"Non mi ricordo più quand'è che abbiamo votato per autorizzare internet"
[Egan, 2007]
[Egan, 2007]
Poche settimane fa (il 29 Aprile 2010) alla libreria Feltrinelli di Bologna avevo partecipato alla presentazione del saggio "Scientismi e Antiscientismi" fatta dall'autore Massimiano Bucchi, sociologo presso l'Università di Trento.
Sono rimasto subito positivamente impressionato dalla tesi di Bucchi, che oltre a spiegarci che scientismo e antiscientismo sono le due faccie di una stessa medaglia, mostrava anche con interessanti esempi che questo era proprio il motivo per cui scienza e società oggi non si capiscono.
In quell'occasione non avevo comprato il libro, poichè la presentazione iniziata alle 18.00 si era poi dilungata in un interessante dibattito e Feltrinelli aveva chiuso le casse.
Ma lo scorso fine settimana sono finalmente riuscito a dedicarmi alla lettura di questo saggio breve (pp. 121) ma denso di idee, concetti e spunti di riflessioni (a mio parere utili per il Laboratorio delle Anomalie).
Fin dalla pagina dei ringraziamenti mi sono trovato in buona compagnia dato che, tra coloro con cui ha dibattuto le sue tesi, Bucchi annovera studiosi come Bruno Latour e Trevor Pinch, autori che avevo già avuto modo di apprezzare.
Bucchi parte dalla considerazione diffusa che si stia creando una crescente distanza tra scienza e società, e viceversa, ma è sua convinzione che più che di "deficit" di comunicazione si tratti di un eccesso di "complicità".
E' proprio la diffusione dello scientismo a generare una sempre maggiore conflittualità tra scienza e società.
Da un lato si chiede una totale adesione della società alle ragioni della scienza (scientismo), mentre dall'altro si auspica che la scienza diventi più sensibile alle ragioni ed istanze valoriali espresse da alcuni gruppi sociali (posizione associata al termine di antiscientismo).
Bucchi definisce questa seconda posizione come "scientismo passivo", poichè lo ritiene complementare al primo, ed afferma che si tratta infatti di due estremi che condividono molto di più di quanto credano o ci diano ad intendere, in altre parole sono appunto "due faccie della stessa medaglia che è lo scientismo contemporaneo" (p.23).
A restare costante è la concezione di scienza come "attiva" e di società come "passiva".
Ma questa concezione ha secondo Bucchi un altro difetto: tende a vedere scienza e società come entità completamente separate e a compartimenti stagni.
Egli dimostra, con una serie notevole di esempi, come scientismo attivo e passivo condividano anche un "isomorfismo istituzionale", soprattutto quando ad es. ricorrono ai linguaggi della protesta (linguaggi considerati in passato solo appannaggio dell'antiscientismo).
In conclusione la "Scienza", intesa come struttura rigidamente monolitica non è altro che il riflesso del discorso scientista nelle sue due varianti.
Soprattutto nessuno dei due estremi mette in discussione lo schema secondo cui la scienza avanza e la società la insegue, con un certo affanno.
Probabilmente così è stato per un lungo periodo dove la scienza doveva convincere una società che frenava di fronte all'applicazione delle nuove scoperte scientifiche, ma che poi nel più lungo periodo si adeguava ai nuovi paradigmi; in altre parole, spiega Bucchi, vi funzionava bene la metafora della "scienza come gallina dalle uova d'oro" (p.75) .
Ma erano tempi in cui le comunità scientifice erano molto ristrette e coese, mentre ora non è più così.
Siamo di fronte ad un "multitecnologismo" che porta Bucchi a ipotizzare la produzione di oggetti tecnoscientifici à la carte che corrispondono alle priorità morali, religiose, culturali, ed economiche di variegate collettività.
Ad es. alcuni bioeticisti sono giunti ad affermare che ad ogni individuo spetterebbe di "scegliere la propria definizione di morte" compresa tra lo stato vegetativo permanente e l'arresto cardiaco; in conclusione: "...appare in crisi l'idea di scelte generali univoche, frutto di condivisione e concertazione tra esperti scientifici, autorità statali, esponenti delle istituzioni religiose e altre parti in causa" (p.56).
A complicare il quadro si assiste alla moltiplicazione degli expertise che possono rinforzare ipotesi scientifiche anche in evidente opposizione tra loro: esistenza del buco nell'ozono, bontà dell'energia nucleare, rischi OGM, etc..
Infine, secondo Bucchi, stanno saltando i cardini della comunicazione della scienza e conseguentemente le tradizionali distinzioni tra dibattito scientifico e discussione politica.
Non vi è più l'adesione del passato ad un rigido paradigma scientifico, ma la conoscenza scientifica che Bucchi descrive come sempre più somigliante alla definizione del filosofo Ludwik Fleck: "il continuo movimento di interscambio tra le cerchie di pensiero specialistiche e popolari attorno ad un determinato tema" (p.97).
Bucchi attraversa la propria analisi sociologica, a tratti complessa ma sempre piacevole, con una serie di esempi estratti dalla quotidianità ("scienza spettacolo", "retorica dell'innovazione", scientismo degli ambientalisti, definizioni scientifica a larga maggioranza, moltiplicazione degli expertise, "oggetti liminali", etc.).
Bucchi Massimiano, "Scientismi e antiscientismi. Perché scienza e società non si capiscono" Intersezioni, Il Mulino, febbraio 2010
Sono rimasto subito positivamente impressionato dalla tesi di Bucchi, che oltre a spiegarci che scientismo e antiscientismo sono le due faccie di una stessa medaglia, mostrava anche con interessanti esempi che questo era proprio il motivo per cui scienza e società oggi non si capiscono.
Alla presentazione era presente (insieme a Nicoletta Cavazza e alla moderatrice del dibattito Elisabetta Tola) il noto medico bolognese Carlo Flamigni, che si era subito affannato a dimostrare l'esistenza di una vera scienza medica contrapposta ad una falsa scienza medica, e via dicendo, dimostrando di non aver colto il ragionamento di Bucchi o di non averlo apprezzato.
Ma a ben vedere il suo discorso sulla medicina "vera", è in qualche modo un'ulteriore riprova delle ipotesi di Bucchi circa gli scientismi contemporanei.In quell'occasione non avevo comprato il libro, poichè la presentazione iniziata alle 18.00 si era poi dilungata in un interessante dibattito e Feltrinelli aveva chiuso le casse.
Ma lo scorso fine settimana sono finalmente riuscito a dedicarmi alla lettura di questo saggio breve (pp. 121) ma denso di idee, concetti e spunti di riflessioni (a mio parere utili per il Laboratorio delle Anomalie).
Fin dalla pagina dei ringraziamenti mi sono trovato in buona compagnia dato che, tra coloro con cui ha dibattuto le sue tesi, Bucchi annovera studiosi come Bruno Latour e Trevor Pinch, autori che avevo già avuto modo di apprezzare.
Bucchi parte dalla considerazione diffusa che si stia creando una crescente distanza tra scienza e società, e viceversa, ma è sua convinzione che più che di "deficit" di comunicazione si tratti di un eccesso di "complicità".
E' proprio la diffusione dello scientismo a generare una sempre maggiore conflittualità tra scienza e società.
Da un lato si chiede una totale adesione della società alle ragioni della scienza (scientismo), mentre dall'altro si auspica che la scienza diventi più sensibile alle ragioni ed istanze valoriali espresse da alcuni gruppi sociali (posizione associata al termine di antiscientismo).
Bucchi definisce questa seconda posizione come "scientismo passivo", poichè lo ritiene complementare al primo, ed afferma che si tratta infatti di due estremi che condividono molto di più di quanto credano o ci diano ad intendere, in altre parole sono appunto "due faccie della stessa medaglia che è lo scientismo contemporaneo" (p.23).
A restare costante è la concezione di scienza come "attiva" e di società come "passiva".
Ma questa concezione ha secondo Bucchi un altro difetto: tende a vedere scienza e società come entità completamente separate e a compartimenti stagni.
Egli dimostra, con una serie notevole di esempi, come scientismo attivo e passivo condividano anche un "isomorfismo istituzionale", soprattutto quando ad es. ricorrono ai linguaggi della protesta (linguaggi considerati in passato solo appannaggio dell'antiscientismo).
In conclusione la "Scienza", intesa come struttura rigidamente monolitica non è altro che il riflesso del discorso scientista nelle sue due varianti.
Soprattutto nessuno dei due estremi mette in discussione lo schema secondo cui la scienza avanza e la società la insegue, con un certo affanno.
Probabilmente così è stato per un lungo periodo dove la scienza doveva convincere una società che frenava di fronte all'applicazione delle nuove scoperte scientifiche, ma che poi nel più lungo periodo si adeguava ai nuovi paradigmi; in altre parole, spiega Bucchi, vi funzionava bene la metafora della "scienza come gallina dalle uova d'oro" (p.75) .
Ma erano tempi in cui le comunità scientifice erano molto ristrette e coese, mentre ora non è più così.
Siamo di fronte ad un "multitecnologismo" che porta Bucchi a ipotizzare la produzione di oggetti tecnoscientifici à la carte che corrispondono alle priorità morali, religiose, culturali, ed economiche di variegate collettività.
Ad es. alcuni bioeticisti sono giunti ad affermare che ad ogni individuo spetterebbe di "scegliere la propria definizione di morte" compresa tra lo stato vegetativo permanente e l'arresto cardiaco; in conclusione: "...appare in crisi l'idea di scelte generali univoche, frutto di condivisione e concertazione tra esperti scientifici, autorità statali, esponenti delle istituzioni religiose e altre parti in causa" (p.56).
A complicare il quadro si assiste alla moltiplicazione degli expertise che possono rinforzare ipotesi scientifiche anche in evidente opposizione tra loro: esistenza del buco nell'ozono, bontà dell'energia nucleare, rischi OGM, etc..
Infine, secondo Bucchi, stanno saltando i cardini della comunicazione della scienza e conseguentemente le tradizionali distinzioni tra dibattito scientifico e discussione politica.
Non vi è più l'adesione del passato ad un rigido paradigma scientifico, ma la conoscenza scientifica che Bucchi descrive come sempre più somigliante alla definizione del filosofo Ludwik Fleck: "il continuo movimento di interscambio tra le cerchie di pensiero specialistiche e popolari attorno ad un determinato tema" (p.97).
Bucchi attraversa la propria analisi sociologica, a tratti complessa ma sempre piacevole, con una serie di esempi estratti dalla quotidianità ("scienza spettacolo", "retorica dell'innovazione", scientismo degli ambientalisti, definizioni scientifica a larga maggioranza, moltiplicazione degli expertise, "oggetti liminali", etc.).
Bucchi Massimiano, "Scientismi e antiscientismi. Perché scienza e società non si capiscono" Intersezioni, Il Mulino, febbraio 2010