Fin da giovane mi sono interessato a ciò che viene semplicemente denominato "il mondo del mistero", ed in particolare al più contemporaneo "mistero degli Ufo". Era il lontano 1968, quando astronomia, fantascienza, saga dei dischi volanti, ed azzardate ipotesi alla Peter Kolosimo, (per non parlare del paranormale), avevano iniziato ad appassionarmi come in un'unica amalgama, più con la fascinazione del mistero che con l'esigenza di risolvere enigmi dando risposte a domande ben poste. Questo mio interesse, col senno di poi, poteva definirsi di estrazione "fortiana" (da Charles Fort, 1874-1932), nel senso che sono stato un raccoglitore di fatti insoliti. Oggi nella migliore delle ipotesi sono un "post-fortiano" con una sviluppata curiosità scientifica verso tutti i fenomeni borderline o, in altre parole, quella materia che viene definita con un brutto termine anomalistica. D'altra parte il progresso della scienza si può in qualche modo considerare come la produzione di fatti scientifici e di ipotesi che riportino a "normalità condividibile" certi fenomeni che dapprima aprono una serie di dubbi e di domande poichè non conciliabili con il nostro schema di conoscenze. Da un certo punto in poi ho sempre tenuto conto del motto dell'ufologo francese Aimé Michel, che ci ha insegnato ad "Essere disponibili a tutto senza credere in niente". Trovo ancora interesse nel raccogliere dati e/o informazioni anche solo vagamente correlati al fenomeno Ufo e comunque, nel cercare di analizzarli e renderli parte della realtà che condividiamo. Soprattutto mi interessa quel materiale che tratta di documentazione proveniente dal mondo scientifico, e che pur nella ricerca di dati concreti e correlabili non ignora la testimonianza. Ma non è dal semplice accumulo di fatti curiosi e stranezze che potranno venirci indicazioni precise. La possibilità di analizzare certe testimonianze trovando un modo di tradurle da racconti in prove di nuovi fenomeni è ciò che più mi attrae di questo tipo di problemi posti agli scienziati. Ma, nel tempo, questo interesse non si è limitato solo al periodo che segue la nascita ufficiale degli Oggetti Volanti Non Identificati, comunemente detti Ufo. Che fare di queste innumerevoli testimonianze? Si tratta di separare i fatti che soggiacciono alle diverse "incrostazioni mitiche", strappando queste esperienze al labile confine (forse inesistente) che sta tra il mondo magico ed il cosiddetto mondo moderno. E, nell'analizzare le anomalie, non dobbiamo restare vincolati alla data di nascita degli Ufo, dell'ormai lontano 1947, ma dobbiamo piuttosto supportare lo sforzo della scienza per la costruzione, attraverso gli strumenti tecnici, di queste realtà, qualsiasi sia il tipo di fenomeno sconosciuto da comprendere ed identificare. In linea di massima credo opportune due vie strumentali: 1) Da un lato la ricerca degli scienziati circa fenomeni (tuttora discussi) di origine naturale: fulmini globulari, luci sismiche, earthlights, elfs &sprites, luci di Hesssdalen, etc. E' inutile non ritenere che dietro il nostro modo di descrivere e di catalogare, a priori, le varie tipologie dei supposti fenomeni aerei, si annidi un probabile nominalismo. Etichettiamo certi fenomeni più per il loro modo di presentarsi che in conseguenza della reale comprensione della loro natura e funzionamento. Ciò era accaduto anche con i "fuochi fatui" all'inizio del '600 (senza che per questo si possa ancora oggi essere certi di quali "meteore" ci celassero davvero dietro quell'etichetta). 2) Dall'altro lato la ricerca della scienza sui Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera, non può escludere in modo assoluto che in certi casi non si tratti di visite di civiltà extraterrestri. Uso molta cautela quando faccio questa affermazione in riferimento al fenomeno Ufo. Da questa affermazione discende l'esigenza di dover dare supporto all'unica ricerca attualmente possibile in ambito scientifico, che è la ricerca strumentale SETI con tutti i suoi possibili sviluppi futuri nel metodo e nella filosofia sottostante (e nonosstante i suoi limiti attuali). Se da tempo la scienza sostiene, con sempre maggiori dati a disposizione, che possa non solo esistere altra Vita nell'universo, ma anche altre civiltà, anche più evolute della nostra, dobbiamo stabilire in qualche modo oggettivo fin dove queste civiltà tecnologiche si sono diffuse. In altre parole dobbiamo rispondere costruttivamente al paradosso di Fermi "perché non sono qui?". Per quanto riguarda in particolare il punto 1, in questi ultimi tempi si è reso sempre più urgente uno studio di tali "anomalie" che sia in grado di produrre fatti scientifici (penso ad esempio alla raccolta del divulgatore scientifico William R. Corliss o ancora l'impegno del fisico Peter Sturrock), e che esca dallo sterile dibattito che vede la contrapposizione (in realtà solo apparente) tra credenza e scetticismo negli Ufo. Anche per questo motivo ho partecipato nel 2000 alla creazione del comitato CIPH (Comitato Italiano per il Progetto Hessdalen) diretto da Renzo Cabassi, un comitato privato nato per il supporto alla ricerca strumentale dei Fenomeni Luminosi in Atmosfera con particolare riferimento alle cosiddette "luci di Hessdalen" e mi sono, quasi come inevitabile conseguenza, allontanato dall'associazionismo ufologico che vede come unico risultato l'eternizzazione del dibattito tra cosiddetti ufologi scettici e credenti. Se consideriamo i due punti che mi sembrano individuare le poche vie di ricerca concreta che la scienza può seguire allo stato delle cose, la semplice contrapposizione tra chi riduce gli Ufo a banale errore di percezione o allucinazione e chi invece crede tout-court che si tratti di dischi-volanti si rivela inconsistente (e tra l'altro basata sulla convergente opinione sottotraccia che gli Ufo sono un tema interessante solo se sono dischi-volanti). La vera differenziazione è invece tra chi si limita a credere (o all'una o all'altra ipotesi poco importa) e chi invece vuole supportare una seria ricerca basata sul fare.
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Nico Conti, Il Laboratorio delle anomalie ed il link
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Hessdalen è una piccola valle norvegese lunga 15 km, localizzata approssimativamente 120 km a sud della città di Trondheim e 35 km a nord di Røros. Nell’area della valle di Hessdalen si osservano da anni, anche se occasionalmente, dei fenomeni atmosferici luminosi, le così dette “Hessdalen light”, la cui natura fisica non è ancora chiara. Tutto iniziò fra il 1981 e il 1984, quando gli abitanti della valle iniziarono a segnalare l’avvistamento di un certo numero di fenomeni luminosi. Nella primavera del 1983, Erling P. Strand, ingegnere elettronico dell’Østfold University College, diede vita al “Project Hessdalen”, per l’investigazione diretta sul campo della natura delle Hessdalen light. La strumentazione utilizzata comprendeva camere fotografiche dotate di reticolo di diffrazione (per la ripresa degli spettri), sismografi, radar (per la determinazione delle distanze), magnetometri, laser, contatori geiger (per l’analisi di eventuale radioattività residua), visori IR. Durante la ricerca, Strand stabilì che le luci non avevano un luogo preferenziale di comparsa, potendo essere osservate sia in prossimità del suolo che in quota, che le forme possibili andavano dalla sfera all’ellissoide e che i colori più comuni erano il bianco e il giallo-bianco. In alcuni casi diverse luci sono apparse associate fra di loro. Nonostante tutti gli strumenti utilizzati da Strand, non fu possibile stabilire con esattezza la natura fisica delle Hessdalen light e gli studi proseguirono per anni. Nel 2000, a Bologna, fu fondato il CIPH (Comitato Italiano per il Progetto Hessdalen), un gruppo di ricerca privato che iniziò a collaborare con Strand, favorendo la collaborazione fra l’Østfold University College e il team di ricercatori del Radiotelescopio di Medicina (Bologna), diretto da Stelio Montebugnoli. Grazie a questo intreccio di collaborazioni, dal 2000 al 2007, nella valle di Hessdalen si sono succedute una serie di missioni, tese a continuare lo studio strumentale e scientifico del fenomeno. Il 17 giugno 2006, per fare il punto della ricerca sulle luci di Hessdalen e su fenomeni simili, il CIPH ha organizzato un workshop a Medicina (Bologna), l’International Project Hessdalen Workshop 2006 (IPHW2006), al quale hanno partecipato tutti coloro che negli anni sono stati coinvolti, a vario titolo, nella ricerca. I 15 interventi dell’IPHW2006, in lingua inglese, sono stati raccolti nel volume oggetto di questa recensione. Non passerò in rassegna tutti i numerosi interventi, mi limito a segnalarne solo alcuni. Come è logico aspettarsi l’articolo di apertura è di Strand. Qui viene fatto il punto sulle caratteristiche delle Hessdalen light, risultato di 25 anni di ricerche scientifiche (con le foto B/N di alcuni eventi significativi), ma si parla anche delle attività future del progetto. Nell’intervento successivo, H. G. Bjorn (sempre dell’Østfold University College), parla dell’installazione della stazione di rilevamento automatica installata nella valle nel 1998 e di vari campi base utilizzati per le ricerche dal 2002 al 2006. Qui vengono fatte alcune interessanti considerazioni su una possibile correlazione fra le Hessdalen light e l’umidità atmosferica. Un tasso di umidità superiore all’85% sembra favorirne la comparsa, chiaro indizio di un qualche tipo di interazione elettrica fra suolo ed atmosfera. Più avanti si trova il lungo articolo di C. Fidani (INFN di Perugia) sui precursori elettromagnetici dei terremoti (le così dette “luci sismiche”). Che esista un collegamento fra i grandi terremoti e le luci che vengono osservate in atmosfera prima dell’evento sismico è certo, il problema fisico è capire quale sia il meccanismo in grado di generare questo tipo di fenomeni elettromagnetici. Una fisica simile potrebbe spiegare anche le luci di Hessdalen? È molto probabile. Questo intervento, per essere compreso a fondo, richiede una buona conoscenza dell’elettromagnetismo classico (Equazioni di Maxwell). Chiude il volume una appendice in cui sono riportati articoli di Fryberger (modello di fulmine globulare), Smirnov (sui fenomeni atmosferici luminosi a lunga vita), Zou (considerazioni fisiche sulle luci di Hessdalen), seguito da un lavoro di argomento simile di Bychkov e colleghi presentato al quinto simposio internazionale sui fulmini globulari (ISBL 97) tenutosi nel 1997 in Giappone. Nel complesso si tratta di un volume molto interessante, di lettura impegnativa sotto certi punti di vista, ma consigliabile a chiunque voglia farsi una idea precisa sulle Hessdalen light e sui numerosi sforzi che sono stati fatti per la loro comprensione fisica. Questi studi si inquadrano bene nell’ambito della fisica terrestre ed atmosferica, di cui conosciamo ancora poco visto che, ad esempio, un fenomeno relativamente comune come il fulmine globulare è ancora lontano dall’avere un modello fisico universalmente accettato.
[Copyright A. Carbognani, e CIPH; 2006]
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Fulmine globulare, San Pietroburgo, Russia. Riv. "La Physique Populaire "(July 1888). http://www.agence-martienne.fr/
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«Non c'è nel sistema mentale dei nostri contemporanei, una cornice appropriata per l'ufologia. La costituzione dei vostri archivi (e quella del mio precedentemente) viola già la cornice mentale di cui sopra, in un punto preciso: infatti noi abbiamo accettato di studiare un fenomeno ancor prima di averne la prova» [Aimé Michel, lettera del 1964, in "La science interdite" di Jacques Vallée, O.P. Ed., 1997]
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