz). Quest'ultimo è in
fase di attivazione.
Pure una piccola centrale meteo è attualmente
attiva.
Da
circa un anno, la stazione Blue Box a Hessdalen è collegata a un
computer dotato della stessa gestione di SOSO, che
permette di catturare una sequenza video in caso di allarme.
L'analisi
delle variazioni intervenute sull'immagine è svolta da Strand in
collaborazione con l'Italia.
Sfortunatamente,
la videocamera installata sulla Blue Box non è una Mintron e non ha
le qualità di una videocamera di tipo astronomico. Mostra dunque
diversi inconvenienti, in particolare nelle riprese di sequenze video
notturne.
Ultimamente,
il gruppo di astrofili denominato Gapers (di San Giovanni in
Persiceto, Bologna, Italia) diretto dal fisico Romano Serra (che ha
partecipato a diverse missioni ad Hessdalen) ha cominciato
un'ulteriore
ricerca per comprendere i mini-flashes
osservati
e registrati ad Hessdalen nel 2003.
Serra
ha otturato la videocamera del loro sistema Mintron/Ufocapture e sta
ora studiando le tracce delle scintille luminose lasciate sul CCD
della videocamera per via dell'iterazione tra raggi gamma e muoni
(che spesso catturiamo durante le sessioni notturne).
Nonostante
quei
mini-flashes siano
stati osservati anche ad occhio nudo dagli astrofili del gruppo di
Zanotti ( e Serra), a Hessdalen nel 2003, lo studio di Serra potrebbe
avere un certo peso sulla nostra ricerca poiché potrebbe confermare
l'esistenza di un fenomeno esterno ed il suo funzionamento.
A tale
proposito, Serra e Monari hanno sviluppato un'ipotesi elettrochimica
direttamente legata alle caratteristiche geo-fisiche di Hessdalen
riguardo
la quale si stanno attuando ulteriori
verifiche in laboratorio.
Ancora:
una volta sviluppate tutte le analisi nella gamma del visibile e le
loro possibili correlazioni (VLF, ULF, et.), si considera possibile e
utile un'analisi degli infrasuoni e dell'infrarosso (con una
telecamera Flir), nella fase che precede e quella che segue i
fenomeni luminosi per comprendere la persistenza dell'evento ed il
suo funzionamento.
Infine,
tutti i tests realizzati con le videocamere e gli strumenti radio del
progetto SOSO attuale sono destinati a acquisire una conoscenza da
trasferire in Norvegia (o in altri luoghi), allorquando i mezzi
finanziarii lo permetteranno, insieme ad altri strumenti che sono in
fase di sviluppo da parte di Montebugnoli e Monari dei radiotelescopi
di Medicina (nel quadro delle loro conoscenze in campo
radioastronomico).
SOSO
e gli Ufo
I
nostri strumenti riescono
dunque a catturare agevolmente degli eventi rapidi e random
come
i bolidi e i TLEs, ma apparentemente non catturano dei fenomeni
non-identificati.
In
altre parole, perché non filmiamo degli Ufo?
Piuttosto
che affermare semplicisticamente che i testimoni sono dei cattivi
osservatori, dei non-esperti, o delle vittime di errori percettivi,
tendiamo a pensare che commettiamo errori nel nostro monitoraggio
strumentale del cielo; in tal senso :
a)
i nostri strumenti puntano nelle direzione sbagliata del cielo, in
particolare nella direzione dei temporali al fine di rilevare dei
TLEs: i fenomeni non-identificati come quelli che cerchiamo di
rintracciare non sono per forza visibili all'altezza dei temporali;
b)
i nostri strumenti o i nostri programmi software
sono più adatti a certi tipi di fenomeni che non ad altri;
c)
le nostre telecamere puntano verso l'alta atmosfera, mentre i
non-identificati potrebbero essere un fenomeno che si sviluppa più
facilmente nella bassa atmosfera, o anche a livello del suolo;
d)
forse esistono dei “siti ricorrenti” vale a dire dei luoghi dove
certi fenomeni non-identificati sono favoriti da condizioni
specifiche (come potrebbe essere il caso nel
sito di Hessdalen); a favore di questa ipotesi c'è questo primo
studio di Serra e Monari che identifica nella configurazione del
terreno di Hessdalen una sorta
di batteria naturale 15.
e)
esistono degli altri impedimenti che non riusciamo a discernere a
causa dei quali i nostri strumenti sono
ciechi di fronte agli Ufo.
Conclusione
La
ricerca strumentale del non-identificato non ci condurrà, forse,
alla soluzione dell'enigma Ufo o a comprendere le “luci di
Hessdalen”, ma è certo che c'é ancora un enorme lavoro da
svolgere.
Attraverso
la ricerca strumentale del non-identificato, che si incrocia
facilmente con la ricerca più generale sui Fenomeni Luminosi in
Atmosfera, si potranno fare delle scoperte su fenomeni ancora alla
frontiera della scienza come quelli “quasi-identificati”, vedi il
fulmine globulare, e può darsi anche riguardo fenomeni
“identificati” come i TLEs.
Ma
tutto ciò, ancor che il rinforzarsi di una collaborazione tra
ufologi, astrofili e scienziati sia auspicabile, supera quel po' di
energie organizzative e finanziarie di un piccolo gruppo come il
CIPH.
Un
tale sforzo necessita di una collaborazione più ampia (a livello
europeo) e di nuove risorse umane che si integrino e che rafforzino
la situazione esistente.
Dopo
la lunga storia degli Ufo (e più in particolare quella delle “luci
di Hessdalen” e del lavoro svolto dal Project Hessdalen) è
difficile poter pensare che esista una sola soluzione ai problemi
posti dai testimoni Ufo, capace di dare rapidamente una risposta
strumentale.
In
ogni caso noi ci aspettiamo che le prossime tappe della ricerca
scientifica in questo campo siano estremamente interessanti.
Ringraziamenti
Si
ringrazia
il Project
Hessdalen
(http://www.hessdalen.org/),
ed
in particolar modo
Erling Strand e Bjorn G.
Hauge.
Un
ringraziamento
particolare a Renato
Romero [http://www.vlf.it]
que
a partire dal 2005 collabora per la parte radio con il nostro
comitato: [http://www.itacomm.net/PH/27_Romero&Monari_it.pdf].
E
ancora allo scienziato
Enrico Arnone che fin dai primi passi del Progetto SOSO, ci ha
sostenuto anche se portavamo il marchio di ufologi.
Infine
il sociologo Pierre Lagrange per tutta la sua attenzione al nostro
lavoro.
Note
1 Ailleris
Philippe, “The
lure
of local SETI: Fifty years of field experiments”,
riv.
Acta Astronautica, 2010.
2
Rutledge D. Harley, “The first Scientific Study of UFO
Phenomena”, Prentice-Hall, 1981.
3
Grassino Gian Paolo e Al., “UFO
e ufologia. La guida del Centro Italiano Studi Ufologici”,
Edizioni UPIAR, 2007.
4
Lagrange Pierre, “Reprendre à
Zéro”,
riv. Inforspace, n.100, 2000.
6 Vedi
inchiesta dell'associazione UFO-Norge del 18 maggio 1982 (fonte
Erling Strand).
8 Westrum
Ron, “Hidden Events and Closed Minds: The Case of
Battered Children”, EDGESCIENCE n. 8, 2011
9
Volta Alessandro,
"Lettere
del signor don Alessandro Volta sull'aria infiammabile nativa delle
paludi", 1777.
10
Priestley Joseph, “Experiments and
Observations
on Different
Kinds
of Air”, 1775.
11 Corliss
R.William, “Lightning,
Auroras, Nocturnal Lights, and Related Luminous Phenomena”,
1982.
12 Esiste
di recente il caso di “serendipity” del
« fulmine globulare »
catturato accidentalmente
durante un temporale , quest'anno in Cina :
Y. Chen, P Yuan, S. Xue, « Observation of the
Optical and Spectral Characteristics of Ball Lightning »,
Physical
Review Letter,
2014.
Fonte :
http://physics.aps.org/articles/v7/5.
[L'affermazione
della mancanza di immagine scientifica è vera fino alla data del
workshop
Caipan 14, poiché in quell'occasione a porte chiuse l'astronomo
Piccoli, de « Le
Laboratoire de la Foudre »
ha anticipato la registrazione
del
fulmine globulare da parte della loro equipe, NdA].
13 Questo
primo sprite è visibile sul nostro sito web alla URL:
Dopo
questo evento siamo in contatto con la rete di scienziati europei
che studiano i TLEs:
14Si
possono trovare questi casi insoliti sulla
mailing-list del IMTN:
http://meteore.forumattivo.com/f50-eventi.insoliti-riprese-video