lunedì 27 settembre 2010

UNA IPOTESI "DUSTY PLASMA" COME SPIEGAZIONE DEL MECCANISMO DELLE LUCI DI HESSDALEN

L'articolo di Paiva e Taft, "A hypothetical dusty plasma mechanism of Hessdalem lights", appena pubblicato dal "Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics", è uno dei pochi articoli scientifici che tratta delle Luci di Hessdalen.
Dobbiamo ricordare che Paiva è lo studioso che, qualche anno fa, è riuscito a riprodurre alcuni mini-plasmoidi in laboratorio.
Gli Autori iniziano con un'introduzione delle diverse caratteristiche rilevate dalle testimonianze e dalle immagini fotografiche delle luci, così come indicate in particolare da un articolo di Massimo Teodorani (2004). Teodorani vi parlava anche di grappoli di luci e di una luce a forma geometrica di parellelepipedo (vedi: "A Long-Term Scientific Survey of the Hessdalen Phenomenon”) .
In "A hypothetical dusty plasma..." vengono anche indicate le poche controverse misurazioni fin qui raccolte; spikes nella banda radio delle HF e delle VLF, tracce radar in presenza di fenomeni "non visibili" (e gli Autori aggiungono "... o deboli"), e avvistamenti con sistemi di visione notturna (700-1000 nm).
Gli Autori citano alcune le "teorie" fin qui menzionate, ipotesi che però non riescono a rendere conto di quanto riportato (e in alcuni casi in contraddizione tra loro); in particolare le Hessdalen Lights sarebbero dovute a:
a) un processo di combustione in atmosfera, sconosciuto, coinvolgente nubi di pulviscolo della valle contenenti scandium (Bjorn, 2007; vedi: "Optical spectrum analysis of the Hessdalen phenomenon. Preliminary report June 2007") ;
b) piezoelettricità generata dallo stress delle rocce (Takaki, Ikeya, 2008);
c) errata interpretazione di corpi astronomici, aereoplani, fari d'automobile e miraggi (Leone, 2003).
E' bene comunque ricordare che Leone (2003) pur concludendo nel senso di una misiterpretazione delle osservazioni fatte durante la missione italo-norvegese EMBLA 2002, aveva personalmente raccolto tra i cittadini di Hessdalen una serie di narrative che gli facevano suggerire la necessità di continuare ad intraprendere studi specifici, e meglio definiti, nel campo dei fenomeni aerei anomali osservati ad Hessdalen (vedi: "A rebuttal of EMBLA 2002 report on the optical survey in Hessdalen").
Quindi l'ipotesi Leone è da intendersi più come l'analisi metodologica di singoli casi che non la negazione di un fenomeno luminoso ad Hessdalen.
Paiva e Taft, astraendosi da quel dibattito specifico, procedono quindi nel cercare di dimostrare che il modello "dusty plasma" riesce a dar conto di tutte le caratteristiche formali, comportamentali, e di colore che sono state attribuite alle luci di Hessdalen, durante le missioni osservative.
I due Autori ricordano che nel 1994, alcuni esperimenti di laboratorio simultanei hanno scoperto separatamente i "plasma crystals", altrimenti detti "Coulomb crystal" (Thomas et Al.; Chu & I.).
Quando un plasma viene a contatto con una nube grani di polvere estremamente fine, grani che immediatamente acquisiscono una carica elettrica, succhiando elettroni dal plasma che li circonda fino a formare un nucleo di elettroni, che a sua volta attira gli ioni carichi positivamente del plasma stesso, dà luogo a ciò che sono stati definiti "cristalli di plasma" (1).
Si tratta della formazione strutturata di cristalli di particelle di polvere in una scarica di gas.
Paiva e Taft suggeriscono un modello basato su un ammasso di macroscopici "plasma crystals", in un plasma di polvere, dovuto a ionizzazione d'aria e polvere, per mezzo di particelle alfa, durante il decadimento del gas radon.
Il radon è largamente presente in Norvegia, mentre la polvere della valle sarebbe (come suggerisce uno spettrogramma di HL) thortveitite, un minerale molto comune.
La thortveitite non presenta luminescenza, e quindi il fenomeno luminoso sarebbe dovuto alla ionizzazione di particelle alfa nel cristallo.


Paiva G. S. & Taft C. A., "A hypothetical dusty plasma mechanism of Hessdalen lights", riv. "Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics", vol. 72, n. 16, ottobre 2010, pp. 1200-1203.


Note
1) Teodorani Massimo, "Plasmi viventi", riv. "Scienza e Conoscenza", n. 23, febbraio 2008, pp. 30-35.
E' interessante notare come in questo articolo divulgativo Teodorani parli di "cristalli di plasma" come possibile spiegazione delle luci Hessdalen-like.
Teodorani, però, si riferisce al modello computazionale di Tsytovich et Al., del 2007 (vedi: http://iopscience.iop.org/1367-2630/9/8/263/fulltext).

domenica 26 settembre 2010

"EMBLA 2010": RITORNO AD HESSDALEN

Dopo un lungo momento di parziale inattività, il Project Hessdalen sembra rimettersi in movimento.
Il CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen) è tornato ad Hessdalen grazie ai tecnologi Stelio Montebugnoli e Jader Monari.
La loro visita tra il 6 settembre ed il 12 settembre 2010, si è verificata in concomitanza con l'annuale Science Camp degli studenti dell'Østfold College, guidati da Erling P. Strand e Bjorn L. Hauge.
Durante questa settimana hanno raggiunto la valle di Hessdalen anche un gruppo di scienziati francesi, per una visita preparatoria ad un eventuale progetto di studio, da svilupparsi in futuro con i ricercatori norvegesi e italiani.
La missione italiana in questo caso aveva come principale scopo, la rimessa in funzione di alcune antenne, ed il rientro degli altri strumenti, per una riverifica e rimessa a punto, prima dell'eventuale installazione sulla nuova Blue Box, ora parcheggiata per lavori in Medicina.

Qualcuno ricorderà che nel settembre 2008, si era svolto un importante conferenza SETI sotto l'egida UNESCO, a Parigi, dove Bjorn G. Hauge aveva presentato la relazione:
"Investigation and analysis of transient luminous phenomena in the low atmosphere of Hessdalen valley, Norway".
Potrebbe apparire curioso che durante un convegno SETI si parli di luci di Hessdalen, se non si ricordasse che la strumentazione usata nella valle norvegese ha molte derivazioni tecnologiche proprio da quella usata nel progetto SETI.
Ricordiamo che il Progetto SETI italiano è diretto appunto da Stelio Montebugnoli.

Durante questa conferenza un incontro fortuito tra Stelio Montebugnoli, Hauge Bjorn Gitle, Philippe Ailleris, Pierre Lagrange e alcuni ricercatori francesi del GEIPAN aveva approfondito il tema delle luci di Hessdalen.
Si ipotizzò un'analisi scientifica congiunta del problema Hessdalen.

In seguito si era svolta in Francia una riunione del Comitato di Controllo del GEIPAN, unico ente statale in Europa ad occuparsi di ciò che i ricercatori francesi definiscono PANs (Fenomeni Aerei Non-identificati).
Durante questa riunione il Comitato di Controllo del GEIPAN, diretto da Yves Sillard, aveva sollecitato l'idea di collaborare in futuro con realtà di studio quali appunto il Project Hessdalen.

Yves Blanc e Yves Sillard (GEIPAN) ed alcuni scienziati francesi hanno poi reso visita lo scorso anno ai Radiotelescopi di Medicina, dove Montebugnoli, Monari, Conti, Ailleris, e Hauge avevano illustrato la ricerca strumentale del Project Hessdalen e l'attività di supporto del CIPH, a partire dalle prime missioni EMBLA.

La settimana scorsa, ad Hessdalen, assieme ai ricercatori norvegesi e italiani, e agli studenti, erano presenti anche alcuni scienziati francesi.

Durante il Science Camp, sono state rilevate dal monte Skarvan (giovedì notte) con una macchina fotografica dotata di fish eye, in posa 30 sec., alcune luci non identificate. Come ben sappiamo non si tratta di prove in senso assoluto dell'esistenza di un fenomeno Hessdalen, ma di immagini che sono di grande stimolo ad insistere sulla ricerca e le correlazioni strumentali per comprendere il fenomeno.