mercoledì 6 febbraio 2008

SOSO (Smart Optical Sensors Observatory)[articolo]

Non solo un progetto ottico di rilevamento di fenomeni luminosi in atmosfera, ma anche una filosofia concreta nel campo degli UFO


Per un lungo periodo la nostra attenzione di ufologi verso il caso di Hessdalen era stata abbastanza altalenante, distratti come eravamo tutti dalla escalation delle ipotesi degli ufologi “credenti”, ovvero da quel dibattito ufologico tra sordi impegnato a smentire o a confermare degli eventi ritenuti di presunta origine extraterrestre che Bertrand Méheust aveva definito come un percorso “dal viaggio interrotto alle gravidanze interrotte” (1). Poi, nel 2000 l’impegno di alcuni membri emiliano-romagnoli del Centro Italiano Studi Ufologici (CISU) giunse ad un giro di boa. Ci eravamo ricordati, forse con un certo ritardo, ma forse anche nel giusto momento di un percorso di ricerca, dell’affermazione dello scienziato Josef Allen Hynek circa Hessdalen, la località norvegese dove si sosteneva vi fossero segnalazioni ricorrenti di UFO: Hessdalen come “un laboratorio di ricerca sugli UFO” (2). La località norvegese che dall'inizio degli anni ‘80 aveva visto una serie ricorrente di avvistamenti poteva essere utilizzata in modo più concreto al fine di produrre una scienza degli UFO. Nel 2000 iniziava quindi l’attività del CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen): un comitato di supporto al Project Hessdalen norvegese; Promotori: Renzo Cabassi con funzioni di coordinatore, Nico Conti, Massimo Silvestri, Roberto Labanti, Maurizio Morini, Marco Piraccini, Alessandro Zabini, Marco Orlandi e Roberto Raffaelli (3). Oggi di quegli iniziali promotori sono rimasti attivi nel comitato i primi cinque, mentre gli altri hanno preferito continuare sulla strada dell’ufologia classica oppure hanno abbandonato il campo stesso dell’ufologia, per altri interessi.

Il lavoro pluriennale di Erling Strand, il fondatore del Project Hessdalen, aveva trovato all’inizio del nuovo millennio la sua definitiva collocazione di centro di studi e ricerche nel porre strumenti a monitoraggio dei fenomeni testimoniati nella valle di Hessdalen, confermando l’obiettivo primario di un approccio scientifico a quanto attestato nella valle del comune di Holtålen, nella regione del Sør-Trøndelag, Norvegia. Come sappiamo questa attività di ricerca era iniziata molti anni prima, ossia all’inizio degli anni ‘80, in seguito ad un’ondata in tutto e per tutto ufologica. Essa aveva avuto come localizzazione iniziale una vallata vicina ed aveva ricevuto ampia risonanza sulla stampa locale.

Fin da subito Erling Strand ed il suo gruppo si erano posti in modo nuovo di fronte al problema posto dalle testimonianze UFO, anche se dovremmo considerare il fisico americano Harley D. Rutledge il precursore dell’uso di strumentazione di osservazione abbinato allo studio degli UFO. Sappiamo però che quello che fu definito come il primo studio scientifico sul terreno del fenomeno Ufo, comportava una serie di problemi proprio dovuti ai limiti tecnologici degli anni ’70. Rutledge, infatti, riscontrava spesso la difficoltà operativa di far seguire all’osservazione fugace di un UFO uno scatto fotografico. Da qui l’idea che il ripetersi dei mancati scatti fosse dovuto ad una possibile “intelligenza” del fenomeno (4).

Il Progetto Hessdalen si poneva in modo assai diverso nei confronti dalla vecchia diatriba “UFO sì - UFO no” che in quegli anni aveva investito per la prima volta anche la stessa ufologia, con un dibattito innescato in Francia dalle conclusioni dell’ufologo Michel Monnerie e la cui visione, meglio precisata dalla “nuova ufologia”, aveva poi preso piede in parecchi Paesi, favorita da un contesto di disillusione delle aspettative dei primi ufologi. E questo era accaduto anche in Norvegia, creando pure lì un fronte di nuovi ufologi “scettici” (5). Da una parte vi era ora il “riduzionismo” alla Monnerie (tutto poteva essere spiegato con semplici errori percettivi dei testimoni e poco più), dall’altra la posizione di coloro che ritenevano che gli UFO fossero di origine extraterrestre e che la verità ci fosse nascosta dalle “autorità”, una mitica figura del potere che poteva assumere di volta in volta l’immagine del potere politico, di quello militare o di quello della scienza che complottava contro la gente (6). A ben vedere si trattava in tutti e due i casi – riduzionismo ed escalation delle ipotesi - di escludere il testimone dalla realtà degli UFO, poiché o costui era impossibilitato a percepire la realtà così come era, o non era più necessario in quanto la realtà dei “dischi volanti” ci era occultata da poteri segreti che complottavano: in tutti e due i casi il testimone era una pedina poco rispettabile nelle mani degli “esperti” ufologi. Mentre Monnerie dichiarava forfait circa la possibilità di trovare fenomeni sconosciuti dietro le testimonianze UFO (7) e si ritirava dall’ufologia in modo coerente con le sue affermazioni, Erling Strand attraverso la sua “Automatic Measurement Station” contenuta nell’ormai leggendaria Blue-Box (il container strumentale posto in prossimità del Monte Rogne) cercava di disegnare un mondo ufologico nel quale i problemi scientifici potessero trovare una risposta negli strumenti appositamente costruiti per isolare e tracciare i contorni dei fenomeni coinvolti (8).

Era lo stesso periodo in cui Michel Persinger attraverso esperimenti e statistiche fondava la sua originale ed articolata ipotesi sullo stress tettonico, la TST. Mentre Strand precisava il suo programma, al fenomeno Hessdalen, o per meglio dire al fenomeno ufologico di Hessdalen, ben presto si disinteressarono sia i nuovi ufologi scettici norvegesi sia i loro antagonisti “credenti”. I due gruppi si stancarono di Hessdalen per ragioni simili: i primi perché, una volta sospettata l’identificazione in fenomeni naturali quali i plasmi, ritennero di aver “risolto” tutti i problemi sollevati da quelle testimonianze (9), gli altri perché, essendo probabile che dietro quei fenomeni naturali non vi fosse nessun extraterrestre, non trovarono ulteriori ragioni per interessarsene. In realtà i credenti avrebbero in seguito avuto modo di recuperare la presenza di extraterrestri anche ad Hessdalen soprattutto grazie ad alcuni interventi dell’astrofisico Massimo Teodorani. Fu l’occasione per approfittare ancora una volta per denunciare il complotto ed il nascondimento della Verità, di cui stavolta erano responsabili il nostro CIPH ed il… fenomeno stesso di Hessdalen (10). D'altra parte gli ufologi razionalisti non erano stati più teneri: costoro considerarono presto il CIPH come qualcosa “a parte” rispetto all’ufologia. Nonostante lo sforzo di divulgazione e la grande messe di articoli la filosofia di noi “strumentalisti” (11) continuava ad essere malintesa, forse proprio perché essa non era in sintonia con la cultura egemonizzata dell’ufologia, ossia con quel “feudalesimo delle ipotesi”. Entrambi i fronti contrapposti mostravano infatti la stessa distanza incolmabile tra le loro pratiche di studio degli UFO e la pratica scientifica (in questo caso la scienza degli UFO tanto invocata in astratto), ed un attendismo simile nei confronti del fenomeno: qualcosa all’esterno sarebbe successo per confermare o meno le loro opposte ipotesi.

Collocando i suoi strumenti subito dopo le testimonianza Strand si poneva in una posizione di riconsiderazione per il testimone UFO e al contempo di accettazione del metodo scientifico, dimostrando da buon tecnologo di conoscere meglio dei suoi colleghi ufologi un modo concreto di fare scienza consistente in sostanza nel “fare le cose da fare”. In questo procedere del progetto tra alterne vicende, Strand scorse la possibilità di un nuovo salto di qualità quando sulla fine degli anni ’90 incominciò la collaborazione tra l’Østfold College ed il team di ricercatori tecnologi del Radiotelescopio di Medicina (Bologna), diretto da Stelio Montebugnoli con la collaborazione del suo braccio destro Jader Monari.Sotto l’egida del CNR/Istituto di Radio Astronomia e del Dipartimento di informatica dell’Østofold University College norvegese nasceva un protocollo di collaborazione denominato EMBLA. Esso era volto allo scambio di tecnologie, di know-how e di studenti tra Italia e Norvegia.

Nel 2000 tutto si concretizzò nella prima missione italo-norvegese, EMBLA2000, che l’allora nascente CIPH sponsorizzò in parte. Da quel momento il CIPH sostenne, grazie alla raccolta di finanziamenti ed alla partecipazione di sponsors, la costruzione della strumentazione, agli inizi soprattutto nel campo radio, le varie missioni in Norvegia (finora una decina) e l’organizzazione di convegni, di seminari e di workshop (12). Questo appoggio e contributo alla ricerca è continuato finora grazie (anche ad alcuni soci del CISU) diventando via via prevalente per la realizzazione delle missioni italiane che si sono succedute dal 2000 fino alle ultime due spedizioni di manutenzione tecnica del 2007 condotte da Jader Monari, Domenico Caliendo e Stelio Montebugnoli.

Nel 2006 il CIPH, sulla scorta dei suggerimenti del fisico Peter Sturrock e del suo Panel di Pocantico (13), in seguito ribaditi anche dal fisico Matteo Leone, suggerimenti che proponevano l’utilizzazione di strumentazione nel campo ottico, avvertì l’esigenza di stabilire lo “stato dell'arte” della ricerca sulle luci di Hessdalen e dei fenomeni ad esse assimilabili. Fu così organizzato l’International Project Hessdalen Workshop 2006 (IPHW2006), al quale hanno partecipato tutti coloro che hanno orbitato negli anni, con il loro studio, attorno all'attività del Project Hessdalen e naturalmente intorno al CIPH (14). Al workshop è seguito per il CIPH un impegno decisivo nel migliorare gli strumenti nel campo dell’ottico.

E’ proprio dallo slancio trovato in questa specifica occasione e dal supporto finanziario seguente che è nata ed ha velocemente trovato realizzazione lo Smart Optical Sensors Observatory, il SOSO, coordinato da Massimo Silvestri. Dopo pochi ma intensi mesi di lavoro la stazione SOSO (telecamera, computer, programmi, ecc.) è stata dapprima sottoposta a test al Planetario dell’Osservatorio astronomico di San Giovanni in Persiceto (anche con il supporto del fisico Romano Serra e di astrofili del gruppo “Columbia” di Ferrara), poi è stata installata in un luogo del tutto casuale per ulteriori prove “sul terreno”.

L’idea, non certo nuova ma mai messa in campo in Italia in sessant’anni di ufologia, era quella di realizzare una stazione automatica remotizzata per il rilevamento di targets luminosi, per registrarli e magari per misurarne dati di posizionamento, direzionali e spettrometrici. Lo sviluppo ulteriore prevede che la stazione sia in grado, in un secondo momento, di correlarsi anche ad altre strumentazioni nel campo del non-ottico (ossia nel campo radio VLF ed ULF, in quello radar, ecc.). Quella in atto dalla fine del 2006 è comunque soltanto la prima fase di prova di SOSO, mentre altre idee più raffinate riguardo la stazione di rilevamento automatico vedranno la luce - finanze ed uomini permettendo - nel corso del biennio 2008/2009.

E' importante ricordare che SOSO nasce come strumento da installare in zone cosiddette di ricorrenza, ossia in primo luogo ad Hessdalen.

Sul versante norvegese stiamo organizzando una nuova Blue-Box, visto che il vecchio contenitore della strumentazione del Project Hessdalen è ormai provato dal tempo e dalle intemperie. Stiamo lavorando affinché il nuovo container attrezzato, acquisito di recente con fondi norvegesi e con un contributo del CIPH, integri un sistema SOSO abbinato a strumentazioni adatte a registrazioni spettrografica, a rilevatori di elettricità atmosferica e ad attività di fulmini. Infine, stiamo operando pure nel campo radar, in cui si sta finalizzando un nuovo prototipo.Una volta conclusa la parte tecnica la nuova Blue-Box, che per ora si trova a Bologna, partirà alla volta della Norvegia per essere installata a Hessdalen in una nuova zona del monte Rogne.

Come ben si può intravedere la ricerca strumentale sui fenomeni luminosi in atmosfera è molto più complessa dell’attesa degli ufologi secondo la quale il problema degli UFO si risolverebbe quasi da solo o dell’idea che qualcosa cambierebbe grazie all’intervento benevolo di alcuni scienziati interessato al “dossier UFO”, oppure grazie la scoperta di qualche ancor più fantomatico documento militare che ci svelerebbe l’atroce verità. Non si può prescindere dai report testimoniali e da inchieste ben strutturate di tipo ufologico nel senso tradizionale, ma sempre riservando risorse umane e finanziarie significative alla progettazione, alla realizzazione ed al mantenimento della strumentazione.

Già diverse volte la ricerca strumentale ufologica aveva conosciuto fallimenti. A ben vedere la delusione di Monnerie era proprio stata causata dalla mancanza di rilevamenti strumentali, realizzata in specie attraverso fotografie della volta celeste, che potessero essere messe in relazione alle segnalazioni-Ufo.

In altre parole, la causa fu almeno in parte il fallimento del suo progetto RESUFO (Réseau de Surveillace Photographique du Ciel). Scriveva Monnerie nell’ormai lontano 1977: malgrado qualche raro partecipante di buona volontà che aveva preso delle migliaia di foto del cielo, niente di interessante fu registrato. Lo scarso numero di scatti “bizzarri” non mi ha permesso di tirare delle conclusioni valide (5). Guardando con gli occhi di oggi al duplice sconforto di Monnerie - prima ottimista e “credente” poi scettico - si ha la netta sensazione che qualcosa sia mancato all’appello in quel determinato momento storico. Qualcosa che oggi invece c’è: le tecnologie informatiche ed elettroniche a – relativamente – basso costo.

A ben vedere lo Smart Optical Sensors Observatory si colloca sulle tracce di Claude Poher e della sua idea di una rete di stazioni di rilevazione ottica che l’allora GEPAN, di cui era responsabile, non fu però in grado di mettere in opera. Al GEPAN seguì l’improduttivo SEPRA gestito da J. J. Velasco, ora sostituito dal nuovo GEIPAN diretto da Jaques Patenet, che sembra ripartire dalle premesse poste da Poher piuttosto che dalla fase di Velasco (15).

In quest’ambito SOSO non è soltanto una stazione di rilevamento: esso si colloca in una ben precisa continuità filosofica, quella del fare ricerca sulle osservazioni, dato che le astratte teorizzazioni epistemologiche dell’ufologia paiono poco decisive per un progresso nella conoscenza. Ciò che almeno per noi era difficile pensare prima che SOSO entrasse in funzione, seppur a livello sperimentale e di prova, era come tutto ciò potesse incidere fin da subito sul quadro generale del problema UFO.

Avevamo anche noi la certezza teorica propria degli ufologi che molte “cose” passassero sopra le nostre teste, ma non avevamo preso per niente in considerazione quanti oggetti luminosi e non possono attraversare l’ottica di una telecamera di sorveglianza ad alta sensibilità luminosa in una sola notte: meteore, bolidi, stazioni orbitanti, satelliti, aerei, insetti, uccelli, Ufo e forse anche chissà… dischi volanti. Battute a parte, non sono mancati all’appello della nostra griglia identificativa allarmi relativi ad eventi non ancora identificati. Moltissimi, invece, sono stati quelli identificati, come le meteore, che gli antichi chiamavano le “pietre che cadono dal cielo”, grazie anche al periodo dell’anno favorevole agli sciami consistenti.

Certo non siamo più ai tempi del fisico Biot, che aveva separato il fenomeno dal folklore popolare, smentendo al contempo lo scetticismo scientifico che negava alle “pietre di fulmine” ogni possibilità di esistenza. Oggi le meteore si dimostrano strumentalmente molto meno rare di quanto si potesse pensare anche solo pochi anni fa. Nei mesi di luglio, agosto e settembre 2007 sono stati registrati oltre cinquecento meteoroidi, e tra di essi anche bolidi come quello del 18 luglio, un bolide radente ritenuto il più rilevante osservato in Italia nell’estate 2007.

Vorremmo poi sottolineare come il progetto SOSO, in apparenza un freddo strumento di rilevamento ottico, rimetta al centro della scena quel testimone UFO che tutti hanno cercato di allontanare dal novero dei possibili attori, o “strumenti” dell’auspicata scienza degli UFO (o UAP, fenomeni aerei non identificati, se preferiamo una denominazione meno suggestiva…). SOSO, al contrario di quanto si mette spesso in atto nella società, non partecipa alla divisione che si continua a pretendere esistente tra scienze e parascienze, tra razionale ed irrazionale, fra sapere scientifico e sapere popolare. Lo strumento ed il programma SOSO sfidano questo tipo di divisione fittizia in due “mondi” distinti, divisione che tanto sta a cuore ad un vecchio modo di vedere la conoscenza scientifica ed in ultima analisi la nostra realtà. Innanzi tutto lo strumento SOSO si pone oltre le ipotesi cristallizzate degli ufologi per porsi invece un problema di dati, di eventi e di correlazione degli stessi: ciò che parrebbe scavalcare il testimone UFO in realtà gli si affianca reintegrandolo a pieno titolo tra le parti in causa, e con pieno diritto di opinione. SOSO, al contrario, in realtà si affianca al testimone UFO integrando in alcuni casi la sua segnalazione con una meno opinabile e dimostrativa serie di dati.

Ad esempio, l’osservazione delle operazioni di deorbitazione, avvenute il 19 agosto 2007, della base spaziale ISS e del suo compagno, la missione Shuttle STS118, che hanno generato sulla stampa “segnalazioni UFO” ma che la documentazione raccolta in modo automatico dalla nostra stazione e trasferito via Internet, ha permesso di inserire tra gli eventi identificati, togliendo sì dalla scena un “falso” caso UFO, ma confermando che le “testimonianze” riportano spesso dati attendibili e congruenti.

Grazie ad uno strumento di registrazione, il testimone, o come lo definiva Hynek, il “cronista Ufo”, ha di nuovo diritto alla parola ed al rispetto. Diventa strumento come altri e, per restare al bolide del 18 luglio, contribuisce ad indagini come quella del nostro referente per i fenomeni bolidari Albino Carbognani, aiutando a ricostruire al meglio l’evento. Carbognani ha usato infatti i dati di SOSO, i dati di una stazione simile alla nostra posta sul Monte Baldo (Verona) e quattro testimonianze oculari per calcolare la traiettoria in atmosfera del bolide. Inoltre, attraverso questo lavoro sui dati Carbognani suggerisce alcune migliorie al sistema di rilevamento dello strumento SOSO (16).

L’ufologia divisa in due fronti opposti non sembra preoccuparsi neppure della divisione che produce tra testimoni ed esperti, di fatto limitandosi a dibattere eternamente quella che si vorrebbe fosse una disputa tra una spiegazione più “dotta” e quella più “popolare”. Quella “dotta” ci spiegherebbe che il popolo ignorante “vede” in modo sbagliato la realtà degli UFO, mentre quella “popolare” considera gli UFO come dischi volanti, senza alcun bisogno né di ulteriori testimonianze né di prove scientifiche (abbiamo già un pezzo di Ufo di Roswell: che altro cercare?).

Attraverso l’invio continuo dei suoi dati SOSO collabora all’identificazione dei fenomeni, ma al tempo stesso, pubblicando in tempo reale i suoi dati su internet, esso elimina la "grande separazione" tra l’ufologo, colui che è esperto di ciò che la gente vede e la gente ignorante, che vede ma non sarebbe in grado di giudicare ciò che davvero vede e che vedrebbe in modo “sbagliato”.

Altro elemento ancor più importante per la ricerca, è il fatto che SOSO sta eliminando anche un’altra ripartizione, quella messa in campo da certi scienziati razionalisti già a partire da Menzel e da Condon: da un lato gli scienziati che per motivi intrinseci saprebbero – solo loro – cos’è la scienza, e dall’altro gli ufologi che si muoverebbero invece - solo - sul fronte dell’irrazionale, del parascientifico, quali nemici della scienza ed artefici di una deriva verso il soprannaturale.

Non è qui il caso di dimostrare come questa divisione abbia ben poco senso e come sia piuttosto una credenza scientifica o, meglio, come essa sia il vero complotto di cui siamo vittime. Altri hanno già sviluppato egregiamente questo tema; è il caso di Pierre Lagrange nel suo ultimo libro (6). Qui ci basta sottolineare come il lavoro di SOSO collochi sullo stesso livello tutti gli attori del dibattito sugli UFO: i testimoni, gli ufologi, gli scienziati, gli astrofili, la gente comune, ecc.

Ma la rilevazione strumentale ci permette di andare oltre. Maturano concrete esperienze e l’apertura di nuove linee di ricerca. Aumenta pure il nostro know-how di ufologi, la cui figura comincia a trasformarsi fino a renderla qualcosa di simile a ciò che l’astrofilo è per l’astronomia.

Il caso del bolide del 18 luglio 2007 è un buon esempio di fenomeno anomalo per i testimoni ad alta luminosità che ha attraversato il nostro cielo entrando in atmosfera dalla Croazia e passando sull’Italia fino a spegnersi davanti al mare antistante la Sardegna.Mentre in conseguenza del fenomeno, non immediatamente identificato, casi UFO affluivano abbondanti attraverso i media (ed anche sulla mailing list CasiUfo), SOSO rilevava e filmava l’evento e, come abbiamo visto, dopo poche ore anche suo tramite Albino Carbognani, tracciava la traiettoria cui abbiamo accennato indicando la presunta provenienza spaziale di quel tipo di corpo.

Con un unico atto, ossia con la messa in opera dello strumento SOSO, veniva data pari dignità all’argomento del nostro studio (gli UFO) sia rispetto alle scienze sia a tutti gli attori in gioco, nessuno escluso. L’identificazione dell’oggetto percepito dai testimoni non è più solo probabilistica, basata cioè sull'interpretazione del racconto dei testimoni. Al testimone è riconosciuta la correttezza di quanto narrato attraverso registrazioni che lui stesso può anche rivedere su Internet; agli ufologi è data la possibilità di collaborare con la scienza a pari livello, proprio come avviene per gli astrofili nei confronti degli astronomi. Lo scienziato infine usa quei dati e questa collaborazione secondo la responsabilità che gli è propria (quella del professionista della scienza) e secondo il suo linguaggio (quelli delle matematiche, dell’astronomia ecc.).

Stessa o simile situazione abbiamo riscontrato, come detto, allorquando SOSO ha registrato il passaggio della stazione orbitante e dello Shuttle appena in fase di sganciamento. Questo passaggio si era presentato come un fenomeno davvero eclatante nel racconto di vari testimoni UFO. Senza il dato di SOSO sarebbe forse rimasto tale e relegato nella raccolta casistica degli UFO; in altri termini: un non identificato in mancanza di dati. Ora questo caso, come altri, potrà rientrare con fiducia nella categoria degli identificati con certezza perché provvisto di dati. Cosa che poi, a ben vedere, dovrebbe essere il coronamento del vero scopo dell’ufologia. Sulla strada intrapresa anche con la costituzione nel CISU, negli anni ’90, della Commissione Fenomeni Luminosi in Atmosfera, avevamo accordato agli “eventi transitori” nella bassa, media ed alta atmosfera un grado di interesse prioritario per i nostri fini di studio: giungere, se c’è e se è definibile, a quel residuo non identificato e non identificabile che dovrebbe essere l’oggetto ultimo della nostra analisi. Da lì la nostra collaborazione, in special modo dalla fine di quel decennio, a lavori nel campo dei fulmini globulari, delle Earth Lights, delle EQL, ecc. Articoli, relazioni a convegni internazionali (ISBL99, l’International Symposium on Ball Lightning svoltosi per il 1999 in Olanda), a monografie del CISU (quelle di Stilo, di Silvestri, ed alla collettiva bibliografia internazionale LTPA), oltre che naturalmente all’interesse per il Project Hessdalen. Tuttavia, questo interesse minoritario non ha fatto scattare negli altri associati al CISU l’esigenza di avvicinarsi al modo di produzione della scienza, né ha fatto avvertire la necessità di porsi in modo concreto il problema degli strumenti di fronte agli eventi UFO. Ciò ha spinto diversi esponenti del CISU alla considerazione che chi si interessava ai Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera in realtà non si occupava di UFO.Il nostro timore è che tali considerazioni, del tutto lecito, risiedessero nella solita logica del dibattito ufologico sviluppato per opposte fazioni.

Eppure con le tecniche usate da SOSO, sul piano osservativo possiamo spingere le nostre indagini ben oltre l’aspetto anomalistico dei fenomeni. In altre parole, possiamo considerarli ben diversamente da “prodigi”!

Le tecniche usate da SOSO ci hanno infatti permesso di accostarci ai TLE (Transient Luminous Events): i Red Sprites, i Blue Jets, gli Elves… ; immensi lampi nell’alta atmosfera, quasi invisibili all’occhio umano.

I TLE sono fenomeni nuovi davvero recenti.

La loro concreta irruzione nel campo scientifico ha come data il 1989 ed è stata frutto di un happy accident durante delle prove. John Winkler, esperto di fisica delle aurore dell’Università del Minnesota ed i suoi collaboratori stavano testando una telecamera ad alta luminosità per calibrarla. In una parte di questi test era previsto che un collega di Winkler, Robert Franz, filmasse stelle e lampi di temporali in lontananza: da qui la casuale percezione di alcuni TLE ed il riscontro successivo nelle registrazioni dei test.

A cominciare dagli sprites si può affermare che questa famiglia di fenomeni della ionosfera smentisce il fatto, spesso sottinteso sia da alcuni ufologi sia da certi scienziati, che non esisterebbero ormai nell’atmosfera fenomeni del tutto nuovi ancora da studiare.

I TLE mettono in crisi anche il concetto di rarità del fenomeno nuovo, che di volta in volta si ripresenta: erano rari i fuochi fatui, i fulmini globulari, le luci sismiche, le meteore, ed infine i TLE stessi. Ma ogni volta che si riesce ad adottare la giusta angolazione visuale e ad inventarsi o a “tarare”la strumentazione adatta si può constatare che la frequenza di certi eventi è molto maggiore di quanto lo scienziato potesse supporre.

Un arricchimento delle conoscenze che si riflette sempre sulla messa a punto di strumenti in grado di monitorare eventi rari, casuali, veloci o lentissimi, a bassa o ad alta intensità luminosa nel campo del visibile, dell’infrarosso vicino e che abbiano o meno una controparte nello spettro radio, che siano radarabili o meno. Si sta aprendo quindi quella “finestra utile” per l’osservazione di Fenomeni Luminosi in Atmosfera auspicata e sostenuta dal team di Stelio Montebugnoli ed appoggiata dal Project Hessdalen di Strand e di Hauge: finestra che va dal campo radio (ELF, VLF, ULF), al visibile, sino all’infrarosso vicino.

Sul versante norvegese stiamo organizzando la nuova Blue-Box, ormai provata dal tempo e dalle intemperie. Nei pressi di Bologna stiamo lavorando ad un nuovo container acquisito poco tempo fa con fondi norvegesi e con un contributo del CIPH.

Nel contempo SOSO si sta evolvendo. Presto esso incorporerà strumentazioni per la registrazione spettrografica, rilevatori di elettricità atmosferica e di attività di fulmini.

Procediamo anche nel settore radar con un nuovo prototipo. Tutto questo in previsione, nel 2008, di attività osservative in Norvegia e in Italia.

Dal momento stesso in cui uno strumento come SOSO è entrato in funzione il dibattito sugli UFO non è stato più uno scontro tra scienza e parascienze, tra ipotesi dotte ed ipotesi popolari. L’UFO può così diventare una cosa seria - di qualsiasi fenomeno si tratti- e l’ufologo non deve più vergognarsi di questo argomento o sentirsi relegato ai margini della conoscenza. Oltre ad un vecchio modo di fare ufologia, ossia la catastrofica diatriba tra credenti e scettici in cui ognuno accusa l’altro di malafede, può sparire anche un vecchio modo di fare scienza.

La scienza non può più stare su un piedistallo un po’ vecchio stile a spiegare cosa è vera scienza e cosa invece è credenza.Non gli è più permesso di imporsi ad un popolo che annuisce ad una lezione impartita dall’alto della cattedra, senza che quest'ultimo possa dire la sua.

Se la scienza non è inserita in un processo democratico (lo abbiamo ben visto, in molti casi e sempre più lo vedremo, in futuro), semplicemente non può essere tale nella società odierna. Il dibattito sugli UFO è dunque un dibattito anche politico su che tipo di studi scientifici vogliamo, su che tipo di problemi desideriamo risolvere, su che tipo di utilità vogliamo trarre dalle nostre conoscenze scientifiche e così via. In altre parole, pensiamo che non vi siano domande sbagliate a priori, che in quanto tali non possono essere poste alla scienza.

Gli UFO sono una di quelle domande legittime ed è doveroso darvi risposta. Molte sono le possibilità che la ricerca strumentale sugli UFO apre mettendo in campo un nuovo modo di fare scienza ma anche un approccio multi-disciplinare ed una di rete di conoscenze che può essere utilizzata per fare luce su diversi supposti quanto sconosciuti fenomeni naturali luminosi. Il fisico Tullio Regge, intervistato circa gli UFO al convegno organizzato dal CISU a Saint Vincent il 23 giugno del 2007, alla domanda “cosa ci suggerisce di fare il fisico?” rispondeva: “datemi uno spettro…”.

Il problema è che troppo spesso gli ufologi invece di offrire qualcosa agli scienziati domandano loro un impegno sugli UFO o, quando questo impegno si realizza, criticano in astratto il lavoro condotto, senza mai poter aprire un rapporto alla pari e senza sentirsi in dovere di portare qualche tipo di apporto concreto che non siano spesso… fotocopie di riviste ufologiche che, nel migliore dei casi, esortano ad interessarsi degli UFO, “un problema serio”.

SOSO intende mettere a disposizione degli scienziati questo spettrogramma e magari, con un po’ di fortuna, pure quello di un fulmine globulare. Sappiamo bene che la scienza non può che partire dal normale lavoro di costruzione della realtà. Deve isolare il dato dal resto, analizzarlo e correlarlo con altri dati. Tutto nell’ambito di un dibattito scientifico ben diverso da quello che gli ufologi sono soliti mettere in campo. Forse il fisico Tullio Regge è altrettanto scettico che la fazione non credente degli ufologi, sia sui fenomeni di Hessdalen che sugli Ufo, però ciò che rende Regge e gli ufologi scettici assai diversi è che mentre il primo cerca di costruirsi il dato che gli serve e con esso realizzare un mondo diverso, da condividere con gli altri, gli altri paiono avervi rinunciato.

Essere veri scettici non dovrebbe significare il rifiuto delle domande e dei problemi che gli UFO a buon diritto pongono alla conoscenza grazie alla gente ed ai testimoni, ma semplicemente accettare qualche tipo di soluzione pratica ed il fatto che a tale soluzione, messa in atto con modi utili a fini scientifici, tutti possano partecipare in modo egualitario, seppur con ruoli diversi. E’ un po’ ciò che il nostro programma SOSO sembra essere riuscito a fare almeno nelle sue prime intenzioni.


NOTE:


1)Méheust, Bertrand, Science fiction et soucoupes volantes, collezione PulpScience, edizioni Terre de Brume, 2007.

2) Hynek, J. Allen: I am impressed by Hessdalen itself, because Hessdalen is really a UFO laboratory. It is a place where things are happening and where things can be studied. Hessdalen, 27 gennaio 1985. Reperibile all’url: http://hessdalen.hiof.no/pict/movie/hynek19.mov

3) Tutte le informazioni passate, presenti e future sul CIPH sono o saranno pubblicate sui seguenti siti web:[per il CIPH] http://www.itacomm.net/PH[per [per la stazione automatica CIPH-SOSO] http://www.ciph-soso.net[per/ [per le notizie, sul blog di CIPH-SOSO BLOG NEWS] http://ciph-soso.blogspot.com/

4) Rutledge, D. Harvey, Project Identification: The First Scientific Study of UFO Phenomena, Prentice Hall, 1981, pp. 245 e 253. In late February and March 1973, strange events were being reported in the area of Piedmont, Missouri (p. 3).

5) Monnerie Michel, Et si les OVNIS n'existaient pas ?, Les Humanoïdes Associés, 1977, p. 167.

6) Per approfondire la teoria del complotto ed i meccanismi sociologici messi in atto dai differenti partecipanti alla scena ufologica si veda l’ultimo notevole lavoro di Pierre Lagrange: OVNIS: ce qu’Ils ne veulent pas que vous sachiez, Presses du Châtelet, 2007. 7) Monnerie, Michel, Le réseau de surveillance photographique du ciel "Resufo, in Lagarde Fernand, Mystérieuses soucoupes volantes, Ed. Albatros, 1973, pp. 263-270.8) http://hessdalen.hiof.no/index_e.shtml

9) Krogh, S. Jan (NIVFO), The Hessdalen Report; reflections of reported atmospheric light phenomena and other observed objects in Holtålen county and surrounding areas 1870-1984, Norwegian Institute of Scientific Research and Enlightment, Trondheim, 1990.

10) Teodorani, Massimo, Le strategie per il SETV e la ricerca di vita intelligente esogena sul pianeta Terra, [in appendice alla nuova edizione di Pinotti, Roberto, Intelligenze Extraterrestri, 2002].

11) Ufologia Strumentale? in AA. VV, Ufo e ufologia, edizioni Upiar, 2007. La parte dedicata allo “strumentalismo” in ufologia è, curiosamente, una vera e propria rimozione dello strumento quale possibile mezzo di conoscenza scientifica degli Ufo.



14) Dell’IPHW2006 sono disponibili i Proceedings che contengono i venticinque contributi di trentacinque autori di diverse nazionalità: Cabassi Renzo & Conti Nico, [editors], International Project Hessdalen Workshop, Edizioni Lo Scarabeo, 2007.


16) Carbognani, Albino, Il bolide radente del 18 luglio 2007, di prossima pubblicazione sulla rivista di astronomia Nuovo Orione.


Ringraziamenti

Un ringraziamento per la collaborazione a Renzo Cabassi, a Giuseppe Stilo ed a Massimo Silvestri

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