Parigi,
8 e 9 luglio 14. COSA HO IMPARATO AL CAIPAN 14
Due
giorni intensi e
interessanti, per fare lo
stato dell'arte
l'8
e il 9 luglio 2014, presso il CNES di Parigi, si è tenuto il primo
workshop organizzato dal Geipan francese, l'unico ente
governativo mondiale ad occuparsi di testimonianze Ufo: il Caipan-14 .
Si
è trattato di un convegno a porte chiuse, con più di cento
partecipanti da tutto il mondo e una trentina di relatori.
La
prima giornata era dedicata alle "metodologie di inchiesta sul
terreno" e alla "elaborazione di standard descrittivi dei
casi di osservazione".
La
seconda era divisa tra "osservazione sistematica del cielo"
e "aspetti psicologici delle testimonianze".
A
queste due intense giornate che il famoso ufologo Jacques Vallée ha
definito "un sogno che si realizza", ho avuto l'onore di
partecipare a nome del comitato CIPH con una presentazione intitolata
"Le implicazioni della ricerca strumentale del non-identificato"
dove ho parlato della nostra esperienza dal 2000 fino al Progetto
SOSO, e della filosofia seguita nella ricerca sui Fenomeni Luminosi
in Atmosfera.
Ma
non è su questo nostro intervento che voglio soffermarmi (magari
prima o poi lo tradurrò in italiano e sarà l'occasione).
Lo
strumentale come modalità ragionevole di vivere i dubbi in campo
ufologico
Vorrei
piuttosto raccontare in breve l'impressione forte durante questa
due-giorni di aver imparato cose interessanti, e la sensazione che
potrebbero avere ricadute positive nel nostro lavoro nell'ambito dei
fenomeni Luminosi in Atmosfera.
Credo
che in questa fase dell'ufologia sia soprattutto importante affermare
che credenza e scetticismo possono convivere, invece che restare nel
dibattito sterile di questi anni.
E,
forse il Caipan14 indica anche una via anche in tal senso.
Quanto
alla strada che il nostro comitato ha scelto, lo strumentale, non
deve sembrare come un semplice percorso razionale dopodiché tutto
diventa più chiaro e scientifico; lo strumentale a nostro parere è
la sola via che ci permette di fare qualcosa nell'ambito della
ricerca Ufo, senza dover restare alla semplice accettazione (o
negazione) della testimonianza.
Intanto,
al di là delle scelte personali, degli orientamenti, delle idee da
mettere in pratica, che fare del testimone? Forse c'è un punto di
incontro tra l'interesse focalizzato sulla sola testimonianza e
quello investito sulla ricerca strumentale.
Sembra
di poter dire, dopo questo Caipan14 che anche la testimonianza è
sempre più costruita con strumenti, poiché l'ambito tecnologico è
sempre più intersecato a quello semplicemente umano e percettivo.
Spero
nelle prossime righe di riuscire a precisare questa impressione che
la testimonianza Ufo non è più solo e semplicemente un racconto
orale, di fronte al quale fermarsi inermi.
Che
testimone è il pilota
Ogni
volta che mi è capitato di ascoltare Richard F. Haines mi ha sempre
sorpreso la sua calma e precisione nell'esporre le sue complesse
indagini sui piloti (vedi: http://narcap.org/Technical_Reports.html
).
Haines
ritiene che il pilota, data la sua esperienza specifica e la sua
capacità di riconoscere altri oggetti e velivoli in cielo (ivi
compresi in certi casi i droni militari), sia un testimone ottimale,
decisamente superiore in esperienza alla media dei testimoni
occasionali Ufo.
Alla
base del suo ragionamento c'è un certo ottimismo sulle capacità del
testimone-pilota di riconoscere qualsiasi cosa nel cielo, ma è
abbastanza assodato che le loro testimonianze, così difficili da
raccogliere per il timore degli stessi di essere ridicolizzati o
allontanati dal proprio lavoro, sembrano disporre di qualcosa in più
a livello di certi dettagli.
C'è
questa situazione di spazio limitato di visibilità del pilota al di
fuori della sua cabina che sembra quasi delimitare come in un quadro
ciò che sta osservando, in aggiunta alla sua capacità tecnica di
collocare l'oggetto nel cielo e descriverne forma e comportamento, e
fare di questo tipo di avvistamenti una posizione privilegiata.
Le
ricostruzioni in 3d se non addirittura quelle messe in atto con il
simulatore di volo, presenti nel lavoro pluriennale di Haines, danno
l'impressione di poter estrarre una mole superiore di dati rispetto
alle indagini ufologiche più ordinarie.
La
fragilità della testimonianza è un dato di fatto insormontabile?
Come accennavo l'impressione è
che la raccolta dalla testimonianza si stia trasformando e passando
da una analisi di tipo semplicemente psicologico e “sociologico”
a qualcosa di più complesso in cui è difficile separare il
testimone dalla tecnoscienza che sempre più lo circonda in forma di
“oggetti-sensori” che possono interagire con lui (penso ad
esempio all'iPhone e a certe applicazioni che possono stabilire la
rotta e il tipo di aereo semplicemente puntandolo).
Questa sensazione è stata
rafforzata dalle argomentazioni svolte da un inquirente del Geipan,
Gilles Munsch (ve ne sono una ventina di addestrati che collaborano
con l'ente francese).
Munsch parla di tre modelli di
indagine Ufo che vedono interagire in diverso modo
inquirenti-testimoni-esperti. Il modello tradizionale dove inquirente
ed esperto sono figure abbastanza separate tra loro, mentre nel
modello attuale, moderno, le due figure sono strettamente fuse e in
sinergia.
Munsch profila anche un
imminente modello “futurista” dove dei “sensori” sempre più
tecnologici e a basso costo interagiscono con il testimone.
Mi pare che nelel sue parole
sia presente la fine di una discrasia che voleva l'attenzione verso
il testimone come “vera ufologia” opposta alla “ufologia
strumentale” che sembrava invece trascurare il testimone.
Le analisi fotografiche:
grandi passi in avanti
Credo si debba porre un certo
rilievo ad interventi che hanno sottolineato come l'era digitale
permetta commenti tecnici e risultati anche su materiale fotografico
datato, sul quale non si era riusciti a stabilire una conclusione in
modo irrefutabile.
E' l'esempio del gruppo
tecnico-informatico IPACO diretto da Francois Louange, da tempo
esperto del Geipan.
Riuscire
a trovare la traccia di un filo di sospensione in una vecchia foto
di “disco volante” senza neanche avere a disposizione la
pellicola originale,
sembra un'impresa “ a prima vista” impossibile, così
come stabilire se i punti
rossi di una foto possono con forte
probabilità essere
considerati lanterne cinesi, oppure se delle luci di una fotografia
del cielo sono riflessi di luci nel paesaggio all'interno
delle lenti...
La
sofisticazione di questo tipo di analisi digitali, ci fa considerare
che, se prima una foto occasionale di Ufo
non ha mai potuto assurgere a
status di prova
scientifica, ora siamo in presenza di un dato, certo
isolato, ma
che ha la possibilità di
parlarci in modo scientifico.
Quello
che ho capito della catalogazione della casistica
Un problema permanente
dell'ufologia sembra essere la raccolta e la catalogazione delle
testimonianze. Come raccogliere?
Qui mi pare che il Geipan
agisca nel senso responsabile di rendere disponibile nel modo più
semplice possibile tutta la casistica (francese).
Più in generale siamo
comunque lontani da un modo di condivisione standard dei dati da
parte di tutta la collettività ufologica.
La domanda successiva comunque
è : fare cosa di questi dati?
Jean-Pierre Rospars ha
presentato una serie di dati statistici (su una casistica un po'
datata) che sembrano confermare alcune “leggi” dei grandi numeri
del passato degli studi sugli Ufo: maggiore casistica nei luoghi
scarsamente popolati e nelle ore notturne, etc. in apparente
contro-logica con quelle che sarebbero le aspettative. Anche se non
credo che questo tipo di statistiche ci possano portare molto
lontano, è preferibile che con questa mole di dati testimoniali si
provi a fare qualcosa, piuttosto che lasciarli dormire in un
cassetto/schedario.
Mi sembra poi che vi siano due
tendenze diverse sulla casistica: la tendenza degli ufologi e quella
di scienziati e tecnologi.
Gli ufologi mettono in campo
analisi costi-benefici per dimostrare come sia utile trattenere tutto
all'interno della loro catalogazione onnicomprensiva (Edoardo Russo,
Cisu), mentre i tecno-scienziati hanno tendenza a separare
rumore-segnale (Strand, Project Hessdalen, Massimo Teodorani,
astrofisico, etc.).
Mi domando se non sia
possibile trovare soluzioni tecnico-informatiche per tenere insieme
queste due esigenze apparentemente contrapposte, come sembra di
capire dalla relazione di Jean-Marc Wattecamps (Cobeps) e da un
intervento di Jerome Beau, durante il dibattito.
A latere di questo
discorso mi sembrerebbe importante non trascurare l'indagine sul
testimone anche in quei luoghi dove vengono collocati degli
strumenti.
Un
ampio spazio del workshop dedicato all'osservazione strumentale
Sinceramente non mi aspettavo
che un così ampio spazio venisse dedicato alla pressoché ignorata
branca minoritaria dell'ufologia: gli strumentalisti (come sono stati
definiti talvolta).
Questo mostra una sensibilità
controtendenza del Geipan, anche rispetto alla sua attività storica
che lo ha sempre visto impegnato sulla sola testimonianza.
Benché la missione del Geipan
di Passot non sia e non possa essere quella di mettere in campo
strumentazione e ricerca sul terreno, è evidente che questo ente
stia facendo di tutto per facilitare il colloquio tra scienziati e
studiosi interessati all'argomento.
Interessante in tal senso il
progetto FRIPON per l'installazione futura di cento telecamere sul
territorio francese.
Quanto alla relazione sul
Fulmine Globulare fatta da Raymond Piccoli e da un suo collaboratore
Philippe Ollier, entrambi del “Le laboratoire de la Foudre”,
ne sono rimasto decisamente
impressionato.
Sembra
di poter dire che finalmente, dopo centinaia di anni, il fulmine
globulare è un “identificato” con prove fotografiche
scientifiche, vale a dire con
un lavoro di ricerca continuativo.
Ora
è evidente che non sappiamo ancora molto
del fulmine globulare (o dei tre tipi di fulmini globulari secondo la
classificazione delle testimonianze messa in atto da “Le
laboratoire de la Foudre”)
e quindi
un fenomeno identificato
ma incompreso.
Il
fatto è che, come ci ha illustrato Piccoli, questa “incomprensione”
riguarda anche aspetti per così dire “banali” del più
noto fulmine ordinario.
E' evidente che tutte queste
riflessioni, hanno una incidenza anche su eventuali fenomeni
non-identificati che restano sotto l'etichetta generale di Ufo o, se
preferite, di PAN.
La
ricerca trentennale del Project Hessdalen ci dice che al di là della
scarsità di dati raccolti c'è ancora molto da fare per tentare di
grattare la superficie della non-identificabilità delle cosiddette
Luci di Hessdalen e di altre Earthlights.
Le relazioni di Strand e di
Teodorani, pongono più domande che risposte, più dubbi che
soluzioni, e non credo che sia una critica affermare che siamo ancora
in una fase pionieristica della ricerca strumentale nelle cosiddette
zone di ricorrenza.
Quanto ai progetti di
monitoraggio del cielo in essere e in particolare all'esposizione di
Philippe Ailleris, mi riserverei di ritornare su questi punti
importanti con più attenzione in futuro.
Meno
psicologia e più fenomenologia
La
parte conclusiva delle due giornate si è chiusa sugli aspetti
psicologici del testimone, e devo dire che pur riconoscendo
importanza a questo punto
sono sempre meno
appassionato agli errori
percettivi
e delle possibili allucinazioni... fantascientifizzate del
testimone.
L'esposizione
di Thomas Rabeyron, non mi sembra aver portato particolari novità
sull'argomento, mentre sono sempre più d'accordo con Pierre Lagrange
sul fatto che non si debba considerare il testimone Ufo come una
persona diversa dalle altre solo perché posto di fronte a qualcosa
che non comprende.
Quindi
l'obiettivo è mettere
in atto meno psicologia e più strumenti nuovi con i quali far
interagire il testimone, come
ad esempio il sistema
informatico Ufo@home ideato da Jerome
Beau, che è un sistema che funziona come un identikit al fine di
meglio descrivere l'Ufo/Pan senza bisogno di ricorso alle parole, ma
scegliendo tra una serie di immagini in un contesto ricostruito della
zona dell'avvistamento.
Durante
il dibattito Jacques Py, che aveva trattato nella prima giornata dei
metodi di inchiesta per la raccolta delle testimonianze, a mostrato
seri dubbi su un sistema che in quanto identikit non si è dimostrato
molto performante nei casi di polizia investigativa.
Io
credo che finalizzare progetti quali
l'Ufo@home
di Beau, e soprattutto
testarli sul terreno,
potrebbe darci qualche informazione in un senso o nell'altro, e
comunque sarebbe un passo
in avanti sullo studio della percezione dei
testimoni Ufo.
Quanto
alla relazione di Jean Michel Abrassart sull'influenza della
cultura nelle osservazioni di Ufo, devo dire che raramente ho
ascoltato cose più banali, che mi hanno fatto rimpiangere le
riflessioni passate di
Bertrand Meheust sull'argomento.
Dubito
sempre quando in una relazione dove presenti una ipotesi non viene
espresso nessun dubbio o problema da risolvere,
anzi è proprio in
quel caso che ho la prova certa di essere di fronte ad un tipo di
credenza cieca (che si vuole
razionale).
Come dicevo nelle prime righe
di questa breve sintesi , forse è l'ora di ritrovare un modo per
tenere insieme credenza e scetticismo in questa difficile ricerca.
La
conclusione del convegno
Infine dovremo riflettere con
più calma anche sui temi evocati dalla sintesi conclusiva svolta da
Jacques Vallée (il suo intervento è da rileggere e studiare con
grande attenzione), da B. Meheust (che in sintesi ci spinge a fare
delle scelte nuove, come avvenuto in altri campi di confine), dal
responsabile etico del CNES, Jacques Arnould (che ha parlato di
responsabilità pubblica , ma anche di noi privati sul tema Ufo) e
infine da Ron Westrum (che ha spiegato le caratteristiche sociali
degli “eventi nascosti”).
Presto saranno pubblici i
Proceedings di questo Caipan14, e mi auguro che possano essere utili
alle future ricerche sui fenomeni non-identificati.
A suivre.