L'articolo di Paiva e Taft, "A hypothetical dusty plasma mechanism of Hessdalem lights", appena pubblicato dal "Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics", è uno dei pochi articoli scientifici che tratta delle Luci di Hessdalen.
Dobbiamo ricordare che Paiva è lo studioso che, qualche anno fa, è riuscito a riprodurre alcuni mini-plasmoidi in laboratorio.
Gli Autori iniziano con un'introduzione delle diverse caratteristiche rilevate dalle testimonianze e dalle immagini fotografiche delle luci, così come indicate in particolare da un articolo di Massimo Teodorani (2004). Teodorani vi parlava anche di grappoli di luci e di una luce a forma geometrica di parellelepipedo (vedi: "A Long-Term Scientific Survey of the Hessdalen Phenomenon”) .
In "A hypothetical dusty plasma..." vengono anche indicate le poche controverse misurazioni fin qui raccolte; spikes nella banda radio delle HF e delle VLF, tracce radar in presenza di fenomeni "non visibili" (e gli Autori aggiungono "... o deboli"), e avvistamenti con sistemi di visione notturna (700-1000 nm).
Gli Autori citano alcune le "teorie" fin qui menzionate, ipotesi che però non riescono a rendere conto di quanto riportato (e in alcuni casi in contraddizione tra loro); in particolare le Hessdalen Lights sarebbero dovute a:
a) un processo di combustione in atmosfera, sconosciuto, coinvolgente nubi di pulviscolo della valle contenenti scandium (Bjorn, 2007; vedi: "Optical spectrum analysis of the Hessdalen phenomenon. Preliminary report June 2007") ;
b) piezoelettricità generata dallo stress delle rocce (Takaki, Ikeya, 2008);
c) errata interpretazione di corpi astronomici, aereoplani, fari d'automobile e miraggi (Leone, 2003).
E' bene comunque ricordare che Leone (2003) pur concludendo nel senso di una misiterpretazione delle osservazioni fatte durante la missione italo-norvegese EMBLA 2002, aveva personalmente raccolto tra i cittadini di Hessdalen una serie di narrative che gli facevano suggerire la necessità di continuare ad intraprendere studi specifici, e meglio definiti, nel campo dei fenomeni aerei anomali osservati ad Hessdalen (vedi: "A rebuttal of EMBLA 2002 report on the optical survey in Hessdalen").
Quindi l'ipotesi Leone è da intendersi più come l'analisi metodologica di singoli casi che non la negazione di un fenomeno luminoso ad Hessdalen.
Paiva e Taft, astraendosi da quel dibattito specifico, procedono quindi nel cercare di dimostrare che il modello "dusty plasma" riesce a dar conto di tutte le caratteristiche formali, comportamentali, e di colore che sono state attribuite alle luci di Hessdalen, durante le missioni osservative.
I due Autori ricordano che nel 1994, alcuni esperimenti di laboratorio simultanei hanno scoperto separatamente i "plasma crystals", altrimenti detti "Coulomb crystal" (Thomas et Al.; Chu & I.).
Quando un plasma viene a contatto con una nube grani di polvere estremamente fine, grani che immediatamente acquisiscono una carica elettrica, succhiando elettroni dal plasma che li circonda fino a formare un nucleo di elettroni, che a sua volta attira gli ioni carichi positivamente del plasma stesso, dà luogo a ciò che sono stati definiti "cristalli di plasma" (1).
Si tratta della formazione strutturata di cristalli di particelle di polvere in una scarica di gas.
Paiva e Taft suggeriscono un modello basato su un ammasso di macroscopici "plasma crystals", in un plasma di polvere, dovuto a ionizzazione d'aria e polvere, per mezzo di particelle alfa, durante il decadimento del gas radon.
Il radon è largamente presente in Norvegia, mentre la polvere della valle sarebbe (come suggerisce uno spettrogramma di HL) thortveitite, un minerale molto comune.
La thortveitite non presenta luminescenza, e quindi il fenomeno luminoso sarebbe dovuto alla ionizzazione di particelle alfa nel cristallo.
Paiva G. S. & Taft C. A., "A hypothetical dusty plasma mechanism of Hessdalen lights", riv. "Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics", vol. 72, n. 16, ottobre 2010, pp. 1200-1203.
Dobbiamo ricordare che Paiva è lo studioso che, qualche anno fa, è riuscito a riprodurre alcuni mini-plasmoidi in laboratorio.
Gli Autori iniziano con un'introduzione delle diverse caratteristiche rilevate dalle testimonianze e dalle immagini fotografiche delle luci, così come indicate in particolare da un articolo di Massimo Teodorani (2004). Teodorani vi parlava anche di grappoli di luci e di una luce a forma geometrica di parellelepipedo (vedi: "A Long-Term Scientific Survey of the Hessdalen Phenomenon”) .
In "A hypothetical dusty plasma..." vengono anche indicate le poche controverse misurazioni fin qui raccolte; spikes nella banda radio delle HF e delle VLF, tracce radar in presenza di fenomeni "non visibili" (e gli Autori aggiungono "... o deboli"), e avvistamenti con sistemi di visione notturna (700-1000 nm).
Gli Autori citano alcune le "teorie" fin qui menzionate, ipotesi che però non riescono a rendere conto di quanto riportato (e in alcuni casi in contraddizione tra loro); in particolare le Hessdalen Lights sarebbero dovute a:
a) un processo di combustione in atmosfera, sconosciuto, coinvolgente nubi di pulviscolo della valle contenenti scandium (Bjorn, 2007; vedi: "Optical spectrum analysis of the Hessdalen phenomenon. Preliminary report June 2007") ;
b) piezoelettricità generata dallo stress delle rocce (Takaki, Ikeya, 2008);
c) errata interpretazione di corpi astronomici, aereoplani, fari d'automobile e miraggi (Leone, 2003).
E' bene comunque ricordare che Leone (2003) pur concludendo nel senso di una misiterpretazione delle osservazioni fatte durante la missione italo-norvegese EMBLA 2002, aveva personalmente raccolto tra i cittadini di Hessdalen una serie di narrative che gli facevano suggerire la necessità di continuare ad intraprendere studi specifici, e meglio definiti, nel campo dei fenomeni aerei anomali osservati ad Hessdalen (vedi: "A rebuttal of EMBLA 2002 report on the optical survey in Hessdalen").
Quindi l'ipotesi Leone è da intendersi più come l'analisi metodologica di singoli casi che non la negazione di un fenomeno luminoso ad Hessdalen.
Paiva e Taft, astraendosi da quel dibattito specifico, procedono quindi nel cercare di dimostrare che il modello "dusty plasma" riesce a dar conto di tutte le caratteristiche formali, comportamentali, e di colore che sono state attribuite alle luci di Hessdalen, durante le missioni osservative.
I due Autori ricordano che nel 1994, alcuni esperimenti di laboratorio simultanei hanno scoperto separatamente i "plasma crystals", altrimenti detti "Coulomb crystal" (Thomas et Al.; Chu & I.).
Quando un plasma viene a contatto con una nube grani di polvere estremamente fine, grani che immediatamente acquisiscono una carica elettrica, succhiando elettroni dal plasma che li circonda fino a formare un nucleo di elettroni, che a sua volta attira gli ioni carichi positivamente del plasma stesso, dà luogo a ciò che sono stati definiti "cristalli di plasma" (1).
Si tratta della formazione strutturata di cristalli di particelle di polvere in una scarica di gas.
Paiva e Taft suggeriscono un modello basato su un ammasso di macroscopici "plasma crystals", in un plasma di polvere, dovuto a ionizzazione d'aria e polvere, per mezzo di particelle alfa, durante il decadimento del gas radon.
Il radon è largamente presente in Norvegia, mentre la polvere della valle sarebbe (come suggerisce uno spettrogramma di HL) thortveitite, un minerale molto comune.
La thortveitite non presenta luminescenza, e quindi il fenomeno luminoso sarebbe dovuto alla ionizzazione di particelle alfa nel cristallo.
Paiva G. S. & Taft C. A., "A hypothetical dusty plasma mechanism of Hessdalen lights", riv. "Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics", vol. 72, n. 16, ottobre 2010, pp. 1200-1203.
Note
1) Teodorani Massimo, "Plasmi viventi", riv. "Scienza e Conoscenza", n. 23, febbraio 2008, pp. 30-35.
E' interessante notare come in questo articolo divulgativo Teodorani parli di "cristalli di plasma" come possibile spiegazione delle luci Hessdalen-like.
Teodorani, però, si riferisce al modello computazionale di Tsytovich et Al., del 2007 (vedi: http://iopscience.iop.org/1367-2630/9/8/263/fulltext).
1) Teodorani Massimo, "Plasmi viventi", riv. "Scienza e Conoscenza", n. 23, febbraio 2008, pp. 30-35.
E' interessante notare come in questo articolo divulgativo Teodorani parli di "cristalli di plasma" come possibile spiegazione delle luci Hessdalen-like.
Teodorani, però, si riferisce al modello computazionale di Tsytovich et Al., del 2007 (vedi: http://iopscience.iop.org/1367-2630/9/8/263/fulltext).